Combattimento d’amore in sogno (Combat d'amour en songe, 2000) Scritto e diretto da Raoul Ruiz. Fotografia: Acàcio de Almeida. Montaggio: Valeria Sarmiento. Musica: Jorge Arriagada. Suono: Pierre-Yves Lavoué, Georges-Henri Mauchant. Scenografia: Isabel Branco. Direttore di produzione: Paulo Branco. Interpreti: Melvil Poupaud (lo studente Paul, il gemello Loup, il figlio di Mariani, suo padre da giovane), Elsa Zylberstein (Lucrezia, Jessica, la Perla del sultano), Lambert Wilson (Sebastol, un viandante, un pirata), Christian Vadim (David, un viandante, un pirata), Diogo Doria (il padre di David, e il pittore Mariani), Rogerio Samora (il diavolo, Baniel, un pirata), Marie-France Pisier (la sconosciuta), Duarte de Almeida (rappresentante del Governo), Paula Pais (Arianna), Jose Meirelles (il ladro, un pirata), André Gomes, Mathieu Demy (doppio di Paul, voce di Loup), Francisco Arizia (Socrate), e molti altri. Durata: 122 minuti
Arriva un quarto viandante: è il diavolo, nelle sembianze tranquillizzanti del viaggiatore di commercio. Si aggiunge alla discussione spiegando che esistono le “sefiroth alla rovescia”: per gli Ebrei, “sefiroth” (detto molto in breve, il concetto è molto più complesso) è una manifestazione divina nella nostra vita; le “sefiroth alla rovescia” sarebbero quindi manifestazioni non di Dio ma del male, in oggetti e in situazioni della nostra vita: in questo caso, si tratta dello specchio che ruba le immagini – ma non solo. Non so dire se questa sia una battuta inventata da Ruiz o se esista veramente in qualche esegesi in proposito, di certo ricorda molto le teorie di Carl Gustav Jung.
Nella scena successiva, lo studente è colloquio con un anziano signore, che poi sapremo essere un cabalista. Il colloquio è interessante, ma non porta a nessun chiarimento; anzi, il giovane si dimentica perfino di chiedergli notizie su suo padre, come aveva intenzione di fare.
All’uscita dal colloquio, lo studente ritrova il suo compagno di viaggio: che lo manda da un altro signore per avere queste notizie su suo padre. E qui ritroviamo la tavola con tutte le storie, quella che avevamo visto all’inizio del film, nove storie collegate tra di loro secondo il metodo dell’arte combinatoria di Raimondo Lullo. Ma si scopre che qualcuno ha cancellato dalla lavagna una delle storie, e perciò il seminarista non ritroverà suo padre. E’ stato forse il diavolo?
La mattina dopo lo studente trova gli altri due suoi compagni di viaggio mentre giocano a “Destino”, un gioco dei pirati che si fa con carte che hanno le figure degli oggetti magici visti nelle scene precedenti. Chi vince, ha nelle sue mani la vita del prigioniero: che in questo caso è proprio lo studente. A questo punto, il giovane si trova accanto a Lucrezia: è lei a spiegargli il pericolo che sta correndo.
Le carte da gioco sono molto belle, e riproducono gli oggetti magici che avevamo già visto in precedenza: la Croce di Malta, la Bussola, la Spada, la Clessidra. Lucrezia, inoltre, ha una penna tra i capelli: più che un rimando agli indiani (o agli indios del Cile, la terra natale di Ruiz) viene da pensare che si tratti di una presenza angelica, ma non c’è niente in questa scena che autorizzi a pensarlo, se non il fatto che Lucrezia allontana il giovane dal pericolo.
Queste apparizioni di Lucrezia sono molto simili alle apparizioni dell’angelo custode in “Le soulier de satin” di Manoel de Oliveira del 1970: anche le due attrici, Elsa Zylberstein e Isabelle Weingarten, hanno figure molto simili. La differenza più evidente è che l’angelo di Oliveira è presentato apertamente come un angelo, ed è inoltre armato e coperto da un’armatura lucente. L’accostamento tra i due film ci può stare, perché Ruiz ha confessato, ridendo, di essere molto amico del regista portoghese: «Anzi, io e Oliveira letteralmente ci copiamo» (pag. 31 del volume “Ruiz faber” editore minimumfax, anno 2007).
- Scappa – dice Lucrezia allo studente.
- Ma dove? – risponde lui
Lucrezia indica le tre candele in primo piano:
- Soffia.
Lo studente soffia, ma non riesce a spegnerle. Lucrezia sorride e gli si avvicina; quando il giovane si risveglia siamo tornati ai nostri giorni, la ragazza è effettivamente accanto a lui e gli sta soffiando tra i capelli per svegliarlo: è Jessica, cioè sempre Lucrezia ma in carne e ossa.
Siamo dunque tornati alla storia del sito internet che racconta la vita delle persone con 24 ore d’anticipo: il sito dice che Jessica verrà uccisa quella notte stessa, perciò i due giovani decidono di passarla insieme.
- In effetti, - dice Jessica – avevo già sognato tutto quello che è qui. Vedi, ho sognato questa spada; ho sognato questa moneta; ho sognato questa coppa e questi ventidue anelli.
- Sogni molto.
- Sì, sogno molto; e leggo anche dei romanzi.
E qui si vede il libro che porta il titolo del film, “Combat d’amour en songe”.
- Ma questo non è un romanzo.
- No, è il libro di cui ti ho parlato: un libro esoterico, edito da una setta di dormienti che si chiama “chiesa onirica”. Comperano sale cinematografiche, e le convertono in luoghi di sogno. E diventano cliniche di ipnoterapia.
La scena si conclude con una bella risata della ragazza, mentre il giovane, perplesso, sfoglia le pagine del libro. «L’indomani, Paul sognò di essere nella stessa foresta sognata il giorno prima; comprese di essere perso, perso nel suo sogno.»
- Lucrezia, credevo di averti persa.
- Sono un po’ dappertutto, e da nessuna parte.
Ruiz ci mostra in primissimo piano alcuni degli oggetti magici: lo specchio, la clessidra, la bussola...
Poi, come capita a Pinocchio con la Bambina dai Capelli Turchini, o magari al Principe con la Bella Addormentata (o con Biancaneve) il giovane vede Lucrezia morta, in una bara bianca, e con molti altri dettagli.
- Cosa ti succede?
- Mi hai perduta.
- No, visto che sei qui. (...)
- Mi rimane abbastanza tempo per portare a termine il mio compito: devo portarti lontano. Vieni.
Lucrezia porta il giovane davanti a delle figure, “a vedere i segni segreti”. Si tratta di una serie di figure allegoriche: Bonitas (bontà e bellezza), Magnitudo, il Tempo, la Volontà (Voluntas), la Virtù, la Saggezza, la Verità, la Gloria, Potestas.
Il giovane le riconosce tutte, una per una, anche senza averle mai viste prima.
(continua)
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