mercoledì 27 ottobre 2010

Otto e mezzo (II)


Otto e mezzo (1963) Regia: Federico Fellini - Soggetto: Federico Fellini, Ennio Flaiano, ideato da Federico Fellini - Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi - Fotografia: Gianni Di Venanzo - Operatore: Pasquale De Santis - Musica: Nino Rota - Scenografia e costumi: Piero Gherardi - Aiuto scenografia: Luciano Riccieri, Vito Anzalone, Orietta Nasalli Rocca - Montaggio: Leo Catozzo - Aiuto montaggio: Adriana Olasio - Aiuto regia: Guidarino Guidi, Giulio Paradisi, Francesco Aluigi - Collaborazione artistica: Brunello Rondi - Segretaria di edizione: Mirella Comacchio - Trucco: Otello Fava - Acconciature: Renata Magnanti - Fotografo di scena: Tazio Secchiaroli - Produttore: Federico Fellini, Angelo Rizzoli - Direttore di produzione: Nello Meniconi - Organizzazione generale: Clemente Fracassi, Alessandro Von Norman - Ispettore di produzione: Mario Basili - Segretario di produzione: Albino Morandini - Produzione: Cineriz (Roma), Francinex (Paris) - Prima distribuzione italiana: Cineriz - Data visto censura: 6 febbraio 1963 - Durata: 114'.
INTERPRETI E PERSONAGGI:
Marcello Mastroianni (Guido Anselmi); Anouk Aimée (Luisa, moglie di Guido), Sandra Milo (Carla, amante di Guido), Claudia Cardinale (Claudia, la Musa ispiratrice), Rossella Falk (Rossella, amica di Luisa, “grillo parlante”), Barbara Steele (Gloria, l’inglese amica di Mario), Madeleine Lebeau (l'attrice francese), Caterina Boratto (signora delle terme), Jacqueline Bonbon (Yvonne, la soubrette), Marisa Colomber e Maria Raimondì (le zie di Guido), Edra Gale (la Saraghina), Nadine Sanders (hostess), Edy Vessel (Edy, indossatrice), Annie Gorassini (l'amica di Pace), Elisabetta Catalano (sorella di Luisa) Rossella Como (amica di Luisa), Gilda Dahlberg (moglie del giornalista americano), Olimpia Cavalli (Olimpia), Hazel Rogers (la negretta); Annibale Ninchi (padre di Guido), Giuditta Risone (madre di Guido), Mario Pisu (Mezzabotta), Georgia Simmons (la nonna di Guido ); Guido Alberti (Pace, il produttore), Jean Rougeul (l'intellettuale), Mario Conocchia (direttore di produzione), Bruno Agostini (segretario di produzione), Cesarino Miceli Picardi (ispettore di produzione) Eva Gioia e Dina De Santis (ragazze dell'ispettore di produzione); Jan Dallas (Maurice, il telepata), Mary Indovino (partner del telepata ); Tito Masini (il cardinale), E. Cini (un cardinale), Alfredo De Lafeld (segretario del cardinale), Mario Tedeschi (il direttore del collegio), Sebastiano De Leandro (un prete), Frazier Rippy (segretario laico dei cardinale), Polidor (un clown), e con Roberta Valli (bambina), Roby Nicolosi (un medico delle terme), Neil Robinson (agente dell'attrice francese), Mino Doro (agente di Claudia), Mario Tarchetti (ufficio stampa di Claudia), Eugene Walter (giornalista americano), John Stacy (il cassiere), Mark Herron (corteggiatore timido di Luisa), Francesco Rigamonti e Matilde Calman (altri amici di Luisa), Riccardo Guglielmi (Guido bambino nella fattoria), Marco Gemini (Guido scolaro in collegio), Giulio Calì.

molte delle immagini che vedete qui vengono dal volume “I film di Federico Fellini” di C.G. Fava e A.Viganò, editore Gremese: lo so che non si dovrebbe fare, ma il libro è talmente bello e pieno di belle immagini che non ho resistito.
(prosegue dal post precedente)Nella notte, Guido-Mastroianni viene visitato dalla Musa: che ha il volto e le sembianze di Claudia Cardinale. Si tratta di un sogno, o forse di una visione: la vera Claudia la vedremo solo verso la fine del film. Il regista dubita di se stesso: gli hanno spiegato abbondantemente che si è sbagliato, che “è ora di farla finita con i simboli”, e anche con il richiamo alla purezza, con l’evasione. Il riferimento al finale di “La dolce vita”, e all’apparizione finale di Valeria Ciangottini sulla spiaggia, è evidente. Qui non siamo alla fine del film, e invece dell’apparizione della Ciangottini (allora poco più che adolescente) c’è il viso altrettanto angelico di Claudia Cardinale, all’apice della sua bellezza; ma il messaggio è lo stesso.
E il regista pensa di aver trovato la “scusa” giusta per inserire la sua idea di partenza, alla faccia dei critici e degli intellettuali da strapazzo: si può fare che la giovane donna sia figlia del custode della Pinacoteca, così da spiegare le “immagini di antica bellezza”?
Ma è solo un sogno, e si sa che le idee che ci appaiono luminose nei sogni raramente lo sono altrettanto quando ci si risveglia. Ed è il suono insistente del telefono a risvegliare Guido: la realtà si fa viva con una chiamata di Carla, la sua amante clandestina parcheggiata “di nascosto” in albergo. Carla (cioè Sandra Milo) ha la febbre, un febbrone; e Guido deve precipitarsi a soccorrerla, anche se non vorrebbe.
La mattinata è infatti dedicata ad un incontro con il Cardinale, nel parco delle Terme. La scena serve per introdurre un tema importante, le conseguenze dell’educazione cattolica (in collegio, con i preti) sulla vita adulta di un uomo. Il segretario del Cardinale, un monsignore, è molto cortese ma trova l’occasione per dire all’uomo di cinema che “voi avete una grande responsabilità, potete educare o corrompere migliaia di anime”. (e io, vedendo il film oggi, penso alla “grande responsabilità” avuta dalle tv commerciali in questi vent’anni da quando Fellini non c’è più...).
Infine, ecco il regista Guido davanti al Cardinale: che lo intrattiene sul mito di Diomede e sul canto degli uccelli. L’apologo soave del Cardinale porta però Guido a ripensare ad un episodio del suo passato: il suo incontro con il sesso, ancora bambino. E’ l’episodio della Saraghina, uno dei più citati nelle esegesi felliniane. Ed è certamente un episodio memorabile e ben girato, ma siamo sicuri che Fellini sia tutto lì? Io direi che si stava divertendo.
Ed è comunque un flashback, l’apparizione della Saraghina sulla spiaggia di Rimini, la gigantessa, la donna-mostro che riapparirà in altri film di Fellini, dai “Clowns” al “Casanova”. Il regista da bambino è a scuola dai preti: i bambini del collegio, nella divisa con la mantellina, li rivedremo uguali in “Roma” nei “Clowns” in “Amarcord”. Tutti insieme, corrono sulla spiaggia a vedere lo show della Saraghina: che danza per loro meglio di Salomè.
E’ il sesso visto come vergogna e come colpa; e non si creda che siano sequenze inventate. Io non ho l’età di Fellini, ma le prostitute anziane ed enormi sui bordi delle strade erano realtà, prima dell’invasione recente di altri corpi e altre situazioni, in un mondo certamente più cattivo. Non so come fosse possibile (ancora oggi non so spiegarmelo) ma ci campavano; e sulle “Saraghine” delle nostre strade ho ascoltato molti aneddoti simili a questo che ci racconta Fellini.
Il bambino, colto in fallo, verrà severamente punito e mortificato davanti a tutta la classe; i preti del collegio gli metteranno un cappello da asino (Goya ne dipinse uno uguale per un processo dell’Inquisizione) e verrà fatto inginocchiare sui sassolini aguzzi, davanti al prete giovane che lo rimprovera aspramente e con disprezzo. Più tardi, in confessionale, gli verrà detto:
- Ma non lo sai che la Saraghina è il diavolo?? – e il disegno sul legno traforato del confessionale appare identico alla ruota del Luna Park in “La città delle donne”. Tutto inutile: nell’ultima sequenza del flashback vediamo il bambino correre dalla Saraghina, stavolta da solo.

Si torna alla realtà, e la realtà è lo scrittore-sceneggiatore che lo sconsiglia di usare “le tenere ignoranze e i piccoli ricordi bagnati di nostalgia”.
Sulla musica di Nino Rota, si apre qui la sequenza del bagno turco: siamo pur sempre in una stazione termale. Sequenze simili le vedremo anche in “Roma”, il produttore riceve Guido come facevano gli antichi romani. C’è anche l’amico Mario, per una volta senza la sua giovanissima fidanzata: questo è un ambiente tutto maschile, forse per questo Mario è triste (e lo capisco perfettamente). Da segnalare, la breve battuta sul “divorzio al Messico”: si usava, negli anni ’60, quando ancora in Italia non si poteva divorziare, era un’usanza delle persone ricche.
Inaspettato, ecco l’invito del Cardinale (“soltanto cinque minuti”): Guido si riveste in fretta e va all’incontro: avvolto in un accappatoio, anche il Cardinale (magro come Gandhi) fa il bagno turco in mezzo al vapore.
- Eminenza, io non sono felice...
- Perché dovrebbe essere felice? Chi le ha detto che siamo al mondo per essere felici? (...) Non c’è salvezza al di fuori della Chiesa.
Il Cardinale fa parecchie citazioni in proposito, da Origene a Sant’Agostino. Questo è sempre stato il pensiero della Chiesa.
Esterno notte, musiche di Nino Rota: è una festa organizzata dal produttore del film (napoletano, evidentemente ricalcato sui napoletanissimi produttori dei veri film di Fellini: ma qui il produttore vero è Rizzoli, milanese).
Poi un’asta di oggetti d’arte, brevemente; con pubblico elegante e facoltoso. Qui per la prima volta vediamo Anouk Aimée, che interpreta la moglie di Guido-Mastroianni. Con lei c’è l’amica Rossella (Rossella Falk, una delle nostre più grandi attrici di teatro, ancora oggi in piena attività), e altre amiche. C’è una scena di danza, e qui si ascolta chiaramente l’abbozzo del tema musicale che porterà l’Oscar a Nino Rota per “Il padrino”, parecchi anni dopo: ci furono polemiche perché il tema per l’Oscar doveva essere “originale”, ma è una delle poche volte in cui sono totalmente d’accordo con quella giuria. Rota è stato un musicista meraviglioso, fu anche didatta e direttore di Conservatorio; con Fellini si divertiva e giocava e spesso è difficile comprendere a pieno il suo lavoro, ma penso che la parte della sua musica che ascoltiamo in questo film basti per capirne la grandezza.

Poi, via in macchina, nella notte: il produttore porta tutti a vedere il set che si sta costruendo, la fantasmagorica astronave per il prossimo film di Guido. Sequenze come questa, ma relative al progetto di “Il viaggio di Mastorna”, si possono vedere quasi uguali all’inizio di “Block notes di un regista”, un breve film di pochi anni dopo molto sottovalutato, ma che a me sembra fondamentale per capire Fellini. L’astronave in costruzione è una “baracca enfatica e costosissima”, per usare le parole che vengono dette in sceneggiatura.
Il soggetto del film sarà forse “una catastrofe nucleare”.
- Mamma mia! Il profeta fa la voce grossa... – commenta ridendo Rossella; e il regista si stringe nelle spalle. La verità è che lui non sa nemmeno se il film si farà, ma ormai il produttore ci ha messo i soldi, qualcosa bisognerà combinare.
Luisa, la moglie di Guido, ha cambiato umore d’improvviso: prima era felice, si era gettata fra le braccia del marito; adesso è ombrosa e scontrosa, e nemmeno l’amica Rossella sa perché. Lo verremo a sapere più avanti: ha intravisto l’amante del marito, e Guido gli aveva a lungo parlato della sua triste solitudine...
In queste scene, Luisa ha un timido corteggiatore; Guido ne pare sollevato e Rossella lo prende in giro per questo.
- L’unica cosa che tua moglie vorrebbe è che tu fossi diverso da quello che sei – gli dice ancora Rossella. E il fatto che le nostri mogli ci vogliano diversi da come siamo è un destino comune a molti di noi, a quel che ho potuto imparare. Quanto meno, Fellini con le sue fantasie guadagnava parecchio e aveva molte soddisfazioni.
- Volevo fare un film onesto, senza bugie di nessun genere. Mi pareva di avere qualcosa di così semplice da dire, un film che potesse essere utile un po’ a tutti, che aiutasse a seppellire tutto ciò che di morto ci portiamo dentro...E invece io sono il primo a non avere il coraggio di seppellire proprio niente. (...) Chissà perché le cose sono andate così? A che punto avrò sbagliato strada?
A questo punto, Fellini introduce un tema che lo interessava molto: gli spiriti. Si sa che Fellini frequentò molto gli ambienti esoterici, e sono ben noti i suoi rapporti di amicizia con Gustavo Rol, un distinto signore di Torino che aveva stretti rapporti con l’aldilà. Sarà questo il soggetto del film successivo, “Giulietta degli spiriti”; e del resto avevamo già visto poco fa la scena di “Asa Nisi Masa”. Ma qui è Rossella l’appassionata di spiritismo.
- Cosa ti dicono i tuoi spiriti?
- Che sei libero, ma devi saper scegliere. E che non hai più molto tempo davanti a te, devi far presto.


Torna la notte. Guido e la moglie sono in albergo, nello stesso letto: ma si ritrovano freddi e distanti.
La mattina dopo, mentre fanno colazione all’aperto, arriva una carrozza bianca tirata da un cavallo bianco: ne scende Sandra Milo in veletta, tutta agghindata. E’ l’amante che si presenta di fronte alla moglie; però si mette qualche tavolo più in là, sia pure in bella vista..
Luisa mette Guido al corrente: l’avevo già vista qui in albergo, è inutile che mi racconti bugie. Ma Guido insiste, è finita da tre anni con quella là... Poi si mette un paio di occhiali da sole, con lenti nerissime. L’amica Rossella, al loro fianco, assiste a tutta la scena.
E’ facile pensare ad una scena autobiografica, e comunque è da presumere che Sandra Milo e Giulietta Masina (la vera moglie di Fellini) fossero in buoni rapporti, visto che reciteranno assieme nel film successivo di Fellini. Ciò non toglie che, con tutto quello che si è letto e sentito sui rapporti di Fellini con la Milo, questa scena sembri davvero curiosa.
Il malumore scatena in Guido-Mastroianni una delle sue fantasie più ardite, la fantasia di tutte le donne della sua vita che vanno d’amore e d’accordo e che vivono solo per lui. E’ una sequenza molto lunga e molto divertita, che riprende il flashback precedente di Guido da bambino accudito dalle donne della famiglia, e che verrà ripresa in “Casanova” e in “La città delle donne”. E’ una sequenza famosa, e non mi ci soffermo molto: basterà dire che alla fine riascoltiamo Wagner e la Cavalcata delle Walchirie...
La fama di Federico Fellini, la sua enorme fama mondiale, si fonda proprio su questo equivoco; queste sono scene di divertimento, ma sono state prese sul serio e prese come poetica fondante del regista riminese. Il classico equivoco della critica più superficiale: cioè che tutto quello che viene detto in un film o in un romanzo rappresenti il pensiero dell’autore. E’ un equivoco che si può concedere a un normale spettatore o lettore, ma ad un critico di professione si richiede qualcosa in più. Fellini si sarà fatto delle gran risate, in privato, e ci sarà anche rimasto male: ma su questa fama dovuta “agli scandali” ci ha giocato parecchio, e quando si mette in coppia con l’amico Mastroianni diventa difficile fermarlo nel suo divertimento. La sequenza è lunga e famosa, e termina con una frase bellissima:
- La felicità consiste nel dire la verità senza far soffrire nessuno...
La scena successiva è quella della visione dei provini, organizzata dal produttore che vorrebbe dare un’accelerata al film. Nella sala cinematografica allestita per l’occasione (c’è anche Conocchia, che aveva minacciato di andarsene in una delle prime sequenze) torna a presentarsi anche lo scrittore-critico, che viene giustiziato seduta stante: purtroppo, però, solo nelle fantasie del regista.
Davanti ai provini, imbarazzanti perché mettono in scena ripetute volte le fantasie e il privato dell’autore, la moglie di Guido se ne va. “Ma è solo un film...” le dice Guido rincorrendola senza successo.
Ed il “Chi ti credi di essere” che gli arriva in ritorno è micidiale. Il “chi ti credi di essere” è una delle punizioni che aspettano chi si prova a dire la verità senza voler fare del male a nessuno, e senza la minima intenzione di voler essere depositari della verità. “E’ solo un film, è solo così per parlare, per capire...”
Ma poi arriva Claudia, la Musa Ispiratrice: lei e Guido-Mastroianni abbandonano la sala e salgono in macchina insieme per un giro in auto, di notte. Il regista è ancora pieno di dubbi, lei sorride ed è molto positiva, radiosa.
- Da che parte si va? Non conosco la strada...
- Ci deve essere la sorgente qui vicino, senti? Prova a voltare di qua.
La ragazza della fonte, che dà la salvezza...Un’immagine quasi religiosa, o forse da antica mitologia.
Claudia Cardinale ha la sua vera voce, e parla ancora con un leggero accento straniero (è nata e cresciuta a Tunisi, la sua madre lingua è il francese, agli inizi di carriera viene spesso doppiata). E’ positiva, allegra e sorridente; appare come una Madre Terra in piena primavera, rispetto al grigiore degli altri personaggi. Ci si aspetterebbe di vedere il film diventare a colori, quando lei appare; e forse Fellini ci aveva pensato.
Segue il colloquio con Claudia seduta sulla soglia mentre Guido continua le sue grigie riflessioni ad alta voce, provando a illustrarle il soggetto: nel film in cantiere, il protagonista non sa più cosa fare “perché non ci crede più”.
- Perché non sa voler bene.- lo corregge più volte, sorridendo, Claudia. (In queste scene, il personaggio di Claudia mi ricorda molto quello di Stella nei “Racconti di Hoffmann”, l’opera di Jacques Offenbach; e in questo caso Rossella Falk è sicuramente Nicklaus).
Ma una luce irrompe, arriva tutta la troupe del film: si comincia domani, dove ti eri cacciato?
E il regista riluttante viene trascinato a forza sul set.
Da qui nasce la grande sequenza finale, che verrà replicata magnificamente nei “Clowns” del 1970, uno dei film di Fellini più belli e meno compresi. E’ il prestigiatore, che avevamo già visto nella scena di Asa Nisi Masa, a dare il via al gran finale, sulla musica bellissima e commovente di Nino Rota.

Dal suo esordio come regista (1950, "Luci del varietà", con Lattuada) agli inizi degli anni '60, per più di dieci anni, Federico Fellini mette in fila una bella serie di capolavori, che gli daranno fama mondiale; poi esce "Otto e mezzo" e qualcosa si incrina. Fellini, dopo quel 1963 non farà più un film davvero bello. In tutti ci sarà qualcosa del suo talento, una sequenza meravigliosa, un'anticipazione del futuro quasi da veggente o da profeta (vedi "Roma", o "Ginger e Fred") ma niente più di paragonabile a film perfettamente compiuti e dalla narrazione lineare come "La strada", "I vitelloni", "Lo sceicco bianco".
"Otto e mezzo" è la storia della crisi di un regista, che non sa più cosa raccontare e come farlo: ed è quanto di più autobiografico si possa immaginare. Il regista, che nel film è interpretato da Marcello Mastroianni, è Fellini stesso, che ormai ha perduto l'innocenza e la forza iniziali. Ormai ha avuto il successo, e anche la ricchezza: cosa fare, ancora, a questo punto? Mastroianni è sempre la proiezione di Fellini nei suoi film; quando c'è Mastroianni in un film di Fellini, si può quasi sempre essere sicuri che è Fellini stesso quello che vediamo e sentiamo parlare. "Otto e mezzo" è proprio la descrizione della crisi di Fellini come autore, un film autobiografico come pochi altri, una vera confessione, sincera e drammatica.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottima la descrizione in questo post, come nel precedente. C'è solo qualche tua considerazione personale che mi lascia perplesso, ma te ne parlerò dopo. L'incontro col cardinale nella saletta de fanghi è magistrale, una delle cose più suggestive mai viste in un film. Così come, c'è da dire, le apparizioni della Cardinale, qui semplicemente bellissima, una delle cose più belle che ho visto in un film! Hai notato come ad un certo punto, durante l'incontro Mastroianni-Cardinale alla sorgente, lei gli dice "ma come sei buffo truccato da vecchio"? Lì penso che la vera Cardinale si riferisca al vero Mastroianni, cioé che lui, per interpretare "8 1/2", è stato invecchiato di proposito grazie al trucco. La sequenza del girotondo conclusivo, infine, mi sembra un po' troppo lunga, è l'unica cosa che mi tedia (leggermente) di questo capolavoro.
Come ti accennavo, caro Giuliano, c'è solo una tua considerazione finale che non mi convince di questo post: come puoi dire che dopo il 1963 Fellini non ha fatto più un film bello? Per quanto mi riguarda (ma è ovvio che è sempre una questione di gusti), il miglior Fellini inizia proprio con "8 1/2", dopo aver quindi abbandonato del tutto la sua vena neorealistica e anche quella narrazione lineare da te rimpianta. E' da quel momento in poi che, secondo me, ha adottato una vera poetica cinematografica, molto personale, fatta più sulle suggestioni per immagini che per bocca dei protagonisti della vicenda.

Giuliano ha detto...

Ciao Mat! A molti Fellini non piace. Ho sempre trovato molti che dicevano che "con Fellini non si capisce niente", eccetera; e anch'io ho dovuto combattere con me stesso per vedere molti film fino alla fine. C'è quindi, fra me e te, soprattutto una differenza di giudizio dovuta all'età: quando uscivano questi film io ero un bambino, ma dagli anni '70 in poi li ho visti uscire tutti, sono andato sempre al cinema a vederli, insomma li ho visti nascere e crescere. Mi ricordo, per esempio, la fatica terribile di arrivare alla fine del "Casanova" proiettato al cinema, tutto di fila e seduto in poltroncina: è un film che ho capito solo quando ho avuto in mano il dvd, cioè l'anno scorso. Il dvd consente di vedere il film un po' alla volta, tornare indietro, fare dei fermo immagine e guardare i particolari...
Insomma, è un discorso molto bello da iniziare ma anche troppo grosso per stare nei commenti.
Vuoi che ti dica il "mio" film di Fellini? A parte "La strada", che fa storia a sè, è "I clowns", che ho sempre amato moltissimo pur con molti difetti.
Comunque, hai ragione: Fellini da qui in avanti adotta uno stile diverso, che lo apparenta molto a James Joyce.

Luigi ha detto...

Come interpretate la scena dell'incontro col cardinale nel bagno di vapore? Necessariamente anti-clericale? Per me è un incontro positivo che , benchè limitato dal dogma cattolico, è utile al persorso di conoscenza di Guido in quanto disarticola il concetto di felicità come valore assoluto...che ne dite?

Giuliano ha detto...

La vedo anch'io così, non è sicuramente un incontro negativo. Però qui si va più a fondo, non me la sento di andare oltre ai miei appunti e impressioni personali. Quello che so è che Fellini va sempre preso con molta attenzione, alle volte scherza ma spesso è molto profondo.
Qui forse il problema con il cardinale è che fa troppe citazioni: tutte belle e da meditare, ma pur sempre citazioni e non vita vissuta.
Però ribadisco sempre che io non sono un esperto, metto solo qui i miei appunti personali e le mie riflessioni...

Grazie del commento, mi ha fatto molto piacere!

Anonimo ha detto...

ciao!
ti faccio i complimenti per i 3 post su 8 e mezzo. L'ho appena finito di vedere per la prima volta, ed è il primo film di fellini che vedo. E appunto per questo, forse molto mi sfugge o male interpreto. Ho apprezzato molto gli accostamenti musicali (anche da te sottolineati) e il progressivo compenetrarsi di realtà e sogno, immaginazione, fino al finale; anche semplicemente visivamente parlando è davvero grande.
Non ho (ancora?) una grande cultura cinematografica, ma mi pare di vedere un legame tra fellini - o per lo meno il fellini di questo 8 e mezzo - e i film di nanni moretti. Qualcuno può dirmi qualcosa a riguardo? Proseguirò con la visione degli altri suoi film, per poi potermi unire degnamente ai tuoi pareri e a quelli degli "ospiti" del tuo blog. Un saluto!
Nicolò

Giuliano ha detto...

Io ero molto piccolo quando uscirono questi film, non andavo nemmeno a scuola...per molti anni li ho guardati perplesso, non era il mio mondo. Tante cose le ho capite andando avanti con l'età, leggendo, cercando di capire. E quello che ho scritto qui è soltanto la mia impressione, non ho nessuna pretesa di sostituirmi a Fellini!
Quello che cerco di fare è di mettere da parte tutti i luoghi comuni su Fellini, che sono stati ripetuti fino alla nausea. Viene da pensare che i film di Fellini dall'inizio alla fine li abbiano visti in pochi, compresi molti di quelli che hanno scritto dei libri su di lui (per esempio, sul Casanova di Fellini si trova quasi sempre scritto che si inizia con Casanova da vecchio che ricorda il suo passato: non è così).

Fellini ha influenzato tutti, ed è stato copiato da tutti! E' così ancora oggi, e magari chi rifà certe scene (anche nei video e negli spot) non sa nemmeno più che sta copiando Fellini... Nanni Moretti è un po' più vecchio di me, è cresciuto in quegli anni e sicuramente conosce benissimo Fellini: da grande appassionato di cinema non può non conoscerlo.
Grazie del commento!