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Passata è la tempesta:
odo augelli far festa, e la gallina,
tornata in su la via,
che ripete il suo verso. Ecco il sereno
rompe là da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
risorge il romorio,
torna il lavoro usato. (...)
(Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta)
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Tutta la vita è una ruota
e la gallina seduta
sulla via
ripete, ripete,
il suo verso.
(attrib. inc., forse Kokusrenatus, attestato in Lombardia dalla seconda metà del sec. XX)
Va però notato che la figura della Ruota, la Ruota della Fortuna, è ben presente anche nella nostra tradizione, come testimoniano gli arcani dei Tarocchi.
Una terza metafora me la fornì un conoscente, parecchi anni or sono; ed è questa: «Un contadino va nell’aia con un sacco pieno di granturco, e lo butta a piena manciate. Le galline beccano contente, quiete e pacifiche, ognuna sul suo. Ma se il contadino arriva con il sacco vuoto, e butta solo una manciata di chicchi, le galline cominceranno a beccarsi e mangeranno soltanto le più forti e le più aggressive, nonché le più furbe.». Ecco una bella metafora dell’Economia, che fa il paio con le osservazioni sulle tortore di Konrad Lorenz: il grande etologo, premio Nobel per la Medicina nel 1973, ne parla diffusamente in “L’anello di Re Salomone”, uno dei libri più profondi e più piacevoli da leggere che io abbia mai incontrato.
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Erano i tempi in cui destra e sinistra erano ancora ben distinguibili, e speriamo che non tornino se il prezzo da pagare è questo; però questa metafora da cortile ha come postulato che quando c’è una maggioranza troppo forte in Parlamento c’è da preoccuparsi. Sono segnali empirici, tipo “rosso di sera bel tempo si spera”, ma sono pur sempre segnali di cui tener conto, tanto più che il granturco e il grano duro (quello per gli spaghetti) ormai viene tutto dal Canada, via mare, anzi oceano. In Italia il grano duro non si coltiva più, e anche il granturco è stato ormai soppiantato, soprattutto nell’alacre Lombardia, da ampie piantagioni di cemento e asfalto, molto più redditizie.
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La Gallina era una volta un animale comune, comunissimo. Oggi, temo che per molti bambini (e anche per molti ventenni o trentenni) sia più facile vedere un piccione che non una gallina, o magari un passero. Per vedere i piccioni, basta andare in Piazza del Duomo; per vedere una gallina non serve a molto nemmeno il supermercato, che ne espone in grande quantità ma solo nel loro aspetto, come dire, più carnale.
Al cinema, la Gallina (il Gallo si merita un post a parte, e l’avrà) è molto ben rappresentata, anche se di solito ha parti da comprimaria; e quindi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Merita però un posto di rilievo la Gallinella Saggia, “The wise little hen”, il cartoon in cui ascoltiamo le prime parole pronunciate da Paperino (“non posso, perché mi fa male il pancino”). Sempre nel campo dell’animazione, bisogna ricordare “Galline in fuga” un lungometraggio del grande Nick Park (bello, ma francamente preferisco “Wallace e Gromit”).
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2 commenti:
lascia poca speranza il finale del film di Herzog.
a proposito del cambiamento ho visto un bel film di Emidio Greco, che dice:
"Sono due facce della stessa medaglia, si riconoscono portatori dello stesso progetto partendo da due punti di partenza diametralmente opposti. Il Vella è colto da un delirio di onnipotenza nel corso della sua contraffazione: iniziata per mera opportunità di agiatezza, lo porta a coltivare il sogno di raddrizzare le gambe alla storia. Ed il rivoluzionario vuole fare lo stesso, risolvere le ingiustizie sociali. Sono entrambi destinati alla sconfitta."
L'idea di fare un post sulle galline mi è venuta proprio a partire da questa sequenza di Herzog. Negli altri post sugli animali mi sono divertito, questo invece è molto politico e molto filosofico (e anche un po' mistico-religioso)
(beh, quasi...)
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