ANSIKTET (IL VOLTO, 1958). Regia, soggetto e sceneggiatura: Ingmar Bergman. Fotografia: Gunnar Fischer. Musica: Erik Nordgren. Scenografia: P. A. Lundgren. Montaggio: Oscar Rosander. Costumi: Manne Lindholm, Greta Johansson. Interpreti: Max Von Sydow (Vogler), Ingrid Thulin (Manda - Aman), Gunnar Björnstrand (il dottor Vergerus), Naima Wifstrand (la nonna), Bengt Ekerot (Spegel), Bibi Andersson (Sara), Gertrud Fridh (Ottilia Egerman), Erland Josephson (Egerman), Lars Ekborg (Simson, il cocchiere di Vogel), Toivo Paulo (Starbeck), Ake Fridell (Tubal), Sif Ruud (Sofia), Oscar Ljung (Antonsson), Ulla Sjöblom. (Henrietta, la moglie di Starbeck), Axel Düberg (Rustan, il maggiordomo), Birgitta Petersson (Sanna). Produzione: Allan Ekelund per la Svenksfilmindustri. Durata: 100 minuti
La verità, la menzogna, gli impostori, il teatro, sono l’oggetto delle discussioni durante il viaggio in carrozza, all’inizio del film. La carrozza giunge quindi ad un posto di confine, una barra che separa uno stato dall’altro (e, forse, “stato” è da intendere in tutti i significati della parola). Qui incontriamo nuovi personaggi; come succederà qualche anno dopo nel film “Il Rito”, gli attori saranno obbligati ad eseguire il loro spettacolo davanti al capo della polizia. Ci sono molte differenze tra i due film, e la principale è questa: nel “Volto” la compagnia è costretta ad esibirsi davanti a molte persone, mentre “Il rito” è un film da camera, con pochissimi attori.
Il capo della polizia è interpretato da Toivo Paulo; ha una moglie (Ulla Sjöblom) che sotto ipnosi gliene dirà di tutti i colori, ma senza rendersene conto. In accordo con lui agisce un medico, l’ufficiale sanitario Vergerus, interpretato da Gunnar Björnstrand. Così li descrive Bergman:
Ingmar Bergman, da “Immagini” (ed. Garzanti, 1992):
Come ricordo, il capo della polizia nel Volto è un quadro-limite, concepito con molta lucidità. Rappresenta i miei critici. E una presa in giro abbastanza bonaria di tutti quelli che vogliono cercare di scoprirmi per criticarmi. Il critico teatrale di allora riteneva che suo compito essenziale fosse di insegnarmi quello che dovevo fare e quello che non dovevo fare. Probabilmente si provava soddisfazione a schiaffeggiarmi in pubblico.
Anche l'ufficiale sanitario aveva un indirizzo concreto. Nel corso degli anni non avevo fatto molte caricature di persone particolari. La coppia sposata Stig Ahlgren-Birgit Tengroth che bisticcia nel Posto delle fragole è una spiacevole eccezione che genera in me il rimorso. L'ufficiale sanitario Vergérus nel Volto è un'altra cosa, un po' più divertente. E sbucato fuori da un irrefrenabile bisogno di prendermi una piccola vendetta su Harry Schein. Schein era un critico cinematografico (....) Inoltre Harry Schein era sposato con Ingrid Thulin. In ripetute occasioni dichiarò che lei avrebbe dovuto smettere con il cinema e con il teatro. La spingeva a dedicarsi piuttosto all'artigianato artistico. Trovai allora un modo, che io stesso giudicai sofisticato, di scombussolare i piani di Harry Schein. Sapevo che Ingrid Thulin nulla desiderava di più che continuare la sua carriera di attrice. La convinsi perciò a venire allo Stadsteater di Malmoe. (...) Devo però dire che tutto questo è ora scomparso. Harry è uno dei pochi amici più stretti. Ma allora andava bene modellare la figura dell'ufficiale sanitario Vergérus su Harry Schein.
Ingmar Bergman, da “Immagini” (ed. Garzanti, 1992)
Björnstrand (che è il dottore positivista, ed eseguirà l’autopsia finale – quasi come in Kaspar Hauser) ha questo dialogo all’inizio, con Aman (ancora non sa che si tratta di Ingrid Thulin travestita da ragazzo). Il mago Vogler finge di essere muto, Aman parla in sua vece.
- Voi professate la magia?
- Nessuno l’ha detto.
- L’ha detto vostro amico Tubal.
- Usiamo apparecchiature, specchi e proiezioni, cose semplici ed innocue.
- Un’altra domanda: il signor Vogler cura i malati?
- Nessuno l’ha detto.
Ma subito il Dottore le contesta i rapporti di polizia provenienti dalla Danimarca: Vogler si è davvero spacciato per guaritore, e ha anche passato qualche guaio per questo.
Tubal (il buffo Ake Fridell) è il portavoce del gruppo degli attori: elegante come il signor Pickwick, è un buffo seduttore, che si fermerà poi con la capocuoca (scoprirà poi che la donna ha molte pretese, forse troppe per il suo fisico...).
Ingmar Bergman, da “Immagini”:
(...) Se Vogler è l'uomo che, con la stanchezza della morte, esercita ancora le arti che al presente hanno perduto ogni senso, Tubal è l'esploratore. Lui è Bergman che cerca di convincere il direttore Dymling della Svensk Filmindustri sull'utilità del suo ultimo film. Davanti a una direzione aziendale totalmente scettica, avevo dunque smerciato “Il volto” come un'infernale commedia erotica. A causa dello scandalo, la direzione della Svensk Filmindustri non poteva più negare che avevo avuto successo. Fino a prova contraria, lo si era ottenuto. (...)
Ingmar Bergman, da “Immagini” (ed. Garzanti, 1992)
A completare il quadro, i borghesi padroni di casa: è nella loro dimora che si svolge l’azione del film. L’uomo si chiama Egerman, ed è Erland Josephson; sua moglie è interpretata da Gertrud Fridh. La moglie di Egerman è in lutto perché ha perso una figlia, e vuole sapere da Vogler (mago e incantatore) perché succedono queste cose che ci sconvolgono; da Vogler vuole anche sesso, e invece in questa notte otterrà la riconciliazione con suo marito, dal quale dormiva separata.
Nasce qui la scommessa fra il Dottore (Björnstrand) ed Egerman (Erland Josephson): per il Dottore, il mago non ha nessun potere soprannaturale, per Egerman invece qualcosa c’è.
Tutt’altro che secondari gli altri personaggi del film: la vecchia (che forse è davvero una strega) e i suoi filtri d’amore, la sua profezia su Antonsson impiccato; i soldi che ha messo da parte (molti); le due ragazze a servizio (Bibi Andersson e Birgitta Petersson), il cocchiere di Egerman (si chiama Antonsson, alto e robusto), l’altro servitore di Egerman, la capocuoca. Raccontare tutto sarebbe un peccato, il film è molto denso di battute e di significati e non si finirebbe mai di analizzarlo; si può però anticipare che alla fine del film la donna anziana e Tubal abbandoneranno Vogler e Aman, il loro posto verrà preso dalla giovane aiuto cuoca, innamorata del giovane cocchiere di Vogler; ma quando tutto sembra perduto arriverà invece l’invito del Re.
(continua)
2 commenti:
La rappresentazione davanti ai nobili mi fa sempre pensare ad Amleto e al suo stratagemma per uscire dal sospetto facendo inscenare dalla compagnia di attori la scena dell'assassinio del re. Shakespeare resta sempre il punto di riferimemto ideale ogni volta che il teatro e la vita si mescolano. Qui però chi deve essere smascherato è l'attore stesso e la rappresentazione esprime sia il bisogno di celarsi, sia l'oscuro desiderio di essere "svelato" e riconsegnato all'anonimità del banale.
E come non pensare alla "Tempesta", l'ultima bravura magica del grande capocomico?
Sì, l'Amleto l'ho proprio dimenticato...C'è molto Shakespeare qui, ma è inevitabile: Bergman si divideva fra teatro e cinema, faceva contemporaneamente l'uno e l'altro. Di solito, il riferimento è Strindberg; ma qui c'è molto Shakespeare, incluso il gioco del travestimento di Aman / Manda.
E' interessante notare la "vendetta" di Tubal: che dopo essere stato deriso dal Capo della Polizia va a scegliere proprio sua moglie, ben sapendo cosa ne poteva uscire. Una situazione da film di Totò anche questa, ma molto ben fatta e ben trovata.
Posta un commento