Allonsanfan (1974) Regia di Paolo e
Vittorio Taviani. Scritto da Paolo e Vittorio Taviani. Fotografia di Giuseppe Ruzzolini.
Montaggio di Roberto Perpignani. Musica di Ennio Morricone.
Interpreti: Marcello Mastroianni (Fulvio Imbriani), Bruno Cirino
(Tito), Lea Massari (Charlotte), Mimsy Farmer (Francesca), Laura
Betti (sorella di Fulvio), Renato De Carmine (fratello di Fulvio),
Claudio Cassinelli (Lionello), Benjamin Lev (Vanni Peste), Stanko
Molnar (Allonsanfan), Luisa De Santis (cognata di Fulvio), Alderice
Casali (Concetta), Stavros Tornes (Gioacchino) Carla Mancini, Bruna
Righetti, Biagio Pelligra (il prete), Ermanno e Francesca Taviani
(bambini) Durata: 1h40'
I.
- Perché sei venuta a riprendermi?
Perché venite a riprendermi? Ma dove credete di andare, così
mascherati? Sono vent'anni che andate, venite, vi mascherate... e
corriamo dietro a faville che sono soltanto cenere. Dio mio, come mi
siete venuti a noia. State diventando anche voi soltanto delle
tremende abitudini. (...) Tito mio, ho perso la fede. E non puoi
nemmeno cercare di consolarmi perché sono io che ho pena di te. Tu
non vivi, Tito mio, sopravvivi a qualcosa che è finito da tempo e
che forse ricomincerà quando io e te saremo vecchi. Non chiedermi
quello che voglio, so soltanto quello che non voglio più. (...) Non
sopporto i vostri occhi volti al futuro, a me la vita è data una
volta sola e non voglio aspettare la felicità universale. Chi di voi
pazzi mi ama abbastanza da proteggermi contro la morte? Non guardarmi
così, se qualcosa ti deve spaventare non è la mia disperazione ma
la mia allegria. Neanche immagini che cosa si possa chiedere di
diverso, alla vita.
Siamo al minuto 30-37 di "Allonsanfàn"
(cioè l'inizio della Marsigliese, "Allons enfants de la
Patrie..."), e il protagonista Fulvio Imbriani "giacobino,
ufficiale di Robespierre"è tornato a casa e ci sta bene, ma il
ritorno inatteso della sua compagna Charlotte, dalla quale ha avuto
un figlio e che è ancora fieramente convinta della necessità di
lottare, lo costringerà suo malgrado a ricongiungersi ai "fratelli",
in maniera tragica. Qui sta passando in rassegna, da lontano, dalla
finestra, i suoi vecchi compagni: un pensiero per ognuno di loro.
Fulvio Imbriani è stato liberato dopo
un lungo periodo in carcere, sono gli anni della Restaurazione dopo
il Congresso di Vienna. Le autorità lo hanno liberato sperando che
li porti dal capo, dal "Gran Maestro", che è ancora
latitante; e nel contempo hanno sparso la voce che Imbriani sia un
traditore. Ma così non è, il Gran Maestro (siamo in ambito massone,
anche se non si dice apertamente nel film) è morto suicida, sotto
una pianta di glicine che amava particolarmente. La morte di Govoni,
del Gran Maestro, convince i "fratelli" rivoluzionari che
Imbriani non è un traditore.
Adesso Imbriani è libero, l'amico Tito
(Bruno Cirino) lo accompagna fino alla villa dove abita ancora la sua
ricca e nobile famiglia, che non vede da molto tempo. Imbriani sta
male, ha la febbre; si traveste da frate per timore di essere di
nuovo denunciato, ma suo fratello e sua sorella lo accolgono con
affetto e lo curano amorevolmente.
Ci vuole del tempo, ma Imbriani
guarisce. La guarigione è sottolineata dai Taviani con un dettaglio
molto attento e molto profondo: l'apparizione di una cetonia aurata.
La cetonia, di colore verde smeraldo, quasi una pietra preziosa con
le ali, vive sulle rose ed è, a tutti gli effetti, uno scarabeo come
quello degli antichi egizi: simbolo, quindi, di morte e rinascita.
Lo sguardo di Fulvio Imbriani, ormai
cosciente, si posa dapprima su un gatto, poi sul teatrino delle
marionette di quand'era bambino, e infine su una stampa che raffigura
un veliero diretto verso le Americhe: è lì, verso le Americhe, che
desiderebbe andare. Un mondo nuovo, senza legami con il suo passato.
La guarigione procede veloce, la
famiglia è molto affettuosa con lui, è una situazione
piacevolissima che ha il suo culmine nella canzone "dirindindin"
cantata da Laura Betti (sorella di Fulvio: il fratello è Renato De
Carmine), una lunga scena sulla quale i Taviani si soffermano a
lungo, anche perché serve per introdurre il ritorno inatteso di
Charlotte (Lea Massari). Charlotte, ungherese, è la compagna di
Fulvio Imbriani. Al contrario di Fulvio, Charlotte è ancora molto
legata agli ideali della Rivoluzione; il suo arrivo significa per
Fulvio anche il ritorno di un passato che sperava di aver lasciato
alle sue spalle.
La situazione precipita; dopo Charlotte
arrivano in villa anche Tito e tutti gli altri. La sorella di Fulvio
li denuncia, ne nasce una sparatoria con i soldati austriaci,
Charlotte è ferita e Fulvio fugge via con lei, oltretutto prendendo
come ostaggio per qualche chilometro il nipotino che porta il suo
stesso nome. Tutti i ponti sono stati tagliati, per Fulvio ormai c'è
solo la via della latitanza, e dell'azione.
(1- continua)
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