venerdì 20 dicembre 2019

Il Faust di René Clair


 
La bellezza del diavolo (La beauté du diable, 1949) Regia di René Clair. Liberamente tratto dal Faust di Goethe. Sceneggiatura di René Clair e Armand Salacrou. Fotografia di Michel Kelber e Giulio Venanzo. Musiche di Roman Vlad. Interpreti: Gérard Philipe, Michel Simon, Nicole Besnard (Margherita), Simone Valère (principessa), Carlo Ninchi (il principe), Paolo Stoppa (il procuratore). Raymond Cordy (Antonio), Gaston Modot (capo degli zingari), Tullio Carminati (ciambellano) Durata: 95 minuti

"La beauté du diable", girato nel 1949 da René Clair, è una versione del Faust di Goethe che ha il suo punto di maggior interesse nella presenza di due dei più grandi attori nella storia del cinema: Gérard Philipe e Michel Simon. Gérard Philipe fu attore di teatro prima che di cinema, ebbe una carriera folgorante ma durata troppo poco: Philipe fu stroncato da un tumore nel 1959, a trentasei anni. Michel Simon, svizzero di Ginevra, è una pietra miliare nella storia del cinema, da "L'Atalante" di Jean Vigo a "Boudu salvato dalle acque" di Jean Renoir passando per decine di film dove è impossibile non notare la sua presenza. Nel film di René Clair, Michel Simon e Gérard Philipe si scambiano i ruoli: all'inizio lo scienziato Faust è impersonato da Michel Simon, e il diavolo è Gérard Philipe, giovane e bello. Dopo aver firmato il patto, Faust entrerà nel corpo del giovane (Gérard Philipe) e il diavolo rimarrà sulla scena ma sotto le sembianze di Michel Simon.

 
Si tratta di una riscrittura del Faust di Goethe, con molte libertà rispetto all'originale, dove Margherita è una giovane zingara, manca Valentino, e non c'è Elena di Troia sostituita da una principessa senza nome. La giovane zingara salverà Faust nel finale, gettando dalla finestra la pergamena del patto col diavolo firmata col nome vero, Faust: dato che ora quel nome corrisponde alle sembianze prese da Mefistofele, il popolo si solleverà contro Mefistofele stesso, a questo punto abbandonato anche da Lucifero, perché ha fallito. Così Faust, rimasto giovane nelle sembianze, sarà libero, libero anche dal desiderio della ricchezza e del potere, e se ne andrà povero ma felice insieme alla carovana degli zingari. L'oro prodotto artificialmente è tornato sabbia; nel film infatti l'alchimista Faust era a buon punto nel trasformare la materia vile in oro, e sarà Mefistofele a portarlo al compimento dell'opera, anche se confesserà di aver bisogno dello scienziato Faust: "tu sei più bravo di me". Mefistofele mostra a Faust il suo futuro, dove seduce la bella principessa e poi farà uccidere il principe da Mefistofele. Alla fine della visione, Faust si stancherà anche della bella principessa; ed è questo l'errore di Mefistofele, il giovane Enrico (cioè Faust stesso) rifiuterà questo destino e da qui inizia la sua redenzione.
"La bellezza del diavolo" è uno dei capolavori nascosti, completamente scomparsi dalla programmazione televisiva e difficilmente reperibile anche su dvd: una volta la si chiamava censura di mercato, oggi potremmo dire con tutta tranquillità che si tratta di ignoranza e stupidità allo stato puro. Abbiamo reti tv che trasmettono 24 ore su 24, ogni giorno dell'anno: trovare un po' di spazio per i capolavori del cinema non sarebbe difficile e invece succede che perfino i film di Clair o di Lubitsch vengano ignorati. Un controsenso, ma così va e sappiamo anche di chi sono le colpe.
Quando il film uscì, alla fine degli anni '40, René Clair era considerato come regista di puro intrattenimento e si parlò molto di questo suo passaggio a un film "impegnato", tratto addirittura dal capolavoro di Goethe; oggi queste polemiche hanno un valore soltanto storico, come spettatori odierni possiamo anche ignorarle e ricominciare da capo a esaminare la filmografia del grande regista francese, dagli esordi con "Entr'acte" e il surrealismo passando per le piacevolissime commedie degli anni '30 (Sotto i tetti di Parigi, Il milione) e per i grandi successi di Hollywood (Ho sposato una strega, Avvenne domani, Il fantasma galante). A ben guardare, già con "À nous la liberté" (1931) Clair aveva sfiorato temi di grande impegno, anticipando il Chaplin di "Tempi moderni".

 
"La bellezza del diavolo", al di là di tutti questi discorsi, rimane comunque un film molto bello e molto ben fatto, e non riesco a capire come mai wikipedia riprenda soltanto, nella rassegna critica, alcune righe negative di Giovanna Grignaffini sul "Castoro Cinema" dedicato a René Clair, peraltro un libro utile e ben fatto. Iniziava così la sua recensione la Grignaffini, a pagina 108 del libro citato: «Il difetto maggiore di "La bellezza del diavolo" è quello di essersi lasciato imprigionare in una tale rete di rimandi, riferimenti filosofici e meditazioni trascendentali che ha finito per diventare e un vero e proprio filtro opaco rispetto alla struttura reale del film. (...) »
Una volta detto che i rimandi filosofici sono sempre i benvenuti, Giovanna Grignaffini riporta quasi soltanto pareri e dichiarazioni del momento in cui uscì il film, e quindi fa un lodevole lavoro storico; ma oggi si possono anche lasciare da parte quei pareri e quelle dichiarazioni, ormai molto datati, a partire da "il primo film di Clair esplicitamente dotato di un messaggio" che aveva senso nel 1949 e oggi non ne ha più, perché le nuove generazioni sono ormai completamente ignare di ciò che aveva significato René Clair ai suoi tempi. Più avanti, la Grignaffini fa notare il clima "da operetta" della corte del Re, da "opera buffa" con fondali di cartapesta; tutto questo mi fa che ricordare che il cinema di Clair ci riporta agli inizi del cinema. René Clair fu contemporaneo di Méliès e se ne ricordava ancora; e io direi che questo è un suo pregio, le capacità artigianali e la grande fantasia, nonché la libertà lasciata allo spettatore di immaginarsi qualcosa al di là dell'immagine mostrata hanno ancora molto senso anche nell'era dell'immagine computerizzata.

 
Giovanna Grignaffini riporta anche la battuta di Stendhal per l'uscita della prima edizione del Faust di Goethe, centratissima e micidiale: "non è necessario convocare le potenze celesti e infernali per raccontarci l'avventura di uno studente che mette incinta una serva", citazione fatta dallo stesso Clair come riportato dalla Grignaffini. Un po' drastico (nel mito di Faust, precedente a Goethe, c'è ovviamente molto di più) ma che riesce comunque a far sorridere. Dalle pagine di Giovanna Grignaffini rubo anche questa definizione: la "macchina fantastica per definizione che è la presenza in scena di Michel Simon". Michel Simon rimane un attore indimenticabile, alla pari con Gérard Philipe anche se in modo diverso.
 
Il film fu girato a Roma; oltre a Gérard Philipe e Michel Simon ci sono Nicole Besnard (Margherita), Simone Valère (la principessa) e molti attori italiani, come Carlo Ninchi (il principe) e Paolo Stoppa (il procuratore che indaga su Faust). Le musiche sono di Roman Vlad, anch'egli italiano: di origini rumene, fu anche direttore artistico alla Scala e curò programmi di divulgazione musicale alla Rai. Clair si muove con grazia, come sempre, anche nel senso di una facilità narrativa e di immagine che è davvero un dono del cielo, una grazia. Spero che nel frattempo qualcuno abbia restaurato le sue pellicole (molte ne avrebbero bisogno) e che presto ci sia una sua retrospettiva completa. Nel caso avvenisse, buon divertimento a tutti.




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