Portarsi a casa un film da vedere e
rivedere, come se fosse un libro, è stato il sogno di tutti gli
appassionati, dal 1895 in poi. C'era chi poteva farlo, ma erano
persone molto ricche o gente del mestiere, come Ingmar Bergman che
aveva una sua sala di proiezione personale, con decine di pellicole;
serviva comunque un proiettore da cinema, un locale ampio, il buio.
C'è stato anche il super8, i filmini girati in famiglia; ma anche
questi erano piuttosto costosi e pochi potevano permetterselo. Dagli
anni '80, però, tutto questo divenne possibile e a un prezzo
contenuto: ed è stato il grande merito storico delle videocassette,
oggi dimenticatissime. Anche il dvd, che rese possibile la grande
qualità delle immagini, è ormai visto come un oggetto sorpassato;
ma su questo ci sarebbe molto da dire, o meglio: ci sarebbe molto da
dire sulla qualità dell'editoria, e sulla professionalità di chi
rende disponbili film e documentari. Per spiegare bene cosa intendo
faccio un esempio: io ho in casa (si trovano ancora, hanno avuto
successo e sono stati più volte ristampati) diversi libri della
"Sansoniana straniera", una collana di libri dell'editore
Sansoni che risale addirittura a cent'anni fa: testo a fronte, note
di grandi studiosi, confezione accuratissima, rari e quasi
inesistenti gli errori di stampa, testi di Shakespeare, Molière,
Wagner, Ben Jonson, Spenser, Lope de Vega, Goethe, un catalogo enorme
e molto accurato. Questo tipo di editoria accurata è stato poi
ripreso dagli altri grandi editori italiani, fino a diventare un
modello di riferimento.
Nella mia ingenuità, ancora nel 1988,
io pensavo che un lavoro simile sarebbe stato fatto anche per i film:
ma non è andata così. Ricordo ancora la mia prima visita a un
negozio di videocassette, dove i film si potevano anche noleggiare: i
primi due titoli che stavo cercando erano "Il settimo sigillo"
di Ingmar Bergman e "Rashomon" di Akira Kurosawa, ma il
commesso (o forse il proprietario) non aveva la minima idea di cosa
fossero, mai sentiti nominare. Così, ho sfogliato il catalogo e mi
sono portato a casa "Ran", almeno quello c'era; ma dopo
altri due o tre tentativi avevo lasciato perdere. Che io ricordi, con
le vhs l'unica operazione editoriale veramente degna di questo nome
fu fatta da Walter Veltroni quando era direttore de "L'Unità",
con titoli molto ben scelti e spesso anche rari da trovare. Ho
comperato pochissime vhs "ufficiali", rimanendo spesso
deluso dalla loro qualità; di quelle poche ricordo ancora
"Sacrificio" di Tarkovskij, conservata con tutte le
attenzioni e quasi con devozione, ma ritrovata poi dopo pochi anni
così sbiadita e inintellegibile che sono stato costretto a buttarla
via. In compenso, le registrazioni casalinghe, anche con marche
improbabili e con infinite riscritture, funzionavano benissimo anche
dopo vent'anni; ed è un mistero che non sono ancora riuscito a
decifrare. (La possibilità di scrivere su "Sacrificio",
mai pubblicato su dvd, mi è stata data, a suo tempo, da Marisa
Rainer e da suo figlio - "Tomobiki Märchenland" - , e li
ringrazio ancora sentitamente: anche quella era una vhs registrata in
casa).
Il dvd consentì di avere finalmente la
qualità di immagini che con i nastri era preclusa in partenza; in
più, c'era la possibilità di avere il sonoro originale, i
sottotitoli per imparare le lingue, gli extra (interviste, spezzoni
non montati, tante cose). Non tutti però ne approfittarono, molti
dei dvd in commercio erano semplici riversamenti da vhs, meno
accurati di quelli che avevamo fatto noi in casa. Un semplice cambio
di supporto, cioè un'editoria di bassa lega e anche vagamente
truffaldina. Oggi i videoregistratori non esistono più (non in
commercio), anche trovare un lettore dvd sta diventando difficile,
già sette anni fa il venditore di personal computer mi presentò
come un vanto il fatto che nell'hardware non ci fosse il lettore
cd/dvd. Oggi si va di smartphone e probabilmente chi ha meno di
vent'anni non sa nemmeno che i film andrebbero visti su uno schermo
grande, e che già il televisore, anche il più grande, penalizza
capolavori come quelli di Stanley Kubrick, di Bernardo Bertolucci, di
John Ford, pensati per il cinema.
Oggi guardo cosa succede, per esempio
su Raiplay o su Youtube, e mi chiedo: ci sarà ancora spazio per
un'editoria seria, come la Sansoniana di cent'anni fa? Così a occhio
direi di no, il pubblico ha gusti molto grossolani e i dirigenti dei
canali televisivi e dell'editoria in genere non mi sembrano molto
attenti alla qualità (mai fatto caso alla quantità di errori di
stampa sui libri, per esempio?). In più, la presenza di molte reti
come Netflix, o Disney, con le loro esclusive, costringe
l'appassionato a fare molti abbonamenti, o magari a inseguire la
continuazione di ciò che stava vedendo da una rete all'altra: cosa
che non era mai successa prima, perché quando si andava al cinema, o
si entrava in una libreria o in un negozio di video, si cercava il
titolo e non l'editore o il possessore dei diritti. Servirebbe, e
spero che ci si arrivi, un programma apposito che dica dove posso
trovare il film o il documentario che mi manca, e magari pagare
qualcosa ma senza essere costretto ad abbonarsi e senza essere
perseguitato da richieste successive o da pubblicità. Come in
libreria, insomma: prendo il titolo che mi interessa, pago, e torno a
casa senza essere disturbato.
Qualche tempo fa ho potuto vedere,
sulla Tsi (Tv Svizzera Italiana), un documentario su VHS e Betamax,
scritto e diretto da Dimitri Kourtchine per Arte France nel 2017. Si
poteva fare meglio, ma è comunque divertente e dà le informazioni
giuste. Gran parte del documentario è dedicata ai collezionisti,
cioè alle persone che ancora oggi conservano centinaia di
videocassette; ed è una carrellata divertente e simpatica. Viene
però indicato, con molto autocompiacimento, anche quello che è
stato il vero limite delle videocassette, cioè l'aver puntato tutto
su prodotti molto commerciali, o ritenuti tali, se non addirittura
mediocri. Non a caso, il grande successo delle VHS nasce dai film
pornografici, finalmente visibili anche in casa propria e
nell'anonimato. L'industria delle VHS è stata quasi sempre in mano a
ignoranti di bocca buona (da noi, l'eccezione più importante fu
sotto la direzione di Veltroni all'Unità) e il documentario pullula
di titoli pessimi, titoli da cinema di terza visione (come da noi
erano i film di Pierino con Alvaro Vitali), e successi commerciali
piuttosto grossolani, da Rambo agli horror più triviali, fino ai
musical come Flashdance o Grease.
E' interessante il capitolo sui Paesi
dell'Est, un vero percorso storico e non solo per il cinema. In
particolare si parla della Polonia dove "L'interrogatorio"
di Ryszard Bugajski con Krystina Janda (nell'immagine qui a fianco) fu proibito nel 1982 (otto
anni dopo fu proiettato a Cannes, dove la protagonista vinse il
premio come miglior attrice) e potè circolare solo in VHS,
clandestinamente; e questo è un esempio "alto". Però poi
il documentario prosegue, e mostra che i polacchi e i cechi in
cassetta cercavano le cose più commerciali, e le classifiche di
vendite e noleggio parlavano chiaro. Insomma, noi dell'Ovest eravamo
qui a cercare Kieslowski, Wajda e Jiri Menzel, loro in Polonia e
Cecoslovacchia cercavano i film più dozzinali americani, Chuck
Norris, Rambo, Travolta, perfino Fantozzi e Celentano avevano un loro
mercato. La stessa cosa, va detto, accadeva qui da noi in quel
periodo con tv e radio private, la prevalenza della banalità e del
dozzinale sulla qualità e sull'informazione corretta. E' una
riflessione triste, soprattutto se si pensa a cosa è oggi la Rai
(servizio pubblico, per la quale paghiamo un canone), e a cos'era
prima degli anni '80. Oggi, la Rai per pubblicizzare Raiplay usa
Fiorello e il festival di Sanremo, e le sue produzioni migliori sono
quasi tutte disponibili solo su youtube, ed è un altro mistero del
quale però conosco benissimo l'origine, nomi e cognomi compresi.
« ...Wajda, Kieslowski, per
esempio, da noi hanno sempre avuto un grande seguito di pubblico. Ma
ormai non è più così: la gente ci ha lasciato. Ci eravamo illusi
che fare cinema fosse una cosa molto importante: lo era per il
regime, che ci ha dato una grande importanza proprio perseguitandoci
e censurandoci, forse trasformandoci in qualcosa che non eravamo.
Bastava fare un film coraggioso, e si parlava di noi in Comitato
Centrale. Poi sono andata, siamo andati, ai festival occidentali: e
anche lì siamo stati premiati e applauditi. Questo ci ha fatto
pensare che i nostri film fossero conosciuti e popolari anche in
Occidente. Poi, recentemente, sono stata a Parigi. E ho cercato, a
Parigi, i film dell'Est: venivano una distribuzione talmente povera
che rimanevano in cartellone sì e no tre giorni, e in sala a vederli
c'erano tre persone. Così ho capito, all'improvviso, che abbiamo
vissuto un'illusione: l'illusione di un rapporto col pubblico che non
c'è e che forse non c'è mai stato.»
(Agnieszka Holland, da La Repubblica
11.10.1990)
La stessa cosa, viene da dire, è
successa in Polonia con la fede cristiana e con il cattolicesimo,
punto di forza negli anni '80 ai tempi di Solidarnosc e di papa
Woytila. Oggi, trent'anni dopo, le chiese polacche sono più o meno
come le nostre, semivuote; ma questa è tutta un'altra storia - o
forse no.
(i fotogrammi vengono da "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman
e "Rashomon" di Akira Kurosawa; le immagini pubblicitarie
erano disponibili in rete senza indicazioni)
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