venerdì 13 dicembre 2019

Ultimo tango a Parigi ( II )


Ultimo tango a Parigi (Last tango in Paris, 1972). Scritto e diretto da Bernardo Bertolucci. Sceneggiatura di Bernardo Bertolucci, Franco Arcalli, Agnes Varda. Fotografia di Vittorio Storaro Costumi di Gitt Magrini. Musiche di Gato Barbieri. Interpreti: Marlon Brando (doppiato da Giuseppe Rinaldi), Maria Schneider (doppiata da Maria Pia Di Meo), Massimo Girotti, Jean Pierre Léaud (doppiato da Massimo Turci), Gitt Magrini (madre di Jeanne), Laura Betti (è nelle scene tagliate dalla censura), Maria Michi (suocera di Brando), Giovanna Galletti (prostituta anziana), Armand Abplanalp (cliente prostituta), Catherine Allegret, Catherine Breillat, Veronica Lazar, Luce Marquand, e molti altri. Durata originale: 136 minuti

Su "Ultimo tango a Parigi" avevo scritto qui a suo tempo, rimarcando la mia distanza da questo film, cosa che del resto non ha la minima importanza. Nel frattempo (sono passati sette anni) l'ho visto finalmente in lingua originale (cioè francese e inglese) e in un'edizione decente, su dvd.
"Ultimo tango" si mostra per quello che è, un ottimo film anche se molto cupo e con parecchi difetti, finalmente oggi al riparo da commenti stupidi e da parodie cretine (ma qualche cretino o cretina si trova sempre, basterà aspettare).
La prima cosa da dire è che si tratta di una vanitas, (qui per una spiegazione più completa) come poi sarà "Io ballo da sola" (qui) : un soggetto importante nella storia dell'Arte, la giovane e la morte, il decadimento fisico che non si può fermare, il destino comune a noi tutti; non stupisce che questo sia sfuggito a Germaine Greer (vedi interventi sul dvd, nel terzo documentario) che ne fa una lettura in chiave quasi esclusivamente femminista. Germaine Greer non riesce a capire che è questo il motivo per cui Maria Schneider si vede nuda e Marlon Brando invece no: la Schneider era perfetta per una vanitas, Brando nudo a quel tempo sarebbe stato magari un San Gerolamo; ma si sa che la lettura dei simboli è ormai cosa che sfugge quasi a tutti (rimando ad Elemire Zolla, "Aure", ed. Marsilio: il mondo in cui viviamo ha perso questa capacità di lettura). C'è poi questa battuta curiosa che Maria dice a Brando: "ti proibisco di scherzare sul '58"; questa me la dovevo proprio segnare, perché anch'io sono del '58, come anche Giacomo Puccini del resto. Il tempo, si sa, vola.
La censura operata su "Ultimo tango" va a colpire ben altro che la scena del burro, è il film intero che disturba e non certo per il sesso ma perché ha colpito in pieno uno dei nostri nervi scoperti: la morte, la giovinezza che passa, l'incertezza del futuro, il suicidio. Come nell'Amleto lo spettatore incolto e sprovveduto cerca di difendersi con la parodia o sbeffeggiando il testo, dicendo che è noioso, ripetendo stupidamente qualche frase buttata lì con l'aria di chi la sa lunga ("essere o non essere": ma avete mai letto il monologo di Amleto per intero?). L'essere o non essere, oppure i dialoghi tra Brando e la Schneider ridotti a un "facciamo così, facciamo questo", come se fosse un film di Verdone. Con "Ultimo tango" Bertolucci è stato chiarissimo, siamo noi che abbiamo paura e cerchiamo di difenderci banalizzando e irridendo. E' paura, la verità della vita, la Vanitas, che fa paura.

Ci sono dei bei dialoghi, come questo di Maria Schneider con Brando:
- Eri felice da piccola?
- L'infanzia è meravigliosa.
- I bambini sono peggio dei grandi, fanno la spia, sanno solo ammirare l'autorità, si vendono per una caramella.
- Io non ero così, scrivevo poesie, disegnavo bei castelli con le torri, tante torri.
- Non pensavi mai al sesso?
- No, niente sesso. Solo le torri.
- Ma eri innamorata del tuo maestro.
- Era una donna. (...)
Si tratta di ricordi veri o falsi? O magari falsi ricordi creduti veri?
 

Jean Pierre Leaud interpreta un regista che fa del "cinema verità", e sta filmando la sua ragazza come si farebbe oggi con lo smartphone.
Nel metrò, Maria Schneider dice a Leaud (non a Brando!) :
- Il film è finito. Sono stanca di farmi violentare, mi costringi a fare cose che non ho mai fatto.
Si rivolge non a Brando, ma a Leaud che la sta solo (solo?) filmando; direi che è qualcosa che Maria Schneider può effettivamente aver detto proprio a Bertolucci, durante le riprese. (segue riappacificazione e domanda di matrimonio)
Nel finale, Leaud e Maria sono nell'appartamento, felici; lei simula il volo, poi una nube sul volto. Leaud è severo, serissimo, e dice:
LUI: - Non possiamo più giocare così, non siamo più bambini. Siamo adulti.
LEI: - Adulti? Ma è terribile.
LUI: - Sì, è terribile.
LEI: - Gli adulti cosa fanno?
LUI: - Non lo so. Dovremo inventare i gesti, le parole... Gli adulti, per esempio... (si abbracciano) Una cosa la so per certo, gli adulti sono calmi, seri, logici, e pelosi. Sono rilassati, e risolvono tutti i problemi.
LEI: - Sì, sì.
LUI: - Perciò, questo appartamento non può andar bene per noi (...) è deprimente, c'è cattivo odore. (...)
(la causa del cattivo odore è probabilmente il topo morto trovato da Marlon Brando nelle sequenze precedenti)
E ancora:
Leaud: oggi è l'ultimo giorno di riprese, il film è finito. A me non piace ciò che muore e che finisce. Bisogna cominciare qualcosa di nuovo, insieme, subito.
 

Altri appunti presi durante la visione: 1) Ci sono molti treni (compreso il metrò in superficie) come in Ozu e in Wenders. 2) La prostituta dal viso pesantemente truccato, come la morte, per nascondere l'avanzare del tempo; il volto della suicida anch'esso pesantemente truccato, come per Eduardo de Filippo nel finale di "Gli esami non finiscono mai". 3) La pubblicità a vivaci colori, come in "Partner", soprattutto nel metrò, quasi sempre di detersivi. 4) La vita di coppia, il matrimonio. 5) Massimo Girotti "doppio" di Brando 6) Massimo Girotti, Maria Michi, Giovanna Galletti: Luchino Visconti e il cinema italiano, e Brando per Hollywood "mitica" 7) Anche girare un film è fermare il tempo, o il tentativo di farlo. Ma il tempo passa lo stesso, si ferma il passato credendo che sia il presente, la morte al lavoro, Cocteau... 8) La scena "del dito" di Maria Schneider fa il paio con quella "del burro", ma di questa scena non ho mai sentito parlare, ed è un altro caso da psicoanalisi. Sono comunque due scene eliminabili e poco significative; nella "scena del burro" c'è comunque un attacco alla famiglia e alla tradizione, nell'altra solo volgarità o poco più. 9) La tomba del cane Mustafà, oggi per quel nome dato a un cane si parlerebbe di vilipendio, bei tempi quando si poteva scherzare, e poi ci sono cani che si chiamano Dick, Bill, perché mai non Mustafà. 10) c'è una citazione dall'Atalante di Jean Vigo, sempre bella da rivedere. 11) Maria Michi è la madre della suicida, la Galletti è la prostituta americana 12) Nel documentario allegato al dvd, Vittorio Storaro dice che la luce predominante nel film è l'arancione, che allora non ne conosceva il simbolismo ma che oggi sa di cosa si tratta: il sole al tramonto ma anche l'utero materno visto dal di dentro.
E molto altro ancora.


 

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