Così lontano così vicino (Faraway, so close! / In weiter Ferne, so nah!) (1993) Regia: Wim Wenders Soggetto e sceneggiatura: Wim Wenders, Ulrich Zieger, Richard Reitinger Dialoghi: Ulrich Zieger Fotografia: Jürgen Jürges Montaggio: Peter Przygodda Musica: Laurent Petitgand Canzoni: Laurie Anderson, Jane Siberry, Simon Bonney, Lou Reed, Herbert Grönemeyer, U2, Johnny Cash, The House of Love, Nick Cave. Suono: Günther Kortwich Scenografia: Albrecht Konrad Costumi: Esther Walz Interpreti: Otto Sander, Bruno Ganz, Horst Buchholz, Nastassja Kinski, Peter Falk, Heinz Rühmann, Solveig Dommartin, Rüdiger Vogler, Willem Dafoe, Michail Gorbaciov, Lou Reed, Henri Alekan, Louis Cochet, Tom Farell, Marijam Agischewa, Monika Hansen, Hanns Zischler Durata originale 146'
E’ il seguito di “Il cielo sopra Berlino”, girato sei anni dopo. Nel frattempo a Berlino sono successe molte cose: nel primo film il Muro c’era ancora, nel secondo è scomparso da poco. Quando uscì “Faraway, so close” , dopo il grande successo di pubblico di "Il cielo sopra Berlino", c’erano molte aspettative, e il film le deluse quasi tutte: non perché “Così lontano così vicino” sia un brutto film, ma perché si tratta di due film diversi, che però mantengono gli stessi personaggi e ne sviluppano le storie. Cambiano gli scrittori, volutamente: non c’è più Peter Handke a dar corpo ai pensieri degli angeli, ma un altro scrittore di lingua tedesca, Ulrich Zieger. Ed è un umore diverso che pervade il secondo film, più lontano dalla poesia e più vicino alla vita reale, al dolore ma anche allo humour vero e proprio; e fin dall’inizio assistiamo a cose decisamente inaspettate per chi ha bene in mente “Il cielo sopra Berlino”.
La prima sorpresa è infatti Cassièl, il pensoso compagno di Bruno Ganz nel primo film: dopo il passaggio da angelo a creatura umana, ( “you made the switch”, gli dice Peter Falk) Cassièl assume una faccia da clown molto buffa (Otto Sander ne rende benissimo l’espressione), fa suo malgrado la conoscenza del male, diventa un diseredato, un fallito alcolizzato, un barbone, e si trova ben presto ai confini della legalità. Al suo compagno (anzi, “compañero”), nel primo film, era andata molto meglio: era sceso sulla terra per amore, ed era stato ricambiato. E qui lo ritroviamo, felice e un po’ ruspante, nelle vesti di un pizzaiolo italiano (italiano a Berlino) che fa le sue consegne in bicicletta cantando canzoni napoletane. E continua, ostinato, ad essere felice: anche se la vita è dura. Vive con la bella trapezista, hanno una bambina meravigliosa, si vogliono bene. E’ lui a recuperare l’amico dalla cella dove è finito appena disceso sulla terra: Cassièl è molto ingenuo, quasi un bambino, lo hanno beccato a un tavolino delle tre carte in metropolitana ed arrestato. E’ tutto un equivoco, si risolve subito ma si sa che certe esperienze lasciano il segno.
Cassièl si è fatto uomo per non veder morire una bambina, precipitata da un balcone. La salva prendendola in braccio, e per far questo deve avere un corpo, un corpo fisico, non più spirito vagante ed elevato ma uomo come tanti. E’ forse questo inizio tragico - tragico anche se si risolve subito in uno sguardo buffo con la bambina, molto sorpresa da questo signore apparso così all’improvviso - a segnarlo nella sua esperienza su questa terra. Cassièl assume un nome terreno, Karl Engel, e lo mette subito su un bel biglietto da visita. Farà l’esperienza del dolore, della solitudine, della malvagità; a tutto questo si ribellerà e cercherà di porvi rimedio.
Ma, prima, all’inizio del film e per più di mezz’ora, Cassièl è ancora un angelo. Non ha più per compagno Damiel (Bruno Ganz), ormai diventato uomo, ma Rafaela (Nastassja Kinski). Rafaela è l’angelo che percorrerà tutto il film: il che significa che vediamo Nastassja Kinski quasi solo in bianco e nero (gli angeli di Wenders vedono il nostro mondo in un bellissimo bianco e nero, da cinema senza tempo), e devo ammettere che la cosa mi dispiace un po’ perché così bella come in questo film non l’ho mai vista. E’ con lei che Cassièl parla, e i loro pensieri sono questi.
- (...) Non possiamo determinare il tempo...
- Il tempo non l’abbiamo aspettato, Cassièl. E anche quando era arrivato mai abbiamo creduto che potesse mandarci per il mondo a fare da osservatori. Questo mondo che non ha idea della propria misura, e che sa tanto poco di sè, è difficile da osservare.
...
- Sono esausta, Cassièl. E' diventato così faticoso amare qualcuno che scappa via da noi con il cuore sempre più indurito... Perché ci evitano sempre di più, gli uomini?
- Perché abbiamo un nemico potente, Rafaela. Gli uomini credono al mondo molto più che a noi.
- E per potergli credere sempre di più si sono creati un'immagine di ogni cosa... Con le immagini pensano di potersi liberare dalla loro angoscia, pensano di avere realizzato le loro speranze, appagato i loro piaceri, placato i loro desideri.
- Gli uomini non hanno assoggettato la terra, ne sono diventati sudditi.
- Ti ricordi com'era facile, un tempo... Siamo apparsi a loro e abbiamo instillato parole nei loro cuori... Potevamo dire "non aver paura, perché io ti annuncio..."
- Era un periodo in cui eravamo le sole voci; oggi agli uomini vengono annunciate giorno dopo giorno nuove bugie, sempre più violente, volgari, pressanti...che li rendono insensibili e incapaci di dare ascolto al nostro messaggio.
- Ma il cuore di questa gente è sprangato, gli occhi sono serrati, le loro orecchie odono a fatica... affinché non vedano con gli occhi, non ascoltino con le orecchie e non comprendano con il cuore.
- Come vorrei per una volta essere uno di loro (...), per diventare un più luminoso messaggero di luce in quest'epoca buia...
(continua)
4 commenti:
La grandezza di Wenders è anche nel coraggio di aver fatto un vero seguito di un capolavoro come "Il cielo sopra Berlino" e non averne fatto solo un secondo tempo, sfruttando il successo riportato.
E' necessariamente un film diverso, come noi siamo diversi dopo sei anni di vita, non sei anni qualsiasi, ma sei anni in cui sono successe tante cose e i cambiamenti sono evidenti e irreversibili: mettiamo gli anni di passaggio dall'adolescenza alla maturità o dalla maturità alla vecchiaia. Oggi si vorrebbero annullare i cambiamenti e non ci sono "iniziazioni" e questo porta a un appiattimento e ad una banalizzazione ottusa, che ci fanno illudere che sia sempre tutto possibile e che tutto possa rimanere uguale. Per evitare la tristezza dei rimpianti, perdiamo anche la pienezza del momento giusto e l'incanto dell'unica volta...
In questo film i personaggi sono quasi gli stessi (ci sono in realtà grosse novità: la dolce Rafaela, l'ambiguo demone-tempo ), ma è completamente cambiata l'atmosfera e la grande maestria di Wenders consiste nella lucida testimonianza del cambiamento e nello sguardo un pò ironico, un pò disincantato, ma sempre molto umano con cui ci accompagna.
Ho interrotto l'ordine cronologico che avevo seguito fin qui: in mezzo, in questi sei anni, Wenders ha girato il suo film sul sarto giapponese (Appunti di viaggio) e Fino alla fine del mondo. Poi penso che farò di sicuro Lisbon Story, e i Fratelli Skladanowski (importante per la storia del cinema, e anche perché è un film simpatico). Da qui in avanti, Wenders mi sembra che abbia perso un po' della sua forza poetica - del resto, è normale che succeda.
Questi post li ho scritti tre anni fa, li ho riletti e ho deciso di lasciarli così come sono, erano on line sull'altro sito. Da allora non ho più rivisto il film per intero.
Ci sono molti difetti e molte cose belle; soprattutto, però, mi interessava la storia di Cassiel, che fatica a capire il mondo - così capita a molti di noi, angeli e non angeli (Cassiel è parente stretto del protagonista di "Paris Texas")
Sì, di Cassiel bisognerà parlare con molta cautela e riguardo, perchè sembra totalmente indifeso e fa molta pena. Mi sono chiesto il perchè e la prima cosa che mi viene in mente è che "piomba" sulla terra senza nessuna preparazione e senza una motivazione personale: ci si ritrova, spinto da un impulso quasi irriflesso nell'assistere alla caduta della bambina, e questo fa sì che si aggirerà nel mondo completamente sperso e senza alcun progetto (a differenza di Damiel che sceglie la condizione umana per amore), situazione che lo rende facile preda di ogni tentazione (dadi, alcol).
Il paragone col protagonista di "Paris Texas" regge fino ad un certo punto, perchè Cassiel parte già fragile e troppo innocente, mentre l'altro è un uomo fragile perchè profondamente ferito e deluso.
Otto Sander è stata una piacevole sorpresa: nel "Cielo sopra Berlino" era serissimo, qui tira fuori una vena clownesca notevole e inaspettata. Non so se hai guardato gli "extra" sul dvd del Cielo sopra Berlino: c'è un finale girato, e per fortuna mai montato, dove Cassiel nella discoteca imitava subito l'amico...Molto goffo, ha fatto bene Wenders a scartarlo.
Qui è altrettanto goffo, a momenti, ma già lo sguardo che scambia con la bambina è da vero clown.
Una volta ho letto che Chaplin voleva girare un film vagamente simile, su una ragazza a cui spuntano le ali: sarebbe stato il suo ultimo film, ma non lo ha mai girato.
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