IL SETTIMO SIGILLO (Det sjunde inseglet, 1956). Scritto e diretto da Ingmar Bergman. Fotografia: Gunnar Fischer - Musiche: Erik Nordgren - Scenografia: P.A. Lundgren – Con: Max von Sidow (il cavaliere Antonius Block), Gunnar Björnstrand (lo scudiero Jöns), Nils Poppe (il giullare Jof), Bibi Andersson (Mia, moglie di Jof), Bengt Ekerot (La morte), Ake Fridell (il fabbro Plog), Inga Gill (Lisa), Erik Strandmark (Skat, il capocomico), Bertil Anderberg (Raval), Gunnel Lindblom (la donna muta), Inga Landgré (la moglie di Block), Anders Ek (il monaco), Maud Hansson (la giovane al rogo), Gunnar Olsson (il pittore di chiese), Lars Lind (il giovane monaco), Benkt-Ake Benktsson (l'oste), Gudrun Brost (la donna all'osteria), Ulf Johanson (il capo dei soldati). Durata: 96 minuti
“Il settimo sigillo” è uno dei tre film che più mi hanno impressionato da bambino, e che mi hanno spinto a interessarmi di cinema (gli altri due sono “La strada” di Fellini e “Moby Dick” di John Huston). Si tratta di un film che cattura subito l’attenzione, e che si vuole vedere fino alla fine, senza interruzioni; ma è anche un film molto complesso, che meriterebbe una sosta e un’annotazione ad ogni suo istante. Su “Il settimo sigillo” si è scritto molto, è uno dei film più famosi e più studiati di tutta la storia del cinema; ed è per questo motivo che preferisco iniziare andando a prendere quello che ne dice il suo autore.
Ingmar Bergman, da “Immagini”:
Alla base del Settimo sigillo c'è l'atto unico “Pittura su legno” che fu scritto per la «prima» degli allievi di Malmö. Dovevamo avere qualcosa da recitare per il saggio di primavera. Ero insegnante della scuola ed era difficile trovare delle pièces con parti all'incirca ugualmente importanti. “Pittura su legno” doveva essere una pura esercitazione. Era impostato come una serie di monologhi. Il numero degli allievi determinava il numero delle parti.
In “Pittura su legno” erano presenti, a loro volta, alcuni ricordi infantili. Come ho raccontato in Lanterna magica, a volte seguivo mio padre quando andava a predicare in qualche chiesa di provincia: come tutti quelli che sono stati in chiesa, in qualsiasi epoca, mi sono messo a osservare i dipinti al di sopra dell'altare, il trittico, il crocifisso, le finestre dipinte e gli affreschi. C'erano Gesù e i ladroni feriti e insanguinati; Maria appoggiata a Giovanni - ecco tuo figlio, ecco tua madre. Maria Maddalena, la peccatrice, chi se l'era scopata l'ultima volta?
Il cavaliere gioca a scacchi con la Morte. La Morte sega l'Albero della vita, un poveretto terrorizzato è seduto su in cima e si torce le mani. La Morte conduce la danza verso la Terra Oscura, tiene la falce come una bandiera, tutti quanti ballano formando una lunga fila e dietro a tutti viene il giullare. I diavoli badano a che proceda bene la cottura, i peccatori precipitano a capofitto nelle fiamme, Adamo ed Eva hanno scoperto la propria nudità. L'occhio di Dio sbircia da dietro l'albero proibito.
Alcune chiese sono come acquari, non c'è uno spazio libero, dappertutto un rigoglio di uomini, santi, profeti, angeli, diavoli e dèmoni. Questa e l'altra vita coprono muri e volte. Realtà e immaginazione hanno costituito una solida lega: peccatore, guarda la tua opera, guarda quel che t'aspetta dietro l'angolo, guarda l'ombra alle tue spalle! (...)
Ma alla fine “Pittura su legno” servì a poco. “Il settimo sigillo” prese un'altra direzione, e divenne una specie di road movie capace di muoversi senza imbarazzo attraverso il tempo e lo spazio. Fa i suoi giri e ne è responsabile.
Consegnai la sceneggiatura alla Svensk Filmindustri e là si cercò di respingerla in ogni modo possibile. Arrivò allora “Sorrisi dì una notte d'estate”. La prima aveva avuto luogo il 2 luglio 1955 e, nonostante le aperte e celate apprensioni, fu un enorme successo. Nel maggio 1956 fu presentato al festival di Cannes. Quando vinse la Palma d'Oro, partii per Malmö, facendomi prestare i soldi da Bibi Andersson, che allora era la più agiata di noi. Poi tornai a volo dal capo della Svensk Filmindustri, Carl Anders Dymling, che, terrorizzato e tutto sottosopra, se ne stava in un hotel di Cannes a vendere “Sorrisi di una notte d'estate” a bassissimo prezzo a mercanti di cavalli di ogni risma. Una cosa simile non gli era mai capitata. Il suo candore era quasi pari alla sua robustezza fisica.
Gli piazzai la sceneggiatura rifiutata del Settimo sigillo davanti agli occhi, dicendo: «Ora o mai, Carl Anders! ». Allora lui rispose: «Sì, ma prima devo leggerla». «Tu l'hai già letta, perché l'hai rifiutata», ribattei io. «Sì», fece lui, «ma forse non l'avevo letta bene».
Dovetti promettere di realizzare il film in fretta, in 36 giorni, meno i giorni di viaggio andata e ritorno per gli esterni. Doveva trattarsi di una produzione in economia. Quando la sbornia di Cannes passò ai suoi effetti postumi, ci accorgemmo che “Il settimo sigillo” era esile, troppo esclusivo e difficile da piazzare. Due mesi dopo la decisione, però, eravamo in moto. Invece di fare un film diverso, come in realtà avremmo dovuto fare, andammo allo studio. E’ straordinario con quale allegra leggerezza si potesse allora iniziare a girare un film complicato come quello.
(Ingmar Bergman, da “Immagini”, ed. Garzanti)
(continua)
4 commenti:
Credo proprio che sia un film indimenticabile per tutti!
Ma appunto per questo bisogna vederlo e rivederlo, altrimenti si rimane impressionati dalla sua potenza e schiacciati da suggestioni così forti, da non riuscire poi a decantare e godere pienamente il valore del film, che va ben oltre l'impatto immediato.
Complice il magnifico e magistrale uso del bianco e nero, tutta l'atmosfera è trasfigurata, a volte più cupa del nostro abituale quotidiano, a volte più luminosa; sempre comunque altro e oltre...
Credo che nessun altro film renda con immagini tutto quello che di angoscioso si è stratificato nella coscienza collettiva del nostro mondo cristiano, solo apparentemente convertito all'amore, ma in realtà continuamente in preda alla paura della morte o all'indifferenza, ma anche l'incanto dell'apertura autentica e fiduciosa verso il trascendente.
Tutto il film è basato sulla contrapposizione tra i principali atteggiamenti collettivi nei confronti della morte (il cavaliere con i suoi dubbi e la sua ricerca razionale, lo scudiero con la sua filosofia spicciola di buontempone, la presunta strega con la sua identificazione forzata con il male, tutto il paese dominato dal clero, i potenti di allora, attraverso la paura...) e la famigliola del saltimbanco, rappresentazione ingenua dell'autentica gioia di vivere basata sulla semplicità e sull'amore, e pertanto unico nucleo non trascinato dal ballo mortifero.
Ma tutto questo andrebbe visitato con calma e meditato, quasi fotogramma per fotogramma.
Era uno dei primissimi film di cui avrei voluto parlare, ma - come vedi - lo affronto soltanto adesso... E i post seguenti saranno un po' approssimati, per forza di cose: bisognerebbe fare un post per ogni singolo fotogramma, o quasi.
Per intanto riassumo quello che mi è venuto in mente, poi si vedrà - c'è sempre tempo.
Per esempio, ieri sera ho visto cosa ne dice Bergman in altre sedi: dice per esempio che Bibi Andersson ha avuto un'enorme influenza sul Settimo sigillo, segnandolo con la sua grande energia positiva. (Bibi Andersson era giovanissima, nel 1956)
Sì, Bibi Andersson è assolutamente incantevole in questo film e l'atmosfera luminosa in contrapposizione all'angoscia del resto del film è dovuta essenzialmente a lei, e a come Bergman ha saputo valorizzarla ovviamente.
c'è un bel documentario con filmati inediti nel dvd di "Passione" - è da lì che ho preso quest'informazione
:-)
Posta un commento