venerdì 6 settembre 2019

Inquietudine


Inquietudine (Inquietude, 1998). Regia di Manoel de Oliveira, Tre episodi tratti da "Os imortais" di Helder Prista Monteiro, "Suzy" di Antonio Patricio, "A mâe de um rio" di Agustina Bessa-Luis; adattamenti e sceneggiatura di Manoel de Oliveira. Fotografia di Renato Berta. Scene e costumi di Isabel Branco. Musica: Rachmaninov, Bruant (musiche del varietà, ballabili), musica liturgica greca e canzoni popolari greche.  Interpreti: primo episodio, Luis Miguel Cintra (figlio), Josè Pinto (padre) Isabel Ruth (Marta) secondo episodio: Diogo Doria (il dandy), David Cardoso (amico del dandy), Leonor Silveira (Suzy), Rita Blanco (Gabi). terzo episodio: Leonor Baldaque (Fisalina), Ricardo Trepa (l'innamorato), Irene Papas (madre di un fiume)  Durata totale: 110 minuti

"Inquietudine" di Manoel de Oliveira è formato da tre episodi molto ben collegati fra di loro; dato che questo non è spiegato con chiarezza all'inizio, la visione risulta un tantino problematica, anche perché i primi due episodi sono piuttosto criptici o lenti, e solo il terzo (quindi dopo un'ora e mezzo) è davvero un capolavoro.
Il primo episodio è "Os imortais", "Gli immortali", tratto da un racconto di Helder Prista Monteiro. Lo interpretano Luis Miguel Cintra (che è il figlio) e Josè Pinto (il padre); il figlio è sui sessanta, il padre di vent'anni più anziano, entrambi professori universitari. Il padre si è convinto che morendo si eviti la "divisione in due" del nostro essere, e quindi il raggiungimento dell'immortalità; cerca dunque di convincere il figlio ad ammazzarsi, e alla fine lo fa cascare dalla finestra col pretesto di sistemare una tenda. Il padre ha cercato di far pubblicare questa sua teoria, a più riprese; ci è perfino riuscito, ma la gente (chissà perché) si è invece convinta che sia arteriosclerosi. Nel cast anche Isabel Ruth, l'ex allieva di cui entrambi sono innamorati (ma ormai siamo tutti e due troppo vecchi, dice il padre). L'episodio, e quindi tutto il film, si apre su una meravigliosa stanza con lavagna, libri, scrivania (forse dentro l'università?) e con il padre che dice al figlio "màtete"; e termina con il suicidio del vecchio, deciso anch'esso a divenire immortale e ad evitare la "scissione in due parti" del suo essere.
Però poi si scopre che era una recita in teatro, tutti gli attori arrivano in palcoscenico a salutare e a prendere gli applausi, e cala il sipario. Tra gli spettatori ci sono Diogo Doria e David Cardoso, e da qui inizia il secondo episodio, "Suzy", scritto da Antonio Patricio.


Il secondo episodio è il meno interessante, anche se concerne l'origine dell'ispirazione poetica, la Musa. Che in questo caso è una prostituta d'alto bordo, bella ed elegante, Suzy (Leonor Silveira). Completa il cast Rita Blanco, che impersona un'amica di Suzy. Il personaggio affidato a Diogo Doria si innamorerà della giovane pur sapendo tutto di lei; è un diplomatico di professione ma si ritroverà suo malgrado, dopo questo incontro, a scrivere come un vero scrittore. Nel finale vediamo i due amici ancora insieme, mentre commentano la notizia della morte di Suzy a causa di un'operazione improvvisa.

 
E' a questo punto che il personaggio affidato a David Cardoso, sullo sfondo di una finestra con panorama molto bello (alberi e neve, ma vistosamente finto, disegnato) inizia a raccontare il terzo episodio, "Mâe de um rio", "Madre di un fiume", scritto da Agustina Bessa-Luis (un romanzo uscito nel 1971), che è molto bello ed è interpretato da Irene Papas, Leonor Baldaque e Ricardo Trepa.
Cardoso e Doria (i loro personaggi) davanti alla notizia della morte di Suzy concordano che "La vita è un mistero" e che "alla fine, tutto è legato". E' una riflessione su vita e morte, ma anche sulla creazione poetica e sull'immortalità; la morte e la poesia, la creazione del mondo, l'eterno ciclo di trasformazione della materia (e del pensiero?) che si svolge qui sulla Terra (e nell'universo intero?).
La morte è anche il motivo delle nostre riflessioni sull'aldilà, e da qui parte il racconto del personaggio affidato a Cardoso, una storia di immortalità (come nei due precedenti episodi, ma seria) e di stregoneria, o forse magia.
 

Siamo a Serra das Naves, in montagna, dove vive una ragazza detta Fisa, o Fisalina (Leonor Baldaque) che faceva sogni inspiegabili; l'immaginazione la tormentava, "sognava esseri dalle labbra di marmo che pronunciavano parole sconosciute" (il che mi rimanda al "Sogno degli eroi di Adolfo Bioy Casares).
Fisalina ha un ragazzo, interpretato da Ricardo Trepa, che però abita lontano; è il figlio del campanaro di un altro villaggio. Il ragazzo le dice che il suo paese (quello di Fisalina) è abitato da vecchi, che è fatto di pietra e che ci si perde dentro, e che i vecchi vanno in processione con la lanterna anche quando è giorno; e che vorrebbe tanto portarla via da lì. Fisalina lo ama molto, anche lei vorrebbe andar via, e stare con lui.
NARRATORE (voce fuori campo, minuto 6): Fisalina sapeva che nessuna ragazza se ne era mai andata, nessuna si era mai sposata fuori. Lei ora voleva sfidare quella vecchia legge, la sua anima aspirava a vincere e a trasgredire le leggi, anche quelle che non conosceva. Voleva trovare il modo di isolarsi. Provava collera, e l'amore le mozzava il respiro. Non sapeva se il suo amato sarebbe stato l'artefice della sua liberazione, o se lo aveva scelto come pretesto per trovare la forza di reagire.

 
Al minuto 12 (sui 37 totali di questo episodio) Fisalina si decide e va a trovare "la strega", cioè la "madre di un fiume". La strega è Irene Papas.
Irene Papas (recita in greco Esiodo, la Teogonia):
«Prima di tutto nacque il Caos,
poi la Terra dai larghi fianchi,
dimora sicura, offerta per sempre
a tutti i viventi. Da Baratro nacquero
Tenebre e Buia Notte. Dalla Notte (nikròs)
a sua volta nacquero Etere e Luce del Giorno.
Poi la Terra generò un essere uguale a lei,
capace di coprirla tutta intera: Cielo Stellato,
che doveva offrire agli dei felici
una dimora sicura per sempre.»
Esiodo, Teogonia. Ho usato la pronuncia moderna, quella antica si è perduta nei secoli; nessuno la ricorda, nemmeno io. Non canto più come un tempo, quando bevevo il succo dei corbezzoli; e i miei piedi non sentono più il mormorio della terra. Al villaggio mi hanno dimenticata, e io non conosco più i bambini delle nuove generazioni. I bambini, sono tutti uguali.
 

Fisalina: Che cosa vuoi da me?
Madre: Parla, non temere. Cosa devi dirmi?
Fisalina: Ho molte cose da dirti, Acqua Profonda. Ho sempre vissuto nel villaggio, sono ormai quasi vent'anni. Le vie mi seguono e si richiudono davanti a me, sono cresciute come spighe di pietra e ora non posso più uscirne. I muri sono cresciuti, le pietre si sono unite sempre di più. Come posso respirare, se non esco dai miei polmoni? Come posso vivere, senza smettere di sentire la terra sotto i piedi? Ascoltami, Madre di un fiume, io voglio camminare ma non so muovermi. Maledicimi, ma fammi essere libera.
Madre (a memoria, recitando): Il sole è fatto di fuoco e di sale. Chi è libero spegne il fuoco e disperde il sale, ma non ha più posto in questo mondo. (sospira profondamente) Come vorrei dimenticare! (poi, più dura) Tu chi sei? Cosa fai qui? E' tanto tempo che non vedo nessuno, non so più niente della gente, non ho più niente a che vedere con loro. (le si avvicina lievemente) I custodi della verità non sono eterni, devono essere sostituiti.
Fisalina: Va bene. Sono nata nel villaggio qui vicino, amo un ragazzo che ha dei bei denti, fremo quando mi cinge la vita, ma non so cosa fare per sposarlo. Non è mai accaduto da noi, mai (che una ragazza lasciasse il villaggio).
Madre (sorridendo): Lo so bene. Quando avevo la tua età mi piaceva stendermi nuda a contatto con la terra, e ascoltare il bisbigliare delle formiche che correvano tra i fili d'erba appena nati. La terra profumava di buono, i rospi si nascondevano nel fango dello stagno... (sorridono insieme)

 
Fisalina: In estate e in autunno mettevo nel mio grembiule delle pietre bianche, che usavo per proteggere le aiuole del giardino dove piantavo le genziane; ma la grandine le spazzava via. Non fa niente, non mi piacciono i fiori che durano troppo tempo. (si avvicina all'altra donna) O Acqua Profonda, perché sono sempre triste? (l'altra donna abbassa lo sguardo e tace) Anche quando posso mangiare un po' di carne, o quando vedo i passeri beccarsi i piedi al calore del sole, provo solo disperazione e una tenerezza mortale per tutto ciò che vive. E' forse amore? La presenza del mio amato non mi calma. Dimmi, come posso uscire dal villaggio, e fuggire col figlio del vecchio campanaro? La mia bocca sa dire solo menzogna.
Madre: (le mostra le sue dita d'oro, le avvicina alla candela)
Fisalina: O Acqua Profonda, scopri il mio cuore; io non posso farlo.
Madre: (si alza, la prende per mano, le indica il cunicolo che introduce alla grotta-labirinto): Va'.
Fisalina inizia il percorso iniziatico nel labirinto, che però noi vediamo come un semplice corridoio con candele accese sui due lati; poi l'acqua sgorga davanti a lei, è nato un fiume...)
Fisalina: E' dunque vero, Madre di un fiume? Mi hai liberata?
Si volta, ma l'altra, che la seguiva, adesso non c'è più. E' l'altra donna che è libera, Fisalina ha ormai preso il suo posto.
Al minuto 22, mentre scrive alla luce della candela, a casa sua, Fisalina si accorge di avere le dita d'oro.

 
NARRATORE (voce fuori campo): Fisalina si ricordò i versi di Esiodo che la Madre di un fiume le aveva letto, pronunciandoli con accento moderno perché quello vecchio si è perso. Aveva detto:«nessuno lo ricorda, neanche io». I versi così recitavano:
Dunque, per primo fu il Caos
e poi Gaia (la Terra, nell'originale portoghese)
dall'ampio petto e dalla forma mai vista prima.
Dal Caos nacquero Erebo e Nera Notte;
Notte, unita ad Erebo in amore, concepì Etere e Giorno.
Gaia per prima generò, simile a sè, Urano Stellato (o "cielo stellato")
che la avvolgeva tutta intorno.
Fisalina guardò la finestrella, e una strana sensazione le pervase il corpo, percepì una relazione complice tra le sue dita d'oro e le stelle del cielo.


Da qui in avanti, la ragazza dovrà nascondere le dita sotto i guanti, e stare molto attenta nei suoi comportamenti: disegnare per terra con un filo di paglia (Archimede?) è cosa che turba i suoi vicini (analfabeti?). Ora Fisalina non sente più l'urgenza di andar via dal villaggio, c'è qualcosa che la trattiene; e anche il fidanzato viene visto in maniera diversa, con sempre maggiore indifferenza.
Al minuto 28 c'è un incontro tra Fisalina e il fidanzato, durante il quale lui inizia in modo felice ma poi si rende conto della freddezza di lei.
FIDANZATO: ...anche nel mio villaggio c'è una cisterna; quando guardo il suo interno buio vedo l'acqua profonda scintillare; allora dico il tuo nome, e l'eco me lo ripete mille volte: Fisalina...
(il ragazzo è figlio di un campanaro, significa qualcosa?) (queste scene ricordano molto Raul Ruiz, il film è del 1998)

 
Infine, al villaggio c'è la Processione del Cristo Morto: che non è un'invenzione ma avviene realmente, il nome del paese è Alvite, in portoghese Alveus. (alveo, letto di un fiume, madre di un fiume?). Durante la processione, le donne si accorgono delle dita d'oro di Fisalina; lei si inginocchia davanti alla Croce, reverente, ma si segna con la sinistra; deve scappare. Le donne la inseguono gridando "a bruja", "la strega". (si pronuncia quasi come Bruges in francese, come se non ci fosse la a finale). A questa scena è presente anche il fidanzato; che ne è sconvolto e sale sul campanile, suonando insieme tutte le campane "come fece nel giorno in cui suo padre morì".
NARRATORE (minuto 33): Anche i custodi dello spirito umano devono essere sostituiti, e le acque della saggezza abitate da nuovi maestri. Fisalina, incauta e predestinata, ora vive ai piedi dell'Acqua Profonda. Lì aspetterà altri mille anni prima di scambiare il suo destino con qualcun altro. La gente di Alvite, il vecchio villaggio di Alveus, esiste ancora; ma non si conosce più questa storia. Le donne, tuttavia, d'inverno portano ancora guanti che lasciano scoperte le dita: dicono che sono più comode per filare la lana. Non sarà che forse temono le dita d'oro, e stanno attente?
Qui finisce il film. Diogo Doria e David Cardoso sono nella stanza dove era iniziato il racconto, "Inquietudine" di Manoel de Oliveira è finito, forse le tre storie sono la stessa storia.

 
La musica del film: nel primo episodio (Gli immortali) c'è il secondo concerto per pianoforte di Rachmaninov, nel secondo (Suzy) ci sono musiche del varietà, tango, tutti i titoli e gli esecutori sono indicati nei titoli di coda. In "Madre di un fiume" ascoltiamo canzoni popolari greche cantate da Irene Papas e - nei titoli di coda - rielaborate per pianoforte da Jean François Auger.
Nei primi due episodi si vedono il Teatro Sâo Paulo di Oporto e il Casinò di Madrid; il villaggio è probabilmente proprio Alvite.
Il dettaglio delle dita d'oro è nella fiaba "La figlia della Madonna" dei Grimm; le dita d'oro sono associate alla visione della Trinità (vedere)

 
 
 
 
 
  


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