Il piccolo Buddha (Little Buddha, 1993) Regia di Bernardo Bertolucci. Scritto da Bernardo Bertolucci, Mark Peploe, Rudy Wurlitzer. Fotografia di Vittorio Storaro. Musiche tradizionali tibetane, di Arvo Part (Sarah was 90 years old), canzoni americane. Musiche per il film di Ryuichi Sakamoto. Girato a Seattle (Usa), nel Bhutan e in Nepal.
Interpreti: a Seattle: Chris Isaak (Dean Conrad), Bridget Fonda (Lisa), Alex Wiesendanger (Jesse), Jo Champa (Maria). I monaci: Ying Ruocheng (Lama Norbu) ven. Geshe Tsultim Gyelsen (Lama Dorje), Jigme Kunsung (Champa), Thubtem Jampa (Punzo), Sogyal Rinpoche (Kenpo Tenzin, monaco di Seattle), ven. Khyongla Rato Rinpoche (Abbot). A Katmandu e in Nepal: Raju Lal (Raju), Greishma Makar Singh (Gita). La Storia di Siddharta: Keanu Reeves (Siddharta), Rajeshwaree (la moglie di Siddharta, Yasòdhara), Santosh Bangera (Channa, amico di Siddharta) Anupam Shyam (il demone Mara), Rudaprasad Sengupta (padre di Siddharta, re Suddhodana), Kanika Pandey (madre di Siddharta, regina Maya) Durata: 141 minuti.
Siamo a 35 minuti circa dall’inizio, i genitori del bambino sono da soli e discutono su quello che è appena successo. Lui è molto pensieroso, lei appare più curiosa, per il bambino (che ha otto anni) questa storia dei monaci è un bel gioco e ci si diverte molto, come vedremo anche nelle scene successive. Gli piace molto soprattutto l’idea di essere la reincarnazione di Thunderball, “Lama Fulmine”, che è l’esatta traduzione del nome di Lama Dorje.
- Io sono attratta dall’idea della reincarnazione. Non mi dispiacerebbe ritornare, ritrovare i posti che amo, le persone che amo...
- E se torni come formica?
- (sorride) Perché, che cos’hai contro le formiche? Vita di comunità, grandi picnic...
- (serio) Potresti essere schiacciata.
- (seria) Anche le persone vengono schiacciate.
- Sì, è vero.
Non è infatti per i monaci che lui è in pensiero, ma per il fallimento del socio Evan (che nel film non si vede). L’ombra della morte che appare nella nostra vita serena, come in Renoir nel “Fiume”. Evan non appare mai nel film, ma verremo a sapere più tardi che il fallimento della società è stato dichiarato, con esiti tragici. Grattacieli e speculazione edilizia sono stati la fortuna di Mr. Conrad, che però adesso rischia di perdere anche la casa dove abita.
Al minuto 37 lei dice che tutto questo, alla fin dei conti, è interessante: perché della cosa più importante, del perché si nasce e del perché si vive, non ne sappiamo niente. Lui invece è sempre più perplesso, ed è anche preoccupato perché il bambino ha molta fantasia, non è che ci crede per davvero? In queste sequenze, al minuto 36, vediamo anche che Mr. Conrad (cioè l’attore Chris Isaak) sa muovere le orecchie, cosa che non è da tutti.
Sempre al minuto 37, di seguito, vediamo il bambino che mette il Tibet nel mappamondo, come se fosse il pezzo di un puzzle: il Tibet a tutt’oggi è parte della Cina, che lo invase quando l’attuale Dalai Lama era molto giovane; questa breve sequenza penso che valga da sola la censura al “Piccolo Buddha”, a Pechino. Il pezzo che rappresenta il Tibet è colorato in maniera molto diversa dal resto della Cina, e ben visibile (quasi evidenziato, un corpo a sè) anche dopo essere stato appoggiato al suo posto; penso quindi che si tratti di un omaggio esplicito di Bertolucci al Dalai Lama e alla Resistenza dei tibetani.
Nella sequenza successiva vediamo il bambino che gira per Seattle con i monaci e con la babysitter, e che poi viene lasciato da solo con i monaci. Ad essere sinceri mi sembra piuttosto irreale che dei genitori lascino da solo il loro unico figlio in questo modo, sappiamo purtroppo che la realtà dei monasteri e dei collegi è spesso diversa, quasi sempre ci sono dietro brutte storie, ma questa madre lascia il bambino da solo con i monaci (io non lo farei), e quindi dobbiamo accettare il film così come è, tanto più che Lama Norbu e Champa sono personaggi del tutto positivi. Il padre porterà via deciso suo figlio solo quando Lama Norbu gli dice che c’è un altro bambino candidato come reincarnazione di Lama Dorje: dunque è tutto una grande fesseria, lo stanno prendendo in giro? Ma si tratta solo di un momento, la rottura si ricompone quando Mr.Conrad, in auto con suo figlio per le strade di Seattle, viene a sapere del suicidio del suo socio Evan: un momento di grande commozione, che Bertolucci ci mostra con grande rispetto.
Qui riprende la storia di Siddharta, così come è tratta dal libro che sta leggendo il bambino Jesse. E’ il momento in cui più si vedono le somiglianze fra la storia di Siddharta e quella di San Francesco d’Assisi. La differenza principale è che Siddharta non è soltanto il figlio di un ricco mercante, è il figlio di un re. Suo padre lo ha cresciuto in un ambiente felice, senza mai farlo uscire dalla città, senza mai mostrargli malattie e dolori, e nemmeno la vecchiaia e la decadenza fisica delle persone. Ma ormai Siddharta non è più un bambino, sta per diventare padre a sua volta, e quando in mezzo al trionfo del corteo vede due vecchi mendicanti, portati via dalla polizia di suo padre, ne rimane colpito. E’ la seconda volta che la felicità del giovane viene turbata, la prima è stata con la canzone “in una lingua sconosciuta” ascoltata nel suo palazzo, e che avevamo visto nella sequenza precedente. Siddharta, inseguito dall’amico Channa, abbandona il ricco corteo e va a visitare la città da solo. Per la prima volta è fuori dalla città del Re suo padre, e Siddharta scopre il lavoro: gli oggetti belli, i vestiti, richiedono lavoro, fatica e sofferenza, oltre alla vecchiaia c’è questa scoperta, l’abilità, la costanza nel lavoro. Scopre anche la morte: dopo la morte il corpo diventa rigido come il legno, e come legno va bruciato. Cenere alla cenere, in citazione esplicita, al minuto 48 e poi al minuto 54 con il padre.
Dal minuto 49 non è più la mamma ma è il padre di Jesse a occuparsi del bambino. Adesso Mr. Conrad è libero da ogni impegno: dopo il fallimento e la morte del suo socio, è rimasto senza lavoro e non gli resta che attendere le decisioni degli avvocati e del tribunale fallimentare. Qui c’è una delle scene più belle e significative del film, quella con Lama Norbu e la tazza di tè; mente e corpo, contenuto e contenitore. La tazza si rompe e il tè si disperde, ma continua a rimanere tè: metafora di ciò che succede alla nostra mente dopo la morte.
Da qui in avanti Mr. Conrad, pur rimanendo perplesso, si convince ad accettare la proposta di Lama Norbu: accompagnerà suo figlio in Bhutan, per completare l’indagine sulla reincarnazione di Lama Dorje. La mamma di Jesse, però, non può partire: è un’insegnante, non ha diritto alle ferie, in Bhutan andranno padre e figlio. Ecco, questo è un dettaglio che mi ha colpito, il fatto che la madre resti a casa e partano invece padre e figlio da soli: appare come una cosa molto bella ma non me la spiego del tutto, tanto più che l’elemento femminile, da qui in avanti, sarà ancora ben presente e ben rappresentato. Una bambina, che si chiama Gita, è infatti il terzo candidato ad essere la reincarnazione di Lama Dorje. La conosceremo più avanti, prima bisogna partire da Seattle, e per farlo sarà necessario salire sull’aereo per il Bhutan.
Nan-in, un maestro giapponese dell'èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «È ricolma. Non ce n'entra più!». «Come questa tazza,» disse Nan-in «tu. sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza? ».
(da “101 STORIE ZEN” a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps, Adelphi Edizioni; racconto n.1, Una tazza di tè)
(continua)
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