lunedì 14 marzo 2011

Dead man ( IV )

Dead Man (1995) Scritto e diretto da Jim Jarmusch. Fotografia: Robby Müller. Montaggio: Jay Rabinowitz. Musica: Neil Young. Con Johnny Depp (William Blake), Gary Farmer (l’indiano Nobody), Crispin Glover (il fuochista), John Hurt (capufficio da Dickinson), Robert Mitchum (Dickinson), Gabriel Byrne (il figlio di Dickinson), Mili Avital (Thel, la ragazza che accoglie Depp in città), Michelle Thrush (la donna di Nobody), Alfred Molina (il missionario del negozio), John North (Olafsen). I tre killer: Lance Henriksen (Cole Wilson), Michael Wincott (Conway Twill), Eugene Byrd (Johhny “the Kid” Pickett). I tre cacciatori di opossum: Iggy Pop (Salvatore “Sally” Jenko), Billy Bob Thornton (Big George Drakoulious), Jared Harris (Benmont Tench). I due sceriffi gemelli: Mark Bringelson, Jimmy Ray Weeks. Durata: 121 minuti.

All’inizio del film, Johnny Depp è un piccolo contabile dall’aspetto timido, mite. Ha un abito a grosse righe, quasi a scacchi, e un cappello che assomiglia molto a quello che portava Buster Keaton. Siamo nell’America leggendaria dell’Ottocento, in ambiente western, su un treno carico di gente che non parla, si muove poco, è assente. L’immagine è in bianco e nero, ma un bianco e nero strano, leggermente virato, come in Stalker: il bianco e nero dei sogni.
Sul treno, il piccolo contabile tira fuori le carte da gioco: ma è per fare un solitario. Dai finestrini, scorrono i paesaggi sconfinati del vecchio West. Qualche tempo dopo, gli si avvicina un uomo giovane ed elegante, che però ha il volto nero di fuliggine, e gli occhi penetranti, chiari, fiammeggianti. Si siede davanti a lui ed inizia questo dialogo pieno di pause e di silenzi:
- Guarda fuori dal finestrino. Non ti torna alla memoria di quando eri nella barca, e di quando quella notte e eri disteso con lo sguardo rivolto al cielo, e l’acqua di cui ti ricordavi non era poi così diversa dal paesaggio. E tu ti chiedesti: come mai il paesaggio si sta muovendo ma la barca è ferma? E ancora... (cambiando bruscamente discorso) Da dove vieni tu?
- Da Cleveland.
- Cleveland?
- Lago Erie.
- Lago Erie. Hai genitori laggiù a... Erie?
- Sono morti di recente.
- E hai una moglie? A Erie?
- No.
- Una fidanzata?
- Beh, ne avevo una. Ha cambiato idea.
- Se ne è trovato un altro.
- No.
- Sì invece. Bene, questo non spiega perché tu sia venuto fin qui. Tanta strada per finire all’inferno.
- Io... ho un lavoro nella città di Machine.
- Machine? E’ l’ultima fermata.
- Davvero?
- Sì.
Una volta giunto a Machine (l’ultima fermata) il piccolo contabile incontrerà un cattivissimo capitalista di nome Dickinson, interpretato da Robert Mitchum. Non troverà il lavoro, ma una ragazza che fa i fiori di carta, come Mimì nella Bohème. (Mili Avital: esce di scena troppo presto, peccato). Ma questo è solo l’inizio di una serie di avventure, che faranno del protagonista un bandito in fuga, assistito da un indiano che parla per proverbi ma che – evidentemente - conosce un sacco di cose che gli altri non conoscono.
Altri dialoghi dal film:
- Diamine, Cole, era solo un ragazzo!
- Adesso è un pupazzo di fango.
(dialogo fra i due killers superstiti)
- Senti...sono molto debole... Ho fame.
- La ricerca della visione è una benedizione, William Blake. E per averla si deve fare a meno del cibo e dell'acqua. Tutti gli spiriti sacri riconoscono chi sa digiunare. E' giusto prepararsi ad un viaggio in questo modo.
- Credo di aver perso i miei occhiali... Senza non ci vedo bene.
L'indiano li indossa e sorride:
- Forse ci vedrai meglio senza occhiali. (sorride ancora)
- Sei un uomo strano... (sorride). Molto strano. (è molto debole, e sviene).
(dialogo "del peyote" tra l'indiano e Blake)
- E' questa la barca che mi farà attraversare la grande acqua?
- No. Ma stiamo andando da quella parte.
(dialogo fra Nobody e William Blake, sulla canoa)
Alla fine di questo dialogo, il cavallo pezzato (che ha un suo ruolo importante) saluta Blake dalla riva.
“Dead man” è un film notevole, e per più di un motivo; prima di tutto perché non ricordo un altro film che gli somigli, non tra quelli che sono usciti normalmente nei cinema negli ultimi 15 anni; ma si facevano un tempo, film così. E’ più impressionante di tanti horror, anche se non è un horror. Questo non è un giochino come “Lost” o “The others”: qui si fa sul serio, non si gioca ai fantasmi. Non sorprende quindi che la critica lo abbia sottovalutato e che il pubblico (i dodicenni per i quali si fanno i film oggi, e gli adulti che a loro si adeguano) non lo abbia capito. Innanzitutto, è ben fatto: magistrale la fotografia di Robby Müller, vitale il bianco e nero (e il virato), ottimi gli attori. A tratti sembra davvero Kafka: Amerika, o meglio ancora Il Castello. Ci sono scarti continui tra western tradizionale e sovrannaturale, killers da leggenda come ai bei tempi di Billy the Kid ma con ironia e salti nell’horror. Uno stile particolarissimo, quasi un film di Leone, ma girato al Nord e al freddo.
E' anche un film shakespeariano (forse il Re Lear?) tra simboli, tragedie, buffoni, prestiti, ammicchi, alberi. Ma nel vedere il film, trovo una serie di continui rimandi, che ho elencato nei post precedenti: direi, dall'inizio, Amerika di Kafka; ma anche Metropolis, Fritz Lang e Murnau. Johhny Depp è sorprendente, Mitchum è spettacolare, ottimo il trio dei killers, perfetto Gary Farmer (il che non era facile: uno sciamano grasso, che oltretutto pratica il digiuno!).
Molto belle le musiche di Neil Young. Il cast: il fochista (Crispin Glover) , il capocontabile (John Hurt), Mr. Dickinson (Mitchum) , il figlio di Dickinson (Gabriel Byrne), la bellissima Thel Russell (Mili Avital). E il trio dei killers solitari: Cole Wilson il cannibale (Lance Henriksen), Conway Mc Twill il chiacchierone (Michael Wincott), il ragazzino nero Johnny Pickett (Eugene Byrd), il grande Nobody (l'indiano Gary Farmer). Alfred Molina, meno grasso che in altri film, è il missionario dell’emporio, nel finale.
Notevole anche Michelle Thrush, la donna di Nobody: l’indiano e la ragazza fanno l’amore sotto una pelle d’orso; William Blake pensa davvero che sia un orso e si rischia la sparatoria. La ragazza si alza e insulta tutti e due in una lingua indiana a noi incomprensibile, ed è uno dei momenti più divertenti del film.
C'è anche il cantante Iggy Pop, che fa "Sally" (cioè Salvatore), cacciatore di opossum, in trio con Billy Bob Thornton (che ha lavorato molto con i Coen) e con Jared Harris. Nella lista degli interpreti (molto lunga) a voler essere pignoli, manca il nome del cavallo pezzato, al quale Dickinson dice più volte di tenere moltissimo e che quindi senza dubbio va considerato come uno dei protagonisti.
Il direttore della fotografia, il tedesco Robby Müller, è uno storico collaboratore di Wenders; e Jarmusch cominciò a fare seriamente cinema proprio sul set di un film di Wenders, “Paris Texas”, realizzando un cortometraggio che poi divenne un ottimo film, molto originale: “Stranger than paradise”.
Neil Young compone la colonna sonora più stupefacente di questi ultimi anni, ricreando il battito del cuore (o il tamburo, che fa lo stesso) con la chitarra elettrica.
Il film è girato a Coconino National Forest, Sedona and Peaks Rangers District Arizona. Siskiyou National Forest. Makah Village è il villaggio indiano nel finale, quando Blake viene messo nella canoa: la dizione completa è Makah Village, Neah Bay, Washington. 
Coconino è anche il posto dove si svolgono le storie a fumetti di Krazy Kat (autore George Herriman, anni '30 e '40) e chissà se c'è un nesso fra le due cose (probabilmente sì, l'atmosfera è sempre quella dei sogni).

6 commenti:

Marisa ha detto...

L'ho appena rivisto e ti ringrazio per tutti gli spunti di cui i tuoi post sono così ricchi.
Ora ti dirò quello che, forse delirando, mi è venuto in mente e che, quando avevo visto il film la prima volta, non avrei immaginato...
Grazie all'attenzione che dedichi ai dialoghi, ho fatto caso che si tratta di un film circolare, in cui il primo importante dialogo tra il fuochista e William Blake si capisce solo alla fine: la canoa di cui si parla è infatti quella finale, la barca sarcofago allestita per la "traversata".
Il fuochista così anomalo che ti ha giustamente colpito e che parla subito della barca da cui W.B. guarda il cielo e vede il paesaggio scorrere, secondo me, non è altro che Loki, il dio del fuoco e della morte, e perciò parla in modo così oscuro, è così elegante ed ha gli occhi di ghiaccio...Gli sta preannunciando il suo destino e che lui venga da Cleaveland e vada a lavorare da Dickinson non ha infatti alcuna importanza.
Il suo vero destino è già tutto segnato dal nome che l'ingenuo contabile non sa nemmeno a chi in realtà appartenga e non conosce nemmeno una poesia del vero William Blake.
La figura chiave del film è l'indiano "Nobody", il vero Ulisse della situazione, colui che è stato esiliato e profugo per tanto tempo dalla sua gente e che ha imparato nelle sue perigrinazioni tante cose ("Che città vide molte, e delle genti l'indol conobbe...").E' lui infatti che salva l'ignaro contabile e gli rivela la sua vera identità, portandolo, attraverso una serie di iniziazioni, alla dignità finale di una morte che sia una vera "traversata" per ricongiungersi alla meta finale, che è anche l'origine di ogni spirito...
Ma, secondo me, il vero senso del film sta nella metafora transpersonale: l'uomo bianco ha perso le sue visioni. William Blake, il poeta più visionario dell'occidente, è stato rimosso e non è più capito. E' diventato un piccolo contabile; per recuperarlo ci vuole l'aiuto di un indiano, cioè la capacità visionaria viva di un popolo ancora legato agli spiriti e alle sue rappresentazioni. Ma forse è troppo tardi per tutti e il coraggio della visione può solo preparare a morire...

Giuliano ha detto...

Io ero rimasto molto colpito dalla vicinanza con il mito di Gilgamesh, con il quale le somiglianze sono enormi, ma qui ho volutamente sorvolato perché dovrei rileggermi gli appunti, purtroppo per me è tanto tempo che non penso a Gilgamesh... Gilgamesh ha un amico che è metà uomo e metà bestia (metà orso?), con il quale compie molte avventure; alla fine la dea Ishtar li prende in dispetto, e siccome non può far niente a Gilgamesh, che è di origine divina e quindi immortale, fa morire il suo amico Enkidu.
Gilgamesh è sconvolto dalla morte dell'amico, non conosce la morte, non l'aveva mai immaginata possibile; rimane a vegliare l'amico finché non lo vede corrompersi sotto i suoi occhi, e le sue parole (è un passaggio tra i più sconvolgenti mai scritti dall'uomo) sono quasi identiche a quelle che dice Cole quando ammazza il ragazzo nero.
Gilgamesh attraverserà "la grande acqua" per andare a trovare l'uomo immortale...
Loki ha molte caratteristiche di Shiva, come ben sai; il paragone ci può stare, ma Loki è Mercurio, ha una furbizia e una doppiezza che non vedo nel fuochista. Shiva e Kali (come nel "Fiume" di Renoir, come in Andrej Rubliov...) sono proprio la morte (la distruzione) e la rinascita.
Il riferimento a Ulisse, invece, l'ho proprio dimenticato! Forse perché Nessuno è troppo esplicito, ma direi proprio che è un mio errore, vedrò di rimediare in futuro...
:-)
L'attore che interpreta Nobody è proprio come John Goodman nei film dei Coen: come ricorderai, in "Fratello dove sei" John Goodman è Polifemo...

Marisa ha detto...

Sinceramente non vedo mlte somiglianze con Gilgamesh: l'amicizia tra i due è molto diversa perchè nella saga epica Gilgamesh è quasi un Dio e, proprio per attenuare la sua onnipotenza, gli viene affiancato un essere mortale semiselvaggio come Enkidu per amico, mentre qui il povero Johnny Depp è un piccolo uomo indifeso cui l'amico indiano, che pur nella sua vicinanza con la natura selvaggia non ha niente di Enkidu vista la sua cultura sorprendente, deve insegnare tutto. Poi il nome (Nessuno) lo avvicina ad Ulisse, come abbiamo già detto.
La traversata della "grande acqua" non avviene per cercare l'erba dell'immortalità (che sarebbe servita a riportare in vita l'amico e garantire l'immortalità al genere umano), ma qui è preparata e celebrata una vera morte, per ritornare alla terra degli spiriti, l'occidente da cui il vero William Blake veniva. E' quindi una vera traversata agli inferi, senza alcun ritorno. Tutto il film, e lo dice già il titolo, è infatti sulla morte. Ma si parte da una morte senza senso, o meglio solo violenta e stupida( tutto il paesaggio è disseminato di cadaveri e soprattutto di resti di massacri di indiani e bisonti) per arrivare ad una morte rituale, piena di senso e dignità.

Ho pensato a Loki e non a Hermes o Shiva per via delle caratteristiche nordiche del personaggio (gli occhi di ghiaccio)e al fuoco e poi perchè, pur avendo delle analogie, i vari Dei non sono proprio sovrapponibili. Loki è più legato al fuoco e alla morte (vedi il ruolo nella morte di Balder), mentre Hermes è solo un messaggero che accompagna le anime dei defunti e la sua sfera d'azione (ermetica appunto) è più culturale e trasformativa. I suoi imbrogli sono sempre a vantaggio dei commerci e della conoscenza.
Shiva invece è il "grande asceta" ed opera la distruzione e la presiede per permettere alla vita di rinnovarsi. Come compagna non ha solo Kalì, l'oscura signora della distruzione, ma anche e soprattutto la bellissima Parvati, la figlia dell'Himalaja, che gli viene affiancata proprio per distoglierlo dalla continua meditazione.
Ma con i miti, si sa, si può continuare a giocare ancora e a rimescolare le carte...E' anche il loro bello.

Giuliano ha detto...

Prima di tutto, bisognerebbe chiedere il permesso a Jim Jarmusch...
:-)
E' un gioco di rimandi continuo, a me è venuto in mente anche il mito di Orfeo, però il punto di riferimento che dovremmo considerare è quello degli indiani del Nord America, una mitologia e una religione di cui confesso di sapere pochissimo.
Di sicuro siamo negli inferi, questo sì, o magari in una zona intermedia fra la vita a e la morte (ne parla anche Bergman, spesso: è svedese e quindi qualcosa ne sapeva, anche se figlio di un pastore protestante).
Del fuochista, mi ha colpito (non può non colpire) l'estrema sicurezza con cui va da William Blake. E poi c'è un dettaglio che bisognerebbe approfondire, e tu puoi farlo meglio di me: il fuochista viene mostrato mentre alimenta la caldaia della locomotiva; e quello che butta per alimentare la locomotiva non è soltanto carbone, c'è qualche cosa che ha un aspetto vagamente inquietante. E' questo che mi ha fatto pensare a Shiva.

Marisa ha detto...

Penso proprio che Jim Jarmusch non abbia niente da ridire perchè una volta dato al pubblico un film appartiene a tutti ed abbiamo il diritto di vederci e dire quello che ci suscita...
:-)
Si può sempre non essere d'accordo, ma le immagini devono vivere anche attraverso le impressioni e i tentativi di trovarci un senso.
Orfeo è sempre presente quando si parla di poesia!
E maggiormente se la poesia ha a che fare con il viaggio agli Inferi.

Giuliano ha detto...

Di Jarmusch è impressionante anche "Ghost dog", che si basa sul codice del samurai: ma ho sempre avuto l'impressione che il codice del samurai sia solo una scusa, che il vero senso di quel che si vede in "Ghost dog" stia altrove, cioè molto vicino a quello che vediamo in "Dead man". Un passo più in là, e siamo ai Coen: in matematica sarebbe una derivata, un asintoto, qualcosa del genere...
Ho fatto il nome di Jarmusch perché anch'io nel mio piccolo sono un autore, come sai, e i miei significati li so solo io, tante volte sono cose piccole ma (come insegna il mio grande maestro, Lewis Carroll) se le mascheri bene sembrano cose profonde e misteriose; e poi per non andare troppo alla deriva con le metafore, in fin dei conti il film è bello così com'è, anche senza spiegarlo; e si ride molto, questo sì che mi sono dimenticato di scriverlo.
Devo anche aggiungere che Dead man era uno dei primi film di cui avrei voluto parlare, ma è difficile parlarne...