Il balordo (1978) Regia di Pino
Passalacqua. Da un romanzo di Piero Chiara. Sceneggiatura di Lucia
Drudi Demby, Paolo Morosi, Stefano Delli Colli. Fotografia di Blasco
Giurato. Musiche di Luis Bacalov. Interpreti: Tino Buazzelli, Elisa
Cegani, Livia Cerini, Marina Confalone, Rita Di Lernia, Renzo Palmer (voce narratore), Ugo Bologna,
Richard Harrison, Teo Teocoli, Vittorio Mezzogiorno, Mario Valgoi, Walter Valdi, Renato Paracchi, Jacques Herlin, Armando Marra, Dino Curcio, Maria Teresa Martino, Donato Castellaneta, Pino Ferrara,
Aldo Bufi Landi Durata: tre puntate da un'ora circa
"Il balordo", tratto da un
romanzo di Piero Chiara, ha per protagonista un grandissimo Tino
Buazzelli, purtroppo alla sua ultima interpretazione, probabilmente
già malato. Nato nel 1922, Buazzelli morirà nel 1980; è stato un
grande attore soprattutto in teatro (memorabile il suo Galileo di
Brecht con regia di Strehler, nel 1960), utilizzato poco e male dal
cinema, protagonista però di sceneggiati televisivi molto popolari
come il "Nero Wolfe", "Tartarino di Tarascona", e
tanti altri. Piero Chiara, varesino di nascita, 1913-1986, oggi è un
po' dimenticato ma è stato uno scrittore molto popolare e
conosciuto; nato a Luino, sul lago Maggiore, i suoi romanzi
rispecchiano sempre le atmosfere del lago e hanno avuto quasi tutti
trasposizione cinematografica. "Il balordo" è forse uno
dei meno noti tra i libri di Piero Chiara, e ha qualche punto di
collegamento con il Carlo Levi di "Cristo si è fermato a
Eboli", che ne è stato probabilmente l'ispirazione, almeno in
partenza; i due libri però proseguono in modo completamente diverso,
anche perchè quella di Carlo Levi è una storia vera, mentre quella
di Chiara è d'invenzione.
Buazzelli interpreta un insegnante,
maestro di musica, già avanti negli anni; è rimasto vedovo e non ha
più una gran voglia di vivere, si è ritirato in se stesso, esce
malvolentieri ed è un po' tiranneggiato dalle figlie. Questa sua
ritrosia non piace al fascismo imperante in quegli anni, che vorrebbe
tutti, ma soprattutto gli insegnanti, fedeli al partito ed anche un
po' entusiasti - almeno un po'. Il maestro Bordigoni è benvoluto da
tutti, in paese si conosce il suo dramma personale, gli si chiede
soltanto una adesione anche minima, che si metta la camicia nera, che
presenzi alle adunate del sabato, che dica qualcosa ai suoi allievi
sul duce, queste cose qui; ma a lui non interessa e non ha la minima
intenzione di cambiare le sue abitudini. Imbarazzato, anche perché
riceve rapporti non rasserenanti, il sindaco - pardon, il podestà -
invita il maestro a comporre qualcosa per il decennale della marcia
su Roma, nel 1932. Il maestro sbuffa, non ne vuol sapere, non ne ha
voglia, e quando alla fine si convince è il disastro: davanti a una
piccola rappresentanza delle autorità locali, in una sala vuota, se
ne esce con una cosa che fa così: «...se la marcia è marcia, se
marciare o marcire, l'importante è marciare, e marcendo marciando
morir! moriremo marciando, marciremo morendo, e marcendo marciando morir!» E' la fine, non c'è più niente da fare e il maestro -
che voleva solo essere lasciato in pace - verrà mandato al confino.
Con un lungo viaggio in treno, che
personalmente mi colpisce e mi fa sempre sorridere perché quelle
carrozze "di terza classe" che vediamo nel film erano
ancora in uso sulle Ferrovie Nord Milano, e sarebbero state in uso
ancora per un paio di decenni (ci ho viaggiato parecchio) il maestro
arriva finalmente a destinazione: non in Lucania come Carlo Levi, ma
in un piccolo paese della Campania (Altavilla, secondo le indicazioni di Piero Chiara). E qui entra in gioco la figura
fisica del Bordigoni: un uomo grande e grosso, di notevole stazza.
Nel libro (lo imparo da wikipedia) il maestro Bordigoni è alto quasi
due metri; Tino Buazzelli è di statura media ma rimedia con la sua
mole (notevole) e con l'interpretazione. Bordigoni si va a sedere su
una panchina nel centro del paese, sotto un grande albero.
Quell'albero è davvero grande, e l'apparizione del nuovo arrivato
non passa inosservata; che poi quell'uomo grande e grosso si vada a
mettere proprio sotto quell'albero anche lui grande e grosso è qualcosa che
colpisce l'immaginazione e il maestro Bordigoni verrà presto
chiamato con lo stesso nome che si dà alla pianta, quasi
un'identificazione totale. Il problema può essere nel nome della
pianta, il Buon Cazzone: ma è un nome affettuoso, non un insulto, e
Bordigoni lo accetta di buon grado. Anche nel nuovo posto, come nel
paese dove è cresciuto e vissuto per tanti anni, Bordigoni si fa
voler bene e diventa presto molto popolare, tutti lo trattano con
affetto e lo rispettano.
Tutto questo termina con l'arrivo degli
americani nel paese dove è confinato Bordigoni: a differenza del
Nord, dove la guerra continuerà in modo drammatico, nel Sud si può
ricominciare una vita normale. Da qui in avanti l'invenzione di Piero
Chiara si fa meno felice: si immagina che Bordigoni venga cooptato
dalle truppe alleate, che inizi una carriera come direttore
d'orchestra e che diventi perfino famoso e celebrato. Può anche
piacere, ma devo dire che se la prima parte del "Balordo"
mi è piaciuta molto, trovo la parte finale piuttosto deludente e
poco in linea con il carattere del personaggio di Bordigoni. Nella prima puntata, Bordigoni suona il piano al cinema, come era normale prima dell'avvento del sonoro; ben riconoscibile il "Nosferatu" di Friedrich Murnau.
Il film è diretto da Pino Passalacqua,
sceneggiatore e regista soprattutto per la Rai; non è un capolavoro
e la storia inventata da Piero Chiara fa spesso acqua, ma il
personaggio del protagonista, il maestro Bordigoni, è favoloso.
Chiara gli regala un finale quasi buddista, molto in linea con il
personaggio: "non cercate di fare il bene, cercate soltanto di
non far male a nessuno, a volte basta muoversi per fare del male".
Buazzelli ha quel raro dono, per un
attore, di essere sempre al centro dell'azione anche senza far
niente; e non è questione di stazza fisica, era così anche Eduardo
de Filippo. Qui la sua parte parlata, contando tutte le tre puntate,
riempie sì e no mezza pagina; un grande attore può essere grande
anche senza fare niente di particolare, basta solo esserci ma occorre
essere grandi. Forse, bisogna proprio nascerci: un dono di natura,
cose che non si insegnano.
Diversi nomi famosi tra gli attori:
oltre a Tino Buazzelli troviamo Elisa Cegani, Marina Confalone, Renzo
Palmer (voce del narratore), Richard Harrison. In parti di fianco Teo
Teocoli e Vittorio Mezzogiorno; le tre figlie sono Livia Cerini, Marina Confalone, Rita Di Lernia. Il romanzo è del 1967, il film è
del 1978
La musica è di Luis Bacalov, quindi è
sua anche "se la marcia è marcia, se marciare o marcire... ": metto qui il link per chi volesse
divertirsi, Buazzelli è impagabile.
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