Il Processo (The trial, 1962) Regia di
Orson Welles. Liberamente tratto da Franz Kafka. Sceneggiatura di
Orson Welles. Fotografia: Edmond Richard. Musica di Jean Ledrout, con
arrangiamento dell'Adagio di Albinoni. Musica jazz di Martial Solal e
Daniel Humair. Interpreti: Anthony Perkins (Joseph K.), Orson Welles
(avvocato Hastler), Jeanne Moreau (Burstner), Madeleine Robinson
(signora Grubach), Suzanne Flon (Pittl), Akim Tamiroff (Block),
Arnoldo Foà (ispettore), Fernand Ledoux (cancelliere), Maurice
Teynac (direttore ufficio), Billy Kearns e Jess Hahn (agenti di
polizia), Paola Mori (bibliotecaria), Katina Paxinou (donna col
baule) e molti altri. Durata: 120 minuti
Rivedo "Il Processo" di Orson
Welles mentre rileggo il libro di Franz Kafka, e rimango perplesso.
Questo film è un capolavoro di regia, ma chi conosce Kafka ne
rimarrà deluso. Avevo intenzione di scrivere un parallelo tra film e
libro, come ho fatto altre volte su questo blog (sono i miei post più
visitati, detto en passant) ma ho dovuto rinunciare, troppe le
differenze tra libro e film, si tratta di una riscrittura quasi
completa. Il lavoro di Welles è spesso geniale e il film è
senz'altro notevole, ma Welles ha cambiato troppe cose, ha reso
esplicito ciò che non lo era, ha modificato il finale, ha cambiato
molti personaggi, e tante altre cose ancora.
Ci sarebbe molto da ripensare, ma per il momento preferisco fissare qualche punto importante, partendo proprio da cosa ne ha detto Orson Welles in un'intervista del 1964, riportata su un libro fondamentale per conoscere Welles, "It's all true", editore Minimum Fax. Va detto che Orson Welles è spesso beffardo o reticente nelle sue interviste, quello che dice va sempre preso con cautela e non è affatto detto che sia necessariamente quello che pensava davvero. Insomma, Welles si divertiva a giocare con l'intervistatore e a depistare il lettore, e da questo punto di vista il titolo del libro, "It's all true", è davvero azzeccato. Le pagine dedicate a "The trial" sono davvero molte, metto qui sotto una mia sintesi personale e per il resto rimando al libro:
Ci sarebbe molto da ripensare, ma per il momento preferisco fissare qualche punto importante, partendo proprio da cosa ne ha detto Orson Welles in un'intervista del 1964, riportata su un libro fondamentale per conoscere Welles, "It's all true", editore Minimum Fax. Va detto che Orson Welles è spesso beffardo o reticente nelle sue interviste, quello che dice va sempre preso con cautela e non è affatto detto che sia necessariamente quello che pensava davvero. Insomma, Welles si divertiva a giocare con l'intervistatore e a depistare il lettore, e da questo punto di vista il titolo del libro, "It's all true", è davvero azzeccato. Le pagine dedicate a "The trial" sono davvero molte, metto qui sotto una mia sintesi personale e per il resto rimando al libro:
K. è un piccolo burocrate, lo
considero colpevole. (...) appartiene a una società colpevole,
collabora con essa. Ad ogni modo, non sono un esegeta di Kafka.
(il finale) mi è sembrato qualcosa
di troppo anteriore ad Auschwitz. Non voglio dire che il mio finale
fosse buono, ma era l'unica soluzione. (...) Dite quel che vi pare,
ma "Il processo" è il film migliore che io abbia mai
fatto. (...)
Sapete cosa è capitato con Il
Processo? Due settimane prima della partenza da Parigi per la
Jugoslavia, ci hanno detto che non avremmo avuto la possibilità di
costruire neanche un set sul posto, perché il nostro produttore
aveva già realizzato un film in Jugoslavia e non aveva ancora pagato
i debiti. Per questo è stato necessario usare quella stazione
abbandonata. Avevo previsto un film completamente diverso. Tutto è
stato inventato all'ultimo minuto, perché fisicamente il mio film
aveva una concezione totalmente diversa. Era basato sull'assenza di
set. E quel gigantismo che mi hanno rimproverato è in parte dovuto
al fatto che l'unico set di cui disponevo era quella vecchia stazione
abbandonata, e una stazione abbandonata è immensa! (...)
- Quale film avrebbe voluto fare
veramente?
- I miei. Ho cassetti pieni di
sceneggiature.
"The trial" inizia con il
racconto del custode della Legge, una buona scelta giustificata anche
da Welles. Welles spiega che mettendola al suo posto, cioè nel corso
del film, avrebbe annoiato, raccontandola all'inizio e riprendendola
alla fine si nota di più. Raccomando di ascoltare il sonoro
originale, in inglese, perché la voce di Orson Welles era
meravigliosa. Quanto all'Adagio di Albinoni, è un altro falso: il
vero autore è probabilmente Remo Giazotto, curatore delle sue opere:
nei manoscritti di Albinoni non vi è traccia di questo adagio.
Probabilmente Welles non conosceva ancora la storia del falso
Albinoni, di sicuro gli sarebbe piaciuta.
Davanti alla legge c'è
un guardiano. A lui viene un uomo di campagna e chiede di entrare
nella legge. Ma il guardiano dice che ora non gli può concedere di
entrare. L’uomo riflette e chiede se almeno potrà entrare più
tardi. “Può darsi” risponde il guardiano, “ma per ora no.”
Siccome la porta che conduce alla legge è aperta come sempre e il
custode si fa da parte, l’uomo si china per dare un’occhiata,
dalla porta, nell’interno. Quando se ne accorge, il guardiano si
mette a ridere: “Se ne hai tanta voglia prova pure a entrare
nonostante la mia proibizione. Bada, però: io sono potente, e sono
soltanto l’infimo dei guardiani. Davanti a ogni sala sta un
guardiano, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo non
riesco a sopportarla nemmeno io”.
L’uomo di campagna
non si aspettava tali difficoltà; la legge, pensa, dovrebbe pur
essere accessibile a tutti e sempre, ma a guardar bene il guardiano
avvolto nel cappotto di pelliccia, il suo lungo naso a punta, la
lunga barba tartara, nera e rada, decide di attendere piuttosto
finché non abbia ottenuto il permesso di entrare. Il guardiano gli
dà uno sgabello e lo fa sedere di fianco alla porta. Là rimane
seduto per giorni e anni. Fa numerosi tentativi per passare e stanca
il guardiano con le sue richieste. Il guardiano istituisce più volte
brevi interrogatori, gli chiede notizie della sua patria e di molte
altre cose, ma sono domande prive di interesse come le fanno i gran
signori, e alla fine gli ripete sempre che ancora non lo può far
entrare. L’uomo che per il viaggio si è provveduto di molte cose
dà fondo a tutto per quanto prezioso sia, tentando di corrompere il
guardiano. Questi accetta ogni cosa, ma osserva: “Lo accetto
soltanto perché tu non creda di aver trascurato qualcosa”.
Durante tutti quegli
anni l’uomo osserva il guardiano quasi senza interruzione.
Dimentica gli altri guardiani e solo il primo gli sembra l’unico
ostacolo all’ingresso nella legge. Egli maledice il caso
disgraziato, nei primi anni ad alta voce, poi quando invecchia si
limita a brontolare tra sé. Rimbambisce e siccome studiando per anni
il guardiano conosce ormai anche le pulci nel suo bavero di
pelliccia, implora anche queste di aiutarlo e di far cambiare
opinione al guardiano. Infine il lume degli occhi gli si indebolisce
ed egli non sa se veramente fa più buio intorno a lui o se soltanto
gli occhi lo ingannano. Ma ancora distingue nell’oscurità uno
splendore che erompe inestinguibile dalla porta della legge.
Ormai non vive più a
lungo. Prima di morire tutte le esperienze di quel tempo si
condensano nella sua testa in una domanda che finora non ha rivolto
al guardiano. Gli fa un cenno poiché non può più ergere il corpo
che si sta irrigidendo. Il guardiano è costretto a piegarsi
profondamente verso di lui, poiché la differenza di statura è
mutata molto a sfavore dell’uomo di campagna. “Che cosa vuoi
sapere ancora'?” chiede il guardiano, “sei insaziabile.”
L’uomo risponde:
“Tutti tendono verso la legge, come mai in tutti questi anni nessun
altro ha chiesto di entrare?”. Il guardiano si rende conto che
l’uomo è giunto alla fine e per farsi intendere ancora da quelle
orecchie che stanno per diventare insensibili, grida: “Nessun altro
poteva entrare qui perché questo ingresso era destinato soltanto a
te. Ora vado a chiuderlo”.»
(Franz Kafka, Il
processo, Oscar Mondadori 1975, traduzione di Ervino Pocar)
I miei appunti, presi durante la
visione:
1) le luci, come in Othello, un bianco
e nero pieno di ombre, magnifico
2) le scenografie come nei miei sogni,
i lunghi corridoi, i palazzi di marmo negli esterni
3) l'adagio di Albinoni nel 1962, già
all'opera Giazotto, qui riarrangiato da Jean Ledrot
4) belle donne e molte scene di sesso,
chi non conosce Kafka ne sarà perplesso, ma è un peccato che Welles
non abbia fatto Il Castello
5) la burocrazia vista come libri: per
gli ignoranti libri e fascicoli sono la stessa cosa, forse il
digitale con i suoi pin e le sue password non è visto come
burocrazia dagli analfabeti; qui Welles mette Romy Schneider e
Anthony Perkins tra i fascicoli e i faldoni, in Kafka non è così.
6) Ugo Betti e "Corruzione al
palazzo di giustizia" , molte somiglianze con lo sceneggiato Rai
dove c'era Tino Buazzelli, che però è posteriore
7) la sequenza iniziale con i disegni e
la voce di Welles mi ha fatto pensare che forse l'ingresso destinato
soltanto a una persona rappresenta la nascita, la luce è l'utero,
non è la morte ma la nascita che viene negata.
8) in inglese K è Key, chèi come in
schei (soldi); la chiave (key) però si pronuncia kì
9) il finale vede K morire con una
bomba, dinamite da lui stesso gettata verso i due sicari. Mi sembra
un finale più che discutibile, qui Welles doveva attenersi al libro
visto che il finale c'è. Un ricordo del finale di "La coscienza
di Zeno" di Italo Svevo?
2 commenti:
Vale la pena menzionare che la "stazione abbandonata" menzionata con così tanta nonchalance da Welles è nientepopodimeno che la cadente Gare d'Orsay a Parigi... prossima alla prevista demolizione! Doveva essere un luogo di grande fascino, anche in quello stato.
Poi per fortuna (non era affatto scontato, conoscendo i francesi: Le Corbusier voleva farci un grattacielo parallepidale simile al palazzo dell'ONU, si trova facilmente il progetto su google immagini) è stato deciso di salvarla e se ne è fatto il magnifico Musée d'Orsay che conosciamo.
grazie per l'informazione
io ho viaggiato poco, non potevo riconoscerla. Molti dettagli, però, non li scrivo perché su registi come Welles, Lang, Visconti (eccetera) ci sono libri molto dettagliati, interviste filmate, e siti internet migliori del mio. Qui cerco di scrivere qualcosa che non ho trovato, e poi avevo appena finito di rileggere Kafka, avrei voluto scrivere un parallelo tra libro e film ma è davvero impossibile farlo, o quasi.
Posta un commento