martedì 1 marzo 2011

La voce della Luna ( VII )

La voce della luna (1989) Regia di Federico Fellini. Dal libro di Ermanno Cavazzoni “Il poema dei lunatici”. Sceneggiatura di Ermanno Cavazzoni, Federico Fellini, Tullio Pinelli Fotografia: Tonino Delli Colli Montaggio: Nino Baragli. Scenografie di Dante Ferretti. Art Direction: Maria Teresa Barbasso, Nazzareno Piana, Massimo Razzi. Set Decoration: Francesca Lo Schiavo. Costumi di Maurizio Millenotti Musiche originali di Nicola Piovani (116 minuti)
Interpreti: Roberto Benigni (Ivo Salvini), Paolo Villaggio (il prefetto Gonnella), Nadia Ottaviani (Aldina), Marisa Tomasi (Marisa, moglie di Nestore), Angelo Orlando (Nestore) Sim (l'oboista), Syusy Blady (Susy), Eraldo Turra (l’uomo sorridente), Patrizio Roversi (il figlio di Gonnella); Dario Ghirardi (giornalista); i tre fratelli Micheluzzi: Dominique Chevalier (sulla gru), Nigel Harris (sottoterra), Vito (in giacca e cravatta); Daniela Airoldi, Stefano Antonucci, Ferruccio Brembilla, Stefano Cedrati, Giampaolo Cocchi, Roberto Corbiletto, Giordano Falzoni, Mario Falcione, Francesco Gabriele, Fabio Gaetani, Ettore Geri, Franco Iavarone (as Giovanni Javarone), Lorose Keller, Arrigo Mozzo, Pippo Negri, Angela Parmigiani, Carmine Ponticiello, Roberto Russoniello, Concetta Sferrazza, Giorgio Soffritti, Massimo Speroni, Silvana Strocchi, Arturo Vacquer, Eric-André Averlant, Salvatore Billa, Luciana Castellucci

A 1h16’ dall’inizio, finalmente, troviamo Benigni e Villaggio da soli, di notte, in aperta campagna, a parlare delle voci. Le voci che arrivano dai pozzi, dall’acqua, dai rubinetti, voci che “sono troppo veloci, non si capisce se non qualche sillaba, qualche parola ma breve”. Così dice Benigni-Salvini, e il prefetto Gonnella (cioè Paolo Villaggio) gli risponde da esperto in materia:
- Conosco il trucco! Aspettano che sia tu a fare il primo passo...
Nella notte, enormi macchine agricole lavorano nei campi; c’è un’atmosfera strana, la Luna è su in alto. D’improvviso, Gonnella si ritrova da solo. Salvini non c’è più, dove è andato?
Salvini (facile immaginarlo) è andato a finire dentro un pozzo, per sentire le voci. Se ne sono accorti in molti, contadini soprattutto, e sono andati a recuperarlo. Adesso lo rimproverano bonariamente, scambiandolo per un ladruncolo: «...ma non le teniamo mica più lì nel pozzo, le cocomere!». L’unico che lo capisce veramente, tra i presenti, è Terzio: uno dei tre fratelli Micheluzzi, lo stesso che era andato a recuperarlo sul tetto, con la piattaforma mobile.
Salvini: ...niente di fermo, niente di sicuro...Allora vi dico che forse vogliono aiutarci, ma non sanno con chi parlare, scelgono a caso, si confidano...Io devo capire, ma tutte queste api nella testa, questo rimbombìo, questi schiocchi di frusta, e l’eco infinita di migliaia e migliaia di voci... Devo riuscire a capire, devo capire, Terzio...
La verità era vicina, sembrava di poter giungere alla chiarezza, e invece... Questa riflessione di Salvini è un po’ la prosecuzione del dialogo che avevamo ascoltato all’inizio della scena della festa di piazza, quando un buontempone chiede al parroco “ma come mai le Madonne appaiono solo agli ignoranti, e non magari a qualche teologo che saprebbe porre le domande giuste?”.
Questa sequenza dura meno di cinque minuti, al termine dei quali Villaggio-Gonnella torna ad accogliere l’amico Salvini, ormai tornato in sè (beh, quasi):
Gonnella: Ho seguito tutto con attenzione, e ho una sola obiezione da farle: il suo non è un ragionare, lei almanacca.
Spuntano come dal nulla tre donne nere, africane o caraibiche: avanzano nella campagna come danzando, cantando una nenia incomprensibile. Salvini e Gonnella le seguono, nei campi. In questo cammino, nei campi, Gonnella vede spuntare il suo vicino di casa, il cordialissimo vecchietto siciliano che lo invita sempre a passare del tempo con gli altri anziani: «Dottor Gonnella, che piacere, che coincidenza...»
A 1h22’ Benigni-Salvini si interroga su tutto questo camminare: «Ma quanto tempo è che abbiamo cominciato a camminare? Mi sembra che tutta la mia vita sia questa notte...»
Ma poi ci si ferma, le donne africane preparano un banchetto, c’è molta gente, due ragazze arrivano in bicicletta su una stradina sterrata (due piccole biciclette, quasi come Giulietta Masina e Sandra Milo in “Giulietta degli spiriti”), Benigni-Salvini si ferma volentieri ma Gonnella lo chiama, da poco distante: «Giovanotto! mi raggiunga, presto!» e gli fa segno di abbassarsi, di nascondersi, che non bisogna farsi vedere, è una cosa segreta della massima importanza. E infatti il prefetto Gonnella nomina Benigni-Salvini suo luogotenente, con tanto di investitura ufficiale, come gli antichi cavalieri: l’impresa sta per cominciare – o, almeno, così sembra...
Questi notturni sono meravigliosi: non tanto per la storia in sè, quanto per come sono stati realizzati. Fellini si è sempre scelto dei collaboratori eccezionali, scenografi come Donati e Ferretti, direttori della fotografia come De Santis e Delli Colli, costumisti, artigiani...Tecnici di enorme bravura, che grazie a Fellini sono diventati famosi in tutto il mondo e sono andati anche a vincere gli Oscar a Hollywood, lavorando anche con altri registi. Questo è stato uno dei grandi meriti di Fellini, e quando si ragiona sul “made in Italy” bisognerebbe tenerne gran conto. Federico Fellini non c’è più, non ci sono più Antonioni, De Sica, Visconti, le ragioni della crisi del “made in Italy” sono da cercare anche (soprattutto?) qui. I film di Fellini possono anche non piacere, ma queste magie riuscivano solo a lui: “La voce della Luna” non è forse il film migliore per apprezzarle, ma vivere in un’epoca in cui un ministro per l’Economia si azzarda a dire che “con la cultura non si mangia” è davvero spaventoso. E anche questo sarebbe un discorso da affrontare, ma qui sto parlando del film e al film ritorno.
A 1h25’ comincia la scena della discoteca, che è forse già un “rave party”, ambientato in un casolare in aperta campagna. Salvini-Benigni è estasiato: quante donne! E tutte belle, bellissime...
Salvini: Ma sì, è così! Sono convinto che voi donne sapete qualcosa che noi non sappiamo, e non volete dircelo, ve lo tenete solo per voi...
Una frase che ci rimanda ancora a “Otto e mezzo”, ma anche a “La dolce vita”, al Casanova, a “La città delle donne”: un pensiero veramente felliniano, verrebbe da dire.
Salvini ha ancora con sè la scarpina della sua Aldina: con sopresa, scopre che va bene a tutte, ma proprio a tutte: «Il segreto è che siete tante, ma siete tutte una donna sola...». Almeno da questo punto di vista, Salvini è riuscito a superare uno dei traumi della sua vita. Non esiste più un’unica innamorata, tutte le donne meritano di innamorarsi di loro, ci si può innamorare di tutte le donne e non di una sola...
Diverso è l’approccio del prefetto Gonnella: Gonnella-Villaggio si arrabbia, questa festa non la sopporta, invoca il silenzio, viene buttato fuori, poi balla il Danubio blu di Johann Strauss insieme alla moglie, che lo ha seguito pazientemente, e con amore, per tutto il film. I giovani gli fanno spazio, ascoltano e guardano in silenzio, ma solo per la durata di un valzer: poi si ricomincia esattamente come prima.
(continua)

2 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

Scene notturne bellissime, nient'altro da aggiungere. Qui il tutto sembra un sogno, in una dimensione famigliare ma al contempo metafisica, proprio come in certi sogni, per l'appunto. Una piccola notazione sulla scena della discoteca: il brano dance che si ascolta è "The Way You Make Me Feel" di Michael Jackson, ascoltato chiaramente e praticamente nella sua interezza. Chissà quanto sarà costato ai produttori...

Giuliano ha detto...

A me piace moltissimo il momento in cui il casolare si apre e si comincia a vedere la gente che balla, preceduto da Villaggio e Benigni che si specchiano nella pozza d'acqua, e la luna che deforma le immagini. E' davanti a momenti come questi, anche in Kubrick o in Kurosawa o in Bertolucci, che mi ero convinto che non avrei mai potuto fare cinema...
:-)
Michael Jackson? non l'ho letto sui titoli di coda, che mi sia sfuggito?