Ultimo
tango a Parigi (Last tango in Paris, 1972). Scritto e diretto da
Bernardo Bertolucci.
Sceneggiatura di Bernardo Bertolucci, Franco Arcalli, Agnes Varda.
Fotografia di Vittorio Storaro Costumi di Gitt Magrini. Musiche di
Gato Barbieri. Interpreti: Marlon Brando (doppiato da Giuseppe
Rinaldi), Maria Schneider (doppiata da Maria Pia Di Meo), Massimo
Girotti, Jean Pierre Léaud (doppiato da Massimo Turci), Gitt Magrini
(madre di Jeanne), Laura Betti (è nelle scene tagliate dalla
censura), Maria Michi (suocera di Brando), Giovanna Galletti
(prostituta anziana), Armand Abplanalp (cliente prostituta),
Catherine Allegret, Catherine Breillat, Veronica Lazar, Luce
Marquand, e molti altri. Durata originale: 136 minuti
Su "Ultimo tango a Parigi"
avevo scritto qui a suo tempo, rimarcando la mia distanza da questo
film, cosa che del resto non ha la minima importanza. Nel frattempo
(sono passati sette anni) l'ho visto finalmente in lingua originale
(cioè francese e inglese) e in un'edizione decente, su dvd.
"Ultimo
tango" si mostra per quello che è, un ottimo film anche se
molto cupo e con parecchi difetti, finalmente oggi al riparo da
commenti stupidi e da parodie cretine (ma qualche cretino o cretina
si trova sempre, basterà aspettare).
La prima cosa da dire è che si tratta
di una vanitas, (qui per una spiegazione più completa) come poi sarà "Io ballo da sola" (qui) :
un soggetto importante nella storia dell'Arte, la giovane e la
morte, il decadimento fisico che non si può fermare, il destino
comune a noi tutti; non stupisce che questo sia sfuggito a Germaine
Greer (vedi interventi sul dvd, nel terzo documentario) che ne fa una
lettura in chiave quasi esclusivamente femminista. Germaine Greer non
riesce a capire che è questo il motivo per cui Maria Schneider si
vede nuda e Marlon Brando invece no: la Schneider era perfetta per
una vanitas, Brando nudo a quel tempo sarebbe stato magari un San
Gerolamo; ma si sa che la lettura dei simboli è ormai cosa che
sfugge quasi a tutti (rimando ad Elemire Zolla, "Aure", ed.
Marsilio: il mondo in cui viviamo ha perso questa capacità di
lettura). C'è poi questa battuta curiosa che Maria dice a Brando:
"ti proibisco di scherzare sul '58"; questa me la dovevo
proprio segnare, perché anch'io sono del '58, come anche Giacomo
Puccini del resto. Il tempo, si sa, vola.
La censura operata su "Ultimo
tango" va a colpire ben altro che la scena del burro, è il film
intero che disturba e non certo per il sesso ma perché ha colpito in
pieno uno dei nostri nervi scoperti: la morte, la giovinezza che
passa, l'incertezza del futuro, il suicidio. Come nell'Amleto lo
spettatore incolto e sprovveduto cerca di difendersi con la parodia o
sbeffeggiando il testo, dicendo che è noioso, ripetendo stupidamente
qualche frase buttata lì con l'aria di chi la sa lunga ("essere o non essere": ma avete mai letto il
monologo di Amleto per intero?). L'essere o non essere, oppure i
dialoghi tra Brando e la Schneider ridotti a un "facciamo così, facciamo
questo", come se fosse un film di Verdone. Con "Ultimo
tango" Bertolucci è stato chiarissimo, siamo noi che abbiamo
paura e cerchiamo di difenderci banalizzando e irridendo. E' paura,
la verità della vita, la Vanitas, che fa paura.
Ci sono dei bei dialoghi, come questo
di Maria Schneider con Brando:
- Eri felice da piccola?
- L'infanzia è meravigliosa.
- I bambini sono peggio dei grandi,
fanno la spia, sanno solo ammirare l'autorità, si vendono per una
caramella.
- Io non ero così, scrivevo poesie,
disegnavo bei castelli con le torri, tante torri.
- Non pensavi mai al sesso?
- No, niente sesso. Solo le torri.
- Ma eri innamorata del tuo maestro.
- Era una donna. (...)
Si tratta di ricordi veri o falsi? O
magari falsi ricordi creduti veri?
Jean Pierre Leaud interpreta un regista
che fa del "cinema verità", e sta filmando la sua ragazza
come si farebbe oggi con lo smartphone.
Nel metrò, Maria Schneider dice a
Leaud (non a Brando!) :
- Il film è finito. Sono stanca di
farmi violentare, mi costringi a fare cose che non ho mai fatto.
Si rivolge non a Brando, ma a Leaud che
la sta solo (solo?) filmando; direi che è qualcosa che Maria
Schneider può effettivamente aver detto proprio a Bertolucci,
durante le riprese. (segue riappacificazione e domanda di matrimonio)
Nel finale, Leaud e Maria sono
nell'appartamento, felici; lei simula il volo, poi una nube sul
volto. Leaud è severo, serissimo, e dice:
LUI: - Non possiamo più giocare così,
non siamo più bambini. Siamo adulti.
LEI: - Adulti? Ma è terribile.
LUI: - Sì, è terribile.
LEI: - Gli adulti cosa fanno?
LUI: - Non lo so. Dovremo inventare i
gesti, le parole... Gli adulti, per esempio... (si abbracciano)
Una cosa la so per certo, gli adulti sono calmi, seri, logici, e
pelosi. Sono rilassati, e risolvono tutti i problemi.
LEI: - Sì, sì.
LUI: - Perciò, questo appartamento non
può andar bene per noi (...) è deprimente, c'è cattivo odore.
(...)
(la causa del cattivo odore è
probabilmente il topo morto trovato da Marlon Brando nelle sequenze
precedenti)
E ancora:
Leaud: oggi è l'ultimo giorno di
riprese, il film è finito. A me non piace ciò che muore e che
finisce. Bisogna cominciare qualcosa di nuovo, insieme, subito.
Altri appunti presi durante la visione:
1) Ci sono molti treni (compreso il metrò in superficie) come in
Ozu e in Wenders. 2) La prostituta dal viso pesantemente truccato,
come la morte, per nascondere l'avanzare del tempo; il volto della
suicida anch'esso pesantemente truccato, come per Eduardo de Filippo
nel finale di "Gli esami non finiscono mai". 3) La
pubblicità a vivaci colori, come in "Partner", soprattutto
nel metrò, quasi sempre di detersivi. 4) La vita di coppia, il
matrimonio. 5) Massimo Girotti "doppio"
di Brando 6) Massimo Girotti, Maria Michi, Giovanna Galletti:
Luchino Visconti e il cinema italiano, e Brando per Hollywood
"mitica" 7) Anche girare un film è fermare il tempo, o il
tentativo di farlo. Ma il tempo passa lo stesso, si ferma il passato
credendo che sia il presente, la morte al lavoro, Cocteau... 8) La
scena "del dito" di Maria Schneider fa il paio con quella
"del burro", ma di questa scena non ho mai sentito parlare,
ed è un altro caso da psicoanalisi. Sono comunque due scene
eliminabili e poco significative; nella "scena del burro"
c'è comunque un attacco alla famiglia e alla tradizione, nell'altra
solo volgarità o poco più. 9) La tomba del cane Mustafà, oggi per
quel nome dato a un cane si parlerebbe di vilipendio, bei tempi
quando si poteva scherzare, e poi ci sono cani che si chiamano Dick,
Bill, perché mai non Mustafà. 10) c'è una citazione dall'Atalante di
Jean Vigo, sempre bella da rivedere. 11) Maria Michi è la madre
della suicida, la Galletti è la prostituta americana 12) Nel
documentario allegato al dvd, Vittorio Storaro dice che la luce predominante nel film
è l'arancione, che allora non ne conosceva il simbolismo ma che oggi
sa di cosa si tratta: il sole al tramonto ma anche l'utero materno
visto dal di dentro.
E molto altro ancora.
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