lunedì 20 giugno 2011

Bergman, Sarabanda

Sarabanda (Saraband, 2003) . Scritto e diretto da Ingmar Bergman. Musica: J.S. Bach, Anton Bruckner, Johannes Brahms, Paul Hindemith. Fotografia: Stefan Eriksson, Jesper Holmström, Per-Olof Lantto, Sofi Stridh, Raymond Wemmenlöv Montaggio: Sylvia Ingemarsson. Scenografia: Göran Wassberg. Costumi: Inger Pehrsson. Interpreti: Liv Ullmann (Marianne), Erland Josephson (Johan), Börje Ahlstedt (Henrik, figlio di Johan), Julia Dufvenius (Karin, figlia di Henrik), Gunnel Fred (Martha). Durata: 1h45’

Una sarabanda è un tempo musicale lento e solenne, meditativo. Molti pensano il contrario, forse perché fuorviati dal suono della parola, ma è invece così da secoli: pare che in origine, nel ‘400 o nel ‘500, la sarabanda avessi metodiche diverse, ma si tratta di tempi ormai molto lontani da noi.
La Garzantina della Musica la descrive così: «Sarabanda: danza di probabile origine orientale, apparsa in Spagna e poi diffusasi nel resto d’Europa alla fine del secolo XVI. In tempo ternario, ebbe dapprima carattere sfrenato e licenzioso, poi nel secolo XVII venne stilizzandosi in Francia e in Germania in una danza d’andamento lento e severo, sopra un caratteristico ritmo ternario (...).»
Di tempi di danza più o meno rielaborati, sarabande, ciaccone, gavotte, siciliane, follie, gighe, bourrée, courant, sono ricche le composizioni dei più grandi musicisti, dal 1600 fino ai nostri giorni.
In particolare, il titolo di questo film si riferisce alle suites per violoncello di Bach (numero di catalogo BWV da 1007 a 1012), che sono uno dei punti di riferimento in assoluto di tutta la storia della musica: e due violoncellisti, padre e figlia, ne sono protagonisti. E’ una storia triste, non tragica (ma per poco), con ampi spazi di luce e un finale in positivo.
Il film inizia come se fosse il seguito di “Scene di un matrimonio” (1973), gli stessi personaggi trent’anni dopo: ma poi si sviluppa in modo completamente diverso. Bergman prosegue nei suoi temi fondamentali: il primo a presentarsi è l’esplorazione del mondo femminile da parte di Bergman, iniziata più di cinquant’anni prima, prosegue qui anche con eccessi di disinvoltura nel parlare di utero, ovaie, mestruazioni (non sono sicuro che le donne ne parlino così apertamente). Il secondo tema è la ricerca di Dio, la presenza o il silenzio di Dio qui fra noi: da quel che si vede in “Sarabanda”, forse Bergman ha infine ottenuto qualche risposta. Il terzo tema è sicuramente quello della vita di coppia e dei rapporti di famiglia, visti spesso come grande sofferenza, quasi un inferno sulla terra, ma con momenti di grande affetto e alle volte perfino amore.
Guardando il film, è molto forte l’impressione di trovarsi di fronte a un omaggio a Tarkovskij. L’impressione sorge in più momenti, soprattutto con Erland Josephson e i rimandi alle scene in cui in “Sacrificio” lo stesso Josephson è chiuso ad ascoltare musica (che in quel film del 1986 era un tenue flauto giapponese, qui è Bruckner a tutto volume e in un pienone orchestrale). Ma un omaggio a Tarkovskij sono sicuramente anche la scena di Karin nel bosco, il finale, la scena con Liv Ullmann nella chiesa.
In apertura, troviamo la scritta “dedicato a Ingrid”: è Ingrid von Rosen, l’ultima moglie di Bergman, quella con la quale ha vissuto fin dagli anni ’70. E’ di Ingrid la foto che appare nel film, sono per Ingrid le parole commosse che si riservano nel film al personaggio di Anna; ma non mi sentirei di dire che si tratta un film autobiografico, così come non mi sentirei di dire che “Sarabanda” è il seguito di “Scene da un matrimonio”; mi appare piuttosto come un film del tutto autonomo, e come tale va trattato. E’ il primo film girato da Bergman in tecnologia digitale.
Qui sotto, descrivo brevemente il film utilizzando le didascalie che Bergman stesso ha messo all’inizio di ogni episodio.
Prologo: “Marianne mostra le sue foto”
Liv Ullmann davanti alla cinepresa, con un tavolo pieno di fotografie, si rivolge direttamente a noi spettatori. Dice che ha deciso di andare a trovare Johann, che è stato suo marito e che non vede da trent’anni. Gli farà una sorpresa.
1. “Marianne attua il suo proposito”
Johann e Marianne si rivedono. Erland Josephson dice di avere 86 anni, Liv Ullmann dice di averne 63, io sono andato a controllare: Erland è del 1923, Liv è del 1938, Ingmar è del 1918.
Una delle loro due figlie è in Australia, l’altra è ricoverata in un istituto per malattie mentali (qualcosa di simile è già presente in L’immagine allo specchio e in Sonata d’autunno). Il figlio del primo matrimonio di Johann ha 61 anni ed abita lì vicino, ma non si vedono mai. Johann ignora perfino cosa facciano adesso le due figlie: possibile? Una simile indifferenza mi sembra qualcosa di altamente improbabile. Marianne dice di volersi fermare solo poche ore, rimarrà invece accanto al burbero Johann per molto più tempo.
2. “è passata quasi una settimana”
Karin, nipote di nonno Johann (figlia di suo figlio) va alla casa del nonno e vi trova Marianne, con la quale ha una lunga conversazione. Marianne sta pulendo dei funghi che ha appena raccolto, come le avevamo già visto fare in “Persona” (una scena analoga è in “Giulietta degli spiriti” di Fellini, con Giulietta Masina). Lungo e dettagliato racconto dei rapporti di Karin con suo padre, violoncellista, rimasto vedovo di recente, che ha riversato sull’unica figlia tutte le sue attenzioni. Il dialogo rende amiche le due donne, che finiscono con il brindare insieme, ridendo. Notevole in questo episodio la fuga nel bosco di Karin, vista come in un sogno, con molti simboli, la caduta, l’acqua nera da attraversare...
3. “a proposito di Anna”
Henryk e la figlia Karin ricordano Anna: un dialogo commovente, probabilmente un modo per Bergman di ricordare la moglie Ingrid von Rosen, appena scomparsa. Henryk, figlio del personaggio affidato a Erland Josephson, è interpretato da Börje Ahlstedt, interprete dello zio Carl in “Fanny e Alexander” e in “Vanità e affanni”; la ragazza è Julia Dufvenius, nata nel 1975, qui agli inizi di carriera. Nella scena precedente avevamo appreso che Henryk e Anna si amavano molto, la figlia si sentiva quasi esclusa da questo amore.
4. “circa una settimana dopo, Henryk fa visita al padre”
Johann (Erland Josephson) sta leggendo Kierkegaard in pace e in solitudine, nel suo studio, quando riceve la visita del figlio Henryk. I rapporti tra i due sono pessimi: il figlio chiede soldi al padre, gli deve già una grossa cifra ma stavolta è per Karin, un violoncello da acquistare. Il padre lo tratta malissimo, la loro vita in comune è un inferno, il figlio viene umiliato dal comportamento del padre. Nel colloquio viene nominato il liutaio Annibale Fagnola (1866-1939) .
5. “Bach”
Marianne (Liv Ullmann) è in una chiesa dove Henryk suona l’organo: J.S. Bach, "Trio Sonata per organo n.1 in mi bemolle maggiore”. La chiesa è vuota, il discorso è all’inizio amichevole, poi Henryk è molto duro con Marianne; quando Liv Ullmann rimane da sola c’è un memorabile finale alla Tarkovskij, con la luce che irrompe da una finestra laterale (siamo a un’ora esatta dall’inizio).
L’organo è opera di Johan Niclas Cahman (ca 1675 - 1737), svedese, la cui più famosa creazione è l’organo della chiesa di Leufsta Bruk (1726/28), ma non so se sia questa la chiesa che vediamo.
6. “un’offerta”
Johann (Erland Josephson) ascolta da solo in camera la nona sinfonia di Bruckner, in un momento di pieno orchestrale: la nona di Bruckner è bellissima e molto intima, questo momento “violento” serve a Bergman per sottolineare l’isolamento del vecchio, e direi che funziona benissimo ma c’è il rischio di dare un’immagine distorta del grande compositore austriaco. In questo istante va da lui Karin, che è molto amata dal nonno. Johann ha deciso di scavalcare decisamente il figlio, e porta a conoscenza di Karin la lettera di un direttore d’orchestra russo suo amico: ha ascoltato Karin e ha una proposta per lei, che riceverà una borsa da studio e dovrà andare ad Helsinki, quindi lontano da suo padre. Il nonno finanzierà completamente Karin, e in più le comprerà il violoncello: l’unica condizione è questa, che vada a vivere lontana da suo padre. Bergman coglie un’altra occasione per mostrare la foto di Ingrid, e approfitta del personaggio di Anna per far dire a Erland Josephson “tua madre era qui sulla terra per renderci la vita più sopportabile”. Una frase simile era già stata detta da Jarl Kulle, nelle vesti di Don Giovanni, in un film del 1960, “L’occhio del diavolo”, e ricorre spesso nei film di Bergman, più o meno sottotraccia: ci sono persone che sono qui sulla terra per renderci la vita sopportabile, quasi delle creature angeliche.
7. “lettera di Anna”
Karin va a trovare un’altra volta Marianne. Karin ha trovato una lettera di sua madre in un libro, è stata scritta una settimana prima di morire, dice al marito di lasciar libera la figlia, di non opprimerla.
8. “sarabanda”
Karin e suo padre. Henryk è stato il primo maestro della figlia, e adesso vorrebbe suonare con lei (in duo) le suites di Bach; ma lei ha ricevuto una proposta da Claudio Abbado, andrà ad Amburgo con una sua amica; quindi non seguirà né suo padre né suo nonno, non vuole esibirsi come solista, non vuole che altri si mettano a discutere il suo talento, suonare in orchestra le piace moltissimo, fare qualcosa insieme ad altri Il padre, sconsolato, le chiede di suonare la sarabanda dalla quinta suite, prima di andarsene. Va fatto notare che Claudio Abbado ha effettivamente fondato e seguito con molta attenzione numerose orchestre giovanili, in Europa e negli altri continenti: orchestre come la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestra Mozart, e molto altro ancora: quindi l’episodio (sia pure inventato) è perfettamente plausibile, trattandosi di una giovane violoncellista molto promettente.
9. “momento cruciale”
Marianne e Johan da soli in casa: Marianne riceve una telefonata dove le viene detto che Henryk ha tentato il suicidio ma è stato portato in ospedale e ora in salvo. Karin è già ad Amburgo.
10. “l’ora che precede l’alba”
Ancora Marianne e Johan. Johan è in una crisi di ansia, i due dormono insieme. Marianne dice a Johan che presto dovrà andarsene, il lavoro la chiama.
Epilogo.
Ancora Marianne con le foto, come all’inizio. Ognuno è tornato a fare la sua vita di prima, o almeno così sembra; però nel finale del film Liv va a trovare la figlia Martha alla casa di cura, la figlia apre gli occhi e la guarda a lungo, stabilendo per la prima volta da molto tempo un vero contatto con lei. Dura poco, ma è qualcosa che dà speranza a Marianne.
Il film termina con le note di Bach: prima le suites per violoncello, poi sui titoli di coda è la volta dell'organo.
L’elenco delle musiche:
- Johann Sebastian Bach, Suite n.5 per violoncello in do minore, quarto movimento (sarabanda) eseguito da Thorleif Thedeen.
- Johann Sebastian Bach, Trio Sonata per organo n.1 in mi bemolle maggiore, il primo movimento (allegro) eseguito da Torvald Toren
- Johann Sebastian Bach, corale per organo BWV 1117, eseguito da Hans Fagius
- Anton Bruckner, un frammento dal secondo movimento della Sinfonia n.9 in re minore (Swedish Radio Symphony Orchestra, direttore Herbert Blomstedt)
- Johannes Brahms Quartetto per archi n.1 in do minore Op. 51 (The Alban Berg Quartet)
Nel film vengono nominate, ma non si ascoltano, la sonata per violoncello op.25 di Paul Hindemith (scelta come prova d'esame dal padre di Karin) e un brano per violoncello di Zoltan Kodalyi (eseguito da Karin, e ascoltato dal direttore d’orchestra di Leningrado).
Inoltre, viene detto più volte che Henryk sta scrivendo un libro sulla “Johannes Passion” di Bach.

Nessun commento: