mercoledì 17 marzo 2010

Picnic at Hanging Rock (IV)

Picnic at Hanging Rock (1975) Regia di Peter Weir Tratto dal racconto di Joan Lindsay . Sceneggiatura di Cliff Green Fotografia: Russel Boyd Musica: Gheorghe Zamfir (flauto di Pan), Mozart (Piccola serenata notturna), Beethoven (Concerto n.5 per pianoforte e orchestra). Musiche originali di Bruce Smeaton. Interpreti: Anne-Louise Lambert (Miranda), Karen Robson (Irma), Jane Vallis (Marion), Christine Schuler (Edith), Margaret Nelson (Sarah),John Jarrett (Albert, il ragazzo australiano), Anthony Llewellyn-Jones (Mike, il ragazzo inglese); Wyn Roberts (il policeman Bumpher), Helen Morse (l’insegnante di francese), Vivian Gray (l’insegnante di Scienze), Rachel Roberts (la direttrice del collegio), Jackie Weaver (la cameriera). Durata: 115 minuti

Continuando a cercare possibili spiegazioni a ciò che si vede in “Picnic ad Hanging Rock”, prima ancora di Lewis Carroll va forse ricordato che Miranda è un nome shakespeariano: la figlia di Prospero in “La tempesta”. In Shakespeare, Prospero è un re spodestato, che è anche un mago, o comunque una persona che ha nozioni fuori dell’ordinario. Prospero è stato esiliato su un’isola deserta, piena di spiriti; con lui c’è la figlia Miranda, appena bambina, che crescerà senza avere conoscenza del mondo al di fuori dell’isola. Eccetera: l’opera di Shakespeare è bellissima e consiglio a chi ancora non la conosce di leggere cosa vi succede.

Meritano una riflessione anche i quadri e i simboli che si vedono nel film, molto numerosi. Non sto qui ad elencarli tutti, mi segno però i ritratti di angeli, della regina Vittoria, e i rimandi all’impero coloniale inglese (il ritratto della tigre appeso alla parete, i mori e le cineserie, i geroglifici egizi) e ai preraffaelliti inglesi. Mi ha molto colpito trovare anche qui il rimando preciso ad un particolare di cui avevo già accennato per “The last wave”: il ritratto di una ragazza somigliantissimo ad un disegno di Courbet che ritrae la figlia bambina.
Ma forse la battuta che più colpisce durante la prima visione del film è questa: “Adesso lo so...Miranda è un dipinto del Botticelli”, dice l’insegnante francese; e Peter Weir ci mette davanti il libro che la giovane insegnante stava leggendo in quel momento, e che le ha suggerito quel paragone. La primavera, la nascita di Venere: ancora un rimando al Tempo, al suo passare e alla sua origine.
“Picnic ad Hanging Rock” è girato con molta finezza, per capire cosa succede bisogna proprio fare un’operazione da entomologo o da analista chimico, o magari da detective, e andare a cercare in ogni singola sequenza con la lente d’ingrandimento. Quanto sia utile questo procedimento non lo so, e spero di non aver fatto troppi danni se qualcuno mi ha letto: in questo caso ricordo che qui sto soltanto mettendo in ordine i miei appunti e le mie riflessioni, non ho nessuna pretesa (né mai l’ho avuta) di insegnare qualcosa o di pontificare. Queste sono le mie impressioni, si possono anche prendere e buttarle via; e non leggerle è probabilmente segno di profonda saggezza.
Forse nel film io sarei Edith, la ragazza grassa e goffa che ha paura, si ferma, non va dietro alle altre tre: nella mia vita mi è capitato spesso di comportarmi così. Nel film, Edith è chi non riconosce il trascendente, chi è presente ma non vede, chi vede ma non capisce, chi ha visto ma non sa spiegare agli altri nemmeno dov’è il luogo esatto, che strada ha fatto, che cosa è successo.
Una gran parte degli spettatori al cinema e in tv si chiama Edith, e vede solo le cose che già conosce, le più banali. Il fenomeno è ancora più evidente con la musica: a scalare le classifiche di vendita, a rendere famosi, a vincere il festival di Sanremo, sono quasi sempre motivi così elementari che un musicista vero si vergognerebbe di registrare alla Siae, ritenendoli di uso comune. Piacciono perché ci piace ascoltare ciò che già conosciamo; ed è la stesso criterio che usiamo da bambini. I bambini che vogliono sempre riascoltare la stessa storia e vedere gli stessi cartoni animati, per un numero di volte che a noi adulti appare estenuante: se si guarda bene, sono veramente poche le persone che amano cercare le cose che non conoscono. E’ anche il motivo per cui tante persone si fanno truffare da maghi ed esoteristi: quando ci si imbatte nel mistero le nostre certezze crollano e si cerca qualcosa a cui aggrapparsi, e spesso ci si aggrappa al sostegno sbagliato.
Il mistero, l’esoterismo, è tale per un solo motivo: perchè troppi di noi si rifiutano di vederlo, di andare oltre l’apparenza. Questo è il tema di tutti i film di Weir, qui e in “Last wave” viene spiegato con la massima chiarezza. L’attrice che interpreta Edith è molto brava, queste sono parti importanti ma ingrate, ed è difficile renderle bene; si chiama Christine Schuler e merita molto più di una menzione.
E poi c’è il ragazzo inglese, che cerca invano il Mistero, l’Arte, la Bellezza: si fa del male ma riesce a carpirne un pezzetto, (minuto 57), a riportarne qualcosa, ma senza capirci niente: e questo sono proprio io, dal 1995 in qua.
L’orfana Sarah nel libro di Joan Lindsay è presentata come una bambina, più giovane delle altre ragazze; qui invece è loro coetanea. Sarah è colei a cui viene negato l’accesso alla conoscenza, a ciò che è bello, e ne soffre moltissimo. Anche l’insegnante di scienze, l’anziana e rigida Miss Mc Craw, sparisce insieme alle ragazze (Dioniso, la Bellezza, ma anche la Scienza). Un’altra donna importante che compare nel film è la cameriera: che è l’unica ad avere un sano rapporto col sesso, e a praticarlo con l’uomo che ama, e con notevole soddisfazione: come si vede nel film.
Hanging Rock è in mezzo alla natura, sembra quasi che l’uomo non vi sia mai penetrato. Nella prima mezzora, quando le ragazze del collegio raggiungono il posto, la natura è quasi assente, inerte; unica presenza non umana è una grossa lucertola che sfiora Miranda mentre dorme.
Nella seconda parte del film, quando sono i due ragazzi a recarsi ad Hanging Rock in cerca delle scomparse, lo scenario cambia e vediamo anche gli animali: che sono selvatici ma tranquilli, intenti alla loro vita. Vediamo dei pappagalli, un koala, un uccello dall'aspetto buffo che non so identificare. La natura questa volta non è stata disturbata dalla presenza umana. Molto presenti anche i cigni, con un simbolismo evidente, e i cavalli, presenza quieta e domestica in un’epoca in cui ancora non esistevano le automobili.
Molto particolare è anche la sequenza nella serra, dove vediamo il tocco del giardiniere sulla sensitiva, la pianta che chiude le sue foglie quando viene toccata (a 1h10 circa), preludio ad una sequenza molto drammatica.

Nella sua famosa intervista con Truffaut, Alfred Hitchcock parlava della difficoltà di tenere alta la tensione, e l’attenzione del pubblico, dopo un inizio forte. Qui l’inizio è fortissimo, indimenticabile: la prima mezzora rischia di esaurire tutto l’interesse, ma Weir è bravissimo nel tenere tutto il film al livello di questo inizio folgorante, rimane anche la tensione e la suspence fino in fondo, cosa tutt’altro che scontata. Lo stile è limpidissimo e chiaro, tutto è facilmente comprensibile, la storia è lineare e classica
Un cenno doveroso va alla musica di Gheorghe Zamfir, il flauto di Pan che finisce con diventare una cosa sola con le immagini di “Picnic at Hanging Rock” e a fondersi con esse nel ricordo. Ma anche questa musica non si può descrivere, come tutto il film; e mi scuso ancora per le troppe parole che gli ho dedicato.

9 commenti:

Marisa ha detto...

Bella l'ultima immagine che hai scelto ed emblematica di tutto il film,secondo me. Miranda, "la ninfa" sta entrando nel Mistero (rapita da Dioniso o Pan? o forse da ADE stesso come Persefone?), e si gira come per l'ultimo commiato o forse per l'ultimo invito a seguirla.
Dopo la scomparsa di Miranda, della sua amica e di quella apparentemente minore,ma molto significativa della piuttosto attempata, (ma dal cuore ancora da fanciulla) prof. di scienze, niente è più come prima. Il cambiamento è irreversibile, anche per chi si è tirato indietro di fronte al Mistero e per chi si illudeva che la vita potesse continuare rimuovendo e mettendo a tacere lo scandalo.
Il '900, il secolo dei grandi cambiamenti è iniziato. Tutto il mondo di allora, poggiato sui grandi imperi e sulla morale vittoriana, sta per scomparire travolto da due guerre disastrose e non abbiamo ancora trovato un nuovo equilibrio.

Il collegio deve chiudere: Le fanciulle "in fiore" devono entrare nella vita di fuori, non più vestite di bianco, ma si spera con più risorse in cambio dell'innocenza e delle illusioni svanite. Sembra crudele, ma è così che si cresce.
Una riflessione a parte meriterebbe il destino di Sarah, la fanciulla orfana e fuori dal contesto sociale delle altre (cosa che amplifica la sua solitudine). La vediamo all'inizio del film legata quasi morbosamente a Miranda, che idealizza e segue come modello irraggiungibile; e forse per lei l'unico modo per raggiungerla è attraverso la morte. Non scompare in definitiva anche lei tra i fiori?

Giuliano ha detto...

Nel libro, Sara è una bambina, o così viene presentata: Weir cambia le carte in tavola, e questo è l'unico momento in cui si discosta dal racconto della Lindsay (ci sono molti tagli qui e là, ma è normale quando si fa una riduzione per il cinema: per esempio, il collegio chiude dopo altri incidenti gravi, avvenuti lontano ma che riguardano persone che lavoravano nel collegio).
Weir lascia tutto in sospeso, il finale così è perfetto per il film.
Se vuoi una curiosità per alleggerire, l'immagine in apertura di questo blog l'ho scelta perché si nota un piccolo difetto nel profilo di Miranda: il che mi riporta a un ricordo lontano, mio personale. (Miranda non è l'unica ad avere due profili differenti, e queste piccole imperferzioni rendono un volto più bello - alla faccia della chirurgia plastica!)

Marisa ha detto...

Che Weir lasci tutto in sospeso e dunque "aperto" è molto bello e saggio. Non ho letto volutamente il libro proprio per paura di trovare un finale diverso o comunque altre cose che mi distogliessero dall'atmosfera così intensa ed incantata del film. Tutto doveva restare nelle immagini.
A proposito delle Domande aperte, mi viene in mente Haim Baharier, (matematico, psicoanalista, filologo, esegeta...)che io considero un "maestro" e che dice:-Le vere domande non hanno risposta; le altre non meritano risposta.
Sicuramente è una affermazione esagerata e provocatoria, ma fotografa come la cosa assolutamente primaria ed importante sia il "porre la domanda giusta" per suscitare l'interlocutore e mantenere aperto il dialogo, senza affrettarsi a "tamponare" la questione con una risposta, che il più delle volte è banale, scontata e riduttiva.
Tenere aperta la domanda vuol dire rimanere interiormente aperti, senza rifugiarsi in "certezze" superficiali e soprattutto date da altri, come purtroppo ci hanno da troppo tempo abituato quelli che, "per il nostro bene" hanno sempre la risposta pronta a tutti i legittimi dubbi.

Giuliano ha detto...

Anche per "l'ultima onda" Weir usa lo stesso metodo, un finale in apparenza sospeso, di quelli che deludono sempre chi si aspetta un film "normale". Poi Weir cambierà sistema, ma la magia nei suoi film c'è sempre, anche a Hollywood.

Giuliano ha detto...

L'insetto sulla manica di Albert è una cicala.

giacy.nta ha detto...

probabilmente l'avrai gà notato e magari ne avrai già scritto in un altro post dedicato a Weir ma voglio segnalarti ciò che ho notato ieri, guardando il film. I colori degli abiti dei diversi personaggi sono in stretta relazione con con l'ambiente circostante. Sono praticamente gli stessi. Ciò crea una sorta di effetto bidimensionale che favorisce l'annullamento della figura nel paesaggio naturale. Il tempo storico si azzera anche così.
Le persone vive sono già foto scolorite e figurine stampate ( di cui il film è pieno ). Ognuna di loro ha una parte in un copione che si ripete all'infinito ( il tempo non esiste ).
E' vero, tu richiami il ragazzo inglese. Edith proprio no, direi proprio no.

giacy.nta ha detto...

Dimenticavo...
Le relazioni con Alice ci sono, hai ragione e sono tante.
“Essi dimorano nel Paese delle Meraviglie;

"Sognano mentre i giorni passano,

Sognano mentre le estati si dileguano.

Mai vengono trasportati dalla corrente…

Ma, immobili, indugiano nel barlume d’oro…

Cos’è la vita, se non un sogno?"

Nel film tutto ha il carattere della rappresentazione ( teatrale o onirica ). A rihiamare il sogno in modo esplicito c'è tra le altre cose il sonno a cui tutti si abbandonano nell'ora più calda, "in un barlume d'oro".

Giuliano ha detto...

all'età di Edith ero più o meno così, ho sempre fatto molta fatica a camminare in salita, ad arrampicarmi, a saltare i ruscelli. Poi un po' sono migliorato, ma poco e sempre comunque ben lontano dalla grazie e dalla bellezza delle altre tre ragazze.
:-)
Hanging Rock e L'ultima onda sono stati tra i film che mi hanno folgorato sulla via del cinema, da adulto. (quando sono usciti ero già sui 16 anni) Impossibile dimenticarseli, da allora ho aspettato con impazienza ogni uscita di Weir.

Giuliano ha detto...

molto bella l'osservazione sui colori, è infatti l'ambiente il vero protagonista: quante volte, anche nell'aiuola più semplice, a un primo sguardo non si vede niente? Invece è piena di vita, basta guardare ancora e trovi un'ape, formiche, e poi un'infinità di dettagli che prima non avevi visto.