mercoledì 13 ottobre 2010

Il cielo sopra Berlino ( VI )

Il cielo sopra Berlino (Wings of desire, Der Himmel über Berlin, 1987) Regia di Wim Wenders. Scritto da Wim Wenders e Peter Handke. Sceneggiatura di Richard Reitinger. Fotografia di Henri Alekan. Assistente di Henri Alekan: Louis Cochet. Camera: Agnes Godard. Montaggio: Peter Przygodda. Musiche originali di Jürgen Knieper. Altre musiche: Laurie Anderson, Laurent Petitgand, Nick Cave, Crime & The City, Tuxedomoon, Sprung aus den Wolken, Minimal Compact. Interpreti: Solveig Dommartin, Bruno Ganz, Otto Sander, Peter Falk, Curt Bois, Lajos Kovacs (allenatore al trapezio), Laurent Petitgand, Chico Ortega, Peter Werner (direttore circo), Teresa Harder, Daniela Nasincova, Jürgen Heinrich, Nick Cave, Simon Bonney, Hans Martin Stier (il morente), Sigurd Rachmann (il suicida sul tetto) e molti altri. Durata: 128’

Rainer Maria Rilke
L'Ange du Méridien / Chartres
La bufera che scuote la forte cattedrale
come la furia del pensiero che nega,
ci spinge a un tratto con più tenerezza
verso di te, attratti dal tuo sorriso,
angelo sorridente, sensibile figura
che hai la bocca di cento bocche fatta
e non ti accorgi che le nostre ore s'allontanano
da te e dalla colma meridiana su cui stanno
a un tempo tutti i numeri del giorno,
ugualmente reali, in profondo equilibrio,
quasi ricche e mature fossero tutte le ore.
Che sai, tu che sei pietra, del nostro essere?
E forse hai anche più beato il volto
quando volgi alla notte il tuo quadrante?
(ed. Einaudi,a cura di Giacomo Cacciapaglia)
("l'Ange du Mériden" , scritta da Rilke a Parigi nel 1906 ed incluso nella raccolta delle "Nuove poesie")
La musica ha sempre una grande presenza nei film di Wenders, e “Il cielo sopra Berlino” non è da meno degli altri film. Oltre alla colonna sonora in sè, Wenders ci mostra anche due veri frammenti da concerti rock, come aveva fatto del resto già fin dai tempi di “Alice nelle città”. L’elenco completo dei brani che si ascoltano è questo:
Jürgen Knieper, amico e collaboratore abituale di Wenders (e suo coetaneo) ha scritto le musiche originali per il film. Di Laurie Anderson è la musica nella scena della Biblioteca di Berlino (le voci di conversazione e i pensieri, orchestrati come se fossero strumenti musicali); il brano si intitola "Angel Fragments". Composizioni simili, non di facile ascolto ma molto affascinanti, erano già state fatte da John Cage e dal grande pianista Glenn Gould, che era anche compositore; i "documentari radiofonici" del canadese Gould, voci diverse che si sovrappongono come gli strumenti di un'orchestra, si possono ascoltare anche nel film di Girard che fu a lui dedicato, "32 piccoli film su Glenn Gould". Il carillon di Curt Bois suona una canzone molto famosa a Berlino (è Wenders che lo spiega, nel commento al film) che si intitola "Die Berliner Luft".
Laurent Petitgand è l’autore delle musiche nel circo: lo vediamo eseguirle di persona, duettando con il suo gruppo e con Solveig Dommartin. "Les Filles du Calvaire". Petitgand aveva già scritto della musica per Tokyo-ga di Wenders; lui e il suo batterista Chico Ortega si vedranno spesso, nei film successivi di Wenders.
In concerto live, nel finale, vediamo due gruppi diversi: prima "Six Bells Chime" , eseguito da Simon Bonney e dal suo gruppo, che si chiama “Crime and The City Solution” (il nome è anche visibile sulla batteria).

Nella scena finale del film, un giovanissimo Nick Cave esegue due brani: "The Carny" e "From Her to Eternity". Il nome completo del suo gruppo è “Nick Cave and The Bad Seeds”. Nel suo commento al film, Wenders racconta che i due gruppi erano realmente a Berlino in quegli anni, e che vi si esibivano spesso.
Competano l’elenco delle musiche "Pas Attendre" (Sprung Aus Den Wolken), "Some Guys" (Tuxedomoon) e "When I Go" (Minimal Compact), che io non so collocare con precisione durante il film.

Quando uscirono i suoi due film “gemelli”, “Il cielo sopra Berlino” e “Così lontano così vicino” chiesero diverse volte a Wim Wenders quale fosse il suo parere personale in proposito. Questa è una delle sue risposte:
- Se credo agli angeli? Certamente! E prima di tutto credo a quelli che si possono vedere, alle persone con il sorriso, con la gentilezza e la tenerezza affettuosa degli angeli. E nel frattempo non credo di meno a quelli che non si possono vedere, ma solo immaginare. Gli uni e gli altri hanno qualcosa in comune: non si riesce a trovarli. Bisogna farsi trovare da loro.  (Wim Wenders, dal Corriere della Sera del 7.5.1993)
Pensando a reali presenze angeliche nella nostra vita, un po’ per gioco e un po’ parlando sul serio, penso che a tutti noi qualche dubbio sia venuto, almeno una volta. Forse siamo stati un po’ tutti angeli (o diavoli), a turno, almeno per un istante; lo siamo stati o magari lo saremo, chissà.
Sicuramente (di questo sono più che certo) tra le presenze angeliche vanno messi due signori che si chiamavano Stan Laurel e Oliver Hardy; un altro signore che aveva molte caratteristiche angeliche era il violinista Yehudi Menuhin, sia come presenza personale che per il modo in cui suonava; di lui si dicevano cose di questo tipo “se Heifetz era Dio, Yehudi era qualcosa di più vicino a noi, un angelo disceso sulla terra” (Ivry Gitlis, anche lui violinista, dal documentario sui violinisti del Novecento a cura di Bruno Monsaingeon)
Un altro angelo, almeno per quel che riguarda il cinema, era sicuramente Charlie Chaplin: la trapezista viene direttamente dal “Circo” di Chaplin, per chi non ci avesse ancora pensato (anno 1928, uno dei film più belli e più divertenti di Charlot).

Nel film, gli angeli vengono visti solo dai bambini: per quanto mi riguarda, io da bambino non ho mai visto gli angeli, né li vedo ora da adulto – ho però spesso pensato, in alcune situazioni, che ci sono veramente, che non possono intervenire ma forse sanno consolare, e che talvolta si disperano e gridano come Cassiel (a 1h 10’ circa.). Forse sono molto somiglianti all’angelo di H.G. Wells, “La visita meravigliosa”: un angelo un po’ pasticcione. Ma questo è già il film seguente, “Così lontano così vicino”.
Forse gli “angeli” di Wenders guardano la nostra vita registrata, come il protagonista dell’Invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares; ed è forse per questo che non possono intervenire. La differenza, almeno stando a quello che ci mostra Wenders, è che a loro può riuscire di raggiungere la loro Faustine; ed è per questo che vanno avanti e indietro nel tempo, e che sanno tutto di noi: possono avvolgere e riavvolgere, far scorrere, rivedere ogni momento...
Wenders cita Rilke e Klee come suoi ispiratori per il film: le poesie di Rilke, piene di angeli, e l’angelo dipinto da Paul Klee - che non sono riuscito a rintracciare perché di angeli Klee ne ha dipinti diversi. Aggiungerei anche Jean Michel Folon, tra i pittori nostri contemporanei.

Rimangono da dire molte altre cose, su “Il cielo sopra Berlino”, per esempio che il Muro è ben ricostruito ma è finto: non si poteva nemmeno avvicinarsi al Muro vero, avere permessi non era possibile. Ci sarebbe da parlare per ore di Solveig Dommartin, e anche di Henri Alekan: ma su questi tre argomenti ho già pronti dei post, ci tornerò sopra quanto prima. Per il momento, aggiungo soltanto che il giaccone a colori di Bruno Ganz è un bel po' colorato (ma i colori sono giustificatissimi, prima non li vedeva) ma il vestito sotto il giaccone è molto elegante e lo vedremo bene nel finale; e mi ha colpito il fatto che gli angeli discesi sulla Terra portino cravatte con quei colori, lo immaginavo da tempo e adesso ne ho conferma.

Nel finale, Wenders torna all’immagine da cui eravamo partiti: la stilografica dell’angelo divenuto uomo per amore sta scrivendo, ancora su versi di Peter Handke, “Adesso so ciò che nessun angelo sa.”
Un cartello nel finale, prima dei titoli di coda, ci ricorda che il film è dedicato a Tarkovskij, a Truffaut, e a Yasujiro Ozu: tre grandissimi registi, tutti scomparsi poco prima dell’uscita di “Il cielo sopra Berlino”.
«Da un lato, infatti, il Signore è per eccellenza “l’Altro” cioè colui che è diverso e superiore rispetto all’uomo, è -se usiamo il linguaggio teologico - il trascendente. D’altra parte, però, è anche il Vicino, l’Emmanuele, il Dio-con-noi presente nella storia dell’uomo. Ora, per impedire che questa vicinanza “impolveri”Dio, lo imprigioni nel mondo come un oggetto sacro, l’autore biblico ricorre all’angelo. Egli, pur venendo dall’area divina, entra nel mondo degli uomini, parla e agisce visibilmente come una creatura. Ma il messaggio che porta con sè è sempre divino.
In altri termini, l’angelo è spesso nella Bibbia una personificazione dell’efficace parola di Dio che annuncia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che Giacobbe ha a Betel è, in questo senso, esemplare ( Genesi 28, 12). L’angelo raccorda cielo e terra, infinito e finito, eternità e storia, Dio e uomo.» (monsignor Gianfranco Ravasi, dal Corriere della Sera 28.1.1996)

....Come racconta Coccia, che oggi è un «cervello in fuga» (insegna in Germania, all'Università di Friburgo) neppure troppo scontento: «Nella tradizione ebraica, il mito degli angeli assume un'enorme importanza anche perché segna l'ingresso del Male, un male che non può più essere rimediato dagli uomini, né restare all'interno dei confini di Israele. Nel mito ebraico, gli angeli cadono perché si innamorano delle donne e iniziano ad avere commerci sessuali con loro, da cui la proibizione per le donne stesse di entrare nei luoghi sacri - che gli angeli frequentano abitualmente - a capo scoperto, mostrando chiome che potrebbero sedurne altri. Questa idea è chiaramente leggibile in molti testi, da Paolo a Tertulliano».
(Giorgio Agamben su “Angeli: ebraismo, cristianesimo, islam” ed. Neri Pozza – dal Venerdì di Repubblica, novembre 2009)

Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so - ne son certo:
non ci sono mai stato.
Giorgio Caproni
Caro Giuliano, mi hai dato un compito mica male chiedendomi 3 o 4 poesie di Rilke sugli Angeli. E' piuttosto una sfida perchè gli Angeli volano in tutta l'opera di Rilke e fermarne 3 o 4 diventa un grande problema. Quale scegliere, visto che oltretutto a volte parlano anche con la loro assenza, come nel caso della bellissima poesia sull'orto degli ulivi, nel momento dell'estrema solitudine di Gesù? Non si tratta beninteso di Angeli come ce li consegna la tradizione cattolica, ma di una presenza interiore ineffabile, a volte amichevole ed illuminante, a volte lontana ed inquietante.
Rilke li prende tanto sul serio ed è così consapevole che sono della stessa natura dei demoni che, dopo averci riflettuto per degli anni, rifiuta il consiglio di Lou Andreas Salomé di intraprendere un'analisi proprio perchè non voleva che insieme ai demoni, volassero via anche gli angeli (lettera a Lou del 24 Gennaio 1912) e la grande amica capisce e lo approva. La sua via deve essere altra e lei stessa lo esorta ad andare “verso il suo dio oscuro”. Provo comunque a mandartene in allegato qualcuna fino al serrato dialogo delle Elegie, dove riprende tutti gli aspetti. Non ho comunque trovato la frase citata da Wenders. Probabilmente è tratta dall'epistolario, che io non conosco per intero.
Un caro saluto,
Marisa
L'assenza dell'angelo è stupendamente resa nell'angoscia di Gesù al Getsemani:
Rainer Maria Rilke
Il giardino degli ulivi
Egli salì sotto il fogliame grigio,
tutto grigio e confuso al paese degli ulivi,
e la fronte affondò piena di polvere
nella polvere delle mani ardenti.
Dopo tanta speranza, questa fine.
E ora devo andarmene, mentre gli occhi s'oscurano;
e perchè vuoi ch'io dica che tu esisti
se più non ti ritrovo.
Io non ti trovo più. No, non in me.
E non negli altri. Non in questa pietra.
Io non ti trovo più. Io sono solo.
Solo con tutta la miseria umana
che tentai di alleviare nel tuo nome,
di te, che non esisti. O vergogna infinita...
Dopo, si raccontava, venne un Angelo-.
Perchè un Angelo? Ahimè, venne la notte,
e sfogliò con indifferenza gli alberi.
Nei sogni si agitavano i discepoli.
Perchè un Angelo? Ahimè, venne la notte.
E la notte che venne non fu insolita;
cento ne passano simili aquesta.
Là sono pietre, là dormono cani.
Ah, una notte triste, una qualsiasi,
che aspetta finché sia di nuovo l'alba.
Perché chi così prega non lo visitano angeli,
né notti di prodigio per lui scendono.
Tutti lasciano solo chi si perde,
e sono abbandonati anche dai padri
ed esclusi dal grembo delle madri.
(dalle “Nuove poesie” a cura di Giacomo Cacciapaglia)


Richard WAGNER: Wesendonck Lieder
Text by Mathilde Wesendonck (1828-1902)
1. Der Engel
In der Kindheit frühen Tagen
Hört ich oft von Engeln sagen,
Die des Himmels hehre Wonne
Tauschen mit der Erdensonne,
Daß, wo bang ein Herz in Sorgen
Schmachtet vor der Welt verborgen,
Daß, wo still es will verbluten,
Und vergehn in Tränenfluten,
Daß, wo brünstig sein Gebet
Einzig um Erlösung fleht,
Da der Engel niederschwebt,
Und es sanft gen Himmel hebt.
Ja, es stieg auch mir ein Engel nieder,
Und auf leuchtendem Gefieder
Führt er, ferne jedem Schmerz,
Meinen Geist nun himmelwärts!
L'angelo
Nei giorni primi della mia infanzia
Ho udito spesso raccontare di angeli
Che rinunciavano alle sublimi gioie celesti
Per cambiarle con il sole terreno
E che là dove un cuore angosciato
languisce, al mondo nascosto,
che là dove si dissangua in silenzio
sciogliendosi in un mare di lacrime,
che là dove fervido prega
implorando soltanto salvezza,
scende allora l'angelo in volo
e dolcemente lo porta in cielo.
E così anche a me un angelo discende,
e sulle sue lucenti piume,
lontano da ogni dolore, solleva
la mia anima in alto, nel cielo!

6 commenti:

Marisa ha detto...

"Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so - ne sono certo:
non ci sono mai stato."
Ho sempre amato Caproni per questi versi e ti sono grata per averli ritrovati qui.
Sono le parole più adatte per alludere alla potenza dell'immaginazione, l'unica che dà "realtà" e pienezza alla nostra vita altrimenti banale e superficiale; facoltà immaginativa ed intuitiva che, come dice Corbin, ci fa vedere "la terra come Angelo".
Grazie per l'occasione preziosa di raccogliere alcuni spunti. Vedi che un pò la funzione dell'angelo ce l'hai? Non puoi negarlo.

Giuliano ha detto...

io spero sempre che questi film non vengano dimenticati, ma ne dubito molto: non si può guardare "Il cielo sopra Berlino" su uno schermo di tre centimetri per cinque.
immagino invece cosa potrebbe succedere qui: magari qualcuno che mi chiede conto delle immagini che metto, o dei testi.
intanto, leggo che da un'inchiesta sugli studenti di Bologna più della metà pensano che la bomba alla stazione, nel 1980, l'abbiano messa le BR. Roba da brividi, ma così va il mondo.
Scusa se lo dico, ma secondo me gli angeli si sono presi un bel po' di vacanze, in questi ultimi 10-15 anni. (e, forse, non sono nemmeno mai esistiti)

Marisa ha detto...

No,non sono gli angeli che si sono presi una vacanza, ma siamo noi che abbiamo smesso la capacità di usare lo sguardo interiore o l'immaginazione giusta per percepirli e loro non possono imporsi a tutti i costi.
Ti assicuro che anche durante questa estate, mentre ero sola per qualche giorno, nella casa in mezzo ai boschi, mi sono svegliata all'alba, dopo un sogno particolarmente vivido, e sono andata fuori per veder sorgere il sole con la precisa sensazione di essere in compagnia e perfettamente felice.
Se non è questa la presenza di un angelo!
Parlo naturalmente di nostre parti profonde da attivare (magari in solitudine) e questo nessuno ce lo può impedire...

Giuliano ha detto...

La risposta la lascio a Cechov, e ringrazio molto Candida (copio e incollo)
«Tra 'Dio esiste' e 'Dio non esiste' c'è uno spazio gigantesco, il vero saggio l'attraversa con grande sforzo» (1897)
«Bisogna credere in Dio; se però la fede non c'è, non bisogna occupare il suo posto con del chiasso, ma cercare, cercare, cercare in solitudine a tu per tu con la propria coscienza». (1901)

Marisa ha detto...

Ho finalmente trovato la poesia di Rilke da cui parte Wenders! E' inserita in una raccolta che non compare nelle "Nuove poesie" e che ho trovato ora per caso, girando su Internet. Te la trascrivo:

Stanotte vorrei parlare con l'Angelo
che forse riconosce gli occhi miei.
Se lui brusco chiedesse: vedi l'Eden?
E io dire dovrei: sì, vedo fiamme.

Le labbra voglio all'Angelo innalzare
dure, come spoglio di passione.
E se lui poi parlasse: vita ne senti?
E io dire dovrei: la vita rode.

Se in me trovasse lui di quella gioia,
che eterno rende lo spirito suo,
se la sua mano cogliere poi voglia,
e io dire dovrei: la gioia erra.
(Gedicte 1906-1926)

Come vedi Wenders ha fatto una buona scelta perchè la prima strofa è nettamente più bella delle altre due.

Giuliano ha detto...

Ecco una cosa che mancava!
grazie!
:-)