venerdì 5 febbraio 2010

32 piccoli film su Glenn Gould

32 piccoli film su Glenn Gould (Thirty two short films about Glenn Gould, 1993) - Regia di François Girard. Basato su scritti e trasmissioni radio e tv di Glenn Gould. Scritto da François Girard, Don McKellar, Nick McKinney. Consulenze di Atom Egoyan. Fotografia di Alain Dostie. Animazioni di Norman McLaren. Musiche di Bach, Beethoven, Gould, Wagner, R.Strauss, Sibelius, Schoenberg, Hindemith, Prokofiev, Scriabin, una canzone di Petula Clark . Interpreti: Colm Feore (Glenn Gould adulto); Devon Anderson, Joshua Greenblatt, Sean Ryan (Glenn Gould a 3, 8, 12 anni); Derek Keurvorst e Katya Ladan (genitori di Glenn Gould), e molti altri attori e attrici. Interviste a Yehudi Menuhin, Margaret Pacsu, Jessye Greig, Bruno Monsaingeon. Durata: 98 minuti

Glenn Gould è stato uno dei più grandi pianisti del Novecento, e su di lui esistono ore e ore di filmati e registrazioni: ma questo non è un documentario, è un vero film, ed è anche molto bello. Mi ero chiesto, quando era uscito, che senso potesse avere un film su Glenn Gould (Gould, per chi non lo sapesse, è molto più che un pianista: è una vera leggenda), dubbi che si sono dissolti alla prima visione. Non è un film facile, ma mi sento di consigliarlo anche ai semplici appassionati di cinema.
I film sono davvero 32, alcuni brevissimi altri un po’ più lunghi, con due animazioni (una è opera di Norman McLaren), interviste montate o messe in scena con attori, e alcuni veri e propri film in miniatura, con un attore (si chiama Colm Feore) che interpreta Gould ma non somiglia affatto a Gould, e anche questa è una cosa voluta: lo ricorda, questo sì, ma penso sia solo per una questione di recitazione.
Anche a prescindere da Glenn Gould, rimane la curiosità di sapere di più sul regista François Girard, canadese come il pianista, che ha girato un piccolo capolavoro. Difficile dimenticare quel cielo azzurro (Magritte?) che si vede dalla finestra, mentre l’intervistatore fa domande sull’aldilà; o i bianchi panorami canadesi, i notturni e le stanze d’albergo, e la messa in scena degli episodi. Per esempio: nel film n.16 Gould si ferma in un autogrill, punto di ritrovo dei camionisti: è un cliente abituale, la cameriera lo riconosce e lo serve al suo solito tavolino. Gould si siede, e ascolta le conversazioni come se fossero musica. Nel film n.6 siamo ad Amburgo, con molta nebbia. Da una camera d’albergo, Gould detta un telegramma al suo agente, per telefono: “sono annebbiato come il tempo”. Poi chiama una cameriera dell’albergo; la fa sedere e le fa ascoltare il suo disco con la Sonata n.15 di Beethoven. La ragazza ascolta con molta attenzione, si alza, guarda la copertina del disco, dice: “Danke schoen.”
Nel film n.9 siamo a Los Angeles, nel camerino del teatro. Gould è con le mani nel lavandino, immerse nell’acqua calda. Arriva una ragazza per chiamarlo: mancano cinque minuti all’inizio del concerto. L’ascensore non arriva, meglio andare a piedi: “Meno male che c’è lei, io non sarei mai arrivato sul palco. Mi sento come Pollicino nella foresta.”. Poco prima di alzare il sipario, incontra un anziano tecnico, che gli chiede l’autografo: “E’ per mia moglie, che ha tutti i suoi dischi.” Gould è gentilissimo, fa molte domande all’uomo, che gli spiega di essere ormai vicinissimo alla pensione; e gli dice: “Lei è fortunato, questo è il mio ultimo autografo.” L’uomo legge la dedica: «Auguri per la sua nuova vita. 10 aprile 1964, ultimo concerto di Glenn Gould.» Nel film n.13 siamo in uno studio di registrazione: i tecnici del suono fanno riascoltare a Gould quello che ha appena inciso. Di là dal vetro, i tre tecnici prendono un cappuccino e discutono di cose varie; Gould si riascolta quasi danzando. La musica è di Bach: “il Concerto Italiano”, dice uno dei tre; ma si sbaglia, è la giga dalla Suite inglese n.2.
Gould divenne famoso, giovanissimo, a metà degli anni ’50, per una sua memorabile registrazione delle “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach; e Bach fu il suo nume tutelare. Si ritirò dai concerti a 32 anni, perché non era soddisfatto dell’acustica delle sale da concerto. Ma continuò a incidere dischi, e per smentire le voci che circolavano su di lui si fece filmare negli studi televisivi mentre suonava: lì non c’erano problemi. Nel film n. 12 c’è un’intervista con un altro musicista leggendario (ma molto meno problematico, anzi solare) il violinista Yehudi Menuhin: dice che Gould aveva molte ragioni, quando si lamentava della mancanza di perfezione delle sale da concerto, ma che “è caduto in una trappola e non sapeva più come uscirne”, perché le imperfezioni fanno parte della vita, sono la vita stessa. Gould aveva molto del compositore, più che dell’esecutore; forse per questo cercava la perfezione. Menuhin racconta anche di Gould che aveva paura di tutto, portava i guanti anche d’estate e non amava il contatto con il prossimo, ma passava giornate intere nella natura ostile del suo Canada, ed era felice quando andava in un villaggio di pescatori per stare in mezzo a loro.
Un dettaglio che mi ha sempre colpito, e che Girard ha riportato (una piccola finezza) è che i pianoforti di Gould sono sempre pieni di ditate, molto usati. Se ci fate caso, i pianoforti da concerto sono sempre tirati a nuovo; ma per Gould – che pure era un perfezionista – non è così. Nel film sono citati anche molti degli aneddoti che fecero di Gould un personaggio memorabile: i mezzi guanti e il cappotto anche d’estate, le telefonate di 18 ore, la sua ricerca della solitudine. Eppure, le persone che gli stavano vicine gli volevano bene: l’amica del cuore Margaret Pacsu (una donna molto bella), la cugina Jessie, l’accordatore, il segretario, la cameriera, l’autista, tutti sorridono e ammettono che sì, il caro Glenn gli manca molto. Tutti quelli che hanno saputo ascoltare Glenn l’hanno amato; gli altri hanno diffidato di lui. E, se volete i pettegolezzi, dovrete rivolgervi altrove.
E’ un film a mosaico, tante piccole tessere che fanno un quadro intero. Ecco i piccoli film riassunti uno per uno, meglio di così non saprei fare:
1) pianura coperta di neve, con Gould che avanza verso di noi, in controluce.
Bach, Variazioni Goldberg.
2) Lago Simcoe, casa di Gould presso Toronto; Gould bambino che impara a suonare con la madre, poi da ragazzo. Wagner, Tristano.
3) Gould adulto, seduto su una sedia. 45 secondi di Bach: invenzioni a due e tre parti.
4) Intervista con Bruno Monsaingeon: racconta il suo primo incontro con Gould. C’erano 30°C ma Gould portava guanti e cappotto. La prima impressione è quella di avere a che fare con un barbone, un tipo bizzarro; ma dura pochissimo: Gould è simpatico, gradevole, sempre intelligente e molto spontaneo. Va da lui in albergo, e si ferma 18 ore a parlare.
5) Gould incontra Gould: una delle sue autointerviste alla radio canadese. Si parla del suo ritiro a 32 anni, se hanno ancora un senso le sale da concerto nell’epoca della riproducibilità dell’arte (dureranno fino al 2000 poi basta, dice Gould a Gould), del rapporto fra il pubblico e l’artista.
6) Ad Amburgo, con molta nebbia. Da una camera d’albergo, Gould detta un telegramma al suo agente, per telefono: “sono annebbiato come il tempo”. Vuole annullare i suoi concerti. Poi chiama una cameriera dell’albergo; le fa ascoltare il suo lp con la Sonata n.15 di Beethoven. La ragazza ascolta con attenzione, si alza, guarda la copertina del disco, dice: “Danke schoen.”
7) Colonna sonora portata in primo piano, come in "Fantasia" di Walt Disney: Beethoven, “32 variazioni in do minore”.
8) Una camera d’albergo. Musica: Beethoven, la Tempesta. Considerazioni di Gould sulle camere d’albergo, e sui pianoforti incontrati durante la tournée: “Alcuni erano così orrendi che ho deciso di non farci caso. Mi ci è voluta una specie di trascendenza mistica. E chissà il pubblico a cosa avrà fatto ricorso.”
9) Los Angeles, camera d’albergo. Gould con le mani nel lavandino, immerse nell’acqua calda. Arriva una ragazza per chiamarlo: mancano cinque minuti all’inizio del concerto. L’ascensore non arriva, meglio andare a piedi: “Meno male che c’è lei, io non sarei mai arrivato sul palco. Mi sento come Pollicino nella foresta.”. Incontra un anziano tecnico, che gli chiede l’autografo: “E’ per mia moglie, che ha tutti i suoi dischi.” Gould è gentilissimo, fa molte domande all’uomo, che gli spiega di essere ormai vicinissimo alla pensione; e gli dice: “Lei è fortunato, questo è il mio ultimo autografo.” L’uomo legge la dedica: « Auguri per la sua nuova vita.10 aprile 1964, ultimo concerto di Glenn Gould.»

10) Dettagli dell’interno del pianoforte, quello preferito di Gould: martelletti, corde. Musica di Bach, "il clavicembalo ben temperato".
11) Inservienti mettono via il piano di Los Angeles, sul palco.
12) Intervista a Yehudi Menuhin: dice che Gould aveva molte ragioni, quando si lamentava della mancanza di perfezione delle sale da concerto, ma che “è caduto in una trappola e non sapeva più come uscirne”, perché le imperfezioni fanno parte della vita, sono la vita stessa. Ma Gould aveva molto del compositore, più che dell’esecutore; forse per questo cercava la perfezione. Menuhin racconta anche di Gould che aveva paura di tutto e non voleva farsi toccare, eppure viveva nella natura ostile del suo Canada, ed era felice quando andava in un villaggio di pescatori per stare un po’ in mezzo a loro.
13) Uno studio di registrazione: i tecnici del suono fanno riascoltare a Gould quello che ha appena inciso. Di là dal vetro, i tre tecnici prendono un cappuccino e discutono di cose varie; Gould si riascolta quasi danzando. La musica è di Bach: “il Concerto Italiano”, dice uno dei tre; ma si sbaglia, è la giga dalla Suite inglese n.2.
14) Un quartetto d’archi, con Bruno Monsaingeon, esegue una composizione di Glenn Gould: “Opus 1”.
15) Interviste incrociate a persone che hanno lavorato con Gould o che lo hanno molto frequentato: la sua cameriera, giovane, racconta che le precedenti cameriere (più anziane) temevano che Gould avesse qualche perversione sessuale, ma che lei si è sempre trovata bene perché Gould era sì un po’ strano, ma sempre molto gentile. I giornalisti raccontano delle interviste che dovevano fare per telefono; amici e amiche raccontano delle sue telefonate lunghissime, durante le quali cantava un’opera per intero (un’opera in un atto su Krenek, scritta da lui medesimo), e durante le quali ci si poteva perfino addormentare senza pericolo che Gould che se ne accorgesse. Ma tutti concordano: era un po’ strano, ma gli si perdonava tutto. Musica: Richard Strauss, Sonata op.5.
16) Ad un autogrill dove si fermano i camionisti, e dove Gould è ospite abituale. Gould si siede al suo tavolino, e ascolta le voci e i racconti come se fossero musica. (una canzone di Petula Clark al juke box).
17) Radio canadese, 1967: Glenn Gould mixa le voci di “L’idea del Nord” , un suo documentario radiofonico, come se fosse musica. Le voci si sovrappongono, non si capisce cosa raccontino, ma tutto è molto musicale e alla fine l’idea del Nord esce per davvero.
18) Solitudine. Neve, lago gelato; in una autointervista, Gould parla dei suoi programmi radiofonici, che – dice – sono tutti sulla solitudine, perché la radio è un’esperienza solitaria. “Per ogni ora che si spende con gli altri esseri umani, è necessario passare un po’ di tempo in solitudine”. Musica: Sibelius, sonatina n.2
19) Questions with no answer: una serie di domande alle quali non ha mai risposto. Prese da interviste varie, sceneggiate in questo modo: un giovane da una scomodissima cabina telefonica; una giornalista televisiva molto sexy; due studenti molto timidi da un’aula universitaria. Domande sulla vita privata, ma anche su questioni molto tecniche. Musica: Bach, suite inglese n.2
20) Una lettera persa: dettaglio ingrandito della scrittura di Gould, tratto da una lettera d’amore. Musica: Bach, Variazioni Goldberg.
21) Un’animazione di Norman Mc Laren. Musica di Bach, clavicembalo ben temperato.
22) Gould fa un’operazione di borsa. In un giorno in cui tutti perdono (successivo a una riunione dell’OPEC in Canada), Gould è l’unico a fare ingenti guadagni, vendendo azioni in salita e comprando quelle di una piccola società sconosciuta. Come faceva a saperlo? Lui in privato confesserà di aver fatto due chiacchiere con una guardia del corpo dello sceicco Yamani; il suo agente di borsa, distrutto, gli suggerisce di mollare definitivamente il piano e dedicarsi alla borsa.
Musica: Prokofiev, Sonata n.1
23) Leggendo il Toronto Star, Gould si diverte a scrivere un annuncio per la rubrica dei cuori solitari; ma poi - ridacchiando - non lo fa pubblicare. Musica: Scriabin, tre pezzi op.57
24) Tutte le pillole che prendeva Gould, nel dettaglio. Musica: Hindemith, sonata n.5
25) Intervista a Margaret Pacsu, sua amica personale, una donna molto bella. Dice di essere rimasta spaventata dalla quantità di flaconi e bottigliette in casa di Gould: “Non l’ho mai capito del tutto. Era sempre padrone di sè, molto acuto e presente, ma tutte quelle bottigliette...” ("non le prendo mai tutte insieme”, scherzava lui).
26) Radiografia filmata di un pianista mentre suona. Si vedono le ossa, le articolazioni, il cuore che pulsa. E frammenti del diario di Gould: numeri, frazioni, orari in cui prende le medicine. Musica: Schoenberg, suite per pianoforte op.15
27) Intervista telefonica: Gould risponde a domande sull’aldilà e sul soprannaturale. Crede in qualcosa dopo la morte, ma non si sa bene che cosa sia. Discorso sulle coincidenze. Stanza della casa di Gould con vista sul lago, una finestra luminosissima che sembra Magritte. Musica: Hindemith, sonata n.1
28) Gould compie 49 anni, e telefona alla cugina Jessie da una cabina telefonica. Le parla di Schoenberg, che era ossessionato dalla numerologia: temeva di morire a 65 anni, perché 65 è divisibile per 13. Ma l’astrologo lo mise in guardia anche dai numeri la cui somma è tredici, come 76: a Schoenberg morì a 76 anni. Musica: Schoenberg, sei piccoli pezzi per pianoforte.
29) Intervista a Jessie Greig, cugina di Gould. Dice che scherzavano sempre, ma che la settimana prima della sua morte Gould era strano, parlava della gente al suo funerale. Dice che avrebbe voluto fare come Huck Finn, avrebbe voluto assistervi.
30) In auto, di notte. Gould si ferma e telefona a Jessie, da una cabina: le fa ascoltare la radio, stanno trasmettendo un Bach suonato dal giovane Gould: è la Suite francese n.1, la sarabanda.
31) Fuoco e fiamme: è la partenza della sonda Voyager. Nei due Voyager, nel 1977, destinati a superare il sistema solare, vennero messe delle testimonianze della civiltà terrestre; e tra di esse c’è anche una registrazione di Glenn Gould che suona Bach, un preludio dal clavicembalo ben temperato. Musica: Bach, da 9 piccoli preludi.
32) Come la scena 1, ma stavolta Gould si allontana da noi.
Nei titoli di coda, Gould suona l’organo: sempre Bach, da “L’arte della fuga”.
PS: non è facile reperire il dvd di questo film, perciò per le immagini mi sono dovuto arrangiare: due molto belle le ho trovato in rete, in più metto la locandina (che però a me non piace).Le altre immagini sono del vero Glenn Gould, che nel film non si vede mai: però si ascolta la sua voce, lo si ascolta mentre suona, si ascoltano i suoi documentari radiofonici. Nella prima, Glenn Gould giovanissimo in duo con un amico fidato (è la copertina di "L'ala del turbine intelligente", ed. Adelphi), nella seconda, Gould è con Leonard Bernstein; poi la locandina del film documentario su Gould girato da Bruno Monsaingeon, e Gould mentre registra un concerto, una scena che è stata riprodotta anche nel film di Girard. Yehudi Menuhin è con Mstislav Rostropovich; nell'ultima immagine, Gould si scalda le mani prima di un concerto.

4 commenti:

Marisa ha detto...

Amo la musica, ma sono rimasta purtroppo una principiante per cui non soffro per le imperfezioni delle sale da concerto di cui in realtà non mi accorgo nemmeno.
Conosco la leggenda di Glenn Gould principalmente dallo sconvolgente romanzo di Thomas Bernhard "Il soccombente" e mi accorgo come ci possa proteggere accettare i propri limiti .

Giuliano ha detto...

E' comunque un bel film, al di là del suo soggetto. Devo dire che non ricordo un altro film fatto così, un'impresa notevole - certo tutta un'altra cosa rispetto a quello a cui siamo abituati, può riuscire ostico.
Se si riuscisse a trovare un dvd e a vederlo un po' alla volta, magari partendo dal n.9 , oppure dal n.16...
Purtroppo, è un film introvabile in Italia.

giacy.nta ha detto...

Pollicino nella foresta e negli spazi interstellari con Bach:)
Grazie per la bella lettura!

p.s.
la sezione "musica" è fantastica. Per arrivare a Glenn e al febbraio del 2010 ho nel frattempo visto tanti post meravigliosi!

Giuliano ha detto...

ne approfitto per due aggiornamenti: 1) ho visto altri film di Girard, non sono belli come questo e ne sono molto deluso, peccato. 2)la Rai trasmise nel 1990, anno più o anno meno, una serie molto lunga con tutti i filmati dove si vede Glenn Gould, a cura di Piero Rattalino. La Rai com'era prima dell'invasione paninaro-berlusconiana, alle volte ci si dimentica ma la Rai non era mica un carrozzone, e anche oggi potrebbe essere molto utile (sospiro, non succederà)