La bellezza del diavolo (La beauté du
diable, 1949) Regia di René Clair. Liberamente tratto dal Faust di
Goethe. Sceneggiatura di René Clair e Armand Salacrou. Fotografia di
Michel Kelber e Giulio Venanzo. Musiche di Roman Vlad. Interpreti:
Gérard Philipe, Michel Simon, Nicole Besnard (Margherita), Simone
Valère (principessa), Carlo Ninchi (il principe), Paolo Stoppa (il
procuratore). Raymond Cordy (Antonio), Gaston Modot (capo degli
zingari), Tullio Carminati (ciambellano) Durata: 95 minuti
"La beauté du diable",
girato nel 1949 da René Clair, è una versione del Faust di Goethe
che ha il suo punto di maggior interesse nella presenza di due dei
più grandi attori nella storia del cinema: Gérard Philipe e Michel
Simon. Gérard Philipe fu attore di teatro prima che di cinema, ebbe
una carriera folgorante ma durata troppo poco: Philipe fu stroncato
da un tumore nel 1959, a trentasei anni. Michel Simon, svizzero di
Ginevra, è una pietra miliare nella storia del cinema, da
"L'Atalante" di Jean Vigo a "Boudu salvato dalle
acque" di Jean Renoir passando per decine di film dove è
impossibile non notare la sua presenza. Nel film di René Clair,
Michel Simon e Gérard Philipe si scambiano i ruoli: all'inizio lo
scienziato Faust è impersonato da Michel Simon, e il diavolo è
Gérard Philipe, giovane e bello. Dopo aver firmato il patto, Faust
entrerà nel corpo del giovane (Gérard Philipe) e il diavolo rimarrà
sulla scena ma sotto le sembianze di Michel Simon.
Si tratta di una riscrittura del Faust
di Goethe, con molte libertà rispetto all'originale, dove Margherita
è una giovane zingara, manca Valentino, e non c'è Elena di Troia
sostituita da una principessa senza nome. La giovane zingara salverà
Faust nel finale, gettando dalla finestra la pergamena del patto col
diavolo firmata col nome vero, Faust: dato che ora quel nome
corrisponde alle sembianze prese da Mefistofele, il popolo si
solleverà contro Mefistofele stesso, a questo punto abbandonato
anche da Lucifero, perché ha fallito. Così Faust, rimasto giovane
nelle sembianze, sarà libero, libero anche dal desiderio della
ricchezza e del potere, e se ne andrà povero ma felice insieme alla
carovana degli zingari. L'oro prodotto artificialmente è tornato
sabbia; nel film infatti l'alchimista Faust era a buon punto nel
trasformare la materia vile in oro, e sarà Mefistofele a portarlo al
compimento dell'opera, anche se confesserà di aver bisogno dello
scienziato Faust: "tu sei più bravo di me". Mefistofele
mostra a Faust il suo futuro, dove seduce la bella principessa e poi
farà uccidere il principe da Mefistofele. Alla fine della visione,
Faust si stancherà anche della bella principessa; ed è questo
l'errore di Mefistofele, il giovane Enrico (cioè Faust stesso)
rifiuterà questo destino e da qui inizia la sua redenzione.
"La bellezza del diavolo" è
uno dei capolavori nascosti, completamente scomparsi dalla
programmazione televisiva e difficilmente reperibile anche su dvd:
una volta la si chiamava censura di mercato, oggi potremmo dire con
tutta tranquillità che si tratta di ignoranza e stupidità allo
stato puro. Abbiamo reti tv che trasmettono 24 ore su 24, ogni giorno
dell'anno: trovare un po' di spazio per i capolavori del cinema non
sarebbe difficile e invece succede che perfino i film di Clair o di
Lubitsch vengano ignorati. Un controsenso, ma così va e sappiamo
anche di chi sono le colpe.
Quando il film uscì, alla fine degli
anni '40, René Clair era considerato come regista di puro
intrattenimento e si parlò molto di questo suo passaggio a un film
"impegnato", tratto addirittura dal capolavoro di Goethe;
oggi queste polemiche hanno un valore soltanto storico, come
spettatori odierni possiamo anche ignorarle e ricominciare da capo a
esaminare la filmografia del grande regista francese, dagli esordi
con "Entr'acte" e il surrealismo passando per le
piacevolissime commedie degli anni '30 (Sotto i tetti di Parigi, Il
milione) e per i grandi successi di Hollywood (Ho sposato una strega,
Avvenne domani, Il fantasma galante). A ben guardare, già con "À
nous la liberté" (1931) Clair aveva sfiorato temi di grande
impegno, anticipando il Chaplin di "Tempi moderni".
"La bellezza del diavolo", al
di là di tutti questi discorsi, rimane comunque un film molto bello
e molto ben fatto, e non riesco a capire come mai wikipedia riprenda
soltanto, nella rassegna critica, alcune righe negative di Giovanna
Grignaffini sul "Castoro Cinema" dedicato a René Clair,
peraltro un libro utile e ben fatto. Iniziava così la sua
recensione la Grignaffini, a pagina 108 del libro citato: «Il
difetto maggiore di "La bellezza del diavolo" è quello di
essersi lasciato imprigionare in una tale rete di rimandi,
riferimenti filosofici e meditazioni trascendentali che ha finito per
diventare e un vero e proprio filtro opaco rispetto alla struttura
reale del film. (...) »
Una volta detto che i rimandi
filosofici sono sempre i benvenuti, Giovanna Grignaffini
riporta quasi soltanto pareri e dichiarazioni del momento in cui uscì
il film, e quindi fa un lodevole lavoro storico; ma oggi si possono
anche lasciare da parte quei pareri e quelle dichiarazioni, ormai
molto datati, a partire da "il primo film di Clair
esplicitamente dotato di un messaggio" che aveva senso nel 1949
e oggi non ne ha più, perché le nuove generazioni sono ormai
completamente ignare di ciò che aveva significato René Clair ai
suoi tempi. Più avanti, la Grignaffini fa notare il clima "da
operetta" della corte del Re, da "opera buffa" con
fondali di cartapesta; tutto questo mi fa che ricordare che il cinema
di Clair ci riporta agli inizi del cinema. René Clair fu
contemporaneo di Méliès e se ne ricordava ancora; e io direi che
questo è un suo pregio, le capacità artigianali e la grande
fantasia, nonché la libertà lasciata allo spettatore di immaginarsi
qualcosa al di là dell'immagine mostrata hanno ancora molto senso
anche nell'era dell'immagine computerizzata.
Giovanna Grignaffini riporta anche la
battuta di Stendhal per l'uscita della prima edizione del Faust di
Goethe, centratissima e micidiale: "non è necessario convocare
le potenze celesti e infernali per raccontarci l'avventura di uno
studente che mette incinta una serva", citazione fatta dallo
stesso Clair come riportato dalla Grignaffini. Un po' drastico (nel
mito di Faust, precedente a Goethe, c'è ovviamente molto di più) ma
che riesce comunque a far sorridere. Dalle pagine di Giovanna
Grignaffini rubo anche questa definizione: la "macchina
fantastica per definizione che è la presenza in scena di Michel
Simon". Michel Simon rimane un attore indimenticabile, alla pari
con Gérard Philipe anche se in modo diverso.
Il film fu girato a Roma; oltre a
Gérard Philipe e Michel Simon ci sono Nicole Besnard (Margherita), Simone
Valère (la principessa) e molti attori italiani, come Carlo Ninchi
(il principe) e Paolo Stoppa (il procuratore che indaga su Faust). Le
musiche sono di Roman Vlad, anch'egli italiano: di origini rumene, fu
anche direttore artistico alla Scala e curò programmi di
divulgazione musicale alla Rai. Clair si muove con grazia, come
sempre, anche nel senso di una facilità narrativa e di immagine che
è davvero un dono del cielo, una grazia. Spero che nel frattempo
qualcuno abbia restaurato le sue pellicole (molte ne avrebbero
bisogno) e che presto ci sia una sua retrospettiva completa. Nel caso
avvenisse, buon divertimento a tutti.
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