lunedì 7 febbraio 2011

Lisbon Story ( II )


Lisbon Story (1994). Scritto e diretto da Wim Wenders. Fotografia: Lisa Rinzler. Montaggio: Peter Przygodda, Anne Schnee. Scene: Zé Branco. Musica per il film: Madredeus (l’album “Ainda”). Colonna sonora: Jürgen Knieper. Prodotto da Paulo Branco. Durata: 105 minuti.
Interpreti: Rüdiger Vogler, Patrick Bauchau, i Madredeus, Manoel de Oliveira, Vasco Sequeira (camionista), Canto e Castro (il barbiere), Viriato Jose da Silva (lustrascarpe), João Canijo (truffatore) bambini e ragazzi: Ricardo Colares (Ricardo), Joel Cunha Ferreira (Zé), Sofia Bénard da Costa (Sofia), Vera Cunha Rocha (Vera), Elisabete Cunha Rocha (Beta)
I Madredeus: Teresa Salgueiro (voce), Josè Peixoto (chitarra), Pedro Ayres Magalhaes (chitarra), Francisco Ribeiro (violoncello), Gabriel Gomes (accordeon), Rodrigo Leao (percussioni).

Un altro punto di riferimento per “Lisbon Story” è Fernando Pessoa: «Fernando Antonio Nogueira Pessoa nasce a Lisbona nel 1988. Orfano di padre all’età di sette anni, seguirà in Sudafrica la madre che ha sposato in seconde nozze un diplomatico. Dopo gli studi all’Università di Città del Capo, rientra a Lisbona nel 1905. Impiegato come corrispondente commerciale, inizia a scrivere poesie e svolge un’intensa attività culturale attraverso circoli letterari e riviste. Ma in vita non pubblica che una parte insignificante della propria opera. Morirà a Lisbona nel 1935. Tra le sue opere principali: “Il libro dell’inquietudine”, “Il poeta è un fingitore”, “Una sola moltitudine”, “Il banchiere anarchico e altri racconti”. (dalle note di copertina di “Poesie esoteriche” di Fernando Pessoa, ed. Guanda 1999). »
Pessoa è uno scrittore non facile, molto affascinante ma spesso inafferrabile per un lettore normale. Mettere Pessoa in un film potrebbe essere controproducente, ma Wenders vi riesce benissimo affidandone la lettura a Rüdiger Vogler, che vi affida piccole e riuscite gags: la lotta contro le zanzare, la lettura ad alta voce nonostante i bisticci dei due ragazzi (maschio e femmina) seduti di fianco a lui, un’infiltrazione d’acqua, insomma tante piccole scene che vanno viste e non raccontate.
Non so se sia di Pessoa anche la frase che si vede dipinta sul muro della stanza dove va a vivere Philip Winter: così come viene tradotta nel film, significa “ah, se potessi essere tutte le persone, di tutti i posti...” («Ah nao ser eu toda a gente e toda a parte»)
Al minuto 38 un libro di Pessoa è effettivamente usato da Rüdiger Vogler contro le zanzare, ma senza grossi risultati. Suppongo che le zanzare portoghesi siano molto vivaci e scattanti, quasi impossibile prenderle al volo, in quel modo...
«Se io, per quanto nessuno, potessi avere sul volto quella luce splendente...» (il cognome Pessoa, in questo verso, è sinonimo di nessuno: come il francese “personne”, in portoghese per dire che non c’è nessuno si dice che “non c’è persona alcuna”. Detto più velocemente, “pessoa”, “personne”.)
Ancora Pessoa a 1h04: stavolta Vogler pesca dal comodino il diario, e ne legge qualche riga:
«...non c’era elettricità, leggevo alla fioca luce di una candela qualsiasi cosa trovassi da leggere. Era la Bibbia, lessi la prima lettera ai Corinzi. Mi ha sopraffatto. Non sono nulla, sono una pura fantasia. Cosa aspettarsi da me stesso e dalle cose di questo mondo? E se non ho avuto amore? Oh mio Dio, io non ho amore...» (Fernando Pessoa, dicembre 1934, poco prima della morte).
Dato che Vogler è un lettore puntiglioso, ha sul comodino anche la Bibbia (forse un Vangelo, date le dimensioni ridotte) che è lì vicino, e legge subito il verso dei Corinzi a cui si riferisce Pessoa: “se ho il dono della profezia...”
« Se anche parlassi tutte le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia, e conoscessi tutti i misteri e la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, snon manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! Ricercate la carità. (...) (San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi, 13-14) (La Sacra Bibbia, ed. CEI – Conferenza Episcopale Italiana)
Un'altra poesia di Pessoa presente in "Lisbon Story":
XXI
Thought was born blind, but Thought knows what is seeing.
Its careful touch, deciphering forms from shapes,
Still suggests form as aught whose proper being
Mere finding touch with erring darkness drapes.
Yet whence, except from guessed sight, does touch teach
That touch is but a close and empty sense?
How does more touch, self-uncontented, reach
For some truer sense's whole intelligence?
The thing once touched, if touch be now omitted,
Stands yet in memory real and outward known,
So the untouching memory of touch is fitted
With sense of a sense whereby far things are shown
So, by touch of untouching, wrongly aright,
Touch' thought of seeing sees not things but Sight.
Questa poesia è in un volume intitolato “Poesie esoteriche”, e purtroppo c’è solo nell’edizione tedesca: in quella corrispondente italiana (Guanda) non c’è, così devo rinunciare alla traduzione. L’originale è comunque questo, in inglese: Pessoa era perfettamente bilingue. La raccolta completa è «35 Sonnets» in Poemas Ingleses di Fernando Pessoa, 1921.

Altre due poesie di Pessoa in inglese non vengono lette ad alta voce ma si possono recuperare con i fermo immagine del dvd:
In broad daylight even the sounds shine.
On the repose of the wide field they linger.
It rustles, the breeze silent.
I have wanted, like sounds, to live by things
And not be theirs, a winged consequence
Carrying the real far.

I listen without looking and so see
Through the grove nymphs and fauns steppling a maze
Between trees that cast shade or dread,beneath
Branches which whisper as they feel my gaze.
But who was it, did pass? No-one knows that.
I rouse up and hear the heart beat –
That heart which has in it no room for what
Is left after illusion has leaked out. Who am I,
I who am not my own heart? "
(24.9.1932)

A 1h07 Vogler insiste a leggere un libro di Pessoa mentre i due ragazzi fingono di litigare sul loro filmato:
«...quando ero bambino vivevo inconsapevole per raggiungere la memoria che oggi ho di quel tempo. La mia vita ora procede nutrita di finzione. In questa prigione, posso leggere solo il sorriso di qualcun altro, di colui che ero allora...»
Rüdiger Vogler è un attore che ha sempre avuto un rapporto speciale con i bambini. Wenders dice di esserne accorto da subito, dalla sua breve scena in “La lettera scarlatta” dove l’attore tedesco, allora molto giovane, interpreta un marinaio. La sua breve scena con la bambina protagonista è così ben riuscita che Wenders decide di girare un film intero con quei due: sarà “Alice nelle città”, 1973. L’anno dopo, i numerosi bambini di “Nel corso del tempo” troveranno ancora irresistibile Vogler, che da parte sua ci si diverte molto anche se sembra non volerlo dare a vedere.
Il rapporto tra Wenders e Vogler (che è presente in un’infinità di suoi film, oltre che in centinaia di titoli del cinema e della tv tedesca) è ben riassunto da una recensione d’epoca che cominciava così: «C’è sempre qualcuno che ha bisogno di aiuto nei film di Wenders. Chiamato dalla cartolina di un amico, Rüdiger Vogler... (...)» (Enzo Natta su Lisbon Story, da Famiglia cristiana n.16 1995)
Quando Wenders è rilassato e di buon umore, chiama Rüdiger Vogler: e Vogler gli risolve da solo, con la sua semplice presenza fisica, almeno la metà dei problemi. A me ha sempre ricordato Charlie Chaplin, il vagabondo del cinema per eccellenza: e credo che Charlot sia stato davvero un punto di partenza per Rüdiger Vogler. Se fosse almeno un po’ ingrassato, nel tempo, Vogler avrebbe potuto prendere i ruoli che furono di Michel Simon: ma così non è stato, pazienza.
Purtroppo Vogler (che è del 1942) è invecchiato, le ragazze carine gli vogliono bene ma come ad un papà (vedi Teresa Salgueiro in “Lisbon Story”), e Wenders (classe 1945 ed invecchiato anche lui, ma ai registi è permesso invecchiare) non ha più un alter ego così affidabile. Ecco uno dei problemi più grossi di Wenders dal 1995 in qua: non è facile sostituire Rüdiger Vogler...
Per quanto mi riguarda, la presenza del piede ingessato mi ha riportato subito alla memoria un’estate in cui mio padre ebbe un problema simile - mio padre aveva una corporatura simile e anche se era più alto e più bello di Vogler, il ricordo di quel gesso mi accompagna sempre per qualche giorno, ogni volta che rivedo “Lisbon Story”.

Un altro bel frammento di recensione, che ho ritrovato mettendo in ordine i miei appunti su Lisbon Story: «... anche al cinema, che amava enormemente, Tassi non andava mai a vedere un prodotto di consumo, e non si era mai perso un film di Wim Wenders. Gli era piaciuto anche Lisbon story ... Ai dubbi che io avevo avanzato sul film, aveva risposto con aria un po’ severa: « Non ti è piaciuto perché non hai capito il senso di sperdutezza del film....» Che era poi lo stato d’animo dei viandanti dell’arte e della letteratura del romaticismo tedesco, da lui prediletto.» (La Repubblica, gennaio 1998, C.Zambianchi ricorda l’amico Roberto Tassi, medico e critico d’arte, morto due anni prima)
Rimane ancora da parlare di Manoel de Oliveira, che in “Lisbon Story” ha una parte consistente: lo farò domani.


(continua)

2 commenti:

Marisa ha detto...

"Se potessi essere tutte le persone, di tutti i posti..." Sì, questi sembrano proprio versi di Pessoa e in realtà lui ha dato voce a numerose persone in un caleidoscopio di personalità multiple che gli hanno evitato la schizofrenia solo grazie all'arte di saperle rappresentare dialetticamente. Quando l'ho scoperto ( grazie a Tabucchi) stentavo a capacitarmi. Dal suo baule continuavano ad uscire sempre nuovi autori...
In questi film di viaggi ( come "Nel corso del tempo", "Alice nelle città") alla scoperta o al ritrovamento di sé stesso Wenders dà veramente la parte migliore ed è in effetti gradevolissimo.

Giuliano ha detto...

Pessoa mi ha impressionato spesso, ma leggere i suoi libri "tutte le pagine" come si fa con altri autori penso che sia impossibile, bisogna proprio aspettare che sia Pessoa a chiamarti.

su questo dvd purtroppo non c'è il commento di Wenders "punto per punto"...devo dire che ne ho sentito la mancanza, ormai mi ero abituato troppo bene...