martedì 10 settembre 2019

My darling Clementine (Sfida infernale)


 
My darling Clementine (Sfida infernale, 1946) Regia di John Ford. Scritto da Sam Hellman, Samuel Engel, Winston Miller, Stuart Lake. Fotografia di Joseph McDonald. Musiche di Cyril Mockridge. Interpreti: Henry Fonda (Wyatt Earp), Victor Mature (Doc Holliday), Linda Darnell (Chihuahua), Cathy Downs (Clementine Carter), Ward Bond, Tim Holt, Don Garner (fratelli di Earp), Walter Brennan (Clanton padre), Grant Withers, John Ireland (figli di Clanton), Alan Mowbray (l'attore), Ben Hall (barbiere), Frank Conlan (pianista), e molti altri. Durata: 97 minuti

Shakespeare nel Far West può sembrare strano, a meno che non sia fonte d'ispirazione più o meno mascherata per il soggetto: non è il caso di "My darling Clementine" (Sfida infernale, 1946) dove John Ford si prende il lusso (e il piacere) di fare una pausa, insieme ai suoi personaggi, per ascoltare un momento dall'Amleto. Non è l'unica pausa nella narrazione: c'è la scena dal barbiere, la danza davanti alla chiesa in costruzione. Divagazioni solo in apparenza, perché - ma bisogna saperlo fare, non è cosa da tutti - finiscono per diventare l'asse portante del film. E' divertente guardare "Sfida all'OK Corral" di John Sturges (1956, stesso soggetto, con Kirk Douglas e Burt Lancaster) per cogliere le differenze con il film di John Ford. Si tratta di due grandi film, con attori eccellenti in entrambi i casi, ma John Ford ha qualcosa in più che al film di Sturges manca. Il film di Sturges è "soltanto" un western, quello di Ford è qualcosa di più, e a tratti sembra quasi che a Ford non interessi più di quel tanto la realtà storica (Wyatt Earp e Doc Holliday sono due personaggi realmente esistiti) e forse nemmeno il famoso combattimento finale all'OK Corral (che nel film di John Sturges ha un rilievo molto maggiore). Non è un caso la scelta del monologo di Amleto: troppo spesso citato a vanvera, anche in tv e nei social, "essere o non essere" parla della nostra vita e pone le domande fondamentali. E' un testo disperato e molto lucido; Carlo Emilio Gadda ne diede una definizione fondamentale (qui per il testo completo) spiegando che è una stupidaggine definire Amleto come un indeciso o un dubbioso. Amleto sa che deve agire e sa come farlo, ma sa anche che le sue azioni porterebbero inevitabilmente a una tragedia, ed è questo che gli impedisce di agire, la lucidità e la presa di coscienza, e non il dubbio.

 
La scena che porto qui oggi comincia al minuto 25, quando un uomo visibilmente ubriaco entra nel saloon dove Wyatt Earp e Doc Holliday stanno facendo amicizia poco dopo essersi conosciuti. L'ubriaco è un attore di teatro, e si chiama Granville Thorndike; lo interpreta Alan Mowbray.
Thorndike non somiglia a nessuno dei presenti, ricorda il cappellaio matto di Lewis Carroll, oppure WC Fields, o Achille Majeroni nei "Vitelloni" di Fellini. L'attore viene dalla città, ha un accento diverso (Alan Mowbray è inglese), ha pretese di eleganza nel vestire, niente a che fare con la città dei cowboys e dei contadini in cui si svolge la storia. Insomma, un estraneo: che suscita interesse e curiosità perché comunque viene dal "bel mondo", quello a cui aspira di appartenere anche una città come Tombstone, ancora infestata da banditi e sparatorie.

 
Appena dopo la sua battuta d'ingresso, Wyatt Earp e Doc Holliday capiscono che difficilmente l'attore ubriaco se la caverà da solo: "Sarà meglio accompagnarlo al teatro" dice Henry Fonda (Wyatt Earp) vedendolo brillo. Il teatro si chiama Golden Cage, "Gabbia d'oro" e l'attore si fa aiutare volentieri: "The show must go on, - dice Thorndike, - lead on!". Al minuto 27, dopo solo due minuti, Thorndike esce dal saloon. "E' da tanto tempo che non ascolto Shakespeare" dice Doc Holliday all'amico Earp, e insieme decidono di andare a teatro, ma Thorndike non è lì e il pubblico rumoreggia. In locandina non c'è Amleto ma "The convict's oath - a blood chilling drama", un dramma "che fa agghiacciare il sangue". L'apertura del sipario è preceduta da una tromba, che vorrebbe forse intonare "Marble Halls" di Balfe, poi esce l'impresario; in un palco ci sono Doc, Earp e Chihuahua (Linda Darnell). L'impresario deve spiegare che l'attore non si trova e lo spettacolo deve essere annullato; il pubblico vorrebbe legare l'impresario a una panca e portarlo in giro per la città, perché non è la prima volta che pagano per poi non vedere niente. Lo sceriffo Wyatt Earp dice che non è un'idea malvagia e che si può fare, però ha un'idea migliore, sa dov'è l'attore e si impegna a portarlo in venticinque minuti. Con Wyatt Earp va anche Doc Holliday.

 
Siamo al minuto 29, Thorndike è in un altro locale ed è impegnato con i Clanton (i cattivi del film); sta in piedi su un tavolo e i cowboys gli chiedono che cosa sa fare: "I have a large repertoire, sir", dice l'attore, e beve direttamente dalla bottiglia, ma appare più sobrio che nella scena precedente. Per risposta, i Clanton ridono e poi sparano alla bottiglia sul tavolo, ma Thorndike non si scompone più di quel tanto e anzi inizia il monologo di Amleto. Nell'edizione italiana si ascolta la voce di Carlo Romano, doppiatore di tantissimi film per più di trent'anni: la voce di Fernandel per don Camillo e di Eli Wallach nei film di Sergio Leone, per intenderci.
Thorndike chiede al pianista di suonare per accompagnare la recitazione; nell'originale è "Maestro, prego" e non "menestrello" come nella versione italiana. Qui arrivano Doc e Earp: si fermano un attimo sulla porta, poi entrano e si fanno largo.
Thorndike comincia:
To be, or not to be, that is the question :
whether 'tis noble in the mind to suffer
the slings and arrows of outrageous fortune,
or to take arms against a sea of troubles,
and by opposing end them ? To die, to sleep -
no more ; and by a sleep to say we end
the heartache and the thousand natural shocks
that flesh is heir to ; 'tis a consummation
devoutly to be wished. To die, to sleep -
to sleep, perchance to dream, ay there's the rub,
for in that sleep of death what dreams may come
when we have shuffled off this mortal coil,
Qui viene fermato dai Clanton: "non hai niente di più divertente, non sai ballare o cantare?" ma Doc Holliday (Victor Mature) li zittisce e dice a Thorndike di continuare.
Porto qui sotto la traduzione di Alessandro Serpieri (ed.Feltrinelli 1982):
Essere o non essere, questa è la domanda: se sia più nobile per la mente soffrire i colpi e le frecce dell'oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, finirli? Morire, dormire, nient'altro, e con un sonno dire fine alla stretta del cuore e ai mille tumulti naturali che eredita la carne. E' una consumazione da desiderare devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare; e qui è lo scoglio. Perché, in quel sonno di morte, quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale...

 
Thorndike riprende:
...when we have shuffled off this mortal coil,
must give us pause ; there's the respect
that makes calamity of so long life.
For who would bear the whips and scorns of time,
the oppressor's wrong, ht the proud man's contumely,
the pangs of despised love, the law's delay,
the insolence of office, and the spurns
that patient merit of the unworthy takes
when he himself might his quietus make
with a bare bodkin ? Who would fardels bear,
to grunt and sweat under a weary life,
Ma qui Thorndike comincia ad avere dei problemi di memoria e si ferma, stavolta da solo. Doc gli suggerisce il verso ma l'attore lo prega di continuare, lui non si ricorda più.
Questa la versione italiana di Alessandro Serpieri (ed. Feltrinelli 1982):
Perché, in quel sonno di morte, quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale, deve farci esitare. Ecco il motivo che dà alla sventura così lunga vita. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto degli oppressori, l'offesa degli arroganti, gli spasmi dell'amore disprezzato, i ritardi della legge, l'insolenza delle cariche ufficiali, e gli insulti che il merito paziente riceve dagli indegni, quando da solo potrebbe darsi la sua quietanza con un semplice stilo? (qui Thorndike tira fuori il pugnale di scena). Chi vorrebbe portare pesi, per imprecare e sudare sotto una faticosa vita...

 
Doc Holliday continua il monologo di Amleto al posto di Thorndike:
... Who would fardels bear,
to grunt and sweat under a weary life,
but that the dread of something after death,
the undiscovered country from whose bourn
no traveller returns, puzzles the will,
and makes us rather bear those ills we have,
than fly to others that we know not of ?
Thus conscience does make cowards of us all,
Doc conosce l'Amleto a memoria, mancano solo pochi versi ma anche lui deve fermarsi: ha uno sbocco di tosse, è la tisi che lo perseguita. Esce dal saloon, mentre Wyatt Earp aiuta l'attore a scendere dal tavolo.
Questa è la versione italiana di Alessandro Serpieri (ed. Feltrinelli 1982):
Chi vorrebbe portare pesi, per imprecare e sudare sotto una faticosa vita, se non fosse il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dal cui confine nessun viaggiatore ritorna, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che volare ad altri che non conosciamo? Così la coscienza fa dei codardi di noi tutti...

 
Wyatt Earp convinece Thorndike ad uscire dal saloon, mettendo a tacere i Clanton anche con le cattive maniere:
Thorndike: Shakespeare non era pensato per le taverne... non per gli zotici
Ike Clanton: (trattenendo Thorndike per un braccio): Yorick rimane qui!
Wyatt Earp colpisce Clanton con il calcio della pistola sulla testa, e fa uscire Thorndike. Yorick, si può ricordare, è il buffone di corte che allietò l'infanzia di Amleto; nell'ultimo atto, Amleto ne ritrova il teschio mentre al cimitero si prepara la tomba di Ofelia. (Dunque anche gli zotici Clanton conoscevano l'Amleto a memoria?)
Siamo al minuto 32. La mattina dopo, l'attore andrà via di corsa sulla diligenza per evitare di pagare il conto, e non lo vedremo più.
Questa è la parte finale del monologo di Amleto, sempre nella traduzione di Serpieri:
Così la coscienza fa dei codardi di noi tutti, e così il colore naturale della risoluzione è contagiato dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa causa deviano dal loro corso, e perdono il nome di azione.
Nei film di lingua inglese di quel periodo è molto facile trovare citazioni shakespeariane, con personaggi che sanno a memoria intere scene; ricordo per esempio "Le quattro piume" di Zoltan Korda (1939) con il grande Ralph Richardson (purtroppo da noi il film di Korda è quasi scomparso, circola solo il mediocre remake recente, che non vale molto - ma così va con i funzionari televisivi del Nuovo Millennio).

 
"My darling Clementine" è un film famoso, non mi dilungo sulla trama e non scrivo una recensione (ce ne sono tante di ottime e di ogni tipo, sia nei libri che su internet). Mi segno qualche appunto personale preso durante la visione:
1) Henry Fonda in questo film è una probabile ispirazione per i fumetti di Lucky Luke, insieme ai cowboys di James Stewart. 2) l'arrivo di Wyatt Earp a Tombstone, con la cattura dell'ubriaco pericoloso, potrebbe aver ispirato Akira Kurosawa per l'inizio "I sette samurai". 3) si comincia però con le mucche al pascolo: Wyatt Earp ha lasciato la sua carica di sceriffo per dedicarsi al commercio di bestiame, insieme ai suoi fratelli. L'assassinio del minore dei quattro Earp spingerà Wyatt Earp a riprendere la stella di sceriffo. 4) Gli storici del West ricordano che questo film si prende molte libertà, questa non è la storia vera di Wyatt Earp e Doc Holiday e ciò che si vede è in gran parte prodotto di fantasia. 5) il film è girato in un bianco e nero da leggenda, merito del direttore della fotografia Joseph Mc Donald. Chi ancora crede che il bianco e nero sia meno bello del colore, provi a guardare questo film. 6) la chiesa e la danza, poi ripresi e amplificati da Michael Cimino in "I cancelli del cielo". 7) la voce di Emilio Cigoli, nel doppiaggio italiano, è molto diversa da quella di Henry Fonda 8) il soggetto è forse più noto come "Sfida all'OK corral", che è il titolo italiano di un film di John Sturges, girato dieci anni dopo, con Burt Lancaster come Wyatt Earp e Kirk Douglas come Doc Holliday.
Infine:
O God, I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams.
(Hamlet : atto 2 scena 2 )
 
 

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