sabato 19 novembre 2011

Elementi di analisi manzoniana

Quando ho pubblicato per la prima volta questo post, intorno al 2003, scrivevo su un blog insieme a molte altre persone; qualcuno se la prese a male. Lo ripubblico qui, perché sono ancora convinto che possa servire e perché è il criterio fondamentale a cui cerco sempre di attenermi: del mio parere non importa nulla a nessuno, non mi interessa lavorare sul piano del “mi piace – non mi piace”, e cerco sempre di mettere in fila il maggior numero di informazioni possibile. E poi, in fin dei conti, anch’io sono un autore: e nel mio piccolo, e quando mi è capitato di leggere commenti che non avevano nulla a che fare con quello che avevo scritto, mi ha dato molto fastidio.

Alessandro Manzoni al cinema
No, Alessandro Manzoni al cinema non c’è mai stato, e sappiamo tutti perché (è inutile nascondersi la verità). Però nella prefazione al “Conte di Carmagnola” ha lasciato scritto degli ottimi principi, che spesso ci dimentichiamo di applicare:
« Pubblicando un'opera d'immaginazione che non si uniforma ai canoni di gusto ricevuti comunemente in Italia, e sanzionati dalla consuetudine dei più, io non credo però di dover annoiare il lettore con una lunga esposizione de' principi che ho seguiti in questo lavoro. Alcuni scritti recenti contengono sulla poesia drammatica idee così nuove e vere e di così vasta applicazione, che in essi si può trovare facilmente la ragione d'un dramma il quale, dipartendosi dalle norme prescritte dagli antichi trattatisti, sia ciò non ostante condotto con una qualche intenzione. Oltrediché, ogni componimento presenta a chi voglia esaminarlo gli elementi necessari a regolarne un giudizio; e a mio avviso sono questi: quale sia l'intento dell'autore; se questo intento sia ragionevole; se l'autore l'abbia conseguito. Prescindere da un tale esame, e volere a tutta forza giudicare ogni lavoro secondo regole, delle quali è controversa appunto l'universalità e la certezza, è lo stesso che esporsi a giudicare stortamente un lavoro: il che per altro è uno de' più piccoli mali che possano accadere in questo mondo. Tra i vari espedienti che gli uomini hanno trovati per imbrogliarsi reciprocamente, uno de' più ingegnosi è quello d'avere, quasi per ogni argomento, due massime opposte, tenute ugualmente come infallibili. Applicando quest'uso anche ai piccoli interessi della poesia, essi dicono a chi la esercita: siate originale, e non fate nulla di cui i grandi poeti non vi abbiano lasciato l'esempio. Questi comandi che rendono difficile l'arte più di quello che è già, levano anche a uno scrittore la speranza di poter rendere ragione d'un lavoro poetico; quand'anche non ne lo ritenesse il ridicolo a cui s'espone sempre l'apologista de' suoi propri versi. (...) »
La prefazione prosegue, parla di temi strettamente teatrali, e penso che sia piuttosto facile da reperire per chi volesse leggerla tutta (è molto interessante, ne vale la pena). Ma a me piace, visto che bene o male un po’ di critica la facciamo anche qui, fermare una frase: “ ogni componimento presenta a chi voglia esaminarlo gli elementi necessari a regolarne un giudizio; e a mio avviso sono questi: quale sia l'intento dell'autore; se questo intento sia ragionevole; se l'autore l'abbia conseguito.”
Ecco, quando si guarda un film (o si legge un libro, o si ascolta una musica, o si chiacchiera con qualcuno) questa frase andrebbe tenuta ben presente. Poi, ognuno è libero di dire il suo “mi piace, non mi piace”, perché qui si entra nella questione del gusto personale e de gustibus, per l’appunto, non est disputandum; ma un film (un libro, un parere) può non piacere ed essere comunque di livello altissimo, ed ogni tanto è bene dirlo perchè è una massima così ovvia che si corre sempre il rischio di dimenticarla.
Elementi di analisi manzoniana
Non credevo di ispirare tanti commenti inserendo il mio Manzoni dell’altro giorno, perciò provo a riprendere il discorso cercando di chiarire i lati oscuri. A me sembrava una cosa scontata, la frase del Manzoni dalla prefazione del “Conte di Carmagnola”: « ogni componimento presenta a chi voglia esaminarlo gli elementi necessari a regolarne un giudizio; e a mio avviso sono questi: quale sia l'intento dell'autore; se questo intento sia ragionevole; se l'autore l'abbia conseguito.»
Parto da Manuela che dice: «Non mi pare che le regole di Manzoni possano davvero servire a dare criteri di giudizio per le opere d'arte. Posso avere l'intenzione di costruire un pollaio, il mio intento può essere ragionevolissimo e tale intento essere ben conseguito e il pollaio essere un bel pollaio. E tuttavia resta un pollaio, e il Centre Pompidou resta il Centre Pompidou, e resta anche la differenza.» Cara Manuela, io ho visto dei pollai bellissimi, costruiti a regola d’arte e con grande perizia, che rispondevano perfettamente ai requisiti del Manzoni. L’autore del pollaio (o della conigliera, o del garage) voleva costruirsi un pollaio, che è un intento più che ragionevole se si ha la possibilità di farlo; e se le galline ci vivono bene e il pollaio è solido, e magari anche bello, lo scopo è stato conseguito. Il problema è se invece uno vuole costruire una casa, o un Beaubourg, e si ritrova con un pollaio, che è invece il grande problema di molta parte dell’edilizia (alcuni di questi mostri sono riusciti a buttarli giù, per altri non sarà così facile).
Tornando al cinema, proviamo ad applicare questo concetto ad un film famoso: scelgo “La corazzata Potiomkin”, per il posto che occupa nella storia del cinema e anche perché è stata una delle nostre prime chiacchierate su questo sito. Se facciamo vedere il capolavoro di Eisenstein a qualcuno che non l’ha mai visto, si accorgerà subito di tre cose: è un film in bianco e nero; è un film muto; è un film molto vecchio. Dopo un po’, dirà anche che è un film molto noioso; se regge alla visione per almeno mezz’ora, il nostro spettatore “vergine” si accorgerà anche che è un film di propaganda stalinista.
E qui possiamo tornare al Manzoni: quale era l’intento di Eisenstein nel girare questo film? E’ difficile dirlo, perché quando Eisenstein girava questo film (1924) un regista non poteva fare ciò che voleva, non in Unione Sovietica con Stalin e Zhdanov. Non so abbastanza di Eisenstein, penso che credesse nell’idea socialista ma – come Shostakovic e Bulgakov - sicuramente non viveva sulla Luna, e l’idea di finire in un gulag lo spaventava così come spaventava tutti. Ma voleva fare il regista, e queste erano le occasioni che poteva sfruttare: dove si esplica quindi il vero interesse di Eisenstein? Al di là della propaganda, il film racconta un fatto storico: il bombardamento di Odessa, sul Mar Nero, da parte di una nave da guerra. A Odessa c’è questa meravigliosa scalinata, che Eisenstein sceglie come scenografia del film. E’ qui che dobbiamo giudicare Eisenstein: e il risultato è spettacolare e giustifica ampiamente la visione del film, e il fatto che sia in tutti i libri di storia del cinema come pietra miliare. Un esempio simile, in un altro contesto, lo potete trovare sulle pagine di “Stile Libero” dove Solimano sta passando in rassegna i dipinti dedicati al tema biblico di Susanna coi vecchioni: cosa interessava del vetusto tema biblico a Rubens, o ad Artemisia Gentileschi? Probabilmente niente, però era quello che si poteva fare con la censura dell’epoca, e dava lo spazio per esprimere altre riflessioni più personali.
Un esempio di film fallito può essere la biografia di Charlie Chaplin diretta da un altro grande del cinema, Richard Attenborough nel 1983. Non perché sia un brutto film, anzi: ma se l’intento era quello di descrivere la vita di Chaplin, bisogna dire che uno spettatore normale dopo venti minuti comincerà a non capirci più niente, perché i personaggi sono moltissimi ed è davvero difficile raccapezzarsi e ricordarseli tutti, anche per chi conosce bene la vita di Chaplin e la storia del cinema. Quando ho visto il film, avevo finito da poco di leggere l’autobiografia di Chaplin: confesso di avere apprezzato molto la ricostruzione storica, ma dopo un po’ ho perso il filo anch’io, e quindi considero questo film come un intento più che lodevole, ma che l’autore non è riuscito a portare a termine nel migliore dei modi, forse perché l’argomento era troppo vasto per stare in un solo film, sia pure di durata superiore al normale.
Ecco, adesso ognuno può applicare i criteri manzoniani al film che preferisce. A me sembra che sia un buon esercizio (e, naturalmente, se fate vedere ai vostri figli “La corazzata Potiomkin” dovrete spiegare tante cose, e anche studiarvele...)

PS: Questo è il post n.700: non avrei mai creduto di scrivere così tanto, ma sono stati anni difficili e mettere in ordine i miei appunti sul cinema (su un blog, a partire dal marzo 2007) mi ha aiutato molto a tirare avanti.  Scrivo queste righe nel novembre 2011, dopo l’uscita di scena del governo Berlusconi: grazie a Dio, con un anno e mezzo d’anticipo sulla scadenza prevista – ma sarà dura ancora, la nottata non è finita e forse non finirà mai.

6 commenti:

giacy.nta ha detto...

Posso aiutarti a soffiare sulle settecento candeline? :-)

Sono d'accordo con te. Proprio oggi ho pubblicato un post su un film, "Dimenticare Venezia", che ho visto qualche mese fa e che non mi ha del tutto convinto. Mi sono piaciute solo alcune parti, una di queste è la sequenza ho riportato. Tra l'altro ho visto il film in questione nel periodo in cui ho visto anche Tarkovskij... Puoi immaginare dunque come sia subito balzata agli occhi la distanza tra i due registi in merito a unità, misura e necessità di ogni singolo fotogramma ai fini della traduzione in chiave cinematografica di un intento, di una ispirazione ideale, artistica, poetica. Eppure Brusati doveva essere un uomo di squisita sensibilità ed infatti molte scelte e sequenze lo attestano. Ma...

Giuliano ha detto...

il film di Brusati l'ho voluto vedere anch'io l'inverno scorso, mi è piaciuto ma solo per la Giorgi e per la Melato!
:-)
Josephson è sempre ottimo ma è utilizzato malissimo, con quel personaggio non c'entra niente. (Mariangela Melato è spesso bistrattata dai media, ma io in quegli anni l'ho vista molto da vicino in teatro, "El nost Milàn" di Bertolazzi, regia di Strehler, ed era davvero un bel vedere!) (scusa per le battute al maschile, ma insomma...)

giacy.nta ha detto...

Degli ormoni IURA SANCTA SUNTO :-)

p.s.
Si, mentre guardavo il film, pensavo a te e a come ti sarebbe risultato "stonato" Josephson in quel ruolo. Ho visto il film proprio nel periodo in cui stazionavo qui da te per via di Tarkovskij.
E' un film molto legato agli anni in cui è stato girato.

Giuliano ha detto...

beh, non è solo quello: è anche questione di estetica, la Melato a teatro era davvero una bella figura da vedere. Difatti me la ricordo ancora: all'epoca la conoscevo solo nella versione sguaiata, nei filmettini facili che arrivavano anche al cinema del mio paese, inizio anni 70.

giacy.nta ha detto...

Si, certo. E' molto pulita nei lineamenti, nelle forme, nelle espressioni. Anche a me piace molto. :-)

Giuliano ha detto...

devo però dire che dissento da gran parte della carriera della Melato. In particolare, quando ancora andavo a teatro, una sua Medea tutta urlata fu tra le cause della mia decisione di smettere di spendere soldi per andare a teatro (soldi, e tempo)