domenica 20 febbraio 2011

Orizzonti di gloria

Orizzonti di gloria (Paths of Glory , 1957) Regia di Stanley Kubrick Sceneggiatura di Humphrey Cobb, Stanley Kubrick, Calder Willingham, Jim Thompson Fotografia: Georg Krause Musica: Gerald Fried Interpreti: Kirk Douglas, Ralph Meeker, Adolphe Menjou, George Macready, Wayne Morris, Richard Anderson, Christiane Kubrick (87 minuti)

"Orizzonti di gloria" è il film indispensabile per capire Stanley Kubrick. Non si può capire “Full metal jacket”, e neanche “Arancia meccanica” o “Shining”, se non si parte da qui, da questo che – per gli spettatori superficiali – è solo vecchio film in bianco e nero. Si tratta in realtà di un capolavoro assoluto, che prende fin dalla prima inquadratura, e che non si dimentica. Il cinema di Kubrick allo stato purissimo, già spettacolare, già indimenticabile.
“Orizzonti di gloria”, è un film del 1958, è uno dei più grandi film della storia del cinema, e mi dispiace molto vederlo dimenticato, anche al di là dei meriti artistici: perché la storia che racconta è una di quelle che – purtroppo per noi - non perdono mai d'attualità. Siamo nella Prima Guerra Mondiale, sul fronte francese; un generale dello Stato Maggiore, per suoi calcoli personali di carriera, ordina un attacco impossibile: e invano il colonnello Dax (interpretato da Kirk Douglas), in trincea, tenta di impedire un inutile massacro. Il generale ritiene che l'ordine non sia stato eseguito, per codardia: ne nasce un processo, e la Corte Marziale ordina una punizione esemplare. Tre soldati sono sorteggiati, a caso, e verranno fucilati dopo un processo sommario. Il film è la storia di questo processo, nel quale invano il colonnello Dax, in veste di avvocato, cercherà di difendere i suoi soldati innocenti. Una storia agghiacciante, e anche amara, raccontata in modo esemplare da Stanley Kubrick: che a questi temi teneva molto e ci tornerà sopra, in seguito, con altri film indimenticabili.
Che cosa ci vuol dire Kubrick? Provo a riassumere (ma il film è molto più complesso): che il mondo in cui viviamo è basato, e sono fondamenta molto forti, proprio sull'ordine militare. Per molte persone, ancora oggi, il capo è il Capo, e un Ordine non si può discutere. Al capo si obbedisce, e basta. Non obbedendo al Capo, si rischia il crollo di tutto il sistema: ma questa non è la realtà, è una mentalità da caserma, è l’esatto tipo di mentalità che ha portato a stragi e devastazioni.  Poco importa, a chi ragiona in questo modo, che il capo sia in realtà un povero disgraziato, o addirittura un folle: l'ordine va eseguito, e senza discutere.
Kubrick in “Orizzonti di gloria” ci mostra nel dettaglio il modo di pensare dei generali (di tutti i tempi), che calcolavano in anticipo quanti morti ci sarebbero stati: duemila soldati morti, ma poi vinciamo la battaglia. Uno schema identico viene mostrato anche in “Barry Lyndon”, ambientato nel Settecento: soldati addestrati a marciare impettiti verso il nemico – tanto poi se cadi quelli dietro prendono il tuo posto, “rimpolpano”. Si è andati avanti così per secoli, per millenni: una vita umana non valeva niente, la disciplina era la cosa più importante, l’unica che conta. Per gli altri, c’è la Corte Marziale: e una punizione esemplare, così imparano.
Si sono ottenuti molti risultati, questo va detto. Senza l’ordine e la disciplina, e il sacrificio, non si va da nessuna parte: il problema è esattamente quello che ci mostra Kubrick, molti dei capi che sono nei posti di comando sono dei pazzi, più o meno conclamati. Gli storici, quelli seri, hanno portato molti esempi di capi considerati grandi che in realtà non erano capaci nemmeno di badare a se stessi: è recentissima, per esempio, l’ammissione del figlio di Ronald Reagan: suo padre fece gli ultimi anni da presidente USA ben dentro il morbo di Alzheimer, demenza senile (smentito subito dalle fonti del Pentagono, ma che Reagan non fosse più in sè era ormai sotto gli occhi di tutti...). Altri capi di Stato, e penso a cosa sta succedendo qui da noi, sono sotto dosi massicce di psicofarmaci, o di farmaci tout court: ma ogni loro dichiarazione viene raccolta come se fosse oro colato, e chi discute le loro indicazioni viene guardato con disprezzo e riprovazione.
"Il dottor Stranamore" , che invece qualcuno si ricorda più facilmente, sempre di Kubrick, è di pochi anni successivo, ed è lo stesso film girato però in modo caricaturale: si ride, ma è ancora più agghiacciante perché stavolta i pazzi hanno in mano la bomba atomica.
“Orizzonti di gloria” ha un gemello in “Gallipoli-Gli anni spezzati” di Peter Weir, girato negli anni ’70, che mostra le stesse cose e negli stessi anni, ma dal punto di vista del contingente australiano.
La differenza fondamentale tra i due film è questa: che in Weir si dà molto spazio, tutta la prima parte del film, ai motivi che portavano all’arruolamento, come volontari; la guerra vera la vediamo solo nel finale. In “Orizzonti di gloria” di volontari non ce ne sono: erano tutti militari di leva, anche i nostri che morirono a migliaia, negli stessi giorni; e nella guerra ci siamo dentro fin dall’inizio.
Gli avvenimenti recenti (quelli miei personali e quelli che vediamo al telegiornale, o sul nostro posto di lavoro) hanno riproposto un pensiero che purtroppo mi torna spesso a galla: a molta gente questo mondo piace. Ho osservato comportamenti molto simili a una caserma "vecchio stile", tipo addestramento dei marines in "Full metal jacket", anche in posti che di per sè non avrebbero nulla a che fare con l'organizzazione militare o paramilitare, e dove fino a qualche anno fa questo atteggiamento non si notava: i volontari della Croce Rossa, per esempio (che magari girano con la "divisa sociale" anche fuori dai loro orari, danno ordini perentori, eccetera)  o i vigili del fuoco (che potrebbero ben muoversi da persone normali, invece anche a molti di loro piace il "passo dell'oca", o simili). Ma la cosa che più colpisce è ritrovare questa mentalità sui posti di lavoro, o in un ufficio, o magari a scuola (la riforma Gelmini va molto decisa verso un "ordine" che ha poco a che fare con l'insegnamento e con l'apprendimento delle materie scolastiche).
Insomma, a molti piace la mentalità da caserma (con tutto il rispetto per i soldati veri, naturalmente), dove “tutto è in ordine” e dove c'è un capo che pensa anche per noi e al quale bisogna ubbidire, non importa quale sia l'ordine. Questa è la cosa importante: non dover pensare con la propria testa, obbedire, e non importa quale sia l'argomento. La ribellione avviene solo in un caso: quando ci si rende davvero conto di quale è la posta in gioco, e cioè la propria vita.
Di tutto questo, e di altro ancora, ci parla Stanley Kubrick: in "Orizzonti di gloria", ma anche in "Full metal jacket", in "Arancia meccanica", nel "Dottor Stranamore", e perfino in "Barry Lyndon".
Se non si parte da qui, da "Orizzonti di gloria", non si potrà mai capire Kubrick.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Effettivamente tutti i film di Kubrick sono magistrali e la nuda rappresentazione del potere gestito in modo sadico finalizzato alla sottomissione incondizionata è uno dei temi maggiormente messi a fuoco.
Come sempre,( ma ce lo dimentichiamo continuamente) gli opposti si toccano e si capovolgono uno nell'altro: una delle massime virtù che è quella dell'umiltà su cui sono fondati i voti di obbedienza nei monasteri, si capovolge e si perverte nella richiesta di cieca obbedienza al potere. La differenza fondamentale è nella consapevolezza e nella libertà di coscienza con cui si aderisce e su cui si basa la scelta, libertà che non esiste nel caso della cieca sottomissione al potere, che per automantenersi ha assolutamente bisogno di schiacciare l'individuo e la sua peculiarità.

Giuliano ha detto...

E' stato uno dei film che più mi hanno influenzato, credo di averlo visto per la prima volta intorno ai vent'anni (il film è uscito nei cinema mentre io stavo per nascere).
La Grande Guerra è stata una cosa spaventosa, una carneficina insensata; ma dopo non si è smesso, anzi: è arrivato il fascismo, il nazismo, anche davanti agli orrori e alla devastazione non si è imparato niente. E oggi stiamo ricominciando da capo.