La città del sole (1973) Regia di
Gianni Amelio. Tratto dal libro di Tommaso Campanella. Sceneggiatura
di Gianni Amelio e Domenico Rafele. Fotografia di Tonino Nardi.
Musiche di Remigio Ducros. Interpreti: Giulio Brogi (il monaco),
Daniel Sherrill (il ragazzo), Umberto Spadaro (il padre), Bedy
Moratti (la donna), Riccardo Mangano (il vescovo), Ernesto Colli e
Giancarlo Palermo (gli inquisitori), e altri non menzionati. Durata:
1h20'
2.
Al minuto 29 vediamo Campanella nella
cella, la scritta "o popolo stordito" è poco leggibile
nella copia che ho in casa (il film necessiterrebbe di un buon
restauro). La torre della prigione è vista dall'alto, come un enorme
pozzo; i monaci ribelli, legati, vi camminano in fila. Amelio insiste
molto su questa inquadratura, che probabilmente ricorda la pianta
della "città del sole", così come il disegno sulla pietra
che avevamo visto all'inizio, donata dalla "profetessa" al
monaco.
Campanella è appeso in tortura;
l'inquisitore elenca i torti di Campanella, legge i suoi testi e
gliene chiede ragione. Campanella venne davvero torturato in carcere,
appeso come vediamo nelle sequenze in cui è Brogi stesso a
interpretarlo, stavolta in modo esplicito. Le testimonianze parlano
anche della "tortura del sonno", e di altro ancora; nel
film l'inquisitore dice che Campanella non viene condannato a morte
per convenienza, perché non si può mandare a morte un pazzo, e
anche perché è più facile ridurlo al silenzio facendolo
dimenticare dalla gente.
Al minuto 33 una donna sta lavando
Campanella, steso su un tavolo; Amelio gira questa sequenza in un
modo che ricorda Tarkovskij, oppure Manoel de Oliveira (la visione di
don Sebastiano in "No, o la vana gloria del comando"). Sul
piano pittorico, evidenti i richiami a Mantegna e al Cristo morto, ma
anche ad Hans Holbein il giovane nelle sequenze in cui Brogi è di
profilo (sempre il "Cristo morto"). Qui ascoltiamo questa
citazione da Campanella:
Nel mondo, il caldo e il freddo
presero inimicizia per amore di far propria la materia, insufficiente
alla loro voglia infinita; e da tale amore nacquero la lite e l'odio,
e di tale odio si serve il Fato. Ma il caldo è male al freddo e non
al mondo, a cui serve la morte continua delle parti come all'animale
quella del cibo. Dio non odia i suoi figli, perché li ha fatti; e
non teme il male da loro; odia solo la mancanza di bene, che è il
peccato. Ma quest'odio non è, come in noi, passione e vanità, ma
solo un mezzo che Dio usa perché i mali del mondo facciano armonia
al suo Regno. E pure il mondo tutto non odia le sue parti, e le cose
che in esso muoiono sono per la sua vita, come il pane muore nel
nostro corpo e si fa sangue, e il sangue muore e si fa carne.
(Tommaso Campanella, citato al
minuto 34)
Al minuto 36 vediamo il monaco-Brogi e
il giovane sulla spiaggia, e ascoltiamo la descrizione della Città
del Sole (utopia). "Frate Tommaso conosceva questa gente? -
chiede il giovane - voleva fare così anche la sua repubblica?"
Nelle sequenze della tortura, e nei
colloqui con il giovane, si parla anche delle profezie di Campanella:
riguardavano la fine del mondo, l'Apocalisse, ma la data prevista,
l'anno 1600, è già passata. "Le profezie sono per gli uomini",
dice il monaco-Brogi in risposta. Il giovane chiede ancora: "L'anno
'600 è passato e non è successo niente, quelle profezie allora?"
"Erano solo profezie, le profezie sono segni del cielo ma sono
fatte per gli uomini, sono gli uomini che devono capirle e spiegarle"
risponde il monaco.
Segue quest'altra citazione da
Campanella:
A questo mondo non giova vedere la
verità a chi non è armato, perché finisce con l'essere afflitto
dagli ingannati e dagli ingannatori; il popolo è come una bestia
grande che non conosce la sua forza. E' tutto suo quanto sta fra
cielo e terra, ma il popolo non lo sa. Si impicca e si imprigiona con
le proprie mani, si dà morte e guerra con la sua stessa miseria
(...)
c.s. minuto 40
Al minuto 42 ancora la torre, come
prima: forse ricorda la pianta della Città del Sole, la torre in cui
Campanella era prigioniero è la Città del Sole? (qui il ricordo di
Tarkovskij, Solaris, L'infanzia di Ivan...) Al minuto 44 continua il
processo davanti a un vescovo vestito di rosso: Campanella si finge
pazzo o è davvero pazzo? Il vescovo legge da fogli trovati nella sua
cella, ne chiede spiegazione. Campanella risponde in modo sconnesso:
"li avete uccisi voi i miei soldati, per questo non rispondono".
Al minuto 50 torna la spiaggia, col
giovane che si allontana in silenzio.
Al minuto 52 vediamo il padre di
Campanella, anche lui in prigione, preso nei campi mentre lavorava e
portato lì per far parlare Tommaso. Racconta che la madre non vuole
credere a ciò che le raccontano, "possibile che il nostro
Tommaso si sia messo in mezzo a gente malamente? Cosa non gli volete
dire che insistono a torturarvi?"
Il padre è stato portato per
convincere Campanella a parlare, perché un pazzo non può essere
giustiziato. "Giovanni è sempre stato un santo, quando
predicava la gente aveva le lacrime agli occhi, è sempre stato un
uomo buono" dice il padre, che qui usa il nome Giovanni, Gian
Domenico, nome di battesimo; Tommaso è il nome che Campanella scelse
quando si fece frate, in omaggio a San Tommaso d'Aquino. "Un
uomo buono non finisce in carcere" gli risponde l'inquisitore.
Al minuto 58 ancora la spiaggia, di
notte; il giovane invita il monaco a riposarsi, domani partirà con
loro. Al minuto 61 torniamo in prigione, Campanella si finge ancora
pazzo, ed è ancora appeso. Prosegue il processo: "Noi non vi
vogliamo far male, cessate di fingere e avrete il riposo che volete",
dice l'inquisitore. In questa scena trovo un ricordo del "Prometeo
incatenato", a teatro, con Bruno Ganz che recitava appeso, ma
appoggiato alla parete.
Al minuto 70 vediamo la chiesa accanto
alla cella di tortura, e l'inquisitore che si inginocchia all'altare;
di là dalla parete c'è ancora Campanella appeso.
Al minuto 72 il mare, di giorno; il
giovane è solo e ha in mano la pietra che avevamo visto all'inizio,
quella donata dalla "profetessa" al monaco-Brogi. (forse
un'altra mappa della Città del Sole?). Arriva un ragazzino con una
rete, il giovane gli racconta la storia della figlia del re e del
vecchio che suonava un flauto "che ha potere sul tempo" ma
dopo sette anni scopre che sotto quel mantello non c'è niente, solo
la veste e il flauto, e l'onda di marea porta via tutto.
Se fu nel mondo l'aurea età felice,
ben potrà essere più che una volta, ché si ravviva ogni cosa
sepolta tornando il giro ov'ebbe la radice.
(didascalia all'inizio del film)
Le musiche sono di Remigio Ducros, molto belle e molto adatte alla narrazione; di Ducros in rete ci sono pochissime notizie, per esempio che era tastierista nel gruppo "Gli Idoli" che accompagnava Lucio Dalla, ma secondo wikipedia non compare nella formazione come membro stabile. Su imdb leggo che Ducros ha solo un altro film al suo attivo, nel 1982, per la regia di Gianfranco Albano.
Cercando notizie su questo film e sui suoi luoghi mi sono imbattuto nelle pagine di www.davinotti.com , con giudizi che definirei esilaranti su "La città del sole", del tipo "io non ci ho capito niente e quindi è un film presuntuoso". "La città del sole" viene definito come "il film più brutto di Gianni Amelio", quando invece richiede (soltanto) molto impegno da parte di chi guarda il film. Evitando le cose difficili non si cresce, e in me è grande il rimpianto per non aver studiato abbastanza argomenti difficili che affascinano, come quelli di questo film. Che dire, me li serberò per una prossima vita, una sola non basta per conoscere tutto quello che è possibile conoscere:
Se fu nel mondo l'aurea età felice,
ben potrà essere più che una volta,
ché si ravviva ogni cosa sepolta
2 commenti:
"Evitando le cose difficili non si cresce" :)
se non l'hai ancora visto è disponibile su youtube
servirebbe un bel restauro, ma qui restaurano i fantozzi e i vanzina...
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