sabato 14 gennaio 2012

Dino Risi ( I )

 
«Quanto alla pazzia , non ricordate più Gassman che si sdoppiava in “Anima persa”? Oppure l’altro Gassman che nel “Profeta” reagiva ad un ingorgo nel traffico abbandonando l’auto e andando a vivere su un albero? Mi chiedo se tutto ciò sia però pazzia...forse è preferibile parlare di corto circuito. (...) Tutto qua: diventare matti è una cosa che può succedere a chiunque di noi. Non occorre più chissà quale pedigree, oggi si diventa matti per stress, per fatica di vivere; una volta bisognava ammalarsi, oggi basta così poco. (...)
La depressione è un terremoto che arriva come per caso, così come si alza il vento. Ti alzi una mattina, e vedi tutto nero. Niente di che, solo che è così anche il giorno dopo. (...) Vittorio è uno che è abituato a recitare i sentimenti e forse la sua malattia (la depressione) è iniziata come una malattia da attore. (...) ha un’intelligenza straordinaria e, come spesso accade alle persone acute e sensibili, soffre di vere e proprie fobie. (da un’intervista di Paolo Brogi a Dino Risi, da L’Europeo 2.2.1990)
Quest'intervista partiva da un libro in cui Vittorio Gassman parlava della sua depressione: Dino Risi era laureato in medicina, ramo psichiatria, quindi aveva qualche competenza per parlarne. C’era anche questa frase: «I pazzi e i bambini si comprendono, appartengono alla stessa specie». (L’Europeo 2.2.1990). Ma qui dissento da Dino Risi, perché è facile osservare che questo non è vero: i bambini hanno paura dei pazzi, e fanno scherzi atroci a chi vedono come diverso. Basta poco per essere considerati diversi, da bambini: venire da un altro paese, essere grassi, portare gli occhiali, non essere vestiti all’ultima moda, non avere l’ultimo gadget alla moda (ma queste due ultime cose sono venute dopo, dagli anni ’80 in su).
Non mi perdevo un’intervista di Dino Risi, da quando avevo scoperto bene chi era, e i suoi studi di psichiatria: confesso che le sue interviste mi piacevano quasi sempre più dei suoi film.
Di film ne ha fatti tanti, Dino Risi: e sono tutti passati in tv, più di una volta, e continuano a passare; quindi è facile averne visti molti. Molti di questi film li ho subìti, da bambino e poi da ragazzo: non mi piaceva quel mondo, magari si rideva (difficile non ridere con Tognazzi e Manfredi...) ma era un mondo che io avrei voluto evitare, non mi sono mai piaciuti quei caratteri e c’era sempre una notevole dose di autocompiacimento nel descrivere quei difetti, ancora oggi ben visibile. Si prendevano in giro, c’era perfino della satira politica, ma anche loro erano così, registi attori e sceneggiatori: villoni, macchinone, vacanze a Cortina...
E, soprattutto, ho sempre detestato questo loro modo di presentare il sesso, l’amore, i “tradimenti”, i rapporti coniugali: purtroppo sono cose vere, appena un po’ caricaturali, me ne sono accorto presto che la vita funziona così, e appena ritrovavo nella mia vita questi modelli (non so se spontanei o piovuti dall’alto, cioè ad imitazione dei film stessi: è la vita che imita il teatro, o è il teatro che imita la vita?) mollavo subito la presa. Forse è per questo motivo che non mi sono mai sposato.
Alcuni di questi film, non solo quelli di Risi ma anche quelli di Monicelli, di Comencini, e degli altri bravi registi di quegli anni, sono dei capolavori; altri sono molto belli; ma la maggior parte sono film girati “ad uso alimentare”, o per meglio dire: girati per pagarsi i villoni, i macchinoni, le vacanze a Cortina o in luoghi esotici.
Hanno fatto bene, s’intende, Dino Risi e i suoi amici: chiunque di noi avrebbe fatto così. Il cinema rendeva molto, negli anni ’50 e ’60, ogni film era ben pagato, se ne facevano tanti, e magari tornassero quegli anni. Ma, detto questo, bisognerà ripetere: non è come con Fellini, Rosi, Petri, Germi, Antonioni; quasi mai siamo di fronte a grande cinema, o a grande scrittura cinematografica. C’è sempre molta approssimazione, molto tirar via, e se non ci si fa caso più di tanto è per la grande professionalità e l’altissimo livello tecnico e artistico di chi lavorava in quel cinema, dai direttori della fotografia agli scenografi fino all’ultimo degli attrezzisti.
Di tanti di quei film, non so nemmeno chi sia il regista: ed è effettivamente difficile distinguere un film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi... Ci si potrebbe imbastire un quiz, o un gioco di società: indovinare al volo chi è il regista di quel film, se è Steno, Monicelli, Comencini, Lattuada, Risi... La confusione è alimentata dal fatto che autori e attori si mescolano, Luigi Zampa, Luciano Salce, Lattuada, Steno e Monicelli, Comencini, Scola, Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Sonego, Maccari... E magari scoprire che “Il federale” (buca, buca, buca con acqua...) è firmato da Luciano Salce; che quel film con Gassman e Anna Moffo è di Romolo Guerrieri (Il divorzio, 1970); o che “L’alibi” (1968) è stato girato in prima persona, e in trio, da Adolfo Celi, Gassman e Lucignani.  O che "La grande guerra" (con Gassman e Sordi) è di Monicelli, mentre "La marcia su Roma" (con Gassman e Tognazzi) è di Risi.
In complesso, alla fine di questo discorso, si può dire un bel “chi se ne frega”, prendere quel che c’è di buono, far finta di niente quando ci sono troppe goffaggini, alzarsi e fare un giro che ci si sgranchiscono le gambe quando una scena è troppo insistita o mal scritta. In ogni film di quel periodo, la famosa “commedia all’italiana” (quella degli anni '50 e '60, sia ben chiaro!), ci sono sempre almeno dieci minuti divertenti o interessanti, che ripagano della visione del film.
Purtroppo, a partire dagli anni ’80 Dino Risi ha diretto molti film brutti, quelli con Dorelli o con Pozzetto, che hanno fatto da giustificazione e hanno aperto la strada alla sciatteria seguente del cinema italiano. Niente a che vedere, comunque, con i film dei Vanzina e di Neri Parenti degli ultimi decenni: gli attori non sono quelli degli anni ’60 (che avevano dietro di sè una preparazione durissima: Mastroianni e Gassman recitarono in teatro con Visconti, per fare un solo esempio), anche i tecnici non sono più così bravi, i registi e gli sceneggiatori lavorano con il copia e incolla: e se mai arrivasse qualcuno con delle idee buone, e con voglia e capacità di lavorare, i produttori di oggi lo metterebbero sicuramente alla porta.
(immagini da "I mostri" e da "La marcia su Roma", due dei film più belli di Dino Risi)
(continua)

4 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

"Di tanti di quei film, non so nemmeno chi sia il regista: ed è effettivamente difficile distinguere un film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi... Ci si potrebbe imbastire un quiz, o un gioco di società: indovinare al volo chi è il regista di quel film, se è Steno, Monicelli, Comencini, Lattuada, Risi... La confusione è alimentata dal fatto che autori e attori si mescolano". Ah, ecco, allora non sono il solo ad avere questo problema. :)
Non sono un fine conoscitore dell'opera di Dino Risi, però ho visto parecchi suoi film e devo dire che, nel complesso, mi sono piaciuti, o quanto meno mi hanno divertito.

Giuliano ha detto...

sono film con molti autori, e bisogna tenere ben presenti gli sceneggiatori, tutti con grande personalità. Poi molti film di quegli anni erano fatti per fare cassetta, la differenza con oggi è che De Laurentiis padre finanziava anche film belli, De Laurentiis figlio no.

A Gegio film ha detto...

E' veramente un bel gioco, ma c'è da perdersi. Ho subito il fascino di La grande guerra, de I mostri, e chissà quanti altri, e pure a me non interessa tanto chi li ha scritti, chi li ha diretti etc. Bastano 10 minuti, quelle scene essenziali per la commedia all'italiana che Youtube permette di recuperare, tolto tutto il resto.

Giuliano ha detto...

sì, l'importante è divertirsi! anche nel film meno riuscito, tra mille ripetizioni, c'è sempre qualcosa che piace - ed è ovvio, con Tognazzi, Gassman, Manfredi, la Sandrelli, la Spaak, eccetera eccetera eccetera.
:-)