martedì 8 ottobre 2019

Allonsanfan ( I )

 
Allonsanfan (1974) Regia di Paolo e Vittorio Taviani. Scritto da Paolo e Vittorio Taviani.  Fotografia di Giuseppe Ruzzolini. Montaggio di Roberto Perpignani. Musica di Ennio Morricone. Interpreti: Marcello Mastroianni (Fulvio Imbriani), Bruno Cirino (Tito), Lea Massari (Charlotte), Mimsy Farmer (Francesca), Laura Betti (sorella di Fulvio), Renato De Carmine (fratello di Fulvio), Claudio Cassinelli (Lionello), Benjamin Lev (Vanni Peste), Stanko Molnar (Allonsanfan), Luisa De Santis (cognata di Fulvio), Alderice Casali (Concetta), Stavros Tornes (Gioacchino) Carla Mancini, Bruna Righetti, Biagio Pelligra (il prete), Ermanno e Francesca Taviani (bambini) Durata: 1h40'

I.
- Perché sei venuta a riprendermi? Perché venite a riprendermi? Ma dove credete di andare, così mascherati? Sono vent'anni che andate, venite, vi mascherate... e corriamo dietro a faville che sono soltanto cenere. Dio mio, come mi siete venuti a noia. State diventando anche voi soltanto delle tremende abitudini. (...) Tito mio, ho perso la fede. E non puoi nemmeno cercare di consolarmi perché sono io che ho pena di te. Tu non vivi, Tito mio, sopravvivi a qualcosa che è finito da tempo e che forse ricomincerà quando io e te saremo vecchi. Non chiedermi quello che voglio, so soltanto quello che non voglio più. (...) Non sopporto i vostri occhi volti al futuro, a me la vita è data una volta sola e non voglio aspettare la felicità universale. Chi di voi pazzi mi ama abbastanza da proteggermi contro la morte? Non guardarmi così, se qualcosa ti deve spaventare non è la mia disperazione ma la mia allegria. Neanche immagini che cosa si possa chiedere di diverso, alla vita.
Siamo al minuto 30-37 di "Allonsanfàn" (cioè l'inizio della Marsigliese, "Allons enfants de la Patrie..."), e il protagonista Fulvio Imbriani "giacobino, ufficiale di Robespierre"è tornato a casa e ci sta bene, ma il ritorno inatteso della sua compagna Charlotte, dalla quale ha avuto un figlio e che è ancora fieramente convinta della necessità di lottare, lo costringerà suo malgrado a ricongiungersi ai "fratelli", in maniera tragica. Qui sta passando in rassegna, da lontano, dalla finestra, i suoi vecchi compagni: un pensiero per ognuno di loro.
 

Fulvio Imbriani è stato liberato dopo un lungo periodo in carcere, sono gli anni della Restaurazione dopo il Congresso di Vienna. Le autorità lo hanno liberato sperando che li porti dal capo, dal "Gran Maestro", che è ancora latitante; e nel contempo hanno sparso la voce che Imbriani sia un traditore. Ma così non è, il Gran Maestro (siamo in ambito massone, anche se non si dice apertamente nel film) è morto suicida, sotto una pianta di glicine che amava particolarmente. La morte di Govoni, del Gran Maestro, convince i "fratelli" rivoluzionari che Imbriani non è un traditore.
Adesso Imbriani è libero, l'amico Tito (Bruno Cirino) lo accompagna fino alla villa dove abita ancora la sua ricca e nobile famiglia, che non vede da molto tempo. Imbriani sta male, ha la febbre; si traveste da frate per timore di essere di nuovo denunciato, ma suo fratello e sua sorella lo accolgono con affetto e lo curano amorevolmente.
Ci vuole del tempo, ma Imbriani guarisce. La guarigione è sottolineata dai Taviani con un dettaglio molto attento e molto profondo: l'apparizione di una cetonia aurata. La cetonia, di colore verde smeraldo, quasi una pietra preziosa con le ali, vive sulle rose ed è, a tutti gli effetti, uno scarabeo come quello degli antichi egizi: simbolo, quindi, di morte e rinascita.


 
Lo sguardo di Fulvio Imbriani, ormai cosciente, si posa dapprima su un gatto, poi sul teatrino delle marionette di quand'era bambino, e infine su una stampa che raffigura un veliero diretto verso le Americhe: è lì, verso le Americhe, che desiderebbe andare. Un mondo nuovo, senza legami con il suo passato.
La guarigione procede veloce, la famiglia è molto affettuosa con lui, è una situazione piacevolissima che ha il suo culmine nella canzone "dirindindin" cantata da Laura Betti (sorella di Fulvio: il fratello è Renato De Carmine), una lunga scena sulla quale i Taviani si soffermano a lungo, anche perché serve per introdurre il ritorno inatteso di Charlotte (Lea Massari). Charlotte, ungherese, è la compagna di Fulvio Imbriani. Al contrario di Fulvio, Charlotte è ancora molto legata agli ideali della Rivoluzione; il suo arrivo significa per Fulvio anche il ritorno di un passato che sperava di aver lasciato alle sue spalle.
 

La situazione precipita; dopo Charlotte arrivano in villa anche Tito e tutti gli altri. La sorella di Fulvio li denuncia, ne nasce una sparatoria con i soldati austriaci, Charlotte è ferita e Fulvio fugge via con lei, oltretutto prendendo come ostaggio per qualche chilometro il nipotino che porta il suo stesso nome. Tutti i ponti sono stati tagliati, per Fulvio ormai c'è solo la via della latitanza, e dell'azione.

 
(1- continua)

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