martedì 10 dicembre 2019

Fantasma (Murnau, 1922)


Fantasma (Phantom, 1922). Regia di Friedrich W. Murnau Soggetto di Gerhart Hauptmann. Sceneggiatura di Thea von Harbou e Hans von Twardowski. Fotografia di Axel Graatkjaer e Theophan Ouchakoff. Interpreti: Alfred Abel, Aud Egede-Nissen, Frida Richard, Lil Dagover, Lya De Putti, Hans von Twardowski, e molti altri. Durata: 2h20'

"Fantasma" è del 1922, anno in cui Friedrich Murnau gira tre film: "Nosferatu", "La terra che brucia", e questo. "Der letzte Mann" è del 24, "Faust" e "Tartufo" del 1926: si passa da commedie a storie di vampiri, da Goethe a Molière. Murnau viene presentato ancora oggi come personaggio misterioso, oscuro al pari del suo "Nosferatu", ma forse tante idee andrebbero aggiornate e vanno considerate un residuo di quando la maggior parte dei suoi film erano poco visibili o considerati perduti. Per esempio, "Fantasma" è classificato da wikipedia.it alla categoria "horror": ma così non è, si tratta di un errore piuttosto grossolano.
 

"Fantasma" non è una storia di fantasmi: tratto da un romanzo di Gerhart Hauptmann (premio Nobel nel 1912) ricorda a tratti i drammi di Strindberg, ed è piuttosto parente del "Monaco nero" di Cecov, ma senza visioni. L'elemento soprannaturale è del tutto assente, però il protagonista, un impiegato comunale (l'attore si chiama Alfred Abel) pensa di aver trovato la Musa, sotto forma della poesia (l'amico rilegatore Starke gli dice che ha un grande avvenire) e dell'incontro casuale con la bella Veronika, di ricca famiglia, della quale si innamora perdutamente e senza speranza (anzi, i servitori lo mandano via e i familiari di lei lo denunciano per molestie).
 

L'incontro con la Musa (o con il monaco nero di Cecov, se si vuole) finisce così: l'editore rifiuterà le poesie, e il giovane si consolerà con una prostituta di nome Melitta che somiglia molto a Veronika, ma che chiede molti soldi. Ridotto a "un fantasma" (sono parole sue) perderà il lavoro e si farà invischiare in affari poco puliti; l'anziana zia che ha truffato lo denuncerà, e lui finirà in carcere. C'è un finale in positivo, che noi già immaginiamo perché il film è tutto un lungo flashback: la figlia del rilegatore è innamorata del giovane, lo attende all'uscita del carcere insieme al padre, e ci sarà una rinascita.

Il film è molto lungo, 2h20' circa, ben recitato, ed è molto diverso da "Nosferatu": il che fa pensare anche a quanta superficialità e a quanti luoghi comuni (magari divertenti da raccontare) circolino intorno al nome di F. W. Murnau. Non direi che sia un film riuscito, la narrazione è un po' macchinosa e gli attori non "bucano" lo schermo; però siamo nel 1922 e bisogna pur tenerne conto.
Buona comunque la recitazione di tutti, già molto simile a quella cui siamo abituati; bello il restauro del film, presentato su Raitre una decina d'anni fa, con virati molto significativi e mai messi a casaccio. C'è una sola sequenza onirica che rimanda all'espressionismo, a 40' circa dalla fine quando la città sembra cadere addosso al protagonista (la fine del quarto tempo, se non sbaglio).

Gli attori: Alfred Abel è il protagonista, forse un po' anziano per la parte, un Ugo Pagliai più snello. Aud Egede-Nissen (la Carozza del "Mabuse" di Fritz Lang) interpreta sua sorella, che lascia la casa e la madre malata; il "cognato" dissoluto convincerà il giovane alla truffa e alle rapine che lo rovineranno. Lil Dagover, interprete del "Caligari" di Robert Wiene, è la figlia del rilegatore; Lya de Putti, una delle grandi dive di quel tempo, interpreta il doppio ruolo di Veronika e della sua sosia Melitta (Melitta ha più spazio, Veronika si vede poco).
 

"Fantasma" è comunque n film di grande spessore, ben recitato e ben fatto; probabilmente il problema per lo spettatore di oggi sta nel soggetto o magari nella sua riduzione. Chissà come è il romanzo originale, viene da chiedersi; e, in ogni caso, per le storie di Muse e di poeti forse non è più il tempo. Questo è il tempo in cui si ride e si alzano le spalle su Auschwitz, nel 1922 i tempi brutti stavano per arrivare e chissà quanti anni buoni abbiamo ancora davanti noi, cen'tanni dopo.




 

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