martedì 11 febbraio 2020

Il balordo (1978)


Il balordo (1978) Regia di Pino Passalacqua. Da un romanzo di Piero Chiara. Sceneggiatura di Lucia Drudi Demby, Paolo Morosi, Stefano Delli Colli. Fotografia di Blasco Giurato. Musiche di Luis Bacalov. Interpreti: Tino Buazzelli, Elisa Cegani, Livia Cerini, Marina Confalone, Rita Di Lernia, Renzo Palmer (voce narratore), Ugo Bologna, Richard Harrison, Teo Teocoli, Vittorio Mezzogiorno, Mario Valgoi, Walter Valdi, Renato Paracchi, Jacques Herlin, Armando Marra, Dino Curcio, Maria Teresa Martino, Donato Castellaneta, Pino Ferrara, Aldo Bufi Landi Durata: tre puntate da un'ora circa

"Il balordo", tratto da un romanzo di Piero Chiara, ha per protagonista un grandissimo Tino Buazzelli, purtroppo alla sua ultima interpretazione, probabilmente già malato. Nato nel 1922, Buazzelli morirà nel 1980; è stato un grande attore soprattutto in teatro (memorabile il suo Galileo di Brecht con regia di Strehler, nel 1960), utilizzato poco e male dal cinema, protagonista però di sceneggiati televisivi molto popolari come il "Nero Wolfe", "Tartarino di Tarascona", e tanti altri. Piero Chiara, varesino di nascita, 1913-1986, oggi è un po' dimenticato ma è stato uno scrittore molto popolare e conosciuto; nato a Luino, sul lago Maggiore, i suoi romanzi rispecchiano sempre le atmosfere del lago e hanno avuto quasi tutti trasposizione cinematografica. "Il balordo" è forse uno dei meno noti tra i libri di Piero Chiara, e ha qualche punto di collegamento con il Carlo Levi di "Cristo si è fermato a Eboli", che ne è stato probabilmente l'ispirazione, almeno in partenza; i due libri però proseguono in modo completamente diverso, anche perchè quella di Carlo Levi è una storia vera, mentre quella di Chiara è d'invenzione.

Buazzelli interpreta un insegnante, maestro di musica, già avanti negli anni; è rimasto vedovo e non ha più una gran voglia di vivere, si è ritirato in se stesso, esce malvolentieri ed è un po' tiranneggiato dalle figlie. Questa sua ritrosia non piace al fascismo imperante in quegli anni, che vorrebbe tutti, ma soprattutto gli insegnanti, fedeli al partito ed anche un po' entusiasti - almeno un po'. Il maestro Bordigoni è benvoluto da tutti, in paese si conosce il suo dramma personale, gli si chiede soltanto una adesione anche minima, che si metta la camicia nera, che presenzi alle adunate del sabato, che dica qualcosa ai suoi allievi sul duce, queste cose qui; ma a lui non interessa e non ha la minima intenzione di cambiare le sue abitudini. Imbarazzato, anche perché riceve rapporti non rasserenanti, il sindaco - pardon, il podestà - invita il maestro a comporre qualcosa per il decennale della marcia su Roma, nel 1932. Il maestro sbuffa, non ne vuol sapere, non ne ha voglia, e quando alla fine si convince è il disastro: davanti a una piccola rappresentanza delle autorità locali, in una sala vuota, se ne esce con una cosa che fa così: «...se la marcia è marcia, se marciare o marcire, l'importante è marciare, e marcendo marciando morir! moriremo marciando, marciremo morendo, e marcendo marciando morir!» E' la fine, non c'è più niente da fare e il maestro - che voleva solo essere lasciato in pace - verrà mandato al confino.

Con un lungo viaggio in treno, che personalmente mi colpisce e mi fa sempre sorridere perché quelle carrozze "di terza classe" che vediamo nel film erano ancora in uso sulle Ferrovie Nord Milano, e sarebbero state in uso ancora per un paio di decenni (ci ho viaggiato parecchio) il maestro arriva finalmente a destinazione: non in Lucania come Carlo Levi, ma in un piccolo paese della Campania (Altavilla, secondo le indicazioni di Piero Chiara). E qui entra in gioco la figura fisica del Bordigoni: un uomo grande e grosso, di notevole stazza. Nel libro (lo imparo da wikipedia) il maestro Bordigoni è alto quasi due metri; Tino Buazzelli è di statura media ma rimedia con la sua mole (notevole) e con l'interpretazione. Bordigoni si va a sedere su una panchina nel centro del paese, sotto un grande albero. Quell'albero è davvero grande, e l'apparizione del nuovo arrivato non passa inosservata; che poi quell'uomo grande e grosso si vada a mettere proprio sotto quell'albero anche lui grande e grosso è qualcosa che colpisce l'immaginazione e il maestro Bordigoni verrà presto chiamato con lo stesso nome che si dà alla pianta, quasi un'identificazione totale. Il problema può essere nel nome della pianta, il Buon Cazzone: ma è un nome affettuoso, non un insulto, e Bordigoni lo accetta di buon grado. Anche nel nuovo posto, come nel paese dove è cresciuto e vissuto per tanti anni, Bordigoni si fa voler bene e diventa presto molto popolare, tutti lo trattano con affetto e lo rispettano.
 

Tutto questo termina con l'arrivo degli americani nel paese dove è confinato Bordigoni: a differenza del Nord, dove la guerra continuerà in modo drammatico, nel Sud si può ricominciare una vita normale. Da qui in avanti l'invenzione di Piero Chiara si fa meno felice: si immagina che Bordigoni venga cooptato dalle truppe alleate, che inizi una carriera come direttore d'orchestra e che diventi perfino famoso e celebrato. Può anche piacere, ma devo dire che se la prima parte del "Balordo" mi è piaciuta molto, trovo la parte finale piuttosto deludente e poco in linea con il carattere del personaggio di Bordigoni. Nella prima puntata, Bordigoni suona il piano al cinema, come era normale prima dell'avvento del sonoro; ben riconoscibile il "Nosferatu" di Friedrich Murnau.
Il film è diretto da Pino Passalacqua, sceneggiatore e regista soprattutto per la Rai; non è un capolavoro e la storia inventata da Piero Chiara fa spesso acqua, ma il personaggio del protagonista, il maestro Bordigoni, è favoloso. Chiara gli regala un finale quasi buddista, molto in linea con il personaggio: "non cercate di fare il bene, cercate soltanto di non far male a nessuno, a volte basta muoversi per fare del male".
 

Buazzelli ha quel raro dono, per un attore, di essere sempre al centro dell'azione anche senza far niente; e non è questione di stazza fisica, era così anche Eduardo de Filippo. Qui la sua parte parlata, contando tutte le tre puntate, riempie sì e no mezza pagina; un grande attore può essere grande anche senza fare niente di particolare, basta solo esserci ma occorre essere grandi. Forse, bisogna proprio nascerci: un dono di natura, cose che non si insegnano.
Diversi nomi famosi tra gli attori: oltre a Tino Buazzelli troviamo Elisa Cegani, Marina Confalone, Renzo Palmer (voce del narratore), Richard Harrison. In parti di fianco Teo Teocoli e Vittorio Mezzogiorno; le tre figlie sono Livia Cerini, Marina Confalone, Rita Di Lernia. Il romanzo è del 1967, il film è del 1978
La musica è di Luis Bacalov, quindi è sua anche "se la marcia è marcia, se marciare o marcire... ": metto qui il link per chi volesse divertirsi, Buazzelli è impagabile.











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