Offret (Sacrificio, 1986). Scritto e diretto da Andrej Tarkovskij. Fotografia: Sven Nykvist. Musica: Johann Sebastian Bach (“Erbarme dich” dalla Passione secondo Matteo, e il Preludio BWV 539), musica strumentale giapponese (flauto Shuso Watazumido), richiami tradizionali dei pastori svedesi. Montaggio: Andrej Tarkovskij, Michal Leszczylowski. Scene costumi: Anna Asp, Inger Pehrsson. Interpreti: Erland Josephson (Alexander), Tommy Kjellquist (il bambino), Gudrun Gisladottir (Maria), Allan Edwall (Otto), Susan Fleetwood (Adelaide), Valérie Mairesse (Julia), Sven Wollter (Viktor), Filippa Franzen (Marta), Per Kàllman e Tommy Nordhal (infermieri). Durata: 145 minuti.
Siamo arrivati ad un’ora circa dall’inizio di “Sacrificio”: che non è un film spettacolare nel suo complesso, ma Tarkovskij ha sempre questi movimenti di macchina così impressionanti, al limite del soprannaturale, che sono stati copiati e rifatti infinite volte, magari in film horror diventati “di culto” dagli anni 70 in qua. La capacità tecnica e la padronanza del mezzo cinematografico di Tarkovskij lasciano ancora oggi senza fiato: alcuni accorgimenti sono semplici, altri difficili da capire se non si è ben dentro al gioco del cinema, ma le sequenze girate in questo modo non vengono per caso, e ci sono in tutti i film del grande regista russo. Queste sequenze, anche se riviste molte volte, danno ancora i brividi; siamo davvero al “non filmabile”, e verrebbe da dire che siamo al di là della nostra normale percezione sensoriale. Il tutto con i normali mezzi a disposizione, senza effetti speciali particolari. Non era solo Tarkovskij a riuscire in queste meraviglie, mi viene da pensare a Kubrick, al primo Hitchcock, a Ermanno Olmi, ai grandi maestri della luce come Henri Alekan... E’ un esempio di cos’è un vero Maestro, un grande da cui si può copiare. Raramente, però, il Grande riceve onori e utili economici, che spettano a chi copia. E’ un dono gratuito dei Grandi, un Sacrificio anch’esso, come la carta geografica di Otto, un dono è qualcosa di nostro e di prezioso che però lasciamo volentieri al nostro prossimo, se ne ha bisogno.
A 1h09’ silenzio, rimori d’ambiente, una stanza vuota come in Odissea nello spazio o in Nostalghia; Alexander è da solo, beve da un bicchiere e poi recita il Padre Nostro, saltandone però alcune frasi ("come noi li rimettiamo ai nostri debitori...").
A 1h11’ c’è un vero monologo teatrale, o un’aria d’opera, nell’invocazione di Alexander:
Alexander: Signore, liberaci da questi tempi spaventosi. Fa’ che non muoiano mia moglie, i miei figli, Viktor, tutti quelli che ti amano e che credono in te, tutti quelli che non credono e che non ti amano perché sono ciechi e non si sono mai rivolti a te perché ancora non sanno che cosa vuol dire essere davvero infelici...tutti quelli che in questo momento hanno perduto le loro speranze, il loro futuro, la loro vita e anche la possibilità di arrendersi al tuo volere...tutti quelli che sono presi dal terrore e che sentono avvicinarsi la fine...tutti quelli che temono non per se stessi ma per quelli che amano e ai quali nessuno come te può offrire protezione perché questa guerra in definitiva è l’ultima che si combatterà, perché a questa guerra non sopravviveranno né vincitori né vinti...(...)Qui Alexander fa il voto di rinunciare a tutto, purché le cose tornino ad essere “come erano prima”.
"In principio era il verbo, ma tu stai zitto come un salmone" dice Aleksàndr all'inizio del film a suo figlio che, dopo l'operazione alla gola, è costretto ad ascoltarlo in silenzio mentre gli racconta la leggenda dell'albero inaridito. Successivamente, però, è lo stesso Aleksàndr che, sotto l'impressione provocata in lui dalla spaventosa notizia della catastrofe nucleare, fa voto di tacere: "... Sarò muto, non pronuncerò una sola parola con nessuno, rinuncerò a tutto ciò che mi lega alla mia vita passata". Dal fatto che Dio ha ascoltato la preghiera di Aleksàndr dipendono tutte le conseguenze, sia quelle terribili che quelle felici. Può apparire terribile il fatto che Aleksàndr, mettendo in pratica il voto che ha fatto, rompa definitivamente col mondo, leggi del quale egli si era assoggettato fino ad allora. Con ciò stesso egli perde non soltanto la famiglia, ma anche ogni possibilità di attribuire valore alle norme morali, e questa è la cosa più terribile agli occhi di coloro che lo circondano. Nonostante ciò, anzi, più esattamente, proprio a causa di ciò, Aleksàndr ai miei occhi impersona l'eletto di Dio. Egli è un uomo che avverte la minaccia costituita dalla forza distruttiva dei meccanismi della società moderna che, a suo giudizio, sta correndo verso il precipizio. E per la salvezza dell'umanità è indispensabile strappare la maschera al mondo moderno. (Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, ed. UbuLibri)
Al termine, vediamo Alexander andare verso il divano, di spalle, senza alzarsi ma “gattonando”: è la terza volta che vediamo questa cosa nel film, all’inizio lo aveva fatto il bambino (con un fiore in bocca), poi Otto dopo lo svenimento, e fa riflettere perché si tratta di inquadrature poco eleganti e facilmente evitabili. Di regola, a “gattonare” sono i bambini molto piccoli, prima di iniziare a camminare sulle loro gambe.
Nel seguito, ancora grosse somiglianze con Stalker. Ascoltiamo il rumore moneta che cade, ma senza vedere la moneta; e nella colonna sonora riprende il richiamo dei pastori svedesi, una musica che a questo punto abbiamo imparato a riconoscere e che prelude a qualcosa di soprannaturale e di inquietante.
Qui Tarkovskij mette l’immagine di Julia: non è Maria, come ci si aspetterebbe. Anche questa è una scelta che non ci si aspetterebbe a questo punto, e che fa sorgere molte domande. Quale è il significato di questo personaggio, Julia? Perché la vediamo qui, a questo punto? La sequenza di Julia a 1h14, pur molto breve, somiglia a quella di Patrizia Terreno in “Nostalghia”, e anche l’attrice ha qualche somiglianza fisica, il letto è simile, la luce è quella.
Nelle scene precedenti, dopo l’annuncio della tv, Otto si era avvicinato sia ad Adelaide che a Julia, ed entrambe lo avevano respinto con un ribrezzo ingiustificato, data la simpatia del personaggio e la familiarità dimostrata in precedenza. Dopo averlo respinto, Adelaide ha la crisi nervosa e verrà sedata; Julia rimane calma, ma Viktor le fa lo stesso l’iniezione sedativa: “sarà meglio anche per noi, se te la fai fare”: Anche questa una battuta oscura. A me era venuta in mente la scena del Walhalla nell’Oro del Reno di Wagner, quindi la mitologia nordica (il film è ambientato in Svezia, nell’isola di Faro) e avevo cercato un paragone di Julia con Freia, la dea della giovinezza; ma sono solo mie suggestioni senza alcuna base negli scritti di Tarkovskij. Di sicuro nel film c’è questo: Julia invoca Viktor, cioè l’uomo di cui è innamorata sua madre; e non Alexander.
Julia: Viktor, vieni qua, aiutami...Non vediamo Viktor in questa scena; c’è Julia da sola, che si spoglia e rimane nuda nella sua camera da letto, per un breve istante.
Di seguito, a 1h15, vediamo un velo che cade, poi Alexander che cammina sprofondando i piedi nel fango, tra le foglie morte. Di seguito, Alexander rovista nel fango e ne trae qualcosa che potrebbe essere un velo; vede una sagoma bianca vicino alla casa (forse una statua, come l’angelo nell’acqua nella scena della chiesa sommersa, in “Nostalghia”). Sale forte il canto dei pastori, che diventa simile ad uno jodler, un richiamo di montagna diventato musica.
E’ una lunga sequenza magica, l'ultima di quelle sequenze straordinarie che solo Tarkovskij sapeva fare. Vediamo molta acqua, monete e pezzi meccanici (una molla) tra foglie morte e fango, due piedi nudi di bambino dietro una staccionata, nel fango e nell’acqua, che fuggono subito via senza poterne vedere la figura intera. “Figlio mio!” grida Alexander, un grido soffocato; poi un forte vento, e fine della visione a 1h18.
Alexander si risveglia nel suo letto, e trova Otto ad attenderlo.
7 commenti:
Meno male che hai inserito le parole stesse di Tarkovskij: sono un prezioso indizio da cui partire senza la paura di stare farneticando. Sì, Alexander, dopo il primo impulso di risparmiare l'orrore della catastrofe nucleare ai suoi cari (soprattutto al piccolo) con la rivoltella, cade in ginocchio e prega. Prende il sopravvento l'uomo religioso e la sua preghiera è bellissima, più completa di quella già magnifica dello Stalker, perchè ora il pericolo è ancora più grande ed è in gioco la sopravvivenza stessa del genere umano, non solo i desideri e la fede, e lo vediamo pregare non solo per i suoi, ma per tutti, anche per chi non crede e soprattutto per gli infelici (e chi non lo è ormai?). Naturalmente sa che anche lui deve offrire qualcosa e, siccome la richiesta è grandissima, deve anche lui offrire molto: tutto quello che ha e in più il silenzio...
Può sembrare strano a noi, che nel nostro perpetuo infantilismo pensiamo di poter ricevere sempre tutto (basta chiedere no?) gratis e per "amore",il fatto che invece bisogna anche offrire qualcosa a Dio, che nella sua onnipotenza ovviamente non ha sicuramente bisogno di qualcosa da un piccolo uomo; eppure è così, perchè serve a noi, ad elevare il livello di coscienza.
L'essenza del "sacrificio"(rendere qualcosa sacro) consiste proprio nella trasformazione, una specie di operazione alchemica in cui la materia prima deve essere lavorata (solve, coagula..)e in questo qualcosa viene anche macerato e torturato, prima di diventare il "lapis", la "pietra filosofale", l'oro alchemico...
La grandezza del Cristo è stata proprio nell'aver sacrificato non più solo gli animali (il famoso capro espiatorio), ma tutto se stesso, nuovo Agnello sacrificale. E qui Alexander, per ammissione stessa di Tarkovskij si muove su quel piano, perciò ai suoi occhi impersona "l'eletto di Dio".
Mi stavo giusto chiedendo se "Scolpire il tempo" è ancora reperibile. Non ci resta che sperare nelle nuove tecnologie, ormai trovare i libri belli è diventato difficilissimo.
In compenso, le librerie riempiono gli scaffali di cose inutili...
Oggi ho finito di (ri)vedere Sacrificio: penso che non arriverò ai venti post, meno male! Da qui in avanti i dialoghi sono meno importanti delle immagini.
Una riflessione su Julia. Mi spiace deluderti, ma, anche se mangia le mele ed è giovane e bella non è Freja. Come la madre si aspetta la salvezza da Viktor, cioè da quel tipo d'uomo che è sempre disponibile sul piano del "fare" e dell'efficienza (è persino medico e può soccorrere sul piano fisico e materiale) e perciò incarna l'ideale di quello "affidabile", di cui le donne hanno sempre bisogno...
Alexander invece viene subito scartato. Quando c'è un'emergenza cosa può fare un intellettuale per di più tormentato e con interessi spirituali ed estetici?
Anche Otto non viene preso molto in considerazione nè da Adelaide nè da Julia...
Il povero Viktor, anche se così devoto e sollecito, sta però meditando la fuga e una delle motivazioni per accettare il primariato in Australia (dall'altra parte del mondo) è proprio quella di allontanarsi da loro...Che sia un istinto di sopravvivenza dopo tanto offrirsi alla vampirizzazione?...
Intanto, guardando bene il finale ho risolto un paio di problemi: Julia è figlia anche di Alexander e non solo di Adelaide. Non che fosse importante, ma c'è un momento in cui Adelaide le dice "vai a svegliare tuo padre", e intende Alexander. Questo aspetto "da telenovela" è la cosa che meno mi piace in "Sacrificio"...
:-)
La seconda cosa, molto più importante, è che il comportamento dei vari personaggi nella fase centrale è quasi come se fosse parte di un sogno, di una visione; per cui le parole che dicono e i loro gesti sono da prendere con molta attenzione.
La mia osservazione sulla mela (anche Alexander nel finale, prima di accendere il fuoco, addenta una mela) è perché volevo fare attenzione a questi gesti "minimi". Li riporto qui come appunto, chissà se c'è davvero qualcosa dietro: ormai Tarkovskij non può più dirlo, e francamente mi sarebbe piaciuto vederlo ridere davanti a queste mie ipotesi e impressioni. (magari qualcuna l'ho indovinata, chissà!)
Sì, che Julia fosse figlia di Alexander all'inizio può sfuggire perchè vediamo lui così legato al piccolo da farne addirittura lo scopo della sua vita. Vediamo, nelle coversazioni iniziali,che Julia ricorda molto dei passati successi di Alexander, che se ne stupisce, e questo fa pensare che anche lei, come la madre è molto legata al bisogno di notorietà e di "successo" che un uomo può garantire e , dopo il ritiro di lui dalle scene, si è sempre più avvicinata alla madre ed allontanata dl padre. L'uomo che viene ammirato da entrambe le donne è Viktor.
La scena in cui la vediamo nuda, in camera sua dopo l'annuncio della catastrofe, mi fa pensare che un momento simile mette tutti "a nudo", in modo diverso,naturalmente. Adelaide ha una lunga e violenta crisi isterica (con altrettanta lunga esposizione delle sue belle gambe),Marta rivela la sua sollecitudine e la sua forza morale, Viktor fa quello che sa (inietta sedativi) per contenere l'ansia di tutti, Otto si allontana misteriosamente perchè "ha qualcosa da fare" ed Alexander si prepara al sacrificio.
Un'altra cosa a cui non avevo pensato. Avevo collegato la follia alla nudità, pensando soprattutto agli antichi manicomi.
Le gambe della signora Fleetwood non passano certo inosservate, ma si capisce perché vengono mostrate: ho trovato la scena molto simile a quella di Marisa Berenson in "Barry Lyndon" di Kubrick.
Dici che in questa parte centrale il comportamento dei vari personaggi è come se fosse in un sogno o una visione. Effettivamente quando si è sotto schok si può rimanere come "in trance", e qui lo schok è grande: si sta per compiere la fine del mondo! Ma l'unico sogno che viene mostrato, anche se all'inizio non sembra un vero sogno, è quello di Alexander e lo si capisce solo al momento del risveglio, tecnica che Tarkovskij usa spesso per dare più drammaticità e risalto ai sogni.
E' il secondo sogno di Alexander che compare, se non sbaglio. Nel primo si vedeva, sempre in bianco e nero, una strada piena di rifiuti, ma senz'anima viva: un incubo da "dissipatio H.G.", ed ora l'ambiente è sempre da incubo, ma con elementi simili a quelli di Stalker: tante pozzanghere, monete sott'acqua (valori sprofondati?), passi di un bambino...
Ci sarà un terzo sogno: la stessa strada del primo con il ritorno della gente...
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