FINO ALLA FINE DEL MONDO (Bis ans Ende der Welt, 1991). regia di Wim Wenders. Soggetto di Wim Wenders e Solveig Dommartin. Sceneggiatura di Peter Carey e Wim Wenders. Fotografia: Robby Müller. Musica: pigmei del Camerun, aborigeni australiani della nazione Mbantua, Puccini (Madama Butterfly), Talking Heads, REM, U2, Laurent Petitgand, Lou Reed, Peter Gabriel, e altri. Con Solveig Dommartin, Sam Neill, William Hurt, Max von Sydow, Jeanne Moreau, David Gulpilil, Rüdiger Vogler, Chishu Ryu, Eddy Mitchell, Chick Ortega, Ernie Dingo. Durata prima edizione commerciale: 179 minuti. Durata originale: 287 minuti
Il film ha un finale rassicurante, tutto torna a posto, la crisi nucleare è stata solo passeggera. Oggi Wenders è più ottimista: dice “anche a me dicevano che i fumetti mi avrebbero rovinato, invece mi hanno dato molto; forse capiterà lo stesso con i videogiochi”.
Le immagini sono magnifiche, un vero e proprio giro del mondo attraverso Parigi, New York, Tokyo, San Remo, Venezia, la Francia interna (Lozere), Lisbona, Berlino, Mosca, San Francisco, il Giappone (Hakone), Sydney, l’Australia meridionale e occidentale.
Però scorrendo il film al computer ho notato una cosa: che sono molto frequenti i primi piani alternati, come in tv e nei film “normali”. Prima parla lui, e si fa il primo piano su di lui; poi parla lei, e si fa il primo piano su di lei; e così via. Insomma, molto spesso non sembra un film di Wenders: e forse questo che me lo rende estraneo.
E poi va detto che Wenders fa molti esperimenti con il digitale, allora novità assoluta, soprattutto per le immagini dei sogni e dei ricordi. Sono immagini ancora molto belle, ma oggi sono alla portata di tutti: non è colpa di nessuno, ma oggi questa è la parte più invecchiata del film.
La colonna sonora del film ebbe un enorme successo, all’epoca: contiene brani dei principali solisti e gruppi rock e pop del momento, Talking Heads, REM, U2, Lou Reed, Patti Smith, Peter Gabriel, Neneh Cherry, Elvis Costello, KD Lang, Nick Cave, Depeche Mode, e molti altri. Inoltre ci sono i Can, un gruppo tedesco degli anni 70 molto vicino a Wenders, i “Crime and the city” che avevamo visto dal vivo in “Il cielo sopra Berlino” e Laurent Petitgand, abituale collaboratore di Wenders.
E’ musica che a me non dice molto. Mi piacciono il rock e il blues, ma per la musica sono molto più vicino a Herzog che non a Wenders. So che scandalizzerò molti, ma gli U2 mi sono sempre entrati da un orecchio e usciti dall’altro: non so cosa farci, è così. Diverso il discorso per la musica dei pigmei, che ho scoperto grazie a questo film: ci sono registrazioni d’epoca, fatte da antropologi europei negli anni ’60, che sono bellissime e stupefacenti. Mi sono informato, e da allora so che i pigmei (ne esistono diverse tribù, negli stati che oggi corrispondono al Camerun e ai paesi confinanti) sono sempre stati grandi musicisti e danzatori, e che presso gli antichi Egizi erano ricercatissimi proprio per questa loro qualità.
Ecco un'altra cosa che forse Wenders non aveva previsto, oltre ai telefonini, alle macchine fotografiche senza pellicola e alle tv a schermo piatto: la cultura dei pigmei (e degli aborigeni australiani) oggi è in grave pericolo di estinzione, minacciata proprio da quella musica rock e pop occidentale (tutta elettrica ed elettronica) che a lui, e a molti di noi, sembra essere la maggiore espressione del mondo moderno.
Sull'ultimo numero di Nature: Dagli Usa lo "scanner" del cervello, che legge ciò che 'registriamo' e indovina l'immagine esatta nove volte su dieci
LA MACCHINA DEL PENSIERO È REALTÀ
di Enrico Franceschini, Repubblica 6 marzo 2008
LONDRA - La "macchina del pensiero", ossia un apparecchio in grado di leggere quello che ci passa per la mente, un oggetto che finora sembrava destinato a rimanere nell'ambito della fantascienza, è diventata una realtà. Usando uno scanner simile a quelli utilizzati per le diagnosi negli ospedali, una squadra di ricercatori americani ha ideato un sistema computerizzato che è in grado di indovinare, ovvero di leggere nell'attività cerebrale, le immagini che un individuo sta guardando. In pratica, la macchina legge quello che il cervello umano registra. La precisione con cui funziona è impressionante: il computer è capace di indovinare l'immagine esatta nove volte su dieci, quando tirando semplicemente a indovinare la percentuale sarebbe soltanto di otto immagini indovinate ogni mille tentativi. Lo studio solleva la possibilità che in futuro possa essere possibile visualizzare dal pensiero scene dai sogni di una persona o da ricordi che sono stati dimenticati. Ma comporta anche l'ipotesi di interrogatori in cui si va alla ricerca di "crimini del pensiero", soltanto immaginati e mai compiuti, suscitando apprensione per le violazioni della privacy e dei diritti civili.
La ricerca è annunciata sull'ultimo numero della rivista scientifica Nature, ed è stata anticipata con ampio risalto stamane in prima pagina dal quotidiano Guardian di Londra. "I nostri risultati suggeriscono che è possibile ricostruire l'immagine dell'esperienza visuale di un uomo misurando la sua attività cerebrale", afferma il professor Jack Gallant, neurologo della University of California di Berkeley, che ha guidato il progetto. "Ciò schiude enormi possibilità, presto potremo avere una macchina capace di ricostruire in qualsiasi momento un'immagine dal cervello umano".
La macchina funziona così. In un primo tempo lo scanner registra l'attività del cervello mentre un individuo osserva centinaia di foto a colori e in bianco e nero: panorami, ritratti, animali, immagini romantiche, immagini violente, immagini di ogni genere. Quindi si passa al test vero e proprio, esaminando l'attività cerebrale senza sapere quale immagine la persona stia guardando. Confrontando le due serie di immagini, il computer fa quindi la sua predizione di quello che la persona ha guardato. Su un totale di 120 immagini, la predizione è giusta nove volte su dieci. Su 1000 immagini, è giusta otto volte su dieci. Gli scienziati di Berkeley calcolano che su un miliardo di immagini, su per giù il numero di immagini che si possono trovare su Google, la predizione sarebbe esatta nel venti per cento dei casi.
Ma questo è solo l'inizio. Lo scanner computerizzato usato per il test può scattare solo tre o quattro immagini al secondo. Scanner più sofisticati e complessi potranno, in futuro, leggere con maggiore accuratezza l'attività cerebrale e confrontarla con un più ampio numero di immagini. "Potremo essere in grado di leggere i sogni", dice il professor Gallant. Potrà essere possibile recuperare frammenti di memoria rimasti "stampati" nel cervello, ma che un individuo non ricorda più o di cui ha perso la consapevolezza. E' anche possibile immaginare che un giorno una "macchina del pensiero" potrà interrogare il cervello di un sospetto terrorista o di un criminale, per farsi dire cose che costui non rivelerebbe mai di sua spontanea volontà. Le implicazioni comportano inevitabili polemiche e controversie. C'è tempo, in ogni caso, per il dibattito: "Ma nel giro di 30-50 anni cose del genere saranno a disposizione della scienza e della società", scommette Gallant. L'uso che vorremo farne dipenderà soltanto da noi.
2 commenti:
In realtà questo è un film più complesso di quel che sembra e bisognerebbe scendere nei particolari,(i rapporti del figlio sia con la madre che col padre che hanno rovinato quelli con la moglie e suo figlio per es.,la relazioze di Claire con il marito e la sua dedizione nonostante i ripetuti abbandoni, il suo infatuamento per Sam, la versatilità per quel tipo di esperimenti,l'amicizia con i rapinatori, la fratellanza con gli aborigeni, il loro abbandono quando dopo la morte di Edith la ricerca va avanti con finalità che non possono più condividere, ecc...)
Condivido l'entusiasmo per la bellezza delle immagini, soprattutto quando entra in campo il deserto australiano, e le perplessità circa le prospettive delle nuove frontiere tecnologiche. Sono sicuramente progressi entusiasmanti, ma la mia impressione è che più si parla di possibilità tecnologiche, meno interessano i sogni in sé stessi e il loro messaggio alla coscienza. Molto dobbiamo alla valorizzazione che dei sogni hanno fatto personalità geniali come Freud e Jung, ma sappiamo tutti come oggi la psicoanalisi sia in crisi e che quasi nessuno ha veramente interesse a prendere sul serio il proprio inconscio e a confrontarsi con i suoi messaggi: i veri sogni, che possono essere molto scomodi se decidiamo di prendercene la responsabilità.
Siamo stati travolti dalle novità, molte delle quali sconvolgenti: la fecondazione artificiale, le modificazioni genetiche, il backup del cervello, prossimamente la vita artificiale: anche le implicazioni etiche sono ormai cose del passato, lo si voglia o no ci siamo trovati davanti al fatto compiuto.
I primi "bambini in provetta" hanno ormai trent'anni, la polizia fa ormai di routine l'esame del DNA, ma qui si discute ancora delle teorie di Darwin, ed è pazzesco. Se non si è accettato nemmeno Darwin, figuriamoci la pacchia dei manipolatori di geni: intanto che religiosi e politici perdono tempo, altri depositano il brevetto anche per la vita e per la nascita...(e magari anche per la morte e per l'aldilà, non me ne stupirei più di tanto).
E' difficilissimo abituarsi a queste cose, ma chiudere gli occhi non serve a niente.
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