lunedì 21 novembre 2011

Al di là delle nuvole

Al di là delle nuvole (Par-delà de nuages, Beyond the clouds, 1995) regia di Michelangelo Antonioni e di Wim Wenders. Tratto dal libro "Quel bowling sul Tevere", di Michelangelo Antonioni (fine anni 70). Scritto da M.Antonioni, Tonino Guerra, Francesco Marcucci, Wim Wenders. Fotografia di Alfio Contini e di Robby Müller. Musiche originali di Laurent Petitgand e di Brian Eno. Nella chiesa di Aix, Chant Lucernaire de l’Avent: musica di padre A.Gouzes e testi dei padri JP Revel e D.Bourgeois, Abbaye de Sylvanès, anno 1983. Canzoni di Van Morrison, U2, eccetera. Interpreti: John Malkovich (prologo, entractes, un episodio, epilogo), Ines Sastre e Kim Rossi Stuart (episodio di Ferrara), John Malkovich e Sophie Marceau (episodio di Portofino), Peter Weller, Chiara Caselli, Fanny Ardant e Jean Reno (episodio di Parigi), Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau (episodio di Bouches du Rhone), Irène Jacob e Vincent Perez (episodio di Aix en Provence) e con Enrica Antonioni (proprietaria della boutique di Portofino), Veronica Lazar, Sophie Semin, Carine Angeli, Alessandra Bonarrota, Laurence Calabrese, Tracey Caligiuri, Hervé Décalion, J. Emmanuel Gartmann, Sherman Green, Suzy Lorraine, Cesare Luciani, Muriel Mottais, Bertrand Peillard, Giulia Urso, Sara Ricci, Sabry Tchal Gadjieff, Frere Jean-Philippe Revel, Frere Daniel Bourgeois. Girato a Ferrara, Comacchio, Portofino, Parigi, Aix en Provence (Paroisse de Saint Jean de Malte). Durata: 112’

E’ un film in quattro episodi, tutti girati da Antonioni: Wenders fu presente sul set perché l’assicurazione voleva un altro regista pronto a prendere il posto del regista italiano, ormai molto anziano e malato. Antonioni girò tutti i singoli episodi, Wenders girò la cornice che li contiene. Visto dopo tanti anni, mi conferma nell’opinione che Antonioni avesse perso ormai da decenni la sua vera ispirazione. Trovo invece un Wenders ancora in ottima forma: suoi sono il prologo, l’epilogo, i raccordi fra un episodio e l’altro, tutti con John Malkovich protagonista.
Le immagini e le location sono meravigliose, trovo invece ridicoli i soggetti, e spesso anche i dialoghi. La storia di Kim Rossi Stuart che non riesce a far l’amore con la ragazza che ama è raccontata così male (al di là della bravura degli interpreti e della bellezza delle immagini) che alla fine non solo non ci si commuove, ma viene piuttosto da dare del pirla al protagonista. Ruberei comunque l’idea del giovane stanchissimo che si addormenta quando arriva l’ora dell’appuntamento, anche se non mi sembra un’idea del tutto nuova. Insomma, qui ci voleva Kleist, Ophuls, Lubitsch, e non questo Antonioni; o magari un film intero di novanta minuti dedicato a questo episodio, però con l’Antonioni degli anni ’60.
Curioso l’episodio con John Malkovich e Sophie Marceau, un incontro con rivelazione finale a sorpresa, sicuramente una storia vera; ovviamente il finale della storia non si racconta, non in casi come questo. In quest’episodio si vede brevemente anche Enrica Fico, moglie di Antonioni: è lei la proprietaria della boutique dove lavora la Marceau.
Assolutamente ridicolo l’episodio parigino con Fanny Ardant, poca cosa oltre lo spunto iniziale (di per sè buono), la donna tradita che vende tutto e si trasferisce in un altro appartamento dove c’è un uomo tradito dalla moglie, che gli ha venduto tutti i mobili e anche l’appartamento. Un’idea di partenza degna del Nathaniel Hawthorne di “Wakefield”, ma resa in un modo così ridicolo che avrebbe invece meritato Feydeau o Allais. Antonioni ci mostra la Ardant con le lacrime agli occhi: non è quindi una barzelletta, cercava davvero di commuoverci. Molto bella, ma buttata via, la storia che racconta Chiara Caselli a Peter Weller, all’inizio dell’episodio: i portatori di una spedizione in Messico, in cerca di un tempio inca perduto nella foresta, che si fermano un giorno intero e che poi, quando ripartono, spiegano agli scienziati che stavano andando troppo veloci: “bisognava dare alle nostre anime il tempo di raggiungerci”. Qui vedo la mano di Tonino Guerra: anche noi stiamo andando troppo veloci, le nostre anime non ci raggiungeranno mai più, se non dopo il disastro.
Mastroianni e Jeanne Moreau, in aperta campagna, di nuovo insieme ad Antonioni trent’anni dopo “La notte”, fanno bei ragionamenti sul fare copie e sull’arte della riproduzione fotostatica: un argomento che appassiona molto sia Antonioni che Wenders. Su questo argomento bisognerà tornare. Qui vale la pena di ascoltare il sonoro originale (in francese) che è in presa diretta per tutti e due i grandi attori.
E’ comunque bello l’episodio finale con Irène Jacob e Vincent Perez, girato ad Aix en Provence, anche perché il fatto che la ragazza stia per farsi suora questa volta dà un senso a tutto, e si capisce senza troppo arzigogolare. Magnifica la panoramica notturna sulla città antica, e molto belli anche gli interni nella chiesa di Saint Jean de Malte, con musiche sacre moderne molto interessanti: Chant Lucernaire de l’Avent, musica di padre A.Gouzes e testi dei padri JP Revel e D.Bourgeois, Abbaye de Sylvanès, anno 1983.
All’uscita dal cinema, nel 1995, ero rimasto affascinato dalle immagini (uno spettacolo per gli occhi, opera di due maghi della fotografia come Alfio Contini e Robby Müller), ma decisamente perplesso su tutto il resto: «Trovo molto distante da me questo mondo di lusso, un mondo costosissimo dove però i soldi non sono mai un problema, e dove donne bellissime vanno subito a letto con tutti; e trovo decisamente ridicolo, da film con la Fenech e Pierino, che Antonioni costruisca storie e situazioni solo per mostrarci nude le attrici (tutte meno la Ardant, che fa comunque la sua figura in minigonna e sottoveste). Apprezzo molto dal punto di vista estetico, ma da un regista come Antonioni mi aspetterei molto di più.»
Visto il tempo che è passato, posso aggiungere di essere rimasto ben impressionato da John Malkovich, un attore che mi è sempre piaciuto molto anche per un motivo non secondario: se mettessi giù una ventina di chili potrei farmi passare per un suo parente stretto. La pettinatura, quantomeno, è la stessa.
«I vecchi registi hanno una grande chance: hanno visto così tanti cambiamenti che raramente si fanno impressionare dalle novità e dalle “magie” dell’elettronica. Il loro sguardo non ha mai perso confidenza con l’immagine, mentre le nuove generazioni, io compreso, sovrastate dalla tecnologia, non hanno più quest’intimità (...)»
Wim Wenders su Antonioni, dal cds 28.2.1995
(dichiarazione curiosa, riletta oggi: anche perché Antonioni fu uno dei primissimi a fare film con l’elettronica)
- Però il legame con i vecchi maestri è una costante per lei. Cos’è, attrazione, venerazione, curiosità?
- Sono momenti della vita in cui si esprime la mia reverenza verso i maestri. Il cinema ha un legame particolare con l’invecchiamento, con l’età. Mi commuove molto vedere qualcuno giovane e poi vecchio, vedere come la macchina da presa testimoni questa mutazione: nell’opera di Truffaut, seguire il progressivo invecchiamento di Jean Pierre Leaud di film in film è più struggente che alcuni dei film stessi. E’ toccante il cinema come immagine della nostra mortalità. (...) Un’emozione unica del cinema è che la sua nascita ci è familiare, che esistono tra noi persone come Manoel de Oliveira che hanno visto i primi film della storia: è il nostro secolo, ancora così vicino a noi, non remoto come sono remote le origini e le personalità di ogni altra arte. (...) Antonioni è sempre esterno, guarda dal di fuori i suoi personaggi; io voglio entrare in loro e prestare loro i miei occhi. Lui persegue una de-identificazione, io l’identificazione. Questo cambia tutto, rende le regole del gioco molto differenti. Invece, abbiamo spesso gli stessi gusti estetici in fatto di inquadrature, di paesaggio; e un atteggiamento analogo di impegno esigente (autoesigente, anche) verso il lavoro: una moralità professionale simile, si può dire. (...)
(Wim Wenders a Lietta Tornabuoni, espr 21.1.1995)
Tutte le volte che in passato ho cercato di inserire delle scene erotiche nei miei film, il risultato è stato sempre la conferma della mia opinione, e cioè che ci sono delle situazioni in cui una cinepresa non dovrebbe esserci. (Wim Wenders, da espresso 15.9.1991)
Sono diventato allergico alle immagini che vogliono attirare troppa attenzione su se stesse. Le immagini diventano belle solo se sono sostenute da una storia. Sono pronto ad abolire ogni forma di bellezza se questa non serve alla verità della storia.
(Wim Wenders, int. cds 19.10.1993)

9 commenti:

giacy.nta ha detto...

Che gioia leggere i tuoi post, Giuliano, per giunta adesso posso associarti ad uno degli attori che preferisco...

p.s.
il giovane che si addormenta prima dell'appuntamento ( bel soggetto, hai ragione ) mi fa pensare a qualcosa che ho letto, ma non ricordo più! :-(

Giuliano ha detto...

a me è venuto in mente Kleist, ma forse qualcosa di simile c'è in Chaplin o in Keaton.
quanto a me, forse potrei considerarmi l'anello di congiunzione fra John Malkovich e Bud Spencer, però con tendenza Michel Simon-Aldo Fabrizi.

giacy.nta ha detto...

Si, Chaplin, hai ragione. Kleist lo conosco pochissimo, così come Keaton. Ma c'è ancora altro...non so cosa. Conterò sulla memoria involontaria...Intanto grazie!

Quanto a te... Un'antologia cinematografica in un volto! :-)

giacy.nta ha detto...

L'ho appena visto. Ci sono immagini davvero molto belle. I dialoghi, hai ragione, così come i vestiti firmati e i mega attici lasciano un po' di stucco. Ho intravisto un legame tra i diversi episodi che giustifica la scelta del personaggio ( che tu hai definito un po' pirla" ) interpretato da Kim di non fare l'amore con la ragazza, peraltro splendida. Mi sembra che alla base di tutto ci sia una precisa scelta. Nell'episodio finale c'è la rinuncia al corpo, in quello iniziale c'è il considerarlo un desiderio, un'aspirazione da non soddisfare per garantire la sopravvivenza del sogno. Negli episodi centrali, il corpo è proprio corpo da prendere o da eliminare.

Giuliano ha detto...

sì, ho scritto che l'impressione finale è quella ma solo perché la storia è raccontata male e non perché sia una storia brutta. Anzi.

Ti stai preparando per le vacanze in Provenza?
:-)

giacy.nta ha detto...

Ho anche il nome dell'Hotel ( Cardinal ) :)

Giuliano ha detto...

nell'anno con due Papi, una sosta ad Avignone è praticamente un obbligo
:-)

giacy.nta ha detto...

Secondo me cardinal è un uccellino e non un porporato. In caso contrario, non ci metto piede:)

p.s.
è proprio l'albergo dove alloggia il protagonista del film:)

Giuliano ha detto...

sarà un punto cardinàl
:-)
the west is the best, direbbe Jim Morrison