lunedì 8 agosto 2011

Fanny e Alexander ( XII )

FANNY E ALEXANDER (Fanny och Alexander, 1981-82) Scritto e diretto da Ingmar Bergman - Fotografia: Sven Nykvist (colori) - Scenografia: Anna Asp - Montaggio: Sylvia Ingemarsson - Marionette di Arne Hogsander Effetti speciali e animazioni: Bengt Lundgren. Lanterna magica : Christian Wirsen Musica: Robert Schumann, Benjamin Britten, Charles Gounod, Fryderyk Chopin, Jacques Offenbach, e altri. Gli esterni e le scene in teatro sono stati girati a Uppsala (Svezia). Durata: 197 minuti versione per il cinema; Durata prevista per la tv: 312 minuti. Durata del dvd italiano: tre ore esatte, 183 minuti con i titoli di coda.
Interpreti: casa Ekdahl Gunn Wällgren (nonna Helena Ekdahl); Allan Edwall (Oscar Ekdahl), Ewa Fröling (Emilie, moglie di Oscar), Pernilla Allwin e Bertil Guve (Fanny e Alexander, figli di Oscar e di Emilie); Jarl Kulle (Gustav Adolf Ekdahl), Mona Malm (Alma, moglie di Gustav Adolf), Maria Granlund (Petra, figlia di Gustav Adolf), Kristian Almgren (Putte), Emilie Werkö (Jenny); Börje Ahlstedt (Carl Ekdahl), Christina Schollin (Lydia, moglie di Carl); Käbi Laretei (zia Anna, la pianista), Sonya Hedenbratt (zia Emma); Pernilla Ostergren (Mai, bambinaia), Svea Holst-Widén (signorina Ester), Majlis Granlund (signorina Vega, la cuoca), Lena Olin (Rosa, nuova bambinaia), Siv Ericks (Alida, cuoca di Emilie) Kristina Adolphson (Siri, cameriera), Eva Von Hanno (Berta, cameriera di Helena) Inga Alenius (Lisen, cameriera di Emilie) Orchestrali: Daniel Bell, Gunnar Djerf , Ebbe Eng, Folke Eng, Evert Hallmarken, Nils Kyndel, Ulf Lagerwall, Borje Marelius, Karl Nilheim; Attrezzista al teatro: Gus Dahlstrom Casa di Isak: Erland Josephson (Isak Jacobi), Mats Bergman (Aron), Stina Ekblad (Ismael) Casa del vescovo: Jan Malmsjö (vescovo Edvard Vergérus), Harriet Andersson (Justina, serva di cucina), Kerstin Tidelius (Henrietta, sorella del vescovo), Marianne Aminoff (Blenda, madre del vescovo), Marianne Nielsen (Selma, cameriera) Mona Andersson (Karina, cameriera) Marrit Olsson (Malla Tander, cuoca) Hans Henrik Lerfeldt (Elsa Bergius, zia del vescovo) e con: Gunnar Björnstrand (Filip Landhal), Anna Bergman (signorina Hanna Schwartz), Angelica Wallgren (Eva), Ake Lagergren (Johan Armfeldt), Carl Billquist (ispettore di polizia), Axel Duberg (testimone) , Patricia Gelin (la statua), Nils Brandt (Mr Morsing), Viola Aberle, Gerd Andersson, Ann-Louise Bergstrom (tre dame giapponesi) Sune Mangs (Mr Salenius) Per Mattson (Mikael Bergman) Licka Sjoman (Grete Holm) Maud Hyttenberg-Bartoletti (Miss Sinclair) Marianne Karlbeck (Miss Palmgren) Heinz Hopf (Tomas Graal) Gösta Prüzelius (Dr Furstenberg) Hans Straat (sacerdote al matrimonio), Olle Hilding (sacerdote anziano). I tre amici al club con zio Carl: Lars-Owe Carlberg, Hugo Hasslo, Sven Erik Jakobsen

Il brano che vediamo recitare dagli attori di casa Ekdahl è il finale di “The twelfth night, or What you will”, una commedia di Shakespeare il cui titolo viene tradotto alla lettera, “La dodicesima notte”, oppure con il suo significato più preciso, “La notte dell’epifania”. Il sottotitolo, “What you will” è “quel che volete”, “quello che vi pare”.
E’ una commedia molto bella e molto recitata ancora oggi, una delle preferite dagli attori; ma qui non è importantissimo raccontarla per esteso, perché ne vediamo solo il finale e nel finale il buffone Feste – interpretato da Gunnar Björnstrand – rimane da solo in scena e canta una canzone, questa:
When that I was and a little tiny boy,
With hey, ho, the wind and the rain,
A foolish thing was but a toy,
For the rain it raineth every day.
But when I came to man's estate,
With hey, ho, the wind and the rain,
'Gainst knaves and thieves men shut their gate,
For the rain it raineth every day.
But when I came, alas! to wive,
With hey, ho, the wind and the rain,
By swaggering could I never thrive,
For the rain it raineth every day.
But when I came unto my beds,
With hey, ho, the wind and the rain,
With toss-pots still had drunken heads,
For the rain it raineth every day.
A great while ago the world begun,
With hey, ho, the wind and the rain,
But that's all one, our play is done,
And we'll strive to please you every day.
(William Shakespeare, The twelfth night, il finale)
Escono tutti all'infuori del BUFFONE.
Buff. [Canta]: Quando ero un bambinetto, (con il vento e la pioggia, eih, oh!) una follia non era che uno scherzo, poichè la pioggia cade ogni giorno; ma quando giunsi all'età virile (con il vento e la pioggia, eih, oh!) contro le canaglie e i ladri la gente chiudeva le porte, poichè la pioggia cade ogni giorno. Ma quando giunsi, ahimè, a prender moglie, (con il vento e la pioggia, eih, oh!) con le bravate non riuscii a far fortuna, poichè la pioggia cade ogni giorno. Ma quando giunsi all'età senile, (con il vento e la pioggia, eih, oh!) ero sempre ubriaco in compagnia di bevitori; poichè la pioggia cade ogni giorno. Il mondo è incominciato molto tempo fa, (con il vento e la pioggia, eih, oh!) ma poco importa! La nostra commedia è finita, e noi cercheremo di piacervi ogni giorno.
[Esce.
Il buffone Feste ha molte di queste canzoni, nel corso della commedia: una bellissima è in atto II scena IV. Nel film non c’è, ma a me piace riportarla qui, almeno nel suo inizio.
Come away, come away, death,
and in sad garlands let me be laid;
Fly away, fly away, breath:
I am slaid by a fair cruel maid...
(vieni, vieni qui, morte, e fa’ che io giaccia fra tristi ghirlande; vola via, vola via, mio respiro: sono stato ucciso da una fanciulla crudele...)
E’ comunque un peccato non poter ascoltare la vera voce di Gunnar Björnstrand: che cantava già in un altro film di Bergman, nelle vesti dello scudiero Jons, e come voce non mi dispiaceva affatto. Va anche detto che queste canzoni di Shakespeare sono quasi sempre eseguite in modo deplorevole o approssimativo, in teatro. E’ difficile trovare un attore che sappia anche cantare bene; e quando lo si trova, molto spesso la musica è scadente. E’ un peccato, anche perché esistono molte belle versioni di queste canzoni, opera di autori moderni ma anche nella versione originali, che quasi sempre ci sono arrivate e delle quali si possono trovare anche ottime esecuzioni su disco o cd.
Tornando al film, quando si chiude il sipario e si riaccendono le luci vediamo il pubblico in sala che applaude e gli attori che ringraziano. Il pubblico in sala non è molto, l’applauso più forte è quello del vescovo Vergerus.
Terminati gli applausi, Emilie (qui in abiti di scena, con una parrucca nerissima che la rende ancora più bella) chiede agli attori di fermarsi per qualche minuto: deve dare delle informazioni importanti.
Emilie inizia dicendo che è passato un anno esatto dalla morte di Oscar, e il teatro è andato avanti come prima, secondo la sua volontà, “anche se tutto ormai era diverso da prima”.
Emilie: ... ci rifugiamo in questo teatro come sotto una coperta quando fa freddo...i commediografi ci dicono che cosa dobbiamo dire e pensare...là in fondo il pubblico apprezza ciò che facciamo, ed è straordinariamente fedele, anche se alle volte gli diamo sassi al posto del pane. Ma per la maggior parte del tempo giochiamo, non vi sembra? giochiamo perché ci diverte, altrimenti diventeremmo tristi e cominceremmo a lamentarci per la nostra situazione; ma non rideremmo di noi stessi. Io continuo a vivere la mia vita in un meraviglioso autoinganno, sono critica verso gli altri però sono sempre indulgente verso me stessa. Che cosa io sia in verità non lo so neppure io, perché non mi preoccupo di conoscere questa verità. Mi preoccupo di me, cosa ben diversa. Non mi preoccupo nemmeno della realtà, scolorita e senza interesse. Non mi riguarda, a meno che questa realtà non abbia qualche riferimento con il ruolo che interpreto in quel momento.
A questo punto uno degli attori si alza e le chiede: «Ti sei stancata del teatro?». La risposta di Emilie è “credo di sì”; dopo di che comunica la sua decisione di ritirarsi, ma il teatro andrà avanti lo stesso. Il nuovo direttore sarà deciso dagli attori, in un secondo momento.
Quando Emilie si allontana, fra gli attori c’è un clima di smobilitazione generale. Uno di loro dice di aver già pronta da tempo un’offerta da un altro teatro, le due attrici nell’andarsene si dicono “Ho l’impressione che ci sia sotto qualcosa d’altro” e “Ma come, non lo sai? Ho sentito dire che...”.
Se ne vanno via tutti, e sul palcoscenico vuoto avanza Alexander, nel suo vestito di scena, e recita l’inizio della commedia:
The Duke (to the musicians): If music be the food of love, play on...
(se la musica è il nutrimento dell’amore, continuate a suonare...)
Ma arriva subito Emilie, sua madre, che lo fa scendere dalla seggiola e lo porta via, a casa.
Di seguito, in esterno giorno, vediamo Alexander che percorre il mercato tornando da scuola; è il preludio alla scena in cui prima verrà severamente rimproverato per le sue fantasie, e poi verrà a sapere che il vescovo Vergerus sta per sposare sua madre.
L’unico taglio in questa scena riguarda il fatto che, sulle scale, Alexander incontra suo cugino Putte che lo avverte: “povero te, Alexander! te ne accorgerai...”
La scelta di questa commedia di Shakespeare può avere molti motivi: uno di questi è sicuramente la data in cui va in scena, avevamo visto morire Oscar alla ripresa del teatro dopo le feste natalizie, quindi dopo un anno esatto (come dice Emilie) dovremmo essere proprio intorno all’Epifania. Ma i significati sono molti, e anche l’abbigliamento di Gunnar Björnstrand in scena, al di là dell’aspetto da clown che gli spetta, è significativo: ha una candela in testa, e la candela è da sempre il simbolo del tempo che passa, e della vita che si consuma. E poi piove, la pioggia cade ogni giorno, «Il mondo è incominciato molto tempo fa, (con il vento e la pioggia, eih, oh!) ma poco importa! La nostra commedia è finita, e noi cercheremo di piacervi ogni giorno.»
PS: A me piace molto il breve gesto con il quale Gunnar Björnstrand si toglie la candela dalla testa, alla fine della sua canzone, la spegne e la getta lontano: mi ricorda moltissimo un gesto analogo compiuto da Tino Carraro alla fine della "Tempesta" di Shakespeare, regia di Giorgio Strehler, alla fine degli anni '70. Questi gesti, perfetti ed inimitabili ma quasi impercettibili a un occhio non abituato a vederli, sono uno dei modi per riconoscere i veri grandi attori.
(continua)

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