martedì 3 dicembre 2019

Godard Alphaville


Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (Une étrange aventure de Lemmy Caution, 1965) regia di Jean Luc Godard. Soggetto ispirato ai libri di Peter Cheyney. Sceneggiatura di Jean Luc Godard. Fotografia di Raoul Coutard. Musiche di Paul Misraki. Interpreti: Eddie Constantine, Anna Karina, Akim Tamiroff, Howard Vernon, Christa Lang, Valerie Boisgel, Jean Pierre Leaud, e molti altri. Durata: 1h30' (1h40' nella versione originale)

"Alphaville" è la città dove si reca in missione segreta l'agente Lemmy Caution, per contattare uno scienziato fuggitivo. Siamo in un futuro imprecisato, l'agente viene dai "paesi esterni", Alphaville è strettamente governata da un calcolatore elettronico che si chiama Alpha 60, presente in ogni parte della grande città, in modo capillare, quasi un sistema di linfonodi. Riuscirà nella sua missione l'agente segreto? Sembra la trama di un film di fantascienza, ma Alphaville è esattamente la Parigi del 1965, gli oggetti e i vestiti sono quelli in uso nell'anno dell'uscita del film (magari anche un po' più antiquati, come l'impermeabile dell'agente segreto o la sua macchina fotografica), e per uno spettatore di oggi non è facile raccapezzarsi; ma questo è un film molto famoso e molto citato, se la prima impressione può essere negativa bisogna comunque tenerne conto. Una prima informazione utile, per capire "Alphaville", è nei dialoghi: si tratta quasi sempre di citazioni filosofiche o letterarie, da Borges a Eluard, da Shakespeare a Bergson, e molto altro ancora. Insomma, un gioco più che un film di fantascienza come si poteva pensare; e sta a noi decidere se parteciparvi o no.
 

Per molto tempo, "Alphaville" è stato l'unico film di Godard che io abbia visto. In tv non passava quasi niente di suo, al cinema i suoi film uscivano subito dalla programmazione; di Godard sentivo molto parlare, ma vedere i suoi film era difficile. Le cose cambiarono un po' con l'avvento delle videocassette, ma non tanto; i nuovi canali tv cominciarono a mettere in onda qualcosa di Godard, non per convinzione e giusto per riempire i palinsesti, ma saltare da "Alphaville" a "Crepa padrone" non aiutava certo a farsi un'idea del grande regista francese. Non mi aiutavano nemmeno i suoi film di maggior successo, quelli con Jean Paul Belmondo, e fu fuorviante a inizio anni '80 il rumore mediatico intorno a "Je vous salue Marie". Anche la critica aiutava a confondere le idee: troppi adepti osannanti, le analisi e le recensioni sui film di Godard erano sempre un po' troppo sopra le righe. Insomma, per avere un'idea completa di Godard (un Maestro, detto in breve) mi è toccato aspettare l'avvento dei dvd, e ringraziare la programmazione notturna di Fuori Orario su Raitre (bei tempi, quando c'era ancora Fuori Orario...). Così, ho approfittato di una replica tv di "Alphaville" per ricominciare da capo con Godard.

 
"Una strana avventura di Lemmy Caution" è il vero titolo in francese, e si tratta in effetti di un film strano, spiazzante. Non so bene che effetto potesse fare alla sua uscita (io avevo appena cominciato ad andare a scuola), posso dire che vedere "Alphaville" dopo aver visto Kubrick fa una certa impressione. Alphaville sembra un film vecchio, sorpassato; "Odissea nello spazio" (uscito solo tre anni dopo) è ancora un film di grande fascino, e forse la differenza sta nel fatto che Godard usa i veri computer dell'epoca, che oggi sembrano grandi armadi o poco più, mentre Kubrick si inventò qualcosa di nuovo a partire dall'esistente, spesso anticipando il futuro. Non c'è niente che invecchi più rapidamente dell'attualità, e anche "Alphaville", sotto questo aspetto, ne è una conferma.
 

In più, non avevo mai visto un film con Eddie Constantine, e non ne ho visto altri nemmeno in seguito; su wikpedia leggo che era un attore famoso anche in Italia, ma a me non risulta. Forse negli anni '50, ma da quando mi ricordo io anche nei cinema di terza visione o dei piccoli paesi trovare un film di Lemmy Caution era altamente improbabile. Di conseguenza, mi sfugge completamente qualcosa di fondamentale per la comprensione del film di Godard, ed Eddie Constantine mi sembra solo una copia di Humphrey Bogart, neanche troppo interessante.
Ho trovato però interessante, nella visione recente, l'anticipo delle atmosfere dei romanzi di Philip K. Dick, quegli anni '30 e '50 e le atmosfere da film di gangsters mescolate con la fantascienza; e da qui, da Blade runner e da Ubik, inizio a interessarmi veramente ad "Alphaville".
 

Al centro del film c'è un grande computer, che si chiama "Alpha 60". E' interessante fare un paragone con HAL 9000, il computer più famoso nella storia del cinema: la voce di Alpha 60 è meccanica, gutturale, noiosa. Su www.imdb.com, nella sezione delle curiosità, c'è chi la paragona a un rutto; è così anche nella versione italiana, mentre sembra che nella versione inglese sia stata usata una voce più normale. In più, Alpha 60 all'ascolto odierno ricorda a tratti un Darth Vader di Guerre stellari, anticipato nel respiro affannoso (un computer che respira?). HAL 9000, invece (questo lo sanno tutti, è raro trovare qualcuno che non abbia mai visto almeno quelle scene di "2001 Odissea nello spazio) ha una voce gentile, di bel timbro, perfino affettuosa. La differenza principale è però che Alpha 60 controlla tutto, come in Orwell 1984 o forse - meglio ancora - come nel Dottor Mabuse di Fritz Lang. Gli abitanti di Alphaville gli sono sottomessi, come se fossero stati azzerati e riprogrammati, senza sentimenti, in loro non c'è nemmeno la rabbia degli androidi di Blade runner. Il tormentone che ripetono nel film è, nella versione italiana, "io sto benissimo grazie prego", tutto di fila, una forma di cortesia che esclude la conversazione. Le donne sono ovviamente giovani, belle e disponibili; gli uomini sono bruttini e anzianotti, molto violenti e sempre con armi a portata di mano.
 

I dialoghi sono costruiti quasi completamente con citazioni letterarie o filosofiche; wikipedia cita Henri Bergson, Nietzsche (i morti che non possono morire), Pascal, e io non ci sarei mai arrivato. Ho riconosciuto invece Borges e Shakespeare: il computer, a 1h20 dice "il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il tempo; il tempo è una tigre che mi dilania, ma io sono la tigre" e questo è Borges, o forse Chuang-tzu. Io aggiungerei, dal Mahabharata: La morte è una tigre acquattata nei cespugli. Noi facciamo figli per la morte, ma la morte non può divorare chi si è scrollato la vita di dosso come polvere. La morte non ha potere davanti all’eternità. Il vento e la vita scorrono partendo dall’infinito. La luna beve il respiro della vita, il sole beve la luna, e l’infinito beve il sole. Il saggio si libra tra i mondi. Quando il suo corpo è distrutto, quando non ne rimane traccia, allora la morte stessa è distrutta a sua volta, e il saggio contempla l’infinito. (vedi Peter Brook, il film tratto dal Mahabharata)
Di Shakespeare ho trovato due citazioni: "Dormire forse sognare" (Amleto) è al minuto 53, mentre "il tempo è la sostanza di cui io sono fatto" riporta a "siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni" (La tempesta: non è la stessa cosa, ma è inevitabile pensarci).


Il libro che Eddie Constantine dà ad Anna Karina (minuto 55) si intitola "Capitale del dolore" ed è di Paul Eluard, pubblicato nel 1926. Lei legge:
- Noi viviamo nell'oblio delle nostre metamorfosi, ma quest'eco che risuona lungo tutto il giorno, quest'eco fuori dal tempo, di angoscia e di carezza... Siamo vicini o lontani dalla nostra coscienza?
Eddie Constantine continua: "morire di non morire", "per prenderci in trappola", "gli uomini che cambiano"; li definisce "messaggi segreti".
Nel corso del film, concetti ribaditi più volte sono che si vive solo nel presente, e che il presente è spaventoso, perché è irreversibile.
 

Gli attori: protagonista è Eddie Constantine, attore americano che ebbe una discreta popolarità in Francia proprio nel ruolo del detective Lemmy Caution, in film a basso costo. Anna Karina è stata protagonista dei primi film di Godard, ed era anche sua moglie; le cronache del tempo ci informano che in questo periodo stavano divorziando, e questo forse spiega i commenti sulla giovane donna, del tipo "denti aguzzi da vampiro"; molti dialoghi sembrano presi dalla vita di coppia, tipo l'essere nata in Giappone (a "Tokyorama") o a Firenze. La presenza di Akim Tamiroff rimanda ai film di Orson Welles, nelle poche scene in cui è presente. Howard Vernon è il professor Von Braun / Leonard Nosferatu: Nosferatu (non morto) è il vampiro nel celebre film di Murnau degli anni '20, von Braun è stato uno scienziato tedesco (nazista) esperto di missilistica che lavorava in quegli anni per la Nasa. Jean Pierre Leaud fa una brevissima apparizione e non è nemmeno menzionato nei titoli di testa. I doppiatori italiani sono Renato Turi (che dà voce ad Alpha 60 rifacendo l'originale francese), Emilio Cigoli (bravo ma un po' soporifero), Rita Savagnone, Luigi Pavese, Pino Locchi.
Le musiche di Paul Misraki sono enfatiche, a tratti invadenti.

 
Altri appunti: 1) al minuto 58 circa il libro non è la Bibbia (che deve essere in tutte le stanze) ma è un dizionario; si spiega che ogni tanto scompaiono delle parole, vengono vietate (Orwell, ma anche l'oggi 2020...) Qui la parola cercata è coscienza, ma tra le parole vietate ci sono anche "piangere" e "perché" 2) nel doppiaggio italiano bisogna dire "poiché" invece di "perché", ma in questo modo non si capisce cosa vuol dire Godard 3) in alcune scene viene da pensare a Kafka (Il Castello, soprattutto) 4) l'atmosfera anni '30 o '40 , vista da oggi, fa pensare a un anticipo di Philip K. Dick 5) "Ma cosa fa, piange?" "No, perché è vietato" : Anna Karina quando Eddie Constantine è pestato sull'ascensore, minuto 35 circa 6) E, infine, al minuto 12: "d'altronde è sempre così, non si capisce mai niente finché una sera si finisce per morire".

 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )

 

Nessun commento: