domenica 24 ottobre 2010

Un'intervista a Tarkovskij ( I )

Questa intervista, realizzata subito dopo la fine di “Nostalghia”, fu pubblicata in Italia dal mensile “Frigidaire”: ed è ben strano, perché – come forse qualcuno si ricorda – “Frigidaire” era una rivista di fumetti alternativi (vi pubblicavano Pazienza, Scozzari, Liberatore, e tanti altri) e di collocazione politica e filosofica piuttosto lontani dal cinema di Tarkovskij; eppure queste cose avvenivano normalmente, negli anni ’70 e ’80. Alla redazione di “Frigidaire” si accorsero di avere tra le mani qualcosa di interessante, e lo pubblicarono: tutto qui, e può sembrare strano solo in tempi come quelli che stiamo vivendo oggi, in cui la scuola tutta berlusconiana della pubblicità e del marketing ha insegnato a privilegiare altri valori e a disprezzare la qualità rispetto all’audience. Altri tempi, anche per me: perché io non comperavo “Frigidaire”, me lo aveva prestato un amico che non c’è più da tanto tempo; ed è anche un’occasione per ricordarlo (nome e cognome identici all’autore dei “Malavoglia”, per chi fosse curioso: ma il mio amico era comasco da generazioni).
Il testo viene da antiche fotocopie, e per questo non so datarlo con precisione; lo pubblico solo in parte perché penso che ci sia ancora qualche copyright da rispettare, e spero che l’intervista venga presto rimessa in commercio così da essere liberamente consultabile.

La parte che ho maggiormente tagliato è quella iniziale, che è molto lunga e anche interessante ma che rischia di essere fraintesa da chi non conosce Tarkovskij: si tratta di una specie di litigio fra Tarkovskij e l’intervistatrice, dove il regista russo sembra divertirsi a “scandalizzare” la giornalista parlando a proposito della condizione della donna nella nostra società. Per chi fosse curioso, le opinioni espresse in questo dialogo sono state sintetizzate da Tarkovskij all’inizio di “Nostalghia”, nei dialoghi fra il sacrestano e Domiziana Giordano nella scena di Monterchi, davanti alla Madonna del Parto di Piero della Francesca. Penso che si possa dire che queste opinioni non riflettono se non in minima parte la vera opinione di Tarkovskij, che qui sembra essere piuttosto irritato e poco interessato all’intervista (e sarebbe bello poter ascoltare il sonoro dell’intervista, e magari vederlo in un filmato).
L’opinione di Tarkovskij, in estrema sintesi, è che la donna dovrebbe guardarsi bene dal prendere a modello il maschio; troppi gli errori commessi dagli uomini, le donne avrebbero davvero la possibilità di cambiare il mondo. Purtroppo, il mondo sembra essere andato nella direzione opposta: rispetto a quel 1982, molte donne hanno raggiunto posti di potere ma quasi tutte seguendo i peggiori modelli maschili, durezza e arrivismo sopra tutto il resto.
Per commentare il testo, ho scelto i volti delle donne che si vedono nei film di Andrej Tarkovskij: penso che esprimano meglio delle parole il suo vero pensiero. Le immagini di questo post vengono tutte da "Lo specchio".

ANDREJ TARKOVSKIJ
Intervista raccolta a Londra da Irena Brežnà (pubblicata da “Frigidaire” , circa 1982)
(...) - E’ assurdo, assolutamente assurdo. Capisco cosa vuole dire, ma mi lascia esterrefatto. Si sbaglia, Irena, se pensa che l'uomo non si tormenti con uguale ansia per le sorti del mondo. Ha torto a vederlo come il signore di questa terra.
- E chi lo è allora?
- LUI.
- Lui, chi?
(Tarkovsky indica il cielo. )
- Cerchi di capire quale è la questione principale. Stiamo parlando degli effetti e non delle cause, Se gli uomini vivono senza capire la ragione della loro esistenza, senza conoscere lo scopo per il quale sono nati e perché sono destinati a passare la loro vita qui per un po' di anni, per forza il mondo va a finire nello stato in cui ora ci troviamo. Successe quando gli illuministi presero a interessarsi di problemi che avrebbero dovuto ignorare, cominciando a dedicarsi alla sfera della materia. Una smania di conoscenza si impossessò di loro, specialmente degli uomini, perché le donne, per puro caso, non hanno l'insaziabile sete di sapere dei maschi. Per fortuna.

- Forse perché hanno una sensibilità diversa, in questo come in altri campi.
- Appunto, lo ha notato anche lei. E cosa ne è derivato? Gli uomini hanno iniziato a brancolare come ciechi, senza possedere niente all'infuori delle proprie mani per afferrare qualche significato del mondo. Abbiamo fatto tante scoperte da immaginarci di poter raggiungere noi la felicità e di poter dare alla società un assetto armonico. Invece è successo proprio il contrario. Piú ne sappiamo sul mondo, piú gli esperti in materia realizzano che nella sostanza possediamo meno conoscenze dei nostri antenati. Siamo un inno agli errori. Se sei cieco e metti una mano sul radiatore spento pensi di essere finito in un mondo freddo, ma è solo una percezione tattile, non c'è nessuna connessione con la realtà... Siamo convinti di saperne tante sull'universo e non ne sappiamo niente: abbiamo solo qualche vaga idea sulle piccole particelle di cui è composto, ma ci sfugge la visione di insieme, perché è infinito.
Il pathos dell'esistenza umana, secondo me, non ha nulla a che vedere con l'acquisizione di conoscenze. Questo è il compito intellettuale dell'uomo, ma non è il suo compito principale, che resta quello di come vivere conoscendo il significato della vita. La cosa strana è che tutto quello che noi impariamo sul mondo lo impariamo da un punto di vista pragmatico, pensando che torni a nostro profitto. Continuiamo a crearci dimensioni artificiali, a questo arriva tutta la nostra tecnologia. Abbiamo inventato gli aeroplani perché eravamo stanchi di andare a cavallo. Pensiamo di migliorare la nostra vita spostandoci di qua e di là piú celermente, uno sbaglio elementare ovviamente. Poi troviamo una nuova fonte di energia nella scissione dell’atomo, e come la usiamo questa energia? Costruendo la bomba atomica, un'arma suicida.
Siamo incapaci, dunque, di usare a buon fine le nostre scoperte perché non conosciamo la ragione della nostra esistenza. Gli scienziati pensano che questa ragione consista nel fare scoperte, nell'avere un approccio pragmatico con la realtà. Gli artisti, al contrario, vivono per creare il mondo dell'arte. Ognuno è completamente assorbito dai propri compiti particolari, che pensa ingiustamente disuguali, e invidia l'altro. Ma ogni essere umano dovrebbe cercare di arrivare a possedere il significato della vita e poi vivere accordandosi a questo. Così tutti avrebbero ragione e stessi diritti - artisti, lavoratori, uomini di chiesa, contadini, bambini, cani, uomini e donne... Se mettiamo avanti le cose piú importanti, tutto va al posto giusto, mentre i guai della nostra società nascono da uno squilibrio, dalla disuguaglianza tra lo sviluppo materiale e quello spirituale.
- E’ cominciato con Platone.
- No, molto prima. E’ cominciato quando gli uomini hanno deciso di difendersi contro la natura e gli altri uomini. Su queste false fondamenta si è sviluppata la nostra società e i rapporti che gli uomini hanno costruito non si sono basati sull'amore, l'amicizia e il bisogno di contatti spirituali, ma sulla competitività. Anche per sopravvivere, naturalmente. Ma credo che per la sopravvivenza si sarebbe potuta trovare un'altra strada, dal momento che siamo esseri umani e non animali. Esiste questa società primitiva in cui gli uomini sono vissuti in armonia con la natura e hanno ottenuto risultati strabilianti. Per esempio, le culture orientali, tramandate nel sanscrito, che cercarono di arrivare all'equilibrio tra spirito e materia. Ci domandiamo perché mai perirono. Forse perché parallelamente altre culture gli crebbero al fianco e nacquero rivalità impedendo, forse, alla civiltà di cui parlavo di sviluppare in pieno le proprie idee. Non sappiamo: quel che è certo è che gli uomini dovrebbero rendersi conto di essere venuti al mondo per innalzarsi spiritualmente e per trionfare sui male che è in loro, il male che si sprigiona dall'egotismo. L'egotismo è il segnale che gli uomini non si amano e non si capiscono, che hanno un'idea falsa dell'amore: da questo deriva la distorsione delle convinzioni e di ogni altra cosa. Le idiozie, gli errori e i risultati disastrosi della scienza moderna non derivano dal fatto che non ci siamo fermati a tempo, ma dal basso livello spirituale dell'umanità. Credo che uno sviluppo spirituale non avrebbe reso gli uomini cosí squilibrati come ha fatto quello intellettuale, perché la spiritualità include l'idea di armonia. Qualsiasi altra cosa - anche il desiderio di giustizia che può esserci nei suoi proclami - è secondaria. E se lei non riesce a riconoscersi nei miei film ciò non significa che io abbia torto. Quello che ho detto sulle donne che ho cercato di ritrarre è vero. Può non piacerle, ma preferirebbe che avessi seguito i canoni del realismo socialista nel rappresentare le donne?

- Lei ha dei pregiudizi nei miei confronti.
- No, si sbaglia. E’ lei che ha dei pregiudizi nei miei. Io penso solo che dovrebbe chiedere all'uomo con cui vive perché è così sciocco. Io la metterei così.
- Se questo fosse il principale problema tra me e un uomo non arriverei mai a porre una domanda del genere. Lo avrei lasciato prima.
- Va bene. Ci danniamo l'anima alle prese con tutta una serie di problemi minori pensando di salvare il nostro mondo risolvendoli. Ma sbagliamo. Credo, anzi, che sia assai nocivo occuparsi di questi problemi nel momento in cui ci distraggono dallo scopo principale, la lotta per acquistare forza spirituale, una battaglia che si è combattuta su tutti i fronti. Ogni persona spiritualmente matura, anche se totalmente ignorante, capisce quale è l'unica via di uscita. Per esempio, ho vissuto recentemente in un paesino vicino a Roma e lì ho conosciuto un contadino che per tutta la vita non ha fatto altro che lavorare la terra. Se avessi voluto fare soldi - mi ha detto - avrei dovuto smettere di fare il contadino e metter su una drogheria o roba del genere. Così sarei diventato subito piú ricco. Ma non lo farei mai. Perché no? chiesi. Non potrei permetterlo, rispose. Era un uomo col senso del dovere, capisce, e questo mi ha rivelato la sua forza spirituale. Quello che lo induce a mandare avanti la sua fattoria e a fare sacrifici per il bene dell'umanità non è un occhio ai vantaggi materiali, ma l'amore per il proprio lavoro. In questo c'è una grande bellezza interiore. Siamo noi, brave persone davvero!, ad abbandonare la terra senza un rimorso, ma questo contadino stava ad un alto livello morale, per questo mi è piaciuto.
- Rispettava la terra.
- Non solo la terra ma anche gli uomini, le donne e soprattutto, credo, se stesso. La chiave è proprio qui: rispettava troppo se stesso per andarsene. Amava se stesso e voleva conservare il proprio mondo interiore spirituale... Un uomo con un vero senso del dovere verso se stesso non ha problemi sostanziali. Potremmo provare a vivere senza capire il significato dell’esistenza pur adempiendo il nostro dovere verso la vita su questa terra, ma spesso non ne siamo capaci. Troppo deboli... il guaio è che la civiltà è arrivata oggi ad un’impasse. Abbiamo bisogno di tempo per ricostruire la nostra società su valori spirituali, ma il tempo ci scappa di mano. Disinserire il computer richiede una fatica morale piú grande del tempo che abbiamo a disposizione. L'unica speranza che ci resta è che all'ultimo momento in cui il computer può ancora essere fermato l'uomo riceva un'illuminazione dall'alto: è l'unica via di salvezza.

- Combattiamo sempre contro questo o quello, siamo sempre in guardia di fronte a qualche pericolo perché il vicolo cieco in cui siamo è stretto e gli abissi ai suoi lati sono minacciosi. Il dialogo tra noi è un esempio perfetto: ci stiamo combattendo a vicenda.

- Francamente non avrei mai pensato che sarebbe venuta. Ma dal momento che è qui dobbiamo parlare. E’ vero, la gente si batte contro nemici illusori: le donne contro gli uomini e gli uomini contro le donne, gli uomini tra di loro e le donne pure. Un Paese contro l'altro, un gruppo contro la proliferazione dei missili, un altro contro qualche altra cosa fino a che tutti combattiamo gli uni contro gli altri, invece di combattere contro noi stessi. Perché siamo noi i nostri principali nemici. E’ da qui che deve cominciare la battaglia. Anch'io sono il mio peggiore nemico e mi domando sempre se vincerò mai questa lotta contro me stesso...
- Mi interessa molto il suo ultimo film, Nostalghia. Voleva impegnarsi sul problema della vita di un emigrato?- Non è un film sul problema dell'emigrazione, è un film sulla nostalgia, sul sentimento della nostalgia per il proprio paese. Tutto qui.
(continua)

11 commenti:

Marisa ha detto...

E' per queste cose che per me Tarkovskij è diventatao un "Maestro". Non basta essere un grande artista, bisogna avere un'idea del mondo e di sè stessi così onesta e coerente per essere anche maestri e pochi lo sono...
Il divario tra sviluppo tecnologico e spirituale dell'uomo è davvero tragico. Per lo meno io lo sento così.

Giuliano ha detto...

E pensa che sono già passati 28 anni. Mi rendo conto che queste idee ormai non interessano più a nessuno, e se le dici in pubblico ti prendono in giro; ma è un atteggiamento che pagheremo a caro prezzo. Non so dire quando, ma la Natura ci presenterà il conto: e lo sta già facendo, con il vulcano che blocca gli aeroporti, con la falla della piattaforma petrolifera, lo fece pochi anni dopo l'intervista con Cernobyl - ma mi chiedo se serve parlarne.
Girando per i blog, l'altro giorno ho trovato qualcuno che metteva fra le frasi fatte "una volta qui era tutta campagna", come se fosse una scemenza. Ma la campagna filtra l'acqua, che adesso invece scorre via sulla terra resa impermeabile dall'asfalto e dal cemento, e va diritta nelle fogne; sono nozioni così elementari che mi vergogno perfino a ripeterle, ma per tutti ormai cemento e asfalto e automobili e videofonino sono il progresso, e il resto è vecchiume e sporcizia.

bibliomatilda ha detto...

Come si fa ad insegnare queste cose? Ad arrivare all'animo degli esseri umani? A far capire che la soluzione per le storture del mondo sta in noi stessi? In ognuno di noi?
Posso prendere qualche frase da questa eccezionale intervista? anche per il mio blog?
Tu dove l'hai trovata? avevi il numero di Frigidaire? o in qualche biblioteca pubblica?

bibliomatilda ha detto...

Ma sì...all'ultima domanda ho trovato risposta leggendo la tua introduzione, scusa, l'avevo tralasciata per andare dritta alle parole di Tarkovskij. Grazie!

Giuliano ha detto...

Hai fatto bene a saltare la mia introduzione!
:-)
l'importante è quello che dice Tarkovskij, le introduzioni si possono leggere anche alla fine - lo dice anche Daniel Pennac, i diritti del lettore sono sacri

jeff ha detto...

"Come possiamo vivere una vita piena e regolare quando si tagliano i legami con le proprie radici? "

"Qualche volta nel mio lavoro cinematografico mi colpisce il senso del ridicolo. Ed è veramente un lavoro ridicolo, ci sono cose tanto piú importanti. Come si fa ad affrontarle e a trovare se stessi in queste quando l'arte offre una via d'uscita positiva e avanzata? Questo è il problema. Questo è quello che uno insegna agli altri, ma di fronte al quale è impreparato egli stesso, questo è quello che mi tortura. Ma forse sono pensieri tipicamente russi, anche Tolstoj si tormentava per problemi simili, problemi che lo hanno reso infelice tutta la vita."


é molto difficile aderire (non so adesso chealtro vervo usare) al pensiero di Tarkovskij, è davvero molto controcorrente. Ci sono cose giustissime nella sua visione della vita, ma come può una persona (non solo lui stesso) pretendere dall'uomo un tale sforzo di rendersi migliore?
Ho come l'impressione che non voglia vedere la mediocrità dell'essere umano, gli impone un ideale talmente alto che sembra non tenere affatto conto della "realtà dei fatti". E in effetti lui stesso se ne rende conto: si tormenta e si rende infelice perchè, aggiungo io, non ha ricevuto un'educazione in cui per vivere bisogna adeguarsi (non del tutto ma cmq in buona parte).


ciao

Giuliano ha detto...

Tarkovskij aveva una bella famiglia, vederlo nel documentario di Chris Marker è commovente e si capisce subito che era molto affettuoso e che chi gli era intorno gli voleva bene. Questo va detto, non era né un misantropo né un monaco.
La seconda considerazione che mi porti a fare è questa: il cinema dell'URSS si occupava di temi profondi e importanti, sia storici che filosofici, non solo Tarkovskij ma un po' tutto il cinema dell'Est Europa; i film che arrivano oggi dalla Russia magari sono belli ma parlano quasi sempre di droga e di mafia.
Qualcosa non ha funzionato, insomma; e a me torna sempre più spesso in mente (e non solo in mente) il volto dello Stalker, la sua sofferenza. Non credono in niente, una volta nella Stanza non sanno nemmeno cosa chiedere, perché dentro non hanno niente.
Grazie del commento, Jeff! Mi hai scritto parole che meriterebbero molte riflessioni, ti ho scritto qui le prime cose che mi sono venute in mente, magari possiamo proseguire

jeff ha detto...

Un misantropo certamente no :) Però lo considero per metà monaco :)

Possiamo certamente proseguire. Il mio commento l'ho scritto fin troppo di getto soprattutto perchè era impellente la cena. E mi scuso perciò anche per i refusi ma sto scrivendo su un un poratile che non è il mio. In ogni caso l'argomento Tarkovskij per me tiene banco sempre, l'unico impedimento è che parlarne mi butta sempre un pò fuori strada :) Tant'è che sto sempre rimandando la lettura del Castoro monografico.

Il doc di Chris Marker è l'unico tra quelli che gli hanno dedicato che non ho visto, o almeno lo possiedo ma non masticando il francese non riesco a capirci niente (e una versione sottotitolata su dvd non si trova). Dal doc di Sokurov (meraviglioso) emerge però una certa distanza tra lui e il padre e non mi è ancora chiaro (perchè in fondo non ho cercato più di tanto) se padre e figlio si fossero effettivamente riavvicinati o no e come. Per ora per me questo è un argomento in un certo senso laterale. Più interessante forse è il rapporto che ha avuto con il figlio. Da quanto ho letto Tarkovskij non aveva una gran dimestichezza con i bambini e col figlio c'era sicuramente affetto ma anche una certa distanza. Vabbè, vale un pò per tutti gli artisti lo stesso approccio ai figli: vengono generati ma poi sono anche visti come "intralcio" alla loro creatività (nel peggiore dei casi, vedi Dalì... un narcisista all'ultimo stadio:))

La produzione artistica dell'Est mi piace molto (pur conoscendola non abbastanza) proprio perchè gli artisti lì ci vanno giù molto pesantemente (quando però diventano troppo freddi inizio a non condividerli).

"Pensieri tipicamente russi" dice Tarkovskij, e in effetti la questione si potrebbe chiudere qui: tormentarti è nella tua cultura. Ma a questo punto allora perchè darne una dimensione universale? (mi sto mettendo nei guai! la domanda non è proprio formulata bene)
Del testo che ho letto mi ha preso il riferimento alle radici: una concezione integralista.

Il film Stalker riesce sempre a meravigliarmi: sinceramente il tema della fede per me è ancora aperto.


Mi piacerebbe scrivere qualcosa sui suoi film sul mio blog, giusto per strutturare ciò che vedo in essi, ma non riesco mai a darmi un tempo..

Se ci riesco, nei prossimi giorni se passo per Firenze cerco di dare un'occhiata all'Istituto Tarkovskij, anche se non so esattamente di cosa si tratta.. Ne sai qualcosa?


ciao!

Giuliano ha detto...

il tema principale è la pubblicità. Tarkovskij ci ha lasciati ormai da più di 25 anni, un'intera generazione. Ma nessuno, quando c'era ancora il cinema, ha mai fatto film pensando alla pubblicità: nemmeno Hitchcock, nemmeno Franco e Ciccio. Oggi tutti programmano la durata delle sequenze in base agli spot, e i cinema stanno chiudendo, il futuro è in qualcosa che si guarda nel palmo di una mano, schermi sempre più piccoli.La negazione del cinema, insomma: l'esatto contrario.
Io ho visto i film di Tarkovskij man mano che uscivano, li ho attesi, vederli al cinema e su grande schermo era davvero un'esperienza non comune.
Per quest'intervista, secondo me Tarkovskij era un po' irritato con la giornalista, bisogna tenerne conto (hai presente la scena iniziale di Stalker, la donna elegante che vorrebbe entrare nella Zona e lo sguardo che le rivolge Kajdanovskij?)
:-)
non so niente del museo Tarkovskij, mi ricordo appena della sua esistenza; anch'io sono un po' drastico come era Tarkovskij, non sono sicuro che gli avrebbe fatto piacere. L'anima russa, lui dice: io preferisco dire la sofferenza dello Stalker...
Oggi lo Stalker starebbe malissimo.

jeff ha detto...

Il rapporto con le donne, un altro bel capitolo. Ricordiamoci anche del ruolo della compagna dello stalker alla fine del film.

Penso che lo stalker avrebbe modo di stare ancora peggio in futuro :)

Sono un grande sostenitore della sala e del cinema come esperienza, figurati se non sono d'accordo. I cinema saranno di meno ma penso che sopravviveranno perchè proietteranno per poche persone appassionate. Da settembre passeranno in sala diversi film storici restaurati, già da questo capisco come si trasformerà la fruizione cinematografica.

Hai letto l'intervista di repubblica ad Hayao Miyazaki? Ti riporto una risposta che fa al caso:

"I suoi detrattori l’accusano di essere vittima della nostalgia del Giappone di ieri. Tema ricorrente sin da “Il mio vicino Totoro” e “Porco Rosso”.
«La parola “nostalgia” non appartiene al nostro vocabolario, anche se capiamo che cosa significa. Quando ho visto il film di Tarkovsky, “Nostalghia”, ho capito quanto questo sentimento potesse essere universale e condiviso, anche nei bambini. La nostalgia non è un privilegio degli adulti: è una delle rare caratteristiche che ci rendono umani. Umani e bambini. Vivendo, perdiamo, via via, qualcosa. È la vita. La vita diventa, per tutti, nostalgia»."


Alla prossima.

Giuliano ha detto...

sì, è una questione fondamentale... non so nulla di questa giornalista, Irena Brezhnà, ma penso che qualcosa in lei abbia indisposto Tarkovskij. L'inizio di questa intervista è molto duro, non l'ho riportato qui per evitare fraintendimenti - la posizione di Tarkovskij mi pare chiarissima per chi ha visto i suoi film, per esempio Lo specchio. Ma anche in Stalker, la donna elegante all'inizio viene convinta ad andarsene (basta un'occhiata), invece la moglie dello Stalker è vista con grande affetto e attenzione.
ok, alla prossima
:-)