GRANDI MANOVRE (LES GRANDES MANOEUVRES, 1955). Scritto e diretto da René Clair. Collaborazione alla sceneggiatura di Jérome Géromini; fotografia: Robert Lefebvre e René Juilliard; scenografia: Max Douy; musica: Georges Van Parys; interpreti: Gérard Philipe (Armand), Michèle Morgan (Marie-Louise), Yves Robert (Félix), Jean Desailly (Duverger), Lise Delamare e Jacqueline Maillan (le sorelle di Duverger), Brigitte Bardot (Lucie), Magali Noel (Teresa la cantante), Simone Valère (Gisèle), Dany Carrel (Rose-Mousse), Catherine Anouilh (Alice), Jacques François (Rodolphe Chartier), Pierre Dux (il colonnello), Olivier Hussenot (il prefetto), Jacques Fabbri (l'attendente di Armand), Arlette Thomas (Amélie), France Asselin (Sophie), Gabrielle Fontan (Mélanie), Raymond Cordy (il fotografo), Hélène Duc, Madeleine Barbulée, Jacqueline Marbaux, Bruno Balp, Bever. Durata: 106'.
Una strada ampia e deserta, di prima mattina; e un giovane ufficiale che esce di corsa dalla casa di una donna; ha dimenticato la sua sciabola, la donna lo chiama e gliela rende. Lui torna indietro veloce, prende la sciabola e corre al quartier generale. Il giovane ufficiale è Gérard Philipe, e fin dall’inizio noi sappiamo di cosa si occupa e cosa farà durante il film, a parte le manovre militari: quelle arriveranno alla fine, per intanto c’è lo spazio di un mese da occupare; e questo mese “di vacanza” gli riserverà molte sorprese. In questa sequenza, brevissima, c’è già tutto il film: è il modo di operare di René Clair, e di quasi tutti i grandi registi, da John Ford a Stanley Kubrick. Mi piace moltissimo questo modo di iniziare una narrazione, direttamente dentro le cose, i caratteri già ben definiti. E’ un buon modo per raggiungere la perfezione narrativa, aiutando lo spettatore (che ancora non sa cosa succede) ad entrare nel film, e a immedesimarsi o a provare antipatia; poi bisogna continuare, e con Renè Clair siamo in ottime mani, “Grandi manovre” è ancora oggi un capolavoro, un film da non perdere.
Si può fare un capolavoro anche partendo da materiale già molto sfruttato, anche da un soggetto che apparentemente ha già detto tutto quello che aveva da dire: un giovane ufficiale di cavalleria e le sue amanti. Un soggetto già sfruttato ampiamente in tutto l’Ottocento, “La vedova allegra”, gli ufficiali di “Guerra e Pace”... Una scommessa cinica ed atroce, leggera, come nel “Così fan tutte” di Mozart: ma leggera solo in apparenza, perché siamo nel 1910, di lì a poco scoppierà una guerra terribile. Per la cavalleria questa sarà l’ultima guerra, avrà ancora sporadiche uscite, una lunga coda con momenti gloriosi, ma la sua storia, le uniformi, i dragoni, la storia dei soldati a cavallo finisce qui, tra il 1914 e il 1918. Questo è un mondo che sta finendo, e noi sappiamo, come Clair, cosa è venuto dopo.
Il vero seguito di “Grandi manovre” è “Orizzonti di gloria” di Stanley Kubrick, che uscirà poco dopo: 1955 per il film di Clair, 1958 per Kubrick: i due film sono molto simili, molti personaggi (anche il film di Kubrick si svolge in Francia) potrebbero passare tranquillamente da un film all’altro; il colonnello che qui vediamo colmo di bonomia potrebbe benissimo trasformarsi, sul fronte, in uno dei pazzi che mandarono a morte migliaia di soldati in cariche insensate; e il personaggio di Kirk Douglas potrebbe ben essere lo stesso di Gérard Philipe, solo di qualche anno più anziano, e più maturo.
E’ questo il malessere che si avverte sottotraccia per tutto il film, divertente e leggero come un’operetta; tutto questo è ben esemplificato dalla scelta dei due protagonisti, Gérard Philipe ha 33 anni, sembra un ragazzo ed appare un po’ invecchiato dai baffetti; Michèle Morgan non è più giovanissima, aveva 35 anni, ma – forse per via delle luci e del trucco - ne dimostra qualcuno in più.
Gérard Philipe, forse è inutile ricordarlo, è stato un attore grandissimo, anche in teatro; per la bellezza fisica e per l’eleganza dei suoi gesti faceva davvero innamorare tutte le donne. Non so come fosse Philipe nella sua vita privata, ma per questo film l’immagine pubblica dell’attore corrisponde perfettamente con quella del suo personaggio. Michèle Morgan è altrettanto grande, e tutti gli attori che vediamo sono molto in parte, come è d’abitudine con René Clair che sapeva sempre scegliere i collaboratori giusti. Tra le ragazze del cast, due ventenni destinate a luminosa carriera: Brigitte Bardot e Magali Noel
A Magali Noel e a Brigitte Bardot vengono affidati due ruoli tutt’altro che marginali. La Noel canta molte canzoni di cafè chantant, un repertorio piacevole che però io non conosco affatto; quindi non so dare un titolo a nessuna delle canzoni, e purtroppo nemmeno a quella più importante, la musica del primo ballo tra i protagonisti, che farà da tema conduttore per tutto il film. La mia ignoranza sull’operetta non mi permette nemmeno di riconoscere il motivo che fa “oui je t’aime par toujours”, per l’operetta in teatro: come sempre, un testo ben scelto. Da ricordare anche la canzone comica che viene ascoltata sul grammofono, tutti seri nel salotto : la «fidanzata» non è gradita alle sorelle del ricco borghese Duverger, che la spingeranno nelle braccia del sottotenente per levarsela di torno. (Forse chi conosce il francese sa spiegarmi cosa sta cantando e recitando quel disco...). Le musiche originali del film sono di Georges Van Parys, collaboratore abituale di Clair e ottimo compositore. Non saprei dire se la fanfara dei dragoni è una marcia militare originale o se è stata scritta per l’occasione da Van Parys, ed anche questo è un dettaglio che sarebbe bello conoscere.
Alcune note sparse: 1) Siamo nel 1910, ci sono già i telefoni e l’elettricità per illuminazione nelle case; ma per il resto potrebbe essere Tolstoj, Kleist, o qualsiasi altro grande autore di inizio Ottocento. La ricostruzione d’epoca è perfetta, e non è un caso perché René Clair ha vissuto veramente quel periodo. 2) Il fotografo (l’attore è Raymond Cordy) che aspetta il sole per fare la fotografia, come accadeva per davvero, lì vicino, negli studi di Georges Méliès: anche questo è un particolare che sicuramente René Clair aveva visto di persona, e che rimanda a “Il silenzio è d’oro”, un film del 1947 dove il protagonista (Maurice Chevalier) è direttamente ispirato alla figura e al lavoro di Méliès. En passant, si può notare che il 1910 fu anno duro per Méliès, la concorrenza nel cinema cominciava a farsi seria e di lì a poco (1913) il padre del cinema e dei trucchi cinematografici avrebbe cessato la sua attività, cominciata nel 1895.
Non ho riassunto il film e quello che vi succede perché questo è un film da vedere, fino alla fine non si sa cosa succederà, il finale (memorabile, uno dei finali più emozionanti nella storia del cinema) potrebbe anche essere molto drammatico; e soprattutto con René Clair alla guida si può andare ovunque; per quanto mi riguarda, con René Clair guarderei qualsiasi cosa.
« La moneta che si lancia in aria ne sa altrettanto, sull'avvenire, dei più profondi pensatori, dei più abili calcolatori (diciamo che essa ne sa altrettanto poco). Farò della mia vita un gioco d'azzardo».
(René Clair , dal suo romanzo “La Princesse de Chine”, 1951) (citazione dal “Castoro Cinema” curato da Giovanna Grignaffini, ed. Giunti)
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