DET REGNAR PA VAR KÄRLEK ( t.l.: Piove sul nostro amore, 1946). Regia: Ingmar Bergman. Soggetto: da un dramma di Oskar Braathen. Sceneggiatura: Ingmar Bergman e Herbert Grevenius. Fotografia: Hilding Bladh e Göran Strindberg. Musica di Mozart (il carillon) Musiche originali di Erland von Koch. Interpreti: Birger Malmsten (David), Barbro Kollberg (Maggie), Gösta Cederlund (il Destino), Ludde Gentzel (il padrone di casa) Gunnar Björnstrand (l’esattore) Erland Josephson (un impiegato), Bengt-Ake Benktsson (accusatore) Douglas Hage e Hjördis Pettersson (proprietari della serra), Julia Caesar (vicina anziana), Sture Ericson e Ulf Johansson (i due ambulanti), Torsten Hillberg, Ake Frydell (parroco e aiutante). Durata: 90’
- E’ un carillon?
- Sì. E’ un po’ stonato, ma credo che dovrebbe essere una melodia. Forse una volta era una melodia bellissima.
- Lo terrai?
- Sì. Ammaccato e arrugginito e privo di valore: però suona una melodia. (passa il carillon alla ragazza). Il parroco della prigione parlava di una melodia perduta, e tutti capivano che stava parlando di noi. Dobbiamo tenere questo carillon. (pausa) Adesso mi sento bene.
- Che facciamo domani?
- Quella è un’altra storia.
(dialogo al minuto 24 da “Piove sul nostro amore” di Ingmar Bergman)
E’ il secondo film da regista di Bergman, subito dopo “Crisi”: somiglia a un film di Frank Capra, anche per i temi che va a toccare, sia pure in termini di commedia temi sociali importanti, come il recupero di un giovane uscito di prigione e l’assistenza ad una ragazza madre (i due protagonisti del film). Come nei migliori film di Capra, c’è molto di favolistico e di soprannaturale, ben calato nella vita quotidiana; il soggetto non è di Bergman ma viene da un romanzo di Oskar Braathen. Lo stile è comunque molto lontano sia da Capra che dal neorealismo, è già lo stile del primo Bergman, che da giovane era più leggero e da commedia rispetto a quello che siamo abituati a conoscere e che arriverà solo dopo la metà degli anni ’50, con l’autore vicino ai quarant’anni (Bergman era nato nel 1919).
Il soggetto è interessante e originale, e il film è piacevole per la presenza di attori simpatici e di ottima presenza, che ricordano molto alcuni nostri attori di quegli anni, come Paolo Stoppa o Gino Cervi o Sergio Tofano, che in questo film sarebbero stati molto a loro agio. Protagonisti sono i due giovani di cui accennavo sopra, un ragazzo appena uscito di prigione per piccoli reati e una ragazza che – come scopriremo in seguito – aspetta un figlio in seguito ad un incontro occasionale. Motore del film sono però due altri personaggi, che nel volume del “Castoro Cinema” vengono chiamati “il Destino” o “lo spirito buono e lo spirito maligno”, due belle definizioni che però rischiano di essere fuorvianti. Più semplicemente, in “Immagini” di Ingmar Bergman (ed. Garzanti) lo spirito buono è definito come “il signore con l’ombrello”, definizione tutt’altro che riduttiva visti il ruolo di questo attore e il titolo del film. Lo “spirito buono” che fa da narratore, e che diventerà avvocato difensore, è interpretato da Gösta Cederlund; lo “spirito maligno”, cioè il signor Hakansson, l’uomo che vende la casetta ai due protagonisti, è Ludde Gentzel. Due attori che non conoscevo, e due personaggi molto belli, da favola giapponese o da mito nordico (Loki?). Lo “spirito maligno” non è poi così maligno, e anzi spinge il giovane a darsi da fare in senso positivo, a superare i suoi dubbi; anche se gli provoca dei guai, alla fine non si può dire che sia per davvero maligno. Il carillon è suo: era stato dei suoi figli e dei suoi nipoti, ormai morti o lontani. L’uomo ora vive da solo, il carillon arrugginito e ammaccato viene ritrovato nei campi dal giovane protagonista del film.
I due giovani sono interpretati da Birger Malmsten e da Barbro Kollberg, molto brava; erano entrati nella casetta forzando la porta, ma solo per ripararsi dal freddo. C’è anche un cagnolino decisamente simpatico, ma la sua parte non è gran cosa, da lui ci si aspetterebbe molto di più ma il suo personaggio non è stato sviluppato. Si vede anche Gunnar Björnstrand, in una parte ridicola da caratterista buffo (Malmsten gli fa un occhio nero). Altri attori: l’ottimo Bengt-Ake Benktsson è il grasso pubblico accusatore al processo (lo si rivedrà all’inizio di “Sogni di donna”, dieci anni dopo). Douglas Hage e Hjördis Pettersson sono marito e moglie, proprietari della serra che dà lavoro al protagonista; Julia Caesar è la vicina di casa anziana, Sture Ericson e Ulf Johansson sono i due ambulanti. Nel cast anche Torsten Hillberg e Ake Fridell e pare che ci sia anche Erland Josephson, uno degli impiegati all’anagrafe (dovrò andare a cercarmelo). Molto bella la melodia del carillon, tutt’altro che stonato, e che si sente bene soprattutto all’inizio del film – uno dei concerti di Mozart, si direbbe.
Su questo film ho trovato solo dei resoconti molto frettolosi, probabilmente era molto difficile da vedere prima della messa in commercio dei dvd. Bergman non ne parla nei suoi libri, e questo silenzio è probabilmente dovuto al fatto che non si tratta di un suo soggetto originale. E’ un peccato non poter approfondire ulteriormente, perché su queste “personificazioni del destino” e sui motivi delle scelte che ognuno di noi compie nella sua vita, il prendere o non prendere una certa strada, lasciarsi o sposarsi, rimanere in un posto o rimettersi in cammino, e sulle loro conseguenze, ci sarebbero molte cose da dire.
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