La città del sole (1973) Regia di
Gianni Amelio. Tratto dal libro di Tommaso Campanella. Sceneggiatura
di Gianni Amelio e Domenico Rafele. Fotografia di Tonino Nardi.
Musiche di Remigio Ducros. Interpreti: Giulio Brogi (il monaco),
Daniel Sherrill (il ragazzo), Umberto Spadaro (il padre), Bedy
Moratti (la donna), Riccardo Mangano (il vescovo), Ernesto Colli e
Giancarlo Palermo (gli inquisitori), e altri non menzionati. Durata:
1h20'
1.
"La città del sole" di
Gianni Amelio è un film di grande fascino, sia per le immagini che
per l'argomento trattato; non è propriamente una biografia di
Tommaso Campanella ma un percorso dentro le sue opere e la sua vita.
Il protagonista, Giulio Brogi, è infatti indicato nei titoli di coda
come "un monaco": in alcune scene è evidentemente
Campanella, in altre si parla di Campanella come di una persona che
ha conosciuto.
Non è un film facile, anche se si fa
seguire fino in fondo per la bellezza delle immagini e per la
suggestione dell'argomento; per capire meglio alcune sequenze ho
provato a mettere qui qualche mio appunto, tutt'altro che un lavoro
compiuto data la difficoltà dell'argomento. Il libro a cui mi sono
più appoggiato per queste note è l'edizione Oscar Mondadori del
1991 di "La città del sole", a cura di Franco Mollia, che
contiene un'esauriente biografia e altri scritti e lettere.
Per cominciare è necessario fissare
qualche data: Giordano Bruno nasce nel 1548 e muore nel 1600, sul
rogo; Tommaso Campanella nasce nel 1568 e morirà nel 1639, liberato
dopo lunghissimi anni in carcere in orribili condizioni, fingendosi
pazzo per non abiurare o forse essendolo veramente in alcuni periodi
della sua vita, a causa delle condizioni in cui veniva mantenuto.
Galileo Galilei nasce nel 1564 e muore nel 1642; fu in contatto sia
con Bruno che con Campanella (le lettere di Galileo con Campanella
sono datate 1632) e la sorte degli altri due ha certamente influito
sulla sua scelta di abiurare teorie e osservazioni più che
dimostrate. Tutti e tre conoscevano i testi alchemici ed ermetici, e
praticarono l'astrologia: oggi si può anche scherzare su queste
cose, ma siamo ancora in epoca prescientifica e studiare testi
"oscuri" era necessario per arrivare a intuire qualcosa
oltre quello che veniva insegnato all'epoca, e che risaleva ancora ad
Aristotele o a Plinio. Aristotele merita grande rispetto come
filosofo, ma le sue osservazioni scientifiche erano in gran parte
sbagliate, per esempio riguardo all'anatomia umana, e Plinio nei suoi
libri inserisce informazioni scientifiche esatte, come per l'eruzione
di Pompei, e altre raccolte altrove senza una verifica della loro
esattezza. Di fatto, l'osservazione precisa e costante della realtà
del mondo e la sua descrizione cominciano con Galileo; se i testi di
Bruno e di Campanella sono ancora oscuri e basati soprattutto
sull'intuizione, il "Sidereus nuncius" contiene invece
osservazioni precise e chiarissime che serviranno di base a tutti gli
studiosi delle epoche successive. La vera e propria scienza moderna
comincerà solo nel '700, con l'Illuminismo e con l'Encyclopedie; e
basterà pensare a cos'era la medicina ancora agli inizi
dell'Ottocento, basata su purghe e salassi e cure a base di mercurio
e altri composti tossici, per capire di cosa si sta parlando.
Tommaso Campanella scrisse "La
città del sole" nel 1592, in carcere; si tratta di un'utopia,
un mondo ideale descritto nel colloquio fra due personaggi, uno dei
quali pone domande e l'altro, un navigatore genovese "nochiero
de Colombo" fa il racconto vero e proprio. Campanella era un
monaco domenicano, come Giordano Bruno e come molti dei suoi
inquisitori; nato in Calabria, a Stilo, con il nome di Giovanni
Domenico, scelse poi da frate il nome Tommaso, in omaggio a san
Tommaso d'Aquino. "La città del sole" riprende temi da
Platone (La Repubblica) e da "L'Utopia" di Tommaso Moro,
pubblicata nel 1516.
Il film inizia con la descrizione della
città e di come ci si arriva; un monaco domenicano (Giulio Brogi) si
incammina lungo un percorso abitato, in salita, e trova in una
grotta una giovane donna, forse una profetessa, che gli parla in un
linguaggio a noi non comprensibile; la donna (interpretata da Bedy
Moratti) è lì rinchiusa per un motivo che non è spiegato, forse
rinchiusa come era Campanella nelle prigioni, da eretico pericoloso.
La donna dà al monaco una pietra con un disegno non decifrabile,
come se lo avesse riconosciuto e fosse lì ad aspettarlo. Nella
grotta entrano poi altre donne, forse monache che inveiscono contro
il monaco in un dialetto meridionale, e lo cacciano via chiamandolo
nemico di Dio e satana. Sono riconoscibili i Sassi di Matera, anche
se la sequenza iniziale, con il percorso in salita, fa pensare
piuttosto alla Grecia e a un posto come il monte Athos. Non ho
trovato indicazioni precise sui luoghi del film, ed è un peccato, ma
si direbbe che tutte queste scene siano state girate a Matera e nei
dintorni: per chi fosse interessato si può provare una ricerca sulle
chiese rupestri di quella zona, come la Madonna dell'Idris, San
Nicola dei Greci, e tante altre ancora. Sono gli stessi luoghi in cui
Pasolini girò il "Vangelo secondo Matteo", non molti anni
prima.
"Atma, atma" dice la donna, e
io non so capire cosa dice; potrebbe essere il sanscrito atman
(essenza vitale, più o meno), all'origine anche del tedesco atem
(fiato, respiro) e presente anche nel greco, ma non essendo in grado
di capire mi fermo subito. Se fosse sanscrito, troverebbe una
giustificazione in un passo di Campanella: «Questa è una gente
che arrivò di là dall'Indie, ed erano molti filosofi, che fuggirono
la rovina di Mogori e d'altri predoni e tiranni (...)» (Mogori
sono i mongoli, il Gran Mogol che invase l'India nel VI secolo).
Fuggendo, il monaco (Giulio Brogi)
incontra un giovane che lo aiuta a rialzarsi dopo essere inciampato
nella corsa; questo giovane, che è forse un'allucinazione del tempo
in cui Campanella è imprigionato, dialogherà con il monaco nel
corso delle sequenze successive.
Al minuto 10 il monaco arriva in un
convento abbandonato, il chiostro è popolato da persone del luogo,
invaso da pecore, capre, bambini, fuochi; un saio domenicano viene
dato alle fiamme. Il monaco entra poi nella chiesa del convento, dove
una ragazza sta pulendo una statua di Cristo morto dentro una teca;
la ragazza vede il monaco-Brogi e gli dice "sei tornato" e
poi lo accompagna da un monaco anziano, forse l'ex priore, che sta
sdraiato su una tavola: "è così da quando sono venuti i
soldati" spiega la ragazza. Non mangia, non beve, non dorme, "è
come un santo". Nel chiostro arriva anche il giovane che ha
soccorso il monaco, prende un flauto e inizia a suonare; tutto
intorno vediamo persone accampate nella chiesa, nelle nicchie, nelle
teche, donne e bambini, quasi una "pietà" per una donna
con un ragazzino accanto.
La sequenza dei monaci scacciati e
degli impiccati, il ritorno del monaco in luoghi da cui era stato
costretto ad allontanarsi, sono da riferirsi a un fatto storicamente
documentato: già più volte condannato e incarcerato per altri
motivi, Campanella si unì a una congiura contro gli Spagnoli, che
prevedeva anche lo sbarco di truppe turche; la sommossa fu repressa
duramente dagli Spagnoli, che nel settembre 1599 portarono a una
scena molto simile a quella che vediamo nel film.
Al minuto 19, il monaco anziano si è
ripreso e viene assistito da Brogi. Vediamo, nel ricordo del vecchio,
l'irruzione dei soldati in chiesa, le impiccagioni, i monaci
prigionieri e legati. Questa sequenza ricorda quella di Tarkovskij
nell'Andrej Rublev (i tartari nella cattedrale) e anche i film di
Paradjanov. E' un metodo narrativo usato anche da Ermanno Olmi, per
esempio in "Il mestiere delle armi".
Al minuto 22 vediamo il monaco-Brogi
mentre legge nei corridoi del palazzo, e qui ritrova il giovane che
gli chiede: "da quanto tempo sei qui? hai fame? vuoi un po' di
pane?", e vediamo il ricordo di Campanella in prigione. Forse
questa scena non è reale, forse è Campanella che pensa nella sua
cella.
Il ragazzo continua, dice che al paese
ancora si ricordano di quando i monaci furono cacciati dal convento e
i banditi appesi, i corpi non sotterrati ma lasciati lì come monito.
Molti monaci si tolsero il saio e si unirono ai banditi, il convento
rimase vuoto per molto tempo, "era diventato la casa del
diavolo". « Perché sei tornato? Hai paura di noi, ma siamo
come te e non possiamo rubarti niente». Anche nelle campagne non c'è
più nessuno, per paura dei soldati; è meglio morire di fame che
morire in galera. "Se tu vieni con noi è come se tornasse fra'
Tommaso, l'hai conosciuto?"
(continua)
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