sabato 1 febbraio 2020

L'ussaro sul tetto


 
L'ussaro sul tetto (Le hussard sur le toit, 1995) Regia di Jean Paul Rappeneau. Da un romanzo di Jean Giono. Sceneggiatura di Jean Claude Carrière, Jean Paul Rappeneau, Nina Companeez. Fotografia di Thierry Arbogast. Scene e costumi: Ezio Frigerio e Franca Squarciapino. Musiche di Jean Claude Petit. Interpreti: Juliette Binoche, Olivier Martinez, Pierre Arditi, Claudio Amendola, François Cluzet Durata: 135 minuti

"L'ussaro sul tetto" è un romanzo dello scrittore francese Jean Giono, pubblicato nel 1951 e ispirato alla vera vita di un suo avo piemontese. Il film che ne è stato tratto è molto bello, ambientato nel 1832 in Provenza: gli austriaci cercano i patrioti italiani, e il giovane colonnello Angelo (piemontese) è uno di loro, rifugiato in Francia come i suoi amici. Angelo (l'attore è Olivier Martinez) dovrà fuggire attraversando zone colpite dal colera, e nel corso della tragedia incontrerà una giovane donna, interpretata da Juliette Binoche. L'epidemia di colera, molto drammatica, finisce per diventare protagonista al di là della vicenda, e le colonne di profughi e i campi di raccolta degli ammalati ricordano molto (oltre alle cronache odierne, purtroppo) scene descritte da Albert Camus (La peste), da René Barjavel (Ravage, Diluvio di fuoco), da H.G.Wells in "La guerra dei mondi" e, al cinema, "Di pari passo con l'amore e la morte" di John Huston. A un certo punto Angelo viene scambiato per un "untore" che propaga il colera, e per noi il pensiero corre subito a Manzoni e ai "Promessi Sposi", anche se il contesto è molto differente. Il film di Rappeneau è bello e ben sceneggiato, e anche un bel po' impressionante. Alla fine, però, è la storia d'amore che rimane maggiormente nella memoria; una storia d'amore forte e profonda, nata da circostanze molto drammatiche.


Per un riassunto più preciso del film mi appoggio a wikipedia.it: «Nel 1832 molti carbonari italiani si sono rifugiati in Provenza, che viene devastata da un'epidemia di colera. Agenti austriaci uccidono uno di loro, e la moglie fa in tempo ad avvertire il loro amico, Angelo Pardi, perché fugga. Angelo si mette in contatto con Paolo Maggionari, amico d'infanzia e carbonaro, ma questi è ormai un traditore e cerca di ucciderlo, ma Angelo riesce ancora a fuggire. Nel paese di Manosque Angelo incontra un medico che gli mostra come trattare i malati di colera, strofinandoli vigorosamente su tutto il corpo con l'alcool. Un gruppo di persone lo accusa di favorire l'epidemia inquinando i pozzi, e ancora una volta è costretto a fuggire. Si rifugia in una dimora nobiliare ed è scoperto dalla proprietaria, la giovane contessa Pauline de Théus, che gli garantisce ospitalità. La mattina dopo, partita la contessa, Angelo incontra, sulle colline fuori Manosque, Giuseppe, che gli affida il denaro raccolto per i carbonari di Milano. »
Siamo ancora in gran parte in epoca prescientifica, l'origine del colera era pressoché ignota alla grande maggioranza delle persone, anche nel 1832 e anche presso le persone colte. Pare che la descrizione del colera che vediamo nel film non sia quella precisa, e le cure sono ovviamente molto empiriche, ma comunque sembrano funzionare. Non racconto quello che segue, perché è giusto lasciare spazio alla visione del film; nella parte centrale si vede comunque il campo dove vengono raccolti gli ammalati, o i sospetti che provengono dalle zone infette; la storia di Angelo e di Pauline è in gran parte la fuga dalla malattia ma non voglio rivelare altri dettagli.

 
Jean Giono è uno scrittore che ho frequentato pochissimo, i suoi libri sono per me ancora parte di una lunghissima lista d'attesa (riuscirò mai a leggere tutto quello che mi interessa?). Una breve nota biografica: Giono nasce a Manosque, in Provenza (1895-1970), la sua esperienza nella Grande Guerra lo portò al pacifismo; nel '45 fu sospettato di collaborazionismo per aver pubblicato su riviste vicine al regime di Pétain, ma era sicuramente antifascista. "L'ussaro sul tetto" ha avuto più di un seguito, si tratta di un totale di cinque romanzi.

 
Le musiche del film sono di Jean Claude Petit, ma c'è un ruolo discreto per le "Danze tedesche" di Mozart (K600, K605, K586): un clarinettista sopravvissuto al colera le suona per i disgraziati tenuti in quarantena. Bello il finale, notevole l'inquadratura che sembra un Vermeer con la Binoche, e spettacolare la vista sulle Alpi.

 

 
(le immagini sono tra le poche che ho trovato in rete:
ringrazio chi le ha rese disponibili)
 

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