Todo modo (1976) Regia di Elio Petri. Tratto dal libro omonimo di Leonardo Sciascia. Sceneggiatura di Elio Petri, Berto Pelosso. Fotografia di Luigi Kuveiller. Musiche originali di Ennio Morricone. Scenografia di Dante Ferretti. Interpreti: Gian Maria Volonté (M.), Marcello Mastroianni (Don Gaetano), Mariangela Melato (Giacinta, moglie di M.), Ciccio Ingrassia (Voltrano), Franco Citti (autista di M.), Tino Scotti (il cuoco), Renato Salvatori (Dr. Scalambri, commissario di polizia), Michel Piccoli (Lui) Cesare Gelli (Arras, vice questore), Adriano Amidei Migliano (Capra-Porfiri), Giancarlo Badessi (Ventre), Nino Costa (prete giovane), Guerrino Crivello (speaker TV), Marcello Di Falco (Saccà), Giulio Donnini (Bastante), Aldo Farina (Restrero), Giuseppe Leone (Martellini), Renato Malavasi (Michelozzi), Riccardo Mangano (cardinale Beccarisi), Piero Mazzinghi (Caprarozza), Lino Murolo (Mozio), Piero Nuti (Schiavò), Loris Pereira Lopez (Lombo sr.), Mario Bartoli (primogenito Lombo), Luigi Uzzo (Aldo Lombo), Riccardo Satta (Lomazzo), Luigi Zerbinati (Caudo). Durata: 120 minuti
“Todo modo” non è latino, è spagnolo: è l’inizio del motto di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) il fondatore dell’ordine dei Gesuiti, la Compagnia di Gesù. “Todo modo par buscar la voluntad divina”, dice Loyola, arrivare alla volontà divina in ogni modo, con ogni mezzo.
Della regola di sant’Ignazio fanno parte gli Esercizi Spirituali, pubblicati in volume nel 1548, che sono alla base del libro di Leonardo Sciascia e del film che ne trasse Elio Petri; non sono però sicuro che siano davvero gli esercizi spirituali l’essenza del libro e del film, quanto piuttosto qualcosa di diverso e di più inquietante. La conoscenza degli esercizi spirituali è comunque fondamentale per la comprensione di quello che succede, e qui devo confessare di saperne poco o niente; ridotto ai minimi termini, è comunque un ritiro dove si prega, si digiuna, e si rimane in silenzio per molti giorni. Qualcosa del genere esiste un po’ in tutte le religioni, e anche nel cristianesimo non è soltanto Ignazio di Loyola ad aver scritto simili esercizi, ma per le differenze tra i vari modi di meditazione e di preghiera non posso far altro che rimandare a testi appositamente scritti. Per la comprensione del film, può bastare che si sappia di cosa si tratta, un ritiro spirituale dove non sono previsti collegamenti con il mondo esterno, a meno che non si tratti di un’emergenza; dato che i convenuti sono politici importanti, di un determinato partito (non viene detto esplicitamente, ma è evidente il riferimento alla DC) la questione assume grande rilevanza.
Lo spirito del racconto di Sciascia, e del film, può essere ben riassunto da questa frase: “Se gli esercizi spirituali sono fatti bene, succede sempre qualcosa. E’ un po’ come nelle sedute spiritiche”, come dice Mastroianni-Don Gaetano, ormai verso la fine del film, davanti all’ennesimo cadavere.
Perché di cadaveri si tratta, ci sono molte morti misteriose di personaggi potenti, quasi come in Agatha Christie, modello non dichiarato di molti libri del grande scrittore siciliano: un luogo chiuso da cui non si può uscire né comunicare con l’esterno, e in cui vengono assassinati ad uno ad uno i presenti. Il finale è molto più inquietante di quello dei libri di Agatha Christie, ma si tratta a tutti gli effetti di un noir magnifico, un film fantasy vicinissimo a Orwell con molti livelli di lettura, alcuni più superficiali (la satira politica) altri molto più profondi e inquietanti.
Molto importanti anche i riferimenti all’attualità e alla politica, in particolare consiglierei una ricerca su questa frase, che si ascolta chiaramente nel corso del film: “quanti furono gli operai uccisi a Modena?”. In “Todo modo” scorrono anche, come fiumi sotterranei, i temi dei tentati colpi di Stato e della strategia della tensione (siamo nel pieno degli anni ’70) e dei ricatti fra i politici, ognuno a conoscenza di segreti non confessabili riguardanti il loro vicino.
A queste mie difficoltà devo per forza di cose aggiungerne un’altra, ed è la mia frequente confusione con “Cadaveri eccellenti”, sempre da Sciascia (“Il contesto”) ma con la regia di Francesco Rosi, che è praticamente contemporaneo di “Todo modo”: il film di Petri uscì nel 1976, quello di Rosi nel 1975.
Insomma, come recensore e anche come spettatore sono ancora oggi un bel po’ sconcertato davanti a “Todo modo”, e non mi resta da dire che è un peccato non aver letto questo libro di Sciascia e non conoscere affatto Loyola, ma anch’io ho i miei limiti (molto grossi) e non riesco ad arrivare dappertutto.
Sarebbe un errore anche concentrare l’attenzione, come fa quasi tutta la critica, sulla somiglianza tra il personaggio di Volonté e un politico realmente esistente, Aldo Moro. Si tratta solo di un espediente di recitazione, di una maschera, un trucco spesso usato dagli attori per attirare l’attenzione dei media e possibilmente anche il pubblico pagante: rifarsi ad un personaggio noto è qualcosa che fa sempre parlare e richiama interesse, magari anche solo per cinque minuti.
Aldo Moro, che verrà rapito e ucciso dalle BR nel 1978, due anni dopo l’uscita di “Todo Modo”, era veramente un personaggio famoso e ben conosciuto, dato che era stato ripetutamente ministro o primo ministro in quasi tutti i governi dal 1960 in poi, e in queste vesti lo si vedeva spesso, per forza di cose, in ogni telegiornale. Era un uomo importante, e potente: ma nell’immaginario comune Aldo Moro era anche un uomo debole, dalla voce flebile, quasi inconsistente. La differenza col personaggio di Volonté emerge chiara dalla seconda metà del film: la forza fisica, l’istinto del capo, questo non è più Aldo Moro e la somiglianza è solo superficiale, da maschera. Non siamo più alla caricatura del personaggio famoso, siamo ben dentro ad un dramma che ha ben altre caratteristiche: non a caso, quello interpretato da Volonté sarà l’ultimo a morire, tra i personaggi del film.
Nel 2008, per un altro blog, ne avevo scritto brevemente così:
Un film del 1968, dove in un cimitero il protagonista trova la tomba di Aldo Moro: no, non è satira politica, è la parodia di “Il buono, il brutto e il cattivo” girato (con tempismo straordinario) da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Solo che Franco ha equivocato: come gli spiega Ciccio, è la tomba di Aldo Moore. ( “Due rringos nel Texas”, regia di Marino Girolami). Riporto questa curiosità, di per sè del tutto inutile, perché ricordo ancora quando l’anno scorso, in un “Ballarò” preelettorale, l’onorevole Rotondi (Nuova DC) se la prese proprio con “Todo Modo” di Elio Petri: è la sinistra che ha sempre istigato all’odio, diceva convinto (gridava). E c’è molta gente che la pensa ancora così, e porta magari come prova l’Aldo Moro interpretato da Gian Maria Volontè in questo film. Premesso che Volonté è straordinario, bisogna dire – chi c’era se lo ricorda – che Aldo Moro veniva spesso dipinto, anche da Alighiero Noschese, come assente, sonnolento, inerte: oggi lo sembrerebbe ancora di più, ma era il suo carattere e nascondeva le doti che conosciamo. E’ che in quegli anni i governi duravano pochissimo, magari sei-sette mesi: e quindi dire “Moro è morto”, oltre che un facile gioco di parole era di una banalità satirica assoluta, come prendere in giro Cossiga per l’accento sardo, eccetera. Ricordo anche un fumetto satirico di Tullio Pericoli ed Emanuele Pirella del 1976, sul mensile Linus, con un Moro che sembrava morto e invece era vivo, e tante altre variazioni sul tema anche in forma di barzelletta.
Tutto questo per dire come possono venire traviati e cambiati i significati dei film e dei libri, e anche degli articoli di giornale, dal passare del tempo. Passano gli anni, e il significato vero del film svanisce. E’ quello che succede anche con “Todo Modo”, ancora Sciascia e ancora Elio Petri, in un sodalizio formidabile. Sciascia prende il pretesto di un ritiro per gli esercizi spirituali (cristianissimi, in teoria) dei nostri leader, politici ed economici, per metterne in risalto la crudeltà e l’ipocrisia, cioè l’esatto opposto di quello che vorrebbero sembrare (e sottolineo “sembrare”, perché di seguire gli insegnamenti del Vangelo non gli interessa un fico secco). Su questo tema di Sciascia, Elio Petri costruisce un vero esercizio di stile, coadiuvato come sempre da attori straordinari e ben scelti in base al loro ruolo.
Ne esce un film claustrofobico, cupo, sgradevole: e grandissimo. Non è un film che si vede volentieri, forse perché c’è un eccesso di verità (di pessimismo?) nella realizzazione scenica. Anche l’Aldo Moro di Volontè non è il vero Aldo Moro, è peggio: è un personaggio crudele e spietato, figlio più dei giudici di “Corruzione al Palazzo di Giustizia” di Ugo Betti che non del vero politico democristiano.
Devo dire che molte cose di “Todo Modo” mi sfuggono. Non ho mai fatto esercizi spirituali, non sono mai stato un cattolico davvero osservante (cristiano sì, ci tenevo e ci ho provato: si fa una fatica tremenda, e alla fine si passa quasi sempre per cretini), e non so niente di questo mondo di ricconi che si prendono una vacanza col pretesto del ritiro spirituale. Non è il mio mondo, ma era il mondo di Sciascia e il mondo di chi ci governa: un mondo cattolico, purtroppo, dove l’ipocrisia è sempre lì e il povero Cristo serve solo per portare voti – che del resto arrivano puntuali, perché l’ipocrisia (è una triste morale) paga sempre, e agli elettori piace.
(da un blog precedente, anno 2008)
Gli attori sono molti, molti di loro hanno nomi ben conosciuti, tutti sono molto convinti e tutti vengono impiegati al loro meglio: Elio Petri, come Ferreri e come pochissimi altri registi, riusciva sempre ad ottenere il meglio da ogni attore. Tutta l’azione del film passa attraverso Marcello Mastroianni, che interpreta don Gaetano, il prete che organizza il ritiro spirituale. Gian Maria Volonté è il politico importante e molto devoto, senza nome (in locandina è indicato come M.), Mariangela Melato è la moglie di Volonté (si chiama Giacinta), un ruolo molto importante. Fondamentali sono anche Ciccio Ingrassia (Voltrano), Franco Citti (autista di M.), Tino Scotti (il cuoco), Renato Salvatori (Dr. Scalambri, commissario di polizia) e Michel Piccoli (“Lui”); gli altri attori, tutti importanti ai fini della vicenda, sono attori di teatro e di cinema molto attivi in quegli anni, quasi sempre in piccole parti. Tra di loro c’è anche un sosia di Cesare Previti, quasi perfetto: come Fellini, anche Elio Petri sembra in molti suoi momenti sfiorare la preveggenza, e il suo film finisce col sembrare più attuale e più leggibile oggi rispetto a quando uscì, quarant’anni fa.
Meritano molto più di una citazione anche le scenografie di Dante Ferretti, che finiscono per diventare parte essenziale della narrazione.
Come in tutti i gialli che si rispettino, non è una bella cosa anticipare i particolari della trama; posso però anticipare che è fondamentale il ruolo di Franco Citti, il vero protagonista è lui – senza dire mai una parola –, e che è in corso un’epidemia misteriosa, quasi come in “La peste” di Albert Camus (altro libro fondamentale per capire Sciascia).
Ed infine, un mio ricordo sbagliato: “Todo modo” non è l’ultimo film di Petri, verranno ancora “Le mani sporche”, per la tv, e “Le buone notizie”, nel 1979. Elio Petri era nato nel 1929, morirà nel 1982.
2 commenti:
Sinceramente mi chiedo come l'hai recuperato, da dove l'hai registrato...
una mia vhs di vent'anni fa.
Triste da dire, ma da allora non è più passato in tv.
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