giovedì 17 febbraio 2011

The image maker

Bildmakarna – The image maker (Il fabbricante di immagini, 1999) Regia di Ingmar Bergman. Tratto da un dramma di Per Olov Enquist. Fotografia di Sofi Stridh, Sven-Ake Visén, Raymond Wemmenlöw. Musica di Schubert (la morte e la fanciulla) e il tango “Derecho viejo” di E. Arolas. Interpreti: Lennart Hjulström (Sjöström), Anita Björk (Selma Lagerlöf,) Carl Magnus Dellow (Jänzon), Henry Nyberg (il proiezionista), Elin Klinga (Tora Teje). Durata: 1h35’
(è nello stesso dvd di “Il settimo sigillo”, tra gli extra).

“The image maker” è un film di Bergman del 1999, girato per la tv svedese, che ruota intorno a Viktor Sjöström, il grande attore e regista che fu protagonista di “Il posto delle fragole”.
Siamo nel 1920, alla prima proiezione (privata) di “Il carretto fantasma”, uno dei grandi capolavori della storia del cinema, tratto da un romanzo di Selma Lagerlöf. La signora Lagerlöf, la “dottoressa Lagerlöf”, sarà presente a questa prima proiezione, e la cosa genera una certa ansia, perchè Selma Lagerlöf non è un personaggio qualsiasi: le fu assegnato il Premio Nobel nel 1909, è studiata a scuola, è uno dei punti di riferimento della vita culturale svedese.
Il film inizia però con altri due personaggi: un fotografo e la sua modella. Si tratta di altri due personaggi realmente esistiti: il fotografo è Julius Jänzon, che fu effettivamente il direttore della fotografia per “Il carretto fantasma” e che per quel film realizzò degli effetti speciali ancora oggi molto validi. La modella, una donna di una bellezza fuori dal comune, è l’attrice svedese Tora Teje, una delle dive del muto, personaggio molto vitale e perfino ingombrante. Per i primi dieci minuti di “The image maker” vediamo all’opera soltanto questi due personaggi, oltre al proiezionista (che è una piccola parte); in seguito arriveranno, insieme, Selma Lagerlöf e Viktor Sjöström.
Ho fatto una piccola ricerca su questi due personaggi,dei quali ignoravo l’esistenza; riporto qui le notizie essenziali.
Tora Teje, pseudonimo di Tora Johansson (1893-1970) è un’attrice svedese di cinema e di teatro. Ha girato dieci film tra il 1920 e il 1939; alcuni suoi film hanno titoli vagamente inquietanti come “La stregoneria attraverso i secoli” (1922), “Erotikon” (1920), “Il monastero di Sendomir” (1920).
La foto con il levriero di cui si fa cenno nel film (nel finale, in un colloquio con la Lagerlöf) è reperibile in rete e la metto qui sotto. Nel film si dice che l’intervista associata a quella foto fu scandalosa, perché vi si facevano discorsi femministi molto spinti per l’epoca, e per via del fatto che il giornale che la pubblicò era considerato poco serio.
Julius Jänzon (si pronuncia più o meno “Jonsson”) nasce nel 1885 e muore nel 1961: fotografo e operatore cinematografico, realizza per Sjöström gli effetti speciali, molto belli ancora oggi, di “Il carretto fantasma”. Questi effetti speciali, non molto diversi da quelli di Méliès, richiedevano grande mestiere e grande precisione.
Il film “Il carretto fantasma” uscirà nel 1921, e "The image maker" si svolge nel 1920 (lo si capisce da un calendario appeso al muro). Si tratta del carro guidato dalla morte, che va a raccogliere le anime: l’effetto speciale è rappresentato dalla sovrapposizione delle immagini spettrali a quelle reali, delle persone viventi e dei loro corpi. Si vede così l’anima del defunto sorgere dal cadavere, alzarsi e seguire il carrettiere: un effetto speciale che fa ancora oggi una certa impressione, soprattutto quando il defunto si alza dal suo stesso corpo.
A questo proposito, al minuto 6 Tora Teje legge alcune righe di Selma Lagerlöf, proprio dal Carrettiere della Morte: «Non devi pensare che il mio corpo non sia nulla. Racchiude un’anima, come il tuo e come quello di altre persone. Non pensarlo come una cosa fissa, pesante e forte; pensa che sia un’immagine vista allo specchio, un’immagine che sia uscita dal vetro e che possa parlare, vedere, muoversi...»
L’immagine allo specchio, qualcosa che non si sporca e non si deforma, e che può passare indenne attraverso la vita, al di là della vita. Proprio mentre Tora, giovane e molto bella, sta leggendo queste righe, vediamo entrare nel locale l’anziana Selma Lagerlöf: tra le due nasce subito un conflitto ma anche un’istantanea identificazione, che sfocerà in una forte simpatia. Le due donne sono molto diverse, ma – anche se in questo momento non lo sanno - hanno una cosa in comune: sono entrambe cresciute con un padre alcolizzato.
Selma Lagerlöf ha sempre tenuto nascosta questa circostanza, dando anzi del padre un’immagine contraria alla terribile verità. La Lagerlöf era un autore da studiare a scuola, e nel film Tora Teje dice a Selma di aver studiato e ammirato proprio il discorso che lei fece alla cerimonia per il Nobel, dove ringraziava suo padre, e di averla ammirata molto per questo suo discorso. La confessione privata, che vediamo arrivare un po’ alla volta nel corso del film, è quindi qualcosa di sconvolgente, ma necessario.
Non so quasi nulla della vita di Selma Lagerlöf, e ho letto pochissimo delle sue opere, quindi non saprei cosa dire riguardo ai dialoghi che si fanno nel film (tratto da un dramma teatrale di Per Olov Enquist), ma dell’argomento si è sicuramente interessato Ingmar Bergman, quindi direi che ci si può fidare. Bisognerà forse ricordare che “L’immagine allo specchio” è solo il titolo italiano di un film di Bergman, che in originale è “Faccia a faccia”: quindi non c’è un collegamento diretto con questa citazione.
Tora Teje non recita nel “Carretto fantasma”: come spiega lei stessa nel film, era l’amante di Sjöström, e la moglie di Sjöström ne era molto gelosa.
Il significato del titolo, “The image maker”, viene spiegato alla fine, quando Jänzon (che è molto timido) si permette una piccola critica raccontando a Selma di una storia da lei scritta, quella ispirata dai vangeli apocrifi dove Gesù da bambino modella dei piccoli uccelli usando il fango. Nel racconto di Selma Lagerlöf, anche Giuda bambino è lì presente, ma non è altrettanto bravo e reagisce schiacciando gli uccellini fatti da Gesù: Gesù li fa volare via salvandoli, e la Madonna sgrida Giuda, con parole molto aspre. Jänzon non è d’accordo con Selma e glielo dice: forse anche Giuda era un artista, e poi era solo un bambino. Selma concorda con il fotografo, che continua: lui voleva fare il pittore, ma ha fatto il fotografo. E’ la stessa arte, è sempre un fabbricare immagini, è la stessa cosa ma è diversa...
Sempre nel finale, veniamo a sapere che “La resurrezione” è il titolo che Selma vorrebbe per il film, pensando a suo padre; ma Sjöström dice che il titolo originale del romanzo, “Il carretto fantasma” (“Il carrettiere della morte”) è quello dà più senso alla storia
Gli attori sono tutti molto bravi: Anita Björk (Selma Lagerlöf) ha girato con Bergman “Donne in attesa”, negli anni ’50; poi ha continuato con una lunga carriera ma senza più lavorare con Bergman fino agli anni ‘90, dove interpreta “Con le migliori intenzioni”, “Vanità e affanni” e “Conversazioni private”. A Elin Klinga, che interpreta Tora Teje, tocca una parte difficile e molto esposta, che poteva diventare caricaturale: dimostra invece grandi capacità di recitazione, e mi dispiace molto di non averla ancora vista in nessun altro dei film in cui ha recitato.
Anche gli altri attori hanno una lunga carriera, prima e dopo “The image maker”. Lennart Hjulström (il regista Sjöström) somiglia un po’ a James Mason e un po’ a Leo Genn (in Moby Dick di John Huston), e ha lavorato anche in grandi produzioni inglesi e americane: facile pensare che l’abbiamo visto molte volte senza riconoscerlo o memorizzarlo. Carl Magnus Dellow (il direttore della fotografia) ha i capelli rossi e qualche difetto di parola: non so dire se fosse davvero così, ma l’attore è molto bravo a renderne il carattere, e Bergman ne fa il “buffo” del quartetto, rendendo così più leggero il film. Il proiezionista Henry Nyberg è con ogni probabilità un vero proiezionista, ed è facile pensare che sia amico di lunga data di Bergman perché è del 1916, praticamente suo coetaneo (Bergman è del 1918).
Soprattutto nel finale, “The image maker” ricorda molto il grande teatro che si faceva in Rai negli anni ’60, con la presa diretta del suono e con i nostri più grandi attori di teatro, Romolo Valli, Tino Buazzelli: la recitazione è a quei livelli. In più, abbiamo colori caldi e pieni, e poco usuali sia al cinema che in tv: prevalenza di rossi carichi, bordeaux, nero e giallo antico e marrone, il castano fluente dei capelli di Elin Klinga e il rosso ramato di Carl Magnus Dellow. Le riprese avvengono in un ambiente molto piccolo, si è quasi sempre costretti al primo piano; nonostante l’ambiente piacevole e la grande recitazione degli attori, l’insieme è spesso violento e a tratti perfino sgradevole: penso proprio che si tratti di una cosa voluta e cercata, visto l’argomento.
Menzione particolare per la musica che si ascolta nel film: un bellissimo tango d’epoca, da grammofono: “Derecho viejo”, di E. Arolas (Francisco Pracànico Sextett) e, per la proiezione del film, Franz Schubert, La morte e la fanciulla, nell’esecuzione del Quartetto Italiano (per chi non lo sapesse, le registrazioni del Quartetto Italiano sono tra le più cercate e ammirate, ancora oggi, in tutto il mondo).
da http://www.wikipedia.it/ :
Selma Ottilia Lovisa Lagerlöf (Mårbacka, 20 novembre 1858 - 16 marzo 1940) è stata una scrittrice svedese, autrice di numerosi romanzi e racconti basati sulla vita svedese del passato. Si affermò grazie ai primi due libri: La saga di Gösta Berling (1891), riedizione di racconti folcloristici del Värmland scritti in una prosa lirica che denota l'influenza dello scrittore scozzese Thomas Carlyle, e il volume di racconti I legami invisibili (1894). Le opere, caratterizzate da naturalezza e freschezza, ritraggono personaggi la cui semplicità si manifesta sia nel modo di agire sia nel modo di pensare. Figura preminente nella letteratura svedese per ciò che riguarda la tecnica narrativa, Selma Lagerlöf vinse nel 1909 il premio Nobel per la letteratura e nel 1914 diventò membro dell'Accademia Svedese.  La sua opera principale è il romanzo per bambini Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson (Nils Holgerssons underbara resa genom Sverige). Tra i suoi scritti si ricordano i romanzi I miracoli dell'Anticristo (1897), ambientato in Sicilia, Gerusalemme (1901-1902), La casa di Liljecrona (1911), L'esiliato (1918) e la trilogia L'anello dei Löwensköld (1925-1928). Ai volumi di racconti appartengono Le leggende di Gesù (1904), Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson attraverso la Svezia (1906-1907) e una serie di racconti fantastici per bambini. Scrisse inoltre alcune opere autobiografiche, tra le quali Mårbacka (1922), Ricordi d'infanzia (1930) e Diario (1932).  Tra le sue opere più famose: 1891 - La saga di Gösta Berling (Gösta Berlings saga) 1894 - Osynliga länkar 1897 - Antikrists mirakler 1899 - En herrgårdssägen 1902 - Gerusalemme (Jerusalem), 1904 - Herr Arnes penningar 1904 - Kristuslegender 1907 - Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson (Nils Holgerssons underbara resa genom Sverige) 1908 - En saga om en saga och andra sagor 1911 - La casa di Liljecrona (Liljecronas hem) 1912 - Il carretto fantasma (Körkarlen) 1914 - L'imperatore di Portugallia (Kejsarn av Portugallien) 1915 - Troll och Människor 1925 - L'anello rubato (Löwensköldska ringen) 1927 - Carlotte Löwensköld 1928 - Anna Svärd La fanciulla della palude grande (antologia) L'ospite di Natale e altri racconti (antologia)   1909: premio Nobel per la letteratura 1914: membro dell'Accademia Svedese.


Victor David Sjöström (Silbodal, 20 settembre 1879 - Värmland, 3 gennaio 1960) è stato un regista, attore e sceneggiatore svedese. Aveva un solo anno quando la famiglia, per motivi finanziari, si trasferì dalla Svezia a Brooklyn, New York dove rimase fino alla morte della madre avvenuta quando aveva sette anni. Le tensioni che nacquero con il subentrare della nuova compagna del padre, persuasero quest'ultimo a rispedire Victor dalla sorella a Uppsala; aveva 14 anni quando fece la sua prima apparizione teatrale, sotto l'ala protettiva dello zio, l'attore Victor Hartman. Alla morte del padre, che nel frattempo era tornato dagli States dopo una disastrosa bancarotta e lo aveva obbligato ad abbandonare gli studi per lavorare in un cantiere, decise di intraprendere la carriera di attore professionista. L'approdo alla gestione di una compagnia teatrale fu il primo passo verso il divenire una delle colonne portanti dell'industria cinematografica svedese. Nel 1912, infatti, il produttore della Svenska Biografteatern, Magnusson, gli offrì un contratto. Girò il suo primo film muto nel 1912 con la regia di Mauritz Stiller. Tra il 1912 e il 1923, diresse quarantuno film (il più famoso è Il carretto fantasma (Körkarlen) del 1921) prima di accettare l'offerta di lavorare negli Stati Uniti. In Svezia aveva spesso recitato nei propri film mentre negli Stati Uniti si dedicò esclusivamente alla regia. Nel 1924, con lo pseudonimo di Victor Seastrom, girò molti film e diresse star del calibro di Greta Garbo, John Gilbert, Lillian Gish e Norma Shearer prima di girare il primo film con audio nel 1930. Non sentendosi a proprio agio con il sonoro tornò in Svezia dove diresse altri due film muti prima della sua ultima regia nel film britannico Il manto rosso (Under the Red Robe). Nei quindici anni successivi ebbe una serie di ruoli da protagonista in una dozzina di film e lavorò come regista per la "Svensk Film Industri". Già alla fine degli anni '30 abbandonava la regia per dedicarsi completamente alla recitazione; nel 1941 fu infatti protagonista di L'amante nell'ombra e nel 1943 di Ordet, entrambi diretti da Gustaf Molander, poi nel 1957, all'età di settantotto anni, recitò nel film Il posto delle fragole (Smultronstället) di Ingmar Bergman. Victor Sjöström, morto all'età di ottanta anni, è seppellito nel cimitero svedese di Norrabegravningsplatsen.

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