Luciano Pavarotti come attore ha girato un film solo, intitolato “Yes Giorgio”; di Pavarotti abbiamo per fortuna molte registrazioni di opere complete, concerti, interviste, ma in questa sede mi occupo solo di cinema. A “Yes, Giorgio” avevo dedicato un post su un blog precedente; lo riporto qui così com’era, un po’ per mia comodità e un po’ per pigrizia.
Yes, Giorgio (1982) Regia di Franklin J. Schaffner. Sceneggiatura di Anne Piper e Norman Steinberg. Fotografia: Fred J. Koenekamp. Musica di: Verdi, Rossini, Donizetti, Ponchielli, Leoncavallo, Puccini, Schubert. Musiche originali per il film di Michael J. Lewis. Interpreti: Luciano Pavarotti, Kathryn Harrold, Eddie Albert, Paolo Baroni, James Hong, Beulah Quo, Norman Steinberg, Karen Kondazian (110 minuti)
Luciano Pavarotti ha girato un film da protagonista, come attore. E' successo nel 1982, la cosa può far sorridere e in effetti il film ce lo siamo già dimenticato tutti; ma Pavarotti aveva come suo modello un altro grandissimo tenore: Beniamino Gigli. Come Pavarotti, anche Gigli non sapeva recitare ma di film ne ha fatti parecchi e nessuno memorabile, a parte la simpatia e la bonomia dell'uomo. Di quei film degli anni ’30 e ’40 rimane, per gli appassionati d'opera, poco più della curiosità di vedere muoversi e parlare uno dei più grandi tenori di tutti i tempi. Per Pavarotti le cose sono andate diversamente: ai tempi di Gigli non c'era la tv, che oggi è onnipresente, ed era ancora complicato anche registrare i dischi; filmare un'opera sul palcoscenico, mentre si recita, era cosa pressoché impossibile negli anni '30 e '40 ed è oggi normalissima.
Ma Pavarotti ci teneva, e certamente qualcuno ha pensato che poteva essere un affare: proviamoci, chissà mai che funzioni... Le cose erano state fatte per bene, in quel 1982: regista Franklin J. Schaffner, quello di "Papillon", di "Patton generale d'acciaio", del "Pianeta delle scimmie"; protagonista femminile una cantante molto bella e molto giovane della quale si è però persa notizia, Kathryn Harrold; e uno stuolo di buoni comprimari. Io l'ho visto, in anni lontani: vi posso dire che Pavarotti interpreta la parte di un tenore italiano che si chiama Giorgio - e il resto penso che sia facile immaginarlo.
Parlare di Pavarotti al passato mi fa impressione. E' stato grazie a Pavarotti, e a una sua incisione dal "Guglielmo Tell" di Rossini, che ho scoperto definitivamente che il mondo dell'opera lirica meritava di essere esplorato. Ho avuto la fortuna (e la perseveranza, perché trovare i biglietti non è mica facile) di vederlo e ascoltarlo diverse volte, a partire da una Tosca del 1980, alla Scala (io in loggione, lui sul palcoscenico). Per questo, prendendo come scusa "Yes Giorgio", mi permetto di dire qualche parola di ricordo. Una delle prime cose che si imparano, con l'opera lirica, è di guardare le date di registrazione: sul retro dei dischi di solito ci sono, magari scritte in piccolo. La Callas, per esempio, è grandissima dal 1948 al 1956: un arco di tempo veramente breve. Dopo, per varie ragioni, comincia l'usura della voce; e il ritiro dalle scene giungerà presto. Con Pavarotti va molto meglio: per almeno vent'anni, dal debutto del 1961, la sua voce è meravigliosa, e spesso anche miracolosa. Perciò, il Pavarotti degli anni '60 è tutto di qualità altissima; quello degli anni '70 è quasi tutto di qualità altissima. Dopo il 1980, quando Lucianone ha alle spalle più di vent'anni di carriera, comincia a venir fuori qualche ruga. Dagli anni '90 in poi, il tenore modenese comincia con le iniziative che lo renderanno celebre anche al di fuori dell'opera: ma su queste cose anche chi non capisce niente di opera lirica può arrangiarsi da solo. Pavarotti non è stato famoso per caso. La sua voce è rimasta sempre bella, anche a settant'anni: ma provate a paragonare i faticosi "Vincerò"che avete ascoltato in questi giorni alla tv con le prodigiose registrazioni di quarant'anni fa, e poi sappiatemi dire. Non è un caso che, stando a quello che hanno riportato i giornali, Pavarotti abbia dettato come sue ultime parole "Ricordatemi per quello che ho fatto come tenore d'opera": è lì la sua vera grandezza, e non nei concertini con questo e quello.
PS: Ogni volta che ne parlo, mi rendo conto che molti non lo sanno: "Vincerò" non è una canzone. E' un momento dalla "Turandot" di Giacomo Puccini, 1926. Il soggetto è tratto da una fiaba di Carlo Gozzi, commediografo veneziano del '700, e parla di una terribile principessa cinese che, a causa di un giuramento, non voleva sposarsi; ma l'Imperatore suo padre insiste per garantire la sopravvivenza della stirpe, e allora lei accetta ma ad una condizione, che è quella di sposare l'uomo che risolverà i tre enigmi che ella gli proporrà. Ma dev'essere un principe di sangue reale, e se non risolverà gli enigmi sarà decapitato; ed è con l'ennesima decapitazione sulla pubblica piazza che inizia l'opera. Il tenore risolve gli enigmi: ma la principessa la prende malissimo; e dunque lui le dà una possibilità: deve indovinare il suo nome (Calaf), che nessuno conosce perché è arrivato da molto lontano. Ecco dunque che, all'inizio del terzo atto, tutta Pechino è in subbuglio: "nessun dorma in Pechino" è stato l'ordine perentorio della terribile Turandot, perché bisogna sapere quel nome ad ogni costo, pena terribili tormenti per i sudditi. E Calaf, anche lui insonne, riprende queste voci: "Nessun dorma..." e conclude con il famoso "all'alba vincerò" ( ma sarà una vittoria triste e drammatica).
Nelle immagini: con Mirella Freni, in "Yes Giorgio", al mare con la famiglia, con Raina Kabaivanska alla Scala nel 1980, con Joan Sutherland nella "Figlia del Reggimento" (da giornali, programmi di sala, copertine di dischi)
(continua)
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