martedì 7 settembre 2010

Frankenstein ( I )

- Frankenstein (Id.) - Universal - 1931 – Regia di James Whale - sceneggiatura: Peggy Webling, Garrett Fort e Francis Edward Farogoh, dal romanzo di Mary Shelley - cast: Colin Clive, Mae Clarke, John Boles, Boris Karloff, Edward Van Sloan, Dwight Frye, Lionel Belmore. Durata: 71’
- The bride of Frankenstein (La moglie di Frankenstein) - Universal - 1935 – Regia di James Whale – scritto da John L. Balderston, William Hurlbut; in base ai personaggi creati da Mary Shelley - cast: Boris Karloff, Colin Clive, Valerie Hobson, Elsa Lanchester, Ernest Thesiger, O.P. Heggie, Dwight Frye, E.E. Clive, Una O'Connor, Walter Brennan, John Carradine. Durata: 75’

Non c’è stato solo Galileo, ad aver problemi con le sue osservazioni scientifiche. Frankenstein, “il Prometeo moderno”, è soprattutto la storia (nella pratica, ma anche nella filosofia) dell’esplorazione del corpo umano, il vero inizio dello studio dell’anatomia e della medicina moderna.
Frugare fra i cadaveri: ecco l’orrore che ha ispirato Frankenstein al suo apparire, e per più di un secolo dopo la sua nascita (1818, romanzo di Mary Shelley). Un orrore che fino a quel punto era stato un vero e proprio tabù, qualcosa di indicibile proprio nel senso letterale della parola, visto che poche tracce se ne trovano in letteratura, al di fuori dell’ambito medico; un orrore spesso mescolato a terribili storie di fantasmi e di antropofagia.

Si sa che Leonardo dedicò molti dei suoi studi all’anatomia umana, già nel XV secolo; ma gli toccò farlo in maniera quasi clandestina, perché molti erano i pregiudizi e molti erano anche i rischi, compreso quello di finire al rogo. Così difficile era l’argomento che ancora nel 1884 Robert Louis Stevenson poteva pubblicare un racconto di successo come “The body snatcher” (“Il trafugatore di cadaveri”, spesso tradotto da noi come “La iena”), dove il protagonista è un uomo che disseppellisce i morti per portarli, a pagamento, da un medico anatomista: ovviamente di notte e di nascosto. E così diffusa era l’ignoranza che, ancora nel 1847, il giovane medico austriaco Ignatz Semmelweiss fu scacciato dall’ospedale dove lavorava per lo scandalo di aver osato chiedere ai luminari che vi lavoravano di lavarsi e disinfettarsi le mani quando passavano da un malato all’altro, o peggio ancora da un’autopsia a una partoriente: un simile affronto non si era mai visto, eppure gli studi di Semmelweiss sulle infezioni erano accuratissimi, e avrebbero trovato conferma e ufficialità con Pasteur nel 1879. Sono tempi che siamo abituati a considerare moderni e civili: gli anni dell’Unità d’Italia, della Guerra di Secessione in America, dell’affermarsi dell’industria moderna.

“Frankenstein”, il romanzo di Mary Shelley, è del 1818; è un romanzo epistolare che parte da una nave in esplorazione tra i ghiacci del Polo, e il “mostro” creato dal dottor Frankenstein vi è rappresentato come intelligentissimo e buono. Sarà la frequentazione con noi, con i “normali”, a fare di lui un criminale. I “normali” non accettano un diverso, lo respingono, lo umiliano, lo costringono a difendersi e a uccidere...
Dal libro di Mary Shelley sono state tratte molte versioni fin dall’inizio del cinema, e di queste la più fedele è senza ombra di dubbio quella firmata da Kenneth Branagh nel 1994, con Robert DeNiro che interpreta un mostro intelligentissimo e sensibile, proprio come nel libro. Ma, per tutti noi, il mostro di Frankenstein è quello interpretato da Boris Karloff nel 1933, agli inizi del sonoro, con la regia dell’ottimo James Whale. E’ un bel film, ben fatto e ben interpretato, che regge ancora oggi alla visione sia pure dopo tanti anni e tante parodie. Ebbe un seguito pochi anni dopo, “La moglie di Frankenstein”, che ovviamente non ha nulla a che vedere con il romanzo filosofico di Mary Shelley: è soprattutto dal secondo film che sono tratte la maggior parte delle scene che furono volte al comico in modo irresistibile da Mel Brooks nel famoso Frankenstein jr.

Che cosa è rimasto oggi dell’orrore che suscitava, ancora nei primi anni ’60, la storia di Frankenstein? Ben poco, verrebbe da dire. La morte è sempre un argomento tabù, ma oggi viviamo in un periodo in cui i reperti del RIS vengono sbattuti in faccia anche ai bambini durante i TG (anche nei dettagli più orripilanti) e le perlustrazioni sui cadaveri sono oggetto di serie di telefilm di grande successo. Di questi tempi, in tv, è diventato difficile non vedere un’autopsia o il disseppelimento di un morto, nei telefilm o al telegiornale; perfino nel “Commissario Rex” (una serie tv che si penserebbe dedicata ai bambini) autopsie e cadaveri disseppelliti hanno una parte cospicua. Da una parte c’è da rallegrarsi se i tabù vengono superati; dall’altra, di certi dettagli io farei volentieri a meno, ma non sempre faccio in tempo a correre con la mano al telecomando...
PS: le immagini vengono tutte dai due film di Whale.

6 commenti:

Christian ha detto...

Quelli di Whale (anche se non fedeli al libro) sono ottimi film, ma purtroppo non riesco più a vederli senza ridere pensando alla parodia di Mel Brooks...!

Mauro ha detto...

Forse c'entra poco o nulla col cinema, ma la terza, bellissima, immagine che hai postato, quella del mostro e la bambina, mi ha richiamato subito alla mente un disco degli Area. Il disco in questione è invero piuttosto ostico e, a mio parere, non particolarmente riuscito (un concerto alla Statale registrato nel 76, mooolto sperimentale e concettuale, e che, astratto da quel contesto storico-politico-visivo, perde molto del suo significato e della sua forza) ma la copertina è davvero poetica e in più l'album era pubblicato dalla Cramps, un'etichetta nata in pratica per gli Area (che però vendevano pochino e così le bollette le si pagava col giovanissimo Finardi)e diretta da Gianni Sassi, bel personaggio, grafico e non solo, che tra l'altro scriveva i testi per il gruppo con pseudonimo, indovina un po', Frankenstein... Non so cosa ci sia dietro, ma mi piace pensare alla lettura della società che ha paura del diverso, che hai egregiamente riassunto tu.

Giuliano ha detto...

Christian, figurati che io sono cresciuto con Gianni e Pinotto...
:-)
(c'è qualcuno che sa ancora chi sono?)
La scena del cieco che accoglie il mostro, in Mel Brooks, è formidabile; se non sbaglio, il cieco è Gene Hackman...

Giuliano ha detto...

Egr. ing., gli Area me li ricordo bene, adesso che mi ci fai pensare può darsi, una copertina così mi pare di ricordarla. Alla Cramps facevano dischi anche con autori di musica "colta", non mi sono mai chiesto bene chi ci fosse dietro, ma mi ero un po' stupito, i primi tempi che andavo ai concerti a Milano, di trovare quei nomi nelle locandine del Conservatorio e della Scala.
La storia della bambina è anche nel libro della Shelley; il primo film segue abbastanza bene la storia, è solo "la creatura" che è completamente diversa.
I film di Whale li vedevo da bambino in tv e mi facevano una gran paura, i tempi erano quelli. (A dire il vero, e contrariamente a quello che dicevo in risposta a Christian, mi facevano paura anche Gianni e Pinotto).

Anonimo ha detto...

Non ho mai visto questo film, peraltro famosissimo: nell'immaginario collettivo, la faccia del mostro di Frankenstein è ancora quella di Boris Karloff. Tuttavia, avendo visto & rivisto "Frankenstein Junior" di Mel Brooks, difficilmente troverò credibile il film di Whale.
Per quanto riguarda il romanzo della Shelley, l'ho letto molti anni fa; dai tuoi dettagli, Giuliano, ammetto però di ricordarmene ben poco (che parte con l'esplorazione al polo proprio non riesco a rammentarlo...). In effetti non ho mai apprezzato il genere horror e di certi dettagli macabri farei volentieri a meno anch'io.

Giuliano ha detto...

ciao Mat, domani metto un capitolo del libro, così ascolti "il mostro" con le sue parole
:-)