lunedì 30 maggio 2011

L'attimo fuggente (Dead poets society) n.3

Dead Poets Society (L’attimo fuggente, 1989) Regia di Peter Weir. Soggetto e sceneggiatura di Tom Schulman. Fotografia: John Seale. Musica: Maurice Jarre. Girato in esterni nel Delaware (USA). Con Robin Williams (professor Keating); i ragazzi: Robert Sean Leonard (Neil Perry, il ragazzo che vuol fare l’attore), Ethan Hawke (Todd Anderson, compagno di stanza di Neil), Josh Charles (Knox Overstreet, innamorato di Cris), Gale Hansen (Charlie “Nuanda” Dalton), Dylan Kussman (Cameron), James Waterston (Pitts), Allelon Ruggiero (Meeks); Kurtwood Smith (il padre di Neil), Carla Belver (la madre di Neil), Alexandra Powers (Cris), Norman Lloyd (Mr. Nolan), Leon Pownall (Mr. Mc Allister), Melora Walters e Welker White (le due ragazze nella grotta). Durata: 128 minuti

Sul dvd originale di “L’attimo fuggente” c’è il commento al film a tre voci: il regista Peter Weir, lo scrittore Tom Schulman, il direttore della fotografia John Seale. Si tratta di un commento molto interessante, con sottotitoli in italiano, che accompagna la visione del film. John Seale interviene quando si parla della parte tecnica, ed è ovviamente da non perdere, ma non posso riassumerla qui; Tom Schulman si sofferma sulla storia raccontata e sul suo incontro con Weir, ed anche qui è difficile riassumere qualcosa, però posso ricordare che la sceneggiatura originale di Schulman era ambientata alla fine degli anni ’60, e fu Peter Weir a spostarla indietro di dieci anni.
La parte più bella, anche letterariamente, è ovviamente quella di Peter Weir: ne riporto qui tre momenti.
minuto 23, per la scena famosa in cui si strappano le pagine dal “Pritchard”.
Peter Weir: ...ho frequentato l’università (...) solo per un anno, per loro fu una liberazione quando smisi, e lo fu anche per me. Era una facoltà umanistica, e ricordo un brutto episodio legato a una poesia di Blake. Ci avevano chiesto di leggerla, e di preparare qualcosa. Credo che fosse “La rosa malata” di William Blake, non ricordo bene quale ma ricordo tutto il resto.
O Rose, thou art sick.
The invisible worm,
That flies in the night
In the howling storm:
Has found out thy bed
Of crimson joy:
And his dark secret love
Does thy life destroy
(O rosa, tu sei ammalata. L’invisibile baco (in inglese “worm” è verme, ma anche drago) che vola nella notte, nella tempesta urlante, ha trovato il tuo letto di gioia color cremisi: e il suo scuro e segreto amore sta distruggendo la tua vita.)
William Blake, da “Songs of Experience.”
Eravamo 15 studenti, all’università di Sydney, io avevo diciotto anni. Amavo molto quella poesia, mi aveva dato molto, la adoravo. Sono solo quattro versi: il professore nell’aula la scrisse sulla lavagna, ricordo lo stridore del gesso mentre scriveva la poesia. Poi si spolverò le mani, si girò verso di noi, e disse: “Questa poesia di Blake è scadente. Perché? Vediamo, e poi sentiamo i vostri commenti.”. Io iniziai ad arrossire, perché per me era molto bella. Lui sottolineò la struttura debole, la metafora alquanto scontata e la banalità del senso. Mi guardavo attorno mentre gli altri prendevano appunti, ero diventato rosso come un fiammifero, anche se nessuno lo aveva notato. Il pensiero che quella poesia mi fosse piaciuta mi imbarazzava. “Sono uno stupido”, pensavo. Uscii dall’aula e non ci misi più piede. Non ho più letto poesie per...non so quanto, forse fino a questa sceneggiatura. Il solo pensiero mi dava quasi la nausea.
L’istruzione può avere effetti devastanti. Molti dovrebbero abbandonare gli studi, meglio per loro impegnarsi in un altro mestiere, fare scarpe, qualcosa d’altro. Cose del genere: cucinare, lavorare in un ristorante, vivere diversamente dedicandosi ad un mestiere. All’università c’è molta gente infelice, gente che ci va solo perché ci vanno tutti, per la mamma e per il papà. E’ gente a cui interessa solo il voto. (...) La scuola dà solo un’infarinatura, ma per noi è diventata una religione, oppure un mezzo per raggiungere dei fini, il che fa un po’ tristezza. Non si studia per ottenere un buon lavoro, o per guadagnare un sacco di soldi e andare a fare le vacanze in Florida. Se così fosse, che senso avrebbe? Il piacere dell’istruzione è conseguire i mezzi per comunicare, per operare, e per continuare ad apprendere in modo da affrontare la vita e i suoi problemi. (...) L’arte apre a nuove esperienze, che sia estasi o coinvolgimento intellettuale ed emotivo....
La poesia di Blake non viene citata direttamente da Peter Weir, l’ho inserita io nella narrazione; il disegno che la accompagna è di mano dello stesso Blake.
minuto 50, Peter Weir, scena della falsa lettera scritta da Neil, e poi le poesie in classe. I riferimenti di Weir sono alla famosa favola del “fagiolo magico”: un bambino vende tutti i suoi pochi averi per un fagiolo magico, e per questo viene deriso e castigato. Però poi dal fagiolo buttato per terra nasce una pianta enorme, e in cima a quella pianta c’è un mondo meraviglioso, abitato da un gigante. Il ragazzo riesce a raccogliere i tesori di quel mondo, ma poi è costretto a tornare a terra e deve abbattere quella pianta meravigliosa a colpi d’ascia, per evitare di essere raggiunto dal gigante.
Peter Weir:  E’ molto importante tenere viva la fiamma della passione. La motivazione iniziale è molto fragile, se si aspira ad una lunga carriera, o se si ha la fortuna di averla. Nel mio caso, prendo delle precauzioni: consciamente o inconsciamente, cerco di mantenermi... non dico “pulito”, che suona strano, ma intendo pulito nel senso del nucleare, liberare il mio corpo dalle radiazioni; e per farlo devo vivere fuori dal circuito cinematografico. Cerco di leggere molto. Mi piace il cinema, ci vado spesso. Ascolto musica. Preferisco vivere fuori dalla comunità cinematografica. Vivo a Sydney, a nord della città. Naturalmente, ho degli amici nel settore; ma trovo che questo mi aiuti a conservare l’entusiasmo dei primi tempi. Ho visto sin dai miei inizi come si possa arrivare ad odiare il cinema, il suo processo di realizzazione è molto difficile, ci si scontra con le persone, si condividono esperienze intense. Si può finire per provarne noia.
Ero determinato a non uccidere la gallina dalle uova d’oro, una cosa buffa perché, vivendo in Australia, mi sembrava di essere Jack (sul fagiolo magico) con una fattoria, l’ascia, e una grande pianta di fagioli. Avevo trovato il castello e il gigante, non proprio Hollywood ma potevo andare lassù e suonare la cetra, e il gigante mi avrebbe dato un uovo d’oro ogni tanto, poi sarei tornato alla mia fattoria. Ho sempre l’ascia pronta, ma non abbatto mai la pianta. Spostarmi dal palazzo alla fattoria giova alla mia mente, alla mia creatività. Oggi si va in palestra, ma credo che la palestra migliore sia quella della creatività: il corpo sa badare a se stesso.
a 1h53’, Peter Weir, sequenza di Todd davanti al preside.
Peter Weir: Le emozioni dello spettatore si uniscono a quelle del regista per creare un grande effetto. Non bisogna essere didascalici (spiegare troppo). E’ sufficiente presentare una storia per dare spazio agli spettatori, il che rende l’esperienza più ricca. Si evita di fare propaganda, di cercare di vendere come nella pubblicità.
Il film deve essere aperto. Alcuni non lo apprezzano, diranno “Non l’ho capito, è vuoto, è noioso”. Ma qualcun altro dirà “Non è ovvio e scontato come molti altri film, ti dà da pensare”. E se entri nello spirito del film è un’esperienza bellissima. Di conseguenza, per chi partecipa al film, diventano importanti anche i dettagli più piccoli...
La cosa più emozionante del film, rivedendolo con calma e pensando di essere al cinema, sono forse le immagini della natura, il cambiare delle stagioni, il paesaggio, gli uccelli, l’albero nella neve del finale. Ma, conoscendo Weir, tutto questo non può sorprendere.

2 commenti:

Marisa ha detto...

“Andai nei boschi perchè desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”(...)”Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici...”

Ti trascrivo queste righe di Thoreau perchè da esse è partito Weir per l'esperimento della setta dei "poeti estinti".
La protesta di Thoreau e la sua scommessa di vivere nei boschi con il minimo indispensabile ha influenzato intere generazioni ed ispirato persino Gandhi.
Si era nel 1845 e già qualcuno non ne poteva più del consumismo e del conformismo!!!

giacy.nta ha detto...

Hai ragione. Il fascino di questo film ( che mi hai fatto naturalmente venir voglia di rivedere ) è nei dettagli, e nella possibilità di seguire ed approfondire percorsi diversi da quello principale.
Chissà che la scelta di Robin Williams come interprete del prof. ( che io non sopporto per la simpatia così scoperta che ti toglie la voglia di interessarti a lui ) non sia il modo trovato da Weir per rivivere in modo apparentemente difforme ma sostanzialmente speculare l'esperienza vissuta all'università. Eccessivo l'entusiasmo del prof dell'attimo fuggente, tanto quanto il fastidio per Blake provato dall'algido prof di Weir.
La chiave forse è nella favola del fagiolo...

p.s.
che chicca il disegno di Blake, la sua poesia ed i colori che hai messo loro intorno! Ti rubo foto e testo, posso?