martedì 9 novembre 2010

Così lontano così vicino ( II )

Così lontano così vicino (Faraway, so close! / In weiter Ferne, so nah!) (1993) Regia: Wim Wenders Soggetto e sceneggiatura: Wim Wenders, Ulrich Zieger, Richard Reitinger Dialoghi: Ulrich Zieger Fotografia: Jürgen Jürges Montaggio: Peter Przygodda Musica: Laurent Petitgand Canzoni: Laurie Anderson, Jane Siberry, Simon Bonney, Lou Reed, Herbert Grönemeyer, U2, Johnny Cash, The House of Love, Nick Cave. Suono: Günther Kortwich Scenografia: Albrecht Konrad Costumi: Esther Walz Interpreti: Otto Sander, Bruno Ganz, Horst Buchholz, Nastassja Kinski, Peter Falk, Heinz Rühmann, Solveig Dommartin, Rüdiger Vogler, Willem Dafoe, Michail Gorbaciov, Lou Reed, Henri Alekan, Louis Cochet, Tom Farell, Marijam Agischewa, Monika Hansen, Hanns Zischler Durata originale 146'

Al seguito di “Il cielo sopra Berlino” fu rimproverato di non avere una trama, o di averne troppe; ed è una critica più che legittima, era anche la mia critica ma ci ho ragionato sopra e ho cambiato idea, aiutato anche dal dvd che permette una visione ripetuta e più ragionata. E’ un film che ha una forma strana, ma una forma ce l’ha, ed è la stessa di molti dei nostri sogni: lunghi, complessi, caldi, pasticciati, un po’ a colori e un po’ in bianco e nero, a volte limpidi a volte sfocati, pieni di storie che si intersecano e si riprendono, pieni di persone vere e di cose viste in tv o lette sui libri, ma che comunque piace e un senso ce l’ha, anche se tendiamo a dimenticare subito i sogni. Non è un caso, questa forma: il film prima di questo era stato “Fino alla fine del mondo”, che parla proprio dei sogni. Ogni sequenza presa a sè è bella: è l’insieme che è faticoso da ricostruire, quasi come un puzzle dove i pezzi non combaciano perfettamente, o un collage non ben finito.
Rivedo questo film dopo mille anni, e trovo che sia migliorato con il passare del tempo. Non sto qui a raccontare tutta la storia, Wenders si diverte a inserire nelle vicende di Cassièl un intreccio da film d’azione, con gangsters e “uomini d’oro” in azioni acrobatiche; ne approfitta per prendersela con la violenza e la pornografia (e anche con la pirateria cinematografica). Porta avanti anche una sua riflessione sulla storia recente, tutt’altro che banale, che parte dagli anni del nazismo e arriva fino a noi. Magari ci tornerò sopra, ma quello che mi ha colpito in questo film è la ricchezza dei dialoghi e dei personaggi. Provo a riportare qualcosa dei dialoghi, sperando come sempre di far capire il senso di quello che racconto.
Inizio dalla signora Becker, madre della bambina che verrà salvata da Cassièl. La signora Becker è figlia di un importante uomo d’affari, implicato con il nazismo, che alla fine della guerra fugge dalla Germania; c’è un aereo ad attenderlo (lo vediamo in flashback), ma su quell’aereo saliranno solo suo padre e suo fratello, mentre sua madre dirà all’autista di tornare a casa, in una scena molto drammatica. Sarà proprio l’autista ad allevare la bambina, dopo la scomparsa della madre, in Germania Est; ed è da lui che la bambina Becker, ormai donna adulta e madre, sta andando. L’autista, interpretato da un attore novantenne con un viso da bambino, molto amato in Germania (Heinz Rühmann) le ha voluto bene come ad una figlia, e tra di loro c’è molto affetto.
- In certi luoghi sembra che il tempo voglia semplicemente durare più a lungo... non che si fermi, solo si muove diversamente. Forse sono luoghi dove un tempo molti uomini hanno lavorato, parlato fra loro, litigato... Un giorno questi luoghi hanno perso d’importanza, e tutti se ne sono andati. (...)
Nel suo girovagare incorporeo, all’ascolto dei nostri pensieri, compartecipe delle nostre gioie e dei nostri dolori ma senza mai poter intervenire, Cassièl vede che la bambina, figlia della signora Becker, si sta sporgendo troppo dal balcone. Ne intuisce la caduta, la vede precipitare, ma come essere spirituale non può intervenire. Si ritrova, quasi senza averlo voluto, a prenderla in braccio sul marciapiede: non più angelo, ma uomo. L’incontro fra i due ha connotati da opera buffa, quasi una comica del cinema muto. La bambina si ritrova in braccio a quest’uomo, da dove mai sarà sbucato? Wenders e i due attori sono bravissimi nel rendere questo stupore, che prevale su ogni altra emozione. Per Cassièl è un mondo tutto nuovo, da esplorare.

Ma poi Cassièl lascia la bambina, e va per la sua strada. Scende in metropolitana, ed è incuriosito da un tizio che ripete l’eterno gioco delle tre carte nella variante delle tre scatolette e una pallina. E’ qui che Cassièl si sente interpellare da un tipo inquietante che lì per lì sembra il diavolo, ma poi scopriremo che è il Tempo in Persona. Il Tempo (Emit Flesti, Time Itself) è Willem Dafoe; vive in mezzo a noi, ma può vedere e parlare anche con gli angeli. Conosce Cassièl da un pezzo, sa tutto di lui.
- All’inizio il tempo non c’era; dopo un momento il tempo cominciò con uno schianto.
- Come? Mi scusi, parlava con me?
- Sì. Sulla tua fronte c’è una parola, Cassièl: scritta con le lacrime. Vuol dire “mancanza”, e descrive qualcuno che ha voluto vedere il Paradiso dal di fuori e non ha trovato la via del ritorno. Una parola che aspetta di apparire e che un giorno, solo per un brevissimo istante, apparirà.
- Come fa a sapere il mio nome?
- Ah, il nome non è importante. E’ quella parola che hai sulla fronte, difendila. (indica il gioco delle tre scatolette) Tenta la fortuna.
La fortuna non gira dalla parte giusta; Cassièl perde i soldi e finisce perfino in galera. E’ lì che lo recupera Damiel, il suo vecchio compagno. Lo porta a casa sua, lo rimette un po’ in sesto, gli dà soldi e qualche dritta; ma adesso Cassièl deve arrangiarsi per conto suo, come tutti.
(continua)

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