giovedì 13 gennaio 2011

Scene da un matrimonio

Scene da un matrimonio (Scener ur ett äktenskap,1973) Scritto e diretto da Ingmar Bergman. Fotografia di Sven Nykvyst. Scenografia di Björn Thulin. Musiche originali di Owe Svenson (poco o niente) . Interpreti: Erland Josephson e Liv Ullmann; Bibi Andersson e Jan Malmsjö (la coppia che litiga), Gunnel Lindblom (la collega di Johan), Barbro Hiort af Ornäs (la signora coi capelli grigi), Bertil Nordström (Arne), Wenche Foss (la madre), Rosanna Mariano e Lena Bergman (le due bambine).  Film per la tv diviso in sei parti di 46 minuti ciascuna; la versione per il cinema dura 155’, quella su dvd 163’. Titoli dei sei episodi: 1. Innocenza e panico 2. L’arte di pulire sotto il tappeto 3. Paula 4. La valle di lacrime 5. Gli analfabeti 6. Nel mezzo della notte in una casa buia, in qualche parte del mondo.

Quando fu trasmesso in tv, “Scene da un matrimonio” ebbe un grande successo in tutto il mondo, e anche da noi. Io però ero molto giovane, 15 o 16 anni, per forza di cose l’argomento non mi interessò molto (non solo per l’età ma anche perché la mia estrazione sociale è del tutto diversa) e di Bergman non sapevo ancora molto, a parte l’immagine indelebile della partita a scacchi del Settimo Sigillo; ma avevo capito che questo non era un film come gli altri. L’interesse per il cinema di Bergman sarebbe per me nato di lì a poco, con la proiezione al cinema di “Il flauto magico”.
“Scene da un matrimonio”, soprattutto per l’argomento, l’ho sopportato a fatica per decenni, e l’ho rivisto per intero soltanto oggi, quando ho più o meno all’età dei protagonisti e comincio ad avere anch’io qualche relazione amorosa alle spalle. Continuo a sentirmi estraneo a questo mondo altoborghese, e ad essere annoiato dalla loro relazione, ma mi piace molto la recitazione di tutti quanti, e il film è girato molto bene, con grande perizia. Non è un caso, però, che sia anche il film a cui Ingmar Bergman dedica meno spazio, nei suoi libri: su “Immagini” vi è solo qualche accenno, poche righe, e anche in “Lanterna magica” su “Scene da un matrimonio” c’è poco o niente.
E’ stata una felice combinazione aver rivisto “Scene da un matrimonio” subito dopo un film di Dreyer, “Due esseri”, dove si parla di una crisi di coppia: Dreyer racconta una storia molto più drammatica, anche per via dei tempi storici diversi; ma è il film dove più si vede l’influenza di Dreyer su Bergman. La principale differenza rispetto a Dreyer, finale a parte, sta nei mezzi tecnici: “Scene da un matrimonio”, in alcuni suoi momenti, sembrerebbe essere stato girato invece che da Bergman e da Nykvyst, da Thomas Mauch e Werner Herzog, che sicuramente avranno preso appunti...
Liv Ullmann è fenomenale quando lui le dice che la vuol lasciare (l’episodio intitolato “Paula”), e non so come si faccia a reggere la recitazione con una simile verità, e stando così vicini alla macchina da presa, per di più quelle del 1973 (“Shining” di Kubrick viene molto dopo, e anche con la steadycam non ha questi primissimi piani...)
Inutile dire che Erland Josephson le sta dietro alla grande; qualche riserva ce l’ho sul suo personaggio, che sembra avere un hobby più che una professione. Era più credibile il ginecologo di Gunnar Björnstrand, all’inizio di “Una lezione d’amore”; questi due personaggi sembrano invece non avere nulla di particolare da fare nella loro vita, il che è forse possibile per un avvocato divorzista, non certo per un medico d’ospedale.
Nel film ci sono altri attori, oltre ai due protagonisti (che recitano praticamente da soli tutti gli episodi successivi ai primi due). All’inizio, la coppia che litiga, e che riprende un’analoga coppia già vista nel “Posto delle fragole” è composta da Bibi Andersson (che non ha bisogno di presentazioni) e da Jan Malmsjö, che sarà il terribile vescovo patrigno in “Fanny e Alexander”.
L’attrice che interpreta la donna coi capelli grigi che vuol divorziare era una delle donne di “A proposito di tutte queste signore”: si chiama Barbro Hiort af Ornäs.
Gunnel Lindblom, molto bella, appare brevemente nel secondo episodio, come collega di Erland Josephson. Nel Settimo Sigillo era la ragazza muta raccolta dallo scudiero, e poi fu protagonista di “Il silenzio”; qui appare in un momento di grande bellezza e sicurezza interpretativa, ed è un peccato che la sua parte non sia stata ulteriormente sviluppata.
Mi segno anche, da rivedere con calma, la lunga parata di foto di Liv Ullman, da bambina e da adulta, a 1h45 circa: di Liv Ullmann sono innamorato da sempre, e qui confesso che è l’unica diva del cinema che mi sarebbe veramente piaciuto incontrare anche solo per una stretta di mano. Chissà, forse sono ancora in tempo...
Una domanda che mi è sorta guardando questo film è stata: ma quante volte si è sposato Bergman? Mi pare di ricordare cinque o sei volte, con molte relazioni e molti figli...La questione è complessa e complicata, per fortuna oggi c’è http://www.wikipedia.it/  che mi viene in soccorso.
Nel corso della sua vita Ingmar Bergman si è sposato cinque volte ed ha avuto nove figli.Nel 1943 Bergman sposò Else Fischer, ballerina e coreografa che gli darà una figlia, la futura scrittrice Lena.
Nel 1945, durante la lavorazione del film Hets (Tormento), la moglie e la figlia si ammalarono di tisi e furono ricoverate in due diversi sanatori; Bergman, per sostenere le spese, si adattò a redigere manoscritti per la società cinematografica per cui lavorava. In quel periodo conobbe Ellen Lundström, anche lei ballerina e coreografa, con la quale avviò una relazione; quando lei rimase incinta, decise di divorziare per sposarla. Da Ellen ebbe quattro figli. Nel 1946 Bergman e la moglie Ellen andarono a vivere a Goteborg.Durante l'estate del 1949, mentre stava girando gli esterni a Helsingborg di Verso la gioia, Bergman conobbe la giornalista Gun Hagberg, "una ragazza dieci e lode, bella, alta, sportiva, intensi occhi blu, riso aperto, disponibile, fiera, integra, piena di forza femminile", con la quale iniziò una relazione che continuò al ritorno in sede. Nel 1950 ottenne il divorzio da Ellen; nel frattempo Gun era rimasta incinta ed era andata ad abitare da lui. Bergman si trovò così a dover mantenere due mogli e cinque figli. Si adattò a produrre sceneggiature per conto di altri e a realizzare dei cortometraggi pubblicitari. Nel 1951 sposa Gun Grut, che diventò così la sua terza moglie. Verso la fine degli anni '50 Bergman conobbe la pianista Käbi Laretei. Nel 1959 la sposò (quarta moglie). Nel 1964 Bergman s'innamorò dell'attrice Liv Ullmann. Dalla loro relazione nacque nel 1966 una figlia, Linn (che prese il cognome della madre). Bergman lasciò la moglie e andò a vivere con Liv e la figlia. Nel 1969 Bergman divorziò da Käbi Laretei. Nel 1974 terminò il legame con Liv Ullmann. L'anno seguente il regista sposò Ingrid von Rosen. Dal 1976 Bergman prese la residenza all'estero per non avere problemi con il fisco svedese. Nel 1995 Ingrid morì. La morte della von Rosen fu per Bergman fu un duro colpo. Il dolore per la perdita lo fece cadere in uno stato di forte depressione; il regista, che nel frattempo era ritornato a vivere in patria, si ritirò nell'isoletta di Faar, nel Mar Baltico, dove condusse una vita solitaria fino alla morte. Bergman trovò parziale conforto dal fatto che tutti i suoi otto figli erano diventati attori, quasi tutti teatrali. Oltre a Liv Ullmann, le attrici con cui Bergman condivise la sua vita furono Bibi Andersson e Ingrid Thulin.
Ingmar Bergman, da “Lanterna magica” (Garzanti, 1987, pag.146 e seguenti)
Non ero mai stato all'estero, a parte quelle sei settimane in Germania. E nemmeno il mio amico e collega nell'attività cinematografica, Birger Malmsten. Ora sarebbe accaduto. Ci stabilimmo a Cagnes-sur-mer, una cittadina nascosta sui monti tra Cannes e Nizza, sconosciuta allora ai turisti ma intensamente frequentata da pittori e altri artisti. Ellen aveva avuto una scrittura come coreografa a Liseberg, dei bambini si prendeva cura la nonna e la situazione era piuttosto calma. La nostra economia era provvisoriamente migliorata perché avevo appena finito di girare un film e avevo firmato il contratto per un altro che dovevo fare nella tarda estate. Arrivai a Cagnes alla fine d'aprile e trovai una camera soleggiata, con il tetto di tegole rosse, vista sulle coltivazioni di garofani a valle e sul mare che a volte, come dice Omero, assumeva il colore del vino.
Birger Malmsten sparì subito tra le spire di un'inglese bella ma tubercolotica che scriveva poesie e conduceva una vita piuttosto febbrile. Fui lasciato solo con me stesso, me ne stavo seduto in terrazza a scrivere il film da iniziare in agosto. I processi decisionali e i preparativi erano brevi, allora. Non c'era mai il tempo di avere veramente paura, e questo era un vantaggio innegabile. Il film era la storia d'una giovane coppia di musicisti che suonava nell'orchestra sinfonica di Helsingborg. Il travestimento era quasi formale, si parlava in realtà di Ellen e di me, delle condizioni dell'arte, dell'infedeltà e della fedeltà. Il film doveva inoltre essere pervaso di musica.
Fui lasciato completamente solo, non parlavo con nessuno, non incontravo nessuno. Ogni sera mi ubriacavo e per infilarmi nel letto dovevo farmi aiutare dalla patronne, una donna materna preoccupata per le mie abitudini relative all'alcol. Tuttavia ogni mattina alle nove ero seduto alla mia scrivania e lasciavo che il benigno stordimento contribuisse a intensificare la creatività.
Ellen e io cominciammo a scriverci lettere d'amore caute ma piene di tenerezza. Sotto l'influenza della crescente speranza che ci fosse un futuro per il nostro tormentato matrimonio, la protagonista del film si trasformò in un miracolo di bellezza, fedeltà, intelligenza e dignità umana. La controparte maschile divenne invece un presuntuoso mediocre, infedele, bugiardo ed enfatico.
Ero timidamente ma intensamente corteggiato da una pittrice russo-americana. Era atletica ma ben proporzionata, bruna come la notte, con occhi luminosi e una bocca generosa. Una statuaria amazzone che irradiava sfrenata sensualità. La mia fedeltà matrimoniale stimolava entrambi. Lei dipingeva e io scrivevo, due solitudini in un'inaspettata comunione creativa.
Il finale del film divenne paurosamente tragico: la protagonista saltava in aria con un fornello elettrico (probabilmente un desiderio segreto), l'ultimo movimento della nona sinfonia di Beethoven veniva spudoratamente sfruttato e la protagonista capiva che c'era «una gioia più grande della gioia». Parole la cui verità avrei compreso solo trent'anni più tardi.
Andai a prendere Birger Malmsten strappandolo alla Montagna di Venere, mi congedai tra le lacrime dalla patronne e dalla mia russa amitié passionnée, tornai a casa ed ebbi il manoscritto approvato nonostante qualche esitazione.
L'incontro con Ellen fu breve e non particolarmente riuscito: io fui preso da folle gelosia scoprendo che mia moglie frequentava un'artista lesbica. Ci riconciliammo a fatica. Andai a Stoccolma, le riprese ebbero inizio, i miei amici Birger Malmsten e Stig Olin recitavano le parti di due relitti d'uomini. Maj-Britt Nilsson riuscì a rendere quasi verosimile quella moglie disperatamente idealizzata, il che fu un'ulteriore prova della sua genialità.
Gli esterni del film furono girati a Helsingborg. Un giorno d'agosto filmammo il matrimonio della coppia al Municipio, nello stesso luogo dove Ellen e io ci eravamo sposati alcuni anni prima. Un settimanale che si chiamava «Filmjournalen» venne a farci visita per scrivere un articolo. Fu l'affascinante caporedattrice Gunilla Holger a renderci questo onore. L'accompagnava la collega Gun Hagberg. Il direttore di produzione, consapevole dei suoi doveri e, inoltre, fortemente attratto dalla caporedattrice, raggranellò quel che avanzava dell'esiguo fondo di rappresentanza e offrì una cena al Grand. Dopo cena io e Gun passeggiammo lungo l'Oresund, era una calda notte d'estate, senza vento. Ci baciammo con trasporto e ci accordammo, un po' distrattamente, d'incontrarci quando fossi tornato a girare a Stoccolma. Il «Filmjournalen» ripartì e io dimenticai tutta la faccenda.
Tornai a casa a metà agosto. Gun telefonò proponendo di cenare insieme da Cattelin e andare poi al cinema. Con un filo di panico accettai di cuore. Tutto accadde molto rapidamente. Il fine settimana successivo partimmo per Trosa, affittammo una camera d'albergo, ci mettemmo a letto e ne uscimmo il lunedì mattina. Avevamo allora deciso di fuggire a Parigi, ognuno per conto suo ma segretamente insieme. Vilgot Sjöman era là con una borsa di studio, dal suo primo romanzo doveva essere tratto un film con la regia di Gustaf Molander, erano state bocciate già diverse proposte di sceneggiatura. La direzione mi ordinò, come ultimo tentativo, di abbandonare il lavoro di rifinitura al film che avevo appena finito di girare, di partire immediatamente per Parigi e di raggiungere il bizzoso Vilgot. Gun avrebbe assistito alle sfilate di moda per conto di un settimanale e affidò i due figli piccoli alle competenti cure della bambinaia finlandese. Il marito si trovava da sei mesi nelle piantagioni di gomma che la famiglia possedeva nell'Asia sudorientale.
Andai a Göteborg per parlare con mia moglie. Era sera tardi, lei era già andata a letto e fu felice della visita inaspettata. Mi sedetti sul bordo del letto senza togliermi l'impermeabile e raccontai tutto quel che c'era da raccontare. Chi fosse interessato può sapere quel che accadde seguendo la terza parte di Scene da un matrimonio. L'unica differenza è la descrizione dell'amante Paula. Gun era piuttosto il suo opposto (...) Nell’estate del 1949 compii trentun anni. (...)
Ingmar Bergman, da “Lanterna magica” (Garzanti, 1987, pag.146 e seguenti)

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