venerdì 27 marzo 2020

Scala al paradiso


 
A matter of life and Death / Stairway to heaven (Scala al paradiso, 1946). Scritto e diretto da Michael Powell ed Emeric Pressburger. Fotografia di Jack Cardiff. Musica di Allan Gray. Interpreti: David Niven, Kim Hunter, Robert Coote, Roger Livesey, Kathleen Byron, Marius Goring, Richard Attenborough, Raymond Massey, Bonar Colleano, Joan Maude, Edwin Max, Abraham Sofaer, Robert Atkins, Betty Potter, Bob Roberts. Durata: 104 minuti

Un pilota militare inglese chiama la base: dice che sta cadendo, il suo aereo è in fiamme, il suo copilota è morto, sta per abbandonare il velivolo anche se il paracadute non funziona; saluta tutti e compie il gesto disperato, ma incredibilmente si salva. Non solo è incolume, ma troverà l'amore nella giovane americana, anche lei militare, che stava alla torre di guardia dell'aeroporto e che aveva raccolto i suoi ultimi messaggi. Salvarsi in quel modo, per di più senza paracadute, è impossibile: difatti c'è stato uno sbaglio, una svista, e l'efficientissimo aldilà (militarizzato) manda subito un suo agente a cercarlo per riparare all'errore. Il pilota ha nel frattempo ritrovato la ragazza che rispondeva alle sue chiamate, una ausiliaria militare americana, e sono insieme quando lui vede d'improvviso una strana figura, un giovane uomo vestito come nel Settecento, che gli rivolge la parola. Tutto intorno il mondo sembra fermarsi, anche la ragazza è come assopita, immobile: è forse una sua allucinazione? L'uomo del Settecento gli spiega con molta gentilezza che non può restare lì, che adesso deve andare con lui, che c'è stato un errore, una svista causata dalla nebbia. Crede davvero possibile che ci si possa salvare in simili circostanze, per di più rimanendo illesi? Il pilota però si rifiuta di seguire il misterioso personaggio, che si allontana; non appena svanisce, il tempo ricomincia a correre e la ragazza si sveglia ma afferma di non essersi mai addormentata. Di quell'uomo, e di quella visione, lei non sa niente di niente. Passa del tempo, e le visioni si ripetono; la ragazza comincia a preoccuparsi e consulta un suo amico medico; in effetti, il pilota ha una lesione al cervello e bisognerà operare.

 
"A matter of life and death" è una bizzarria, un gioco, ma molto più profondo di quanto non sembri; si toccano temi importanti, e solo nel finale si scopre cosa c'era dietro, la donna innamorata disposta a dare la sua vita per l'uomo che ama, e il suo gesto che commuove gli dei: il mito di Alceste. E' un aldilà pagano quello che trova il giovane pilota, e il francese del '700 (ghigliottinato) che fa da messaggero è un Mercurio, (o un Loge, pensando a Wagner e alla mitologia nordica) ; il giudice con la parrucca è forse un Giove, e comunque non è un paradiso con i santi, non è come quello di Eduardo in "De Pretore Vincenzo" e i rimandi all'aldilà pagano sono molti ed espliciti. Una vittima è già stata ottenuta (Idomeneo?) cioè il dottor Reeves, amico della ragazza americana, partito in moto per aiutare il pilota e vittima di un incidente causato dalla velocità e dal volere fare la corsa con un altro mezzo a motore, e nell'aldilà si discute sul caso imbastendo un vero e proprio processo.


E' il film di Powell e Pressburger successivo a "I know where I'm going" e precede la sequenza "Narciso nero", "Red shoes", "Racconti di Hoffmann" (eccetera); è girato in Technicolor per le sequenze "terrene" e in bianco e nero per quelle dell'aldilà, sempre con la meravigliosa direzione della fotografia di Jack Cardiff, un gigante (su internet c'è un assaggio di cos'è il restauro della pellicola, magnifico). Il titolo originale, oltre a "Questione di vita e di morte", è "Stairway to heaven", ben tradotto dall'italiano "Scala al paradiso"; vediamo la scala che porta al paradiso in una sequenza, con il protagonista che in una delle sue visioni la riconosce e si affretta a correre via.

 
Molte curiosità tra gli attori, su tutti il buffo francese del '700 di Marius Goring, che poi sarà il giovane compositore di "Red shoes", ma si fa fatica a credere che sia sempre lui, è imprevedibile. Poi Roger Livesey, voce particolarissima, che è il dottor Frank Reeves, motociclista spericolato e poi avvocato difensore nel processo dell'aldilà. Raimond Massey è il patriota americano che nel processo sta come Pubblico Ministero, l'accusa. Protagonista è David Niven insieme a Kim Hunter, l'inglese e l'americana; il processo verte anche sulla rivalità tra americani e inglesi; Kim Hunter sarà poi, vent'anni dopo, la dottoressa nel "Pianeta delle scimmie". Uno degli angeli-burocrati è Kathleen Byron, che poi sarà la suora impazzita in "Narciso nero".

 
Altro elemento mitologico è il bambino nudo che suona il flauto, all'inizio, a cui il pilota chiede informazioni su dove è capitato: un'altra figura della mitologia greca, ma all'inizio del film è dura capirlo. I rimandi al mito sono molti, quasi tutti ben nascosti, ed è divertente andarli a ripescare. Per la parte legata alla realtà, cioè all'intervento chirurgico che salverà il protagonista, Michael Powell racconta che aveva un parente medico (suo cognato) specializzato in chirurgia cerebrale, al quale chiese consulenza per l'operazione sul protagonista. Le "allucinazioni perfettamente organizzate" possono essere causate da una lesione al cervello, e sono descritte nella patologia clinica; sempre Michael Powell racconta di non aver voluto troppo insistere sui dettagli "perché c'era troppa gente che, durante la guerra, aveva avuto lesioni e incidenti". Nel film viene detto: « Queste illusioni possono verificarsi nello spazio, ma non nel tempo» e Powell aggiunge: «... questo è il motivo per cui mostrammo la partita a ping pong "congelata" e David Niven che si solleva durante l'operazione mentre tutti coloro che lo circondano sono "congelati" nel tempo». Queste sequenze sono in parte costruite con trucchi cinematografici, e in parte con la recitazione: Roger Livesey e Kim Hunter stanno veramente immobili quando la partita a ping pong si ferma, non è un trucco e bisogna far loro un applauso anche a distanza di così tanto tempo.
«...naturalmente era tutta una presa in giro, e credo che il pubblico lo abbia capito. Mi meraviglia solo, dati i tempi, di averla fatta franca. Vede, in quei film facevo quello che volevo. Fortunatamente, non avevo intorno nessun produttore che mi chiedesse "cosa vuol dire questo'", perché spesso non lo sapevo nemmeno io cosa voleva dire, sapevo solo che andava bene.»
(Michael Powell, pag.83 dal volume edito da Bergamo Film Meeting nel 1986, a cura di Emanuela Martini)


 


 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )
 


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