sabato 4 aprile 2020

VHS


 
Portarsi a casa un film da vedere e rivedere, come se fosse un libro, è stato il sogno di tutti gli appassionati, dal 1895 in poi. C'era chi poteva farlo, ma erano persone molto ricche o gente del mestiere, come Ingmar Bergman che aveva una sua sala di proiezione personale, con decine di pellicole; serviva comunque un proiettore da cinema, un locale ampio, il buio. C'è stato anche il super8, i filmini girati in famiglia; ma anche questi erano piuttosto costosi e pochi potevano permetterselo. Dagli anni '80, però, tutto questo divenne possibile e a un prezzo contenuto: ed è stato il grande merito storico delle videocassette, oggi dimenticatissime. Anche il dvd, che rese possibile la grande qualità delle immagini, è ormai visto come un oggetto sorpassato; ma su questo ci sarebbe molto da dire, o meglio: ci sarebbe molto da dire sulla qualità dell'editoria, e sulla professionalità di chi rende disponbili film e documentari. Per spiegare bene cosa intendo faccio un esempio: io ho in casa (si trovano ancora, hanno avuto successo e sono stati più volte ristampati) diversi libri della "Sansoniana straniera", una collana di libri dell'editore Sansoni che risale addirittura a cent'anni fa: testo a fronte, note di grandi studiosi, confezione accuratissima, rari e quasi inesistenti gli errori di stampa, testi di Shakespeare, Molière, Wagner, Ben Jonson, Spenser, Lope de Vega, Goethe, un catalogo enorme e molto accurato. Questo tipo di editoria accurata è stato poi ripreso dagli altri grandi editori italiani, fino a diventare un modello di riferimento.

Nella mia ingenuità, ancora nel 1988, io pensavo che un lavoro simile sarebbe stato fatto anche per i film: ma non è andata così. Ricordo ancora la mia prima visita a un negozio di videocassette, dove i film si potevano anche noleggiare: i primi due titoli che stavo cercando erano "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman e "Rashomon" di Akira Kurosawa, ma il commesso (o forse il proprietario) non aveva la minima idea di cosa fossero, mai sentiti nominare. Così, ho sfogliato il catalogo e mi sono portato a casa "Ran", almeno quello c'era; ma dopo altri due o tre tentativi avevo lasciato perdere. Che io ricordi, con le vhs l'unica operazione editoriale veramente degna di questo nome fu fatta da Walter Veltroni quando era direttore de "L'Unità", con titoli molto ben scelti e spesso anche rari da trovare. Ho comperato pochissime vhs "ufficiali", rimanendo spesso deluso dalla loro qualità; di quelle poche ricordo ancora "Sacrificio" di Tarkovskij, conservata con tutte le attenzioni e quasi con devozione, ma ritrovata poi dopo pochi anni così sbiadita e inintellegibile che sono stato costretto a buttarla via. In compenso, le registrazioni casalinghe, anche con marche improbabili e con infinite riscritture, funzionavano benissimo anche dopo vent'anni; ed è un mistero che non sono ancora riuscito a decifrare. (La possibilità di scrivere su "Sacrificio", mai pubblicato su dvd, mi è stata data, a suo tempo, da Marisa Rainer e da suo figlio - "Tomobiki Märchenland" - , e li ringrazio ancora sentitamente: anche quella era una vhs registrata in casa).

Il dvd consentì di avere finalmente la qualità di immagini che con i nastri era preclusa in partenza; in più, c'era la possibilità di avere il sonoro originale, i sottotitoli per imparare le lingue, gli extra (interviste, spezzoni non montati, tante cose). Non tutti però ne approfittarono, molti dei dvd in commercio erano semplici riversamenti da vhs, meno accurati di quelli che avevamo fatto noi in casa. Un semplice cambio di supporto, cioè un'editoria di bassa lega e anche vagamente truffaldina. Oggi i videoregistratori non esistono più (non in commercio), anche trovare un lettore dvd sta diventando difficile, già sette anni fa il venditore di personal computer mi presentò come un vanto il fatto che nell'hardware non ci fosse il lettore cd/dvd. Oggi si va di smartphone e probabilmente chi ha meno di vent'anni non sa nemmeno che i film andrebbero visti su uno schermo grande, e che già il televisore, anche il più grande, penalizza capolavori come quelli di Stanley Kubrick, di Bernardo Bertolucci, di John Ford, pensati per il cinema.
Oggi guardo cosa succede, per esempio su Raiplay o su Youtube, e mi chiedo: ci sarà ancora spazio per un'editoria seria, come la Sansoniana di cent'anni fa? Così a occhio direi di no, il pubblico ha gusti molto grossolani e i dirigenti dei canali televisivi e dell'editoria in genere non mi sembrano molto attenti alla qualità (mai fatto caso alla quantità di errori di stampa sui libri, per esempio?). In più, la presenza di molte reti come Netflix, o Disney, con le loro esclusive, costringe l'appassionato a fare molti abbonamenti, o magari a inseguire la continuazione di ciò che stava vedendo da una rete all'altra: cosa che non era mai successa prima, perché quando si andava al cinema, o si entrava in una libreria o in un negozio di video, si cercava il titolo e non l'editore o il possessore dei diritti. Servirebbe, e spero che ci si arrivi, un programma apposito che dica dove posso trovare il film o il documentario che mi manca, e magari pagare qualcosa ma senza essere costretto ad abbonarsi e senza essere perseguitato da richieste successive o da pubblicità. Come in libreria, insomma: prendo il titolo che mi interessa, pago, e torno a casa senza essere disturbato.

Qualche tempo fa ho potuto vedere, sulla Tsi (Tv Svizzera Italiana), un documentario su VHS e Betamax, scritto e diretto da Dimitri Kourtchine per Arte France nel 2017. Si poteva fare meglio, ma è comunque divertente e dà le informazioni giuste. Gran parte del documentario è dedicata ai collezionisti, cioè alle persone che ancora oggi conservano centinaia di videocassette; ed è una carrellata divertente e simpatica. Viene però indicato, con molto autocompiacimento, anche quello che è stato il vero limite delle videocassette, cioè l'aver puntato tutto su prodotti molto commerciali, o ritenuti tali, se non addirittura mediocri. Non a caso, il grande successo delle VHS nasce dai film pornografici, finalmente visibili anche in casa propria e nell'anonimato. L'industria delle VHS è stata quasi sempre in mano a ignoranti di bocca buona (da noi, l'eccezione più importante fu sotto la direzione di Veltroni all'Unità) e il documentario pullula di titoli pessimi, titoli da cinema di terza visione (come da noi erano i film di Pierino con Alvaro Vitali), e successi commerciali piuttosto grossolani, da Rambo agli horror più triviali, fino ai musical come Flashdance o Grease.
E' interessante il capitolo sui Paesi dell'Est, un vero percorso storico e non solo per il cinema. In particolare si parla della Polonia dove "L'interrogatorio" di Ryszard Bugajski con Krystina Janda (nell'immagine qui a fianco) fu proibito nel 1982 (otto anni dopo fu proiettato a Cannes, dove la protagonista vinse il premio come miglior attrice) e potè circolare solo in VHS, clandestinamente; e questo è un esempio "alto". Però poi il documentario prosegue, e mostra che i polacchi e i cechi in cassetta cercavano le cose più commerciali, e le classifiche di vendite e noleggio parlavano chiaro. Insomma, noi dell'Ovest eravamo qui a cercare Kieslowski, Wajda e Jiri Menzel, loro in Polonia e Cecoslovacchia cercavano i film più dozzinali americani, Chuck Norris, Rambo, Travolta, perfino Fantozzi e Celentano avevano un loro mercato. La stessa cosa, va detto, accadeva qui da noi in quel periodo con tv e radio private, la prevalenza della banalità e del dozzinale sulla qualità e sull'informazione corretta. E' una riflessione triste, soprattutto se si pensa a cosa è oggi la Rai (servizio pubblico, per la quale paghiamo un canone), e a cos'era prima degli anni '80. Oggi, la Rai per pubblicizzare Raiplay usa Fiorello e il festival di Sanremo, e le sue produzioni migliori sono quasi tutte disponibili solo su youtube, ed è un altro mistero del quale però conosco benissimo l'origine, nomi e cognomi compresi.

 
« ...Wajda, Kieslowski, per esempio, da noi hanno sempre avuto un grande seguito di pubblico. Ma ormai non è più così: la gente ci ha lasciato. Ci eravamo illusi che fare cinema fosse una cosa molto importante: lo era per il regime, che ci ha dato una grande importanza proprio perseguitandoci e censurandoci, forse trasformandoci in qualcosa che non eravamo. Bastava fare un film coraggioso, e si parlava di noi in Comitato Centrale. Poi sono andata, siamo andati, ai festival occidentali: e anche lì siamo stati premiati e applauditi. Questo ci ha fatto pensare che i nostri film fossero conosciuti e popolari anche in Occidente. Poi, recentemente, sono stata a Parigi. E ho cercato, a Parigi, i film dell'Est: venivano una distribuzione talmente povera che rimanevano in cartellone sì e no tre giorni, e in sala a vederli c'erano tre persone. Così ho capito, all'improvviso, che abbiamo vissuto un'illusione: l'illusione di un rapporto col pubblico che non c'è e che forse non c'è mai stato.»
(Agnieszka Holland, da La Repubblica 11.10.1990)
La stessa cosa, viene da dire, è successa in Polonia con la fede cristiana e con il cattolicesimo, punto di forza negli anni '80 ai tempi di Solidarnosc e di papa Woytila. Oggi, trent'anni dopo, le chiese polacche sono più o meno come le nostre, semivuote; ma questa è tutta un'altra storia - o forse no.
 


 
(i fotogrammi vengono da "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman
e "Rashomon" di Akira Kurosawa; le immagini pubblicitarie
erano disponibili in rete senza indicazioni)


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