Non si uccidono così anche i cavalli? (They shoot horses, don’t they? - 1969). Regia di Sidney Pollack. Dal romanzo di Horace McCoy. Sceneggiatura di James Poe e Robert E. Thompson. Fotografia: Philip H. Lathrop. Musica: Canzoni da ballo americane anni 30-40, Jacques Offenbach (Can can da “Orfeo all’inferno”). Con Jane Fonda, Red Buttons, Susannah York, Michael Sarrazin, Gig Young, Bonnie Bedelia, Bruce Dern, e altri. Durata: 120’
Il titolo originale, che si può tradurre alla lettera in “Anche ai cavalli gli sparano, no?” si riferisce al mondo delle corse: quando un cavallo non ce la fa più a correre (cioè quando non rende più, in termini di soldi), viene ucciso.
Il film racconta di una gara di ballo, una maratona di danza. Molte coppie si iscrivono, vince l’ultima che resta in piedi, continuativamente; e vince una bella cifra. Una cifra che spinge molte coppie ad iscriversi, e chi non ha un partner adeguato lo cerca sul posto. Siamo in America al tempo della grande depressione, dopo la crisi del 1929; gli stessi anni raccontati da John Steinbeck in “Furore”. L’unica differenze è che qui siamo in città, e non tra i contadini.
Sono coppie di disperati, nessun ballerino farebbe una cosa del genere; ma iniziative come queste muovono soldi, c’è il giro delle scommesse, se ne parla in giro, il locale che le ospita si fa pubblicità con poca spesa. Non è importante che una coppia arrivi unita fino alla fine della maratona: quando il partner non ce la fa più e si ritira, si continua a ballare fino a che in pista qualcun altro non rimane spaiato; ma per vincere bisogna essere in due.
E’ una gara spietata, ci scappa anche il morto; ed è un film bello e spettacolare, che ebbe grande successo alla sua uscita e negli anni immediatamente seguenti. Oggi è quasi completamente dimenticato, ma io me lo ricordo ancora scena per scena, anche se è molto tempo che non lo vedo (soprattutto mi ricordo il marinaio di Red Buttons); ma non è un film che si possa raccontare, quello che dovevo dire l’ho già detto, e al resto bastano le immagini. Un film tragico, con molti personaggi e con la presenza carismatica di una Jane Fonda nel suo momento migliore (è stata un’ottima attrice, anche se tendiamo a dimenticarlo) e di un’altra grande di quegli anni, Susannah York. E’ anche uno di quei soggetti che permettono di mettere in fila, tutti insieme, molti dei migliori caratteristi del cinema: quei volti amati e conosciuti dei quali non si ricorda mai il nome ma che si vedono un po’ dappertutto e che sono difficili da dimenticare.
Mi è tornato in mente, con forza, per due motivi. Uno è la scomparsa di Sidney Pollack, con la pubblicazione della lista dei suoi film: oltre a questo, sono particolarmente affezionato a “Corvo Rosso” (un titolo italiano molto fuorviante).
Ma è la cronaca recente a portarmi continuamente davanti le immagini spietate della maratona di ballo di “Non si ammazzano così anche i cavalli?”. Mi ha fatto una certa impressione vedere il Capo della Cristianità, papa Benedetto XVI, dirsi compiaciuto del nuovo clima che si respira in Italia, e ricevere con affetto e piacere i liberisti, i nemici dei “lacci e lacciuoli” che imbrigliano la ripresa. Questo è un Paese dove a trent’anni si è già vecchi.
Non importa come vi sentite dentro e come è il vostro fisico, se cercate lavoro a trent’anni siete vecchi, obsoleti. Figuratevi se ne avete quaranta, o cinquanta: o anche sessanta, perché l’età della pensione è stata considerevolmente alzata. Alle volte penso lo penso anch’io: anche ai cavalli gli sparano, no? E allora, che si aspetta?
(Giuliano, ottobre 2009)
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