lunedì 4 novembre 2019

Il mestiere delle armi ( II )


Il mestiere delle armi (2001) Regia di Ermanno Olmi. Scritto da Ermanno Olmi Fotografia di Fabio Olmi. Musiche di Fabio Vacchi. Interpreti: Omero Antonutti (voce del narratore), Hristo Jivkov (Giovanni de' Medici, voce di Giovanni Crippa), Sergio Grammatico, Dimitar Ratchkov, Fabio Giubbani, Sasa Vulicevic, Dessy Tenekedjieva, Sandra Ceccarelli, Giancarlo Belelli, Paolo Magagna, Nikolaus Moras, Claudio Tombini, Aldo Toscano, Michele Zattara, Vittorio Corcelli, Franco Palmieri, Paolo Roversi, Francesca Lonardelli Durata: 1h36'

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"Il mestiere delle armi" inizia con questa citazione:
« Chi fu il primo che inventò le spaventose armi? Da quel momento furono stragi, guerre... si aprì la via più breve alla crudele morte. Tuttavia il misero non ne ha colpa! Siamo noi che usiamo malamente quel che egli ci diede per difenderci dalle feroci belve.» (Tibullo, primo secolo aC)
 
Il film tratta dei fatti antecedenti il sacco di Roma del 1527 e della morte di Giovanni de Medici che spianò agli alemanni la via verso Roma. Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), famoso condottiero, figlio del fiorentino Giovanni de' Medici e di Caterina Sforza, fu battezzato come Ludovico, ma la madre gli cambiò il nome in Giovanni, come il padre. Rimasto orfano, crebbe nella Firenze di Lorenzo il Magnifico sotto la tutela di Jacopo Salviati; quando Salviati fu nominato ambasciatore a Roma, Giovanni lo seguì ed entrò nelle milizie pontificie. Giovanni, che fin da ragazzo era sempre stato molto turbolento e indisciplinato, si rivelò un ottimo comandante militare. Le "bande nere" arrivano nel 1521, le insegne listate a lutto per la morte di papa Leone X.
Se le battaglie del "Mestiere delle armi" sembrano far pensare, oltre che al "Mahabharata" di Peter Brook, ad Eisenstein per "Alexander Nevskij" (una battaglia nella nebbia, invece che sul ghiaccio) Olmi sembra più spesso rifarsi a Rossellini, i magnifici film storici girati negli anni '60 e '70 a fini didattici.
La battaglia di Governolo è vista con gli occhi di un bambino, almeno nel suo inizio; anche questa è una caratteristica di Olmi, che ai bambini dedica sempre molte attenzioni. Il bambino, figlio di contadini del luogo, vede gli eserciti schierati sulle rive opposte del fiume, poi la madre lo porta via. C'è anche un'altra bambina nel film, probabilmente figlia di Giovanni, nelle scene con Sandra Ceccarelli.  Sandra Ceccarelli interpreta una nobildonna di Mantova, anonima; Dessy Tenekedjieva interpreta invece Maria Salviati, moglie di Giovanni e madre di Cosimo de' Medici (figlio di Giovanni).
 
Su Giovanni dalle Bande Nere esistono altri due film italiani: uno diretto da Luis Trenker nel 1937 e intitolato "Condottieri", dove è lo stesso Trenker a interpretare Giovanni de' Medici, e uno del 1956 con protagonista Vittorio Gassman. Non conosco il film di Trenker, il "Giovanni dalle Bande Nere" del 1956 è diretto da Sergio Grieco ed è di buona fattura, anche se al centro del film c'è una storia d'amore fra Gassman e una nobile mantovana, con la morte di Giovanni provocata dal tradimento di un suo stretto collaboratore, eccetera. Un film d'azione senza molte pretese, che però ha il merito di spiegare bene gli antefatti della battaglia che portò a morte Giovanni: la precedente guerra contro i francesi, e poi l'alleanza proprio con i francesi contro le truppe alemanne guidate da Frundsberg.
 
Per capire il periodo storico in cui visse Giovanni de' Medici è utile la visione della lezione-spettacolo di Dario Fo sul Correggio, molto ricca di informazioni e spiegata in modo molto chiaro; non si parla solo di pittura ma anche dei Visconti, degli Sforza, di Urbino, del Mantegna.
 
Cercando informazioni sui luoghi dove è stato girato il film sono incappato in una recensione di Pino Farinotti che dice cose come "tanto rigoroso da essere arrogante" e aggiunge un parere non richiesto sui film storici di Roberto Rossellini: "dell'ultima età non più quella dell'oro". Sono poche righe, ma contengono informazioni fuorvianti e facilmente contestabili: quella di Farinotti è una recensione molto superficiale, viene da dubitare che abbia visto il film per intero. Soprattutto mi chiedo come si faccia a dare dell'arrogante a Ermanno Olmi, tanto più quando si parla di attenzione storica. Non è obbligatorio recensire proprio tutti i film, e se non si capisce cosa succede in un film meglio cambiar mestiere: a cosa serve un critico, se non a far capire i film meno facili, a far crescere il pubblico...
 
Va comunque detto che il film è molto bello, ben fatto e ben curato, ma può essere di difficile comprensione per lo spettatore comune abituato ai Vanzina e ai film d'azione tradizionali; è una scelta precisa da parte di Olmi, così come quella di far sussurrare tutti gli attori, scelta comprensibile e coraggiosa, rara in un film di guerra, coraggiosa visti i tempi grossolani in cui viviamo.
 
 
(...) i miei film sono come alberi. Piccoli misteri, tenaci curiosità che mi crescono dentro fino al punto di volerli condividere (...) Oggi la morte è invisibile, subdola. Si grida allo scandalo per un ragazzo che si spiaccica contro un albero all'uscita della discoteca. Sono le stesse madri che imbandiscono una tavola di veleni truccata da alimenti. (...) Non puoi essere un buon soldato di ventura avendo la consapevolezza della morte. La morte tende le sue trappole ai giovani, lusingandoli con l'illusione di essere invulnerabili. Con l'età finisci con l'accettare; ti predisponi. (...) (Nel cinema italiano) trovo, in generale, una buona qualità di fattura anche nei più giovani; ma sono gli slanci che mancano, i nostri slanci del dopoguerra. E' come se i sentimenti si contraessero. Si finisce per fare dei soliloqui, qualche volta a grandi livelli. Non parlerei di crisi, ma di una momentanea malattia, come un'anemia. Succede a volte che gli intellettuali vadano da una parte e il mondo dall'altra; artisti che celebrano valori e i valori correnti sono altri. Lo vedo anche nelle professioni: c'è una furbizia, un accodarsi nelle aree protette della tecnica e della routine. (...) Viviamo barricati nei nostri appartamenti, accettiamo contatti solo attraverso strumenti che ci garantiscono la chiusura. Le società avanzate producono molte occasioni d'incontro, a patto che questi incontri non avvengano mai. (...)
- Chi sono i lanzichenecchi di oggi?
- Quelli che partono per mettere l'officina dietro casa, ricavata nelle stalle, e poi, senza più guardare in faccia nessuno, fanno devastazione convinti di praticare il proprio diritto-dovere. Partono da ragioni condivisibili, che diventano via via perverse. Fino a vent'anni fa, prima di esplodere nella tracotanza di oggi, il Veneto era prevalentemente rurale e non consegnava i suoi vecchi alle istituzioni. Se li teneva in casa. Oggi nei ricoveri non si trova più posto. (...)
(Ermanno Olmi, intervista a L'Espresso del 3 maggio 2001, per l'uscita di "Il mestiere delle armi")



(Hans Holbein, Cristo morto)
 

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