SASOM I EN SPEGEL (COME IN UNO SPECCHIO, 1961). Regia, soggetto e sceneggiatura: Ingmar Bergman. Fotografia: Sven Nykvist. Musica: Johann Sebastian Bach, sarabanda dalla Suite in re minore per violoncello n.2 BWV 1008. Musiche originali di Erik Nordgren . Montaggio: Ulla Ryghe. Interpreti: Harriet Andersson (Karin), Gunnar Björnstrand (David), Max Von Sydow (Martin), Lars Passgard (Minus). Produzione: Allan Ekelund per la Svenskfilmindustri. Durata: 86 minuti
Il personaggio interpretato da Björnstrand dimostra egoismo anche nell’amore verso il prossimo: glielo rimprovera il genero Max von Sydow, quando sono da soli in barca. E’ un tema che ritornerà nel dialogo di Björnstrand con Harriet Andersson al minuto 68:
- (quando si scrive un romanzo) Si traccia un cerchio magico intorno a noi, escludendo tutto ciò che può compromettere i nostri intenti. Quando la vita spezza il cerchio, questi intenti si rivelano meschini e insignificanti, così tracciamo subito un nuovo cerchio, un nuovo riparo...
- povero, caro papà...
- Sì, certo...povero papà, costretto dalla vita a vivere nella realtà.
Questo tema verrà ripreso ancora nel finale del film: stavolta il dialogo è fra padre e figlio. Un dialogo pieno di pause, di silenzi, di sguardi, che è difficile da rendere con la sola trascrizione.
- Ho paura, papà...Quando ero abbracciato a Karin, sul relitto, tutta la realtà è esplosa. Capisci cosa voglio dire?
- Sì, lo capisco.
- La realtà esplose, e io ne caddi fuori. E’ come in un incubo: tutto può accadere, papà. Tutto.
- E’ vero.
- Non posso vivere in questo nuovo mondo.
- Sì che puoi, se avrai qualcosa su cui sostenerti.
- Chi, secondo te? Un dio? Dammi una prova di Dio. (silenzio) Non puoi.
- Sì che posso. Però devi ascoltare bene quello che ti dico, Minus.
- Sì, ho bisogno di ascoltare, papà.
- Posso darti solo una pallida idea delle mie speranze... Dio è la certezza che l’amore esiste come cosa concreta in questo mondo di uomini.
- Intendi un amore in particolare?
- No, ogni genere d’amore. Il più elevato e il più intimo, il più oscuro e il più splendente. Ogni specie d’amore.
- Anche il desiderio d’amore?
- Il desiderio e la repulsione, la miscredenza e la fede.
- L’amore è dunque una dimostrazione di Dio?
- Non so se l’amore dimostri l’esistenza di Dio, o se sia Dio stesso.
- Allora per te amore e Dio sono la stessa cosa?
- Questo pensiero è il solo conforto alla mia miseria e alla mia disperazione.
- Continua, papà.
- D’improvviso la miseria è diventata ricchezza, e la disperazione speranza. E’ come essere graziati in punto di morte.
- Se ciò che dici è vero, Karin è tutta circondata da Dio: perché noi la amiamo davvero.
- Sì.
- Questo può aiutarla? (pausa)
- Penso di sì. (....)
Rimasto da solo, Minus dice tra sè: «Mio padre ha parlato con me...». E’ l’ultima battuta del film, e forse non è da intendere solo come il rapporto tra un padre e un figlio; forse si può intendere anche come “Dio mi ha dato una risposta”, e io la intendo anche nel senso che sono gli ammalati e gli handicappati, spesso, a dare conforto ai sani; e non viceversa.
Inoltre, in “Come in uno specchio”, Bergman ci sta parlando anche di se stesso come autore; ed è importante far notare che il racconto di Björnstrand in barca, quello del tentato suicidio in Svizzera, è un fatto avvenuto allo stesso Bergman, che lo spiega con chiarezza in “Immagini” nelle pagine dedicate a questo film.
L’ultimo tema del “quartetto d’archi” è affidato a Max von Sydow, il cui personaggio è un medico e un marito molto affettuoso, straziato dal dolore nel vedere la moglie affondare ogni giorno di più nella sua malattia. Come spiega Bergman in Immagini, “uno strumento suona con limpidezza e autorità, ma fui io che non diedi a von Sydow lo spazio che avrebbe dovuto avere.”
Il film inizia con la musica di Johann Sebastian Bach, la sarabanda dalla Suite n.2 in re minore per violoncello BWV 10008, eseguita da Erling Blöndahl Bengtsson (il nome è scritto nei titoli di testa) che tornerà spesso nel corso del film.
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