martedì 21 dicembre 2010

L'invenzione di Morel ( V )

- L’invenzione di Morel, romanzo di Adolfo Bioy Casares (1940, Buenos Aires)
- L'invenzione di Morel, film del 1974. Regia di Emidio Greco. Sceneggiatura di Emidio Greco e Andrea Barbato, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. Fotografia di Silvano Ippoliti. Musica di Nicola Piovani. Costumi di Gitt Magrini. Con Giulio Brogi, Anna Karina, John Steiner, Anna Maria Gherardi, Ezio Marano. Durata: 90’

(…) E un giorno ci sarà un apparecchio più completo. Quel che viene pensato o sentito nella vita - o nei momenti della ripresa – sarà come un alfabeto, mediante il quale l'immagine continuerà a capire tutto (come noi, che con le lettere dell'alfabeto possiamo capire e comporre tutte le parole). La vita diventerà, cosí, un magazzino della morte. Ma nemmeno allora l'immagine sarà viva; oggetti essenzialmente nuovi non esisteranno per lei. Conoscerà tutto ciò che ha sentito o pensato, o le combinazioni ulteriori di ciò che ha sentito o pensato.
Il fatto che non possiamo capire nulla fuori del tempo e dello spazio, sta forse a suggerire che la nostra vita non è sostanzialmente diversa dalla sopravvivenza che si otterrebbe con un tale apparecchio. Quando intelletti meno rozzi di quello di Morel si occuperanno dell'invenzione, l'uomo sceglierà un luogo appartato, piacevole, vi starà insieme con le persone che più ama e rimarrà perpetuamente in un intimo paradiso. Uno stesso giardino, se le scene da perpetuare sono prese in momenti diversi, alloggerà innumerevoli paradisi, le cui società, ignorandosi a vicenda, funzioneranno simultaneamente, senza urti, quasi negli stessi luoghi. Saranno, purtroppo, paradisi vulnerabili, poiché le immagini non potranno vedere gli uomini, e gli uomini, se non danno ascolto a Malthus, avranno bisogno, un giorno, della terra anche del più piccolo di quei paradisi, e distruggeranno i suoi inermi abitanti, oppure li rinchiuderanno nella possibilità inutile delle loro macchine disinnestate. (…)
pag. 119 (Adolfo Bioy Casares, "L'invenzione di Morel", traduzione Livio Bacchi Wilcock, ed.Bompiani)
(…) L'eternità rotatoria può sembrare atroce ad uno spettatore; è soddisfacente per i suoi attori. Liberi da cattive notizie e da malattie, vivono sempre come se fosse la prima volta, senza ricordare le precedenti. Inoltre, per via delle interruzioni dovute al regime delle maree, la ripetizione non è implacabile.

Abituato a vedere una vita che si ripete, trovo la mia irrimediabilmente casuale. I propositi di ammenda sono vani: per me, non c'è prossima volta, ogni istante è unico, diverso, e parecchi vanno perduti per disattenzione. E' vero che neanche per le immagini c'è prossima volta ( tutte le volte sono identiche alla prima).
Si può pensare che la nostra vita è come una settimana di queste immagini e che torna a ripetersi in mondi attigui.
Senza concedere nulla alla mia debolezza, posso immaginare l'arrivo commovente in casa di Faustine, come la interesseranno i miei racconti, l'amicizia che queste circostanze contribuiranno a stabilire. Chissà se non sto davvero percorrendo il lungo e difficile cammino verso Faustine, verso il necessario riposo della mia vita. Ma, dove abita Faustine? L'ho seguita per settimane. Parla del Canadà. Non so altro. Ma c'è un'altra domanda che si può ascoltare – con orrore -: Faustine è viva?

Forse perché l'idea mi sembra cosí poeticamente straziante - cercare una persona senza sapere dove vive, senza sapere se è viva – Faustine mi importa più della mia vita.
Esiste una qualche possibilità di fare il viaggio? La barca si è putrefatta. Gli alberi sono marci, non sono un falegname tanto bravo da fabbricarne una seconda con altro legno (…)
pag.122 Adolfo Bioy Casares, L'invenzione di Morel, ed. Bompiani

Lentamente nella mia coscienza , ma puntuali nella realtà, le parole e i movimenti di Faustine e del barbuto coincisero esattamente con le loro parole e i loro movimenti di otto giorni prima. L'atroce eterno ritorno. Incompleto: il mio giardinetto, l'altro giorno mutilato dai piedi di Morel, è oggi un luogo confuso, con resti di fiori morti, schiacciati contro la terra. (…) Come a teatro, le scene si ripetono.
pag.64 (Adolfo Bioy Casares, "L'invenzione di Morel", traduzione Livio Bacchi Wilcock, ed.Bompiani)
(...) Dora gridò a Morel:
"Haynes sta dormendo nella camera di Faustine. Nessuno riuscirà a tirarlo fuori. "
Stavano dunque parlando di Haynes? Non pensai che ci potesse essere qualche relazione tra le parole di Dora e la conversazione di Morel con gli uomini. Dicevano di star cercando qualcuno e io ero spaventato, pronto a scorgere dappertutto allusioni e minacce. Ora sospetto che forse questa gente non si è mai occupata di me... Anzi: ora so che non possono cercarmi.
Ne sono certo? Un uomo di buon senso darebbe credito a ciò che ho sentito dire ieri notte, a ciò che immagino di sapere? Mi consiglierebbe di dimenticare l'incubo che mi fa vedere in ogni cosa una macchinazione tendente a catturarmi?
E se fosse una macchinazione tendente a catturarmi, perché così complessa? Perché non arrestarmi direttamente? Non sarebbe una pazzia tutta questa laboriosa rappresentazione?
Le nostre abitudini presuppongono un certo ordine degli eventi, una vaga coerenza del mondo. Adesso la realtà mi si propone cambiata, irreale. (bardo thodol?) Quando un uomo si sveglia oppure muore, impiega un po' di tempo a disfarsi dei terrori del sogno, delle preoccupazioni e delle manie della vita. Non mi sarà facile perdere l'abitudine di temere questa gente.
Morel aveva alcuni fogli di carta sottile, gialli, scritti a macchina. Li aveva presi da un recipiente piatto di legno sul tavolo. In questo piatto c'erano moltissime lettere appuntate con spilli e ritagli di annunci delle riviste Yachting e Motorboating. Vi si.chiedevano i prezzi di navi vecchie, condizioni di vendita, come e dove andarle a vedere. Ne vidi alcune (delle lettere).
"Haynes rimanga pure a dormire", disse Morel. – E' molto pesante e se dobbiamo andare a prenderlo non incominceremo mai."
(Adolfo Bioy Casares, "L'invenzione di Morel", traduzione Livio Bacchi Wilcock, ed.Bompiani)
Entrare in un mondo che non è il tuo, tentare di farlo non avendo i vestiti giusti, e magari con la barba incolta, stracciato, quasi scalzo. E’ questo che cerca di fare il naufrago in “L’invenzione di Morel”? Forse è davvero questa la chiave di lettura del libro. Spera di diventare uno scrittore, di entrare nel mondo dorato del cinema? Una speranza da illusi, in quel mondo non ti vedranno neanche, non sarai mai accettato, meglio spaccare tutto come indica Greco o accettare la consunzione come dice Bioy? Un mondo che non è il tuo e dove non ti vedono proprio: Bioy ha scritto questo romanzo quando era molto giovane, forse la chiave di lettura è proprio questa.
L’immortalità è la pubblicazione di un libro, o la realizzazione di un film: ma anche questa è illusione. Forse, oggi l’immortale settimana è finire su youtube? E per entrare nel mondo dorato di Faustine c’è chi prova ad ammazzare più persone possibile, come è successo in Virginia l’altro ieri? Fin qui pensavo a Platone, oggi sono sceso molto più sotto, magari a Plutone e all’inferno – e mi trovo costretto a chiedere scusa al caro Bioy...  (una variazione su questo tema è anche La rosa purpurea di Woody Allen, però sul fantastico e non sul quotidiano e sul reale, come invece è abile a fare Bioy Casares.)
Il film è girato in esterni a Malta, le musiche sono di Nicola Piovani, i costumi (molto belli, stile anni ‘20) sono di Gitt Magrini, che poco prima aveva collaborato a “Il conformista” di Bertolucci. Le costruzioni che vediamo sono opera di Xavier Darmanin: avrei voluto saperne di più, così come sugli arredi degli interni, molto accurati: ma non è facile trovare informazioni in rete.
Morel è John Steiner, non particolarmente espressivo; tra i suoi ospiti c' anche un giovane Roberto Herlitzka. Nel libro l'azione si svolge a "Isola di Capo Nero, luglio 1929"; e quel che dice Morel ricorda molto alcune cose di Gurdjeff, quando parla di onde, vibrazioni, maree, futuro e passato)
Nel 2005 riprendo in mano il libro, che risale agli anni '70, e mi accorgo che sta cadendo a pezzi: la colla che teneva insieme le pagine si è inesorabilmente seccata. Non tutte le colle reggono infatti all’usura del tempo, e il mio libro (l’edizione Bompiani con la copertina nera) oltretutto non è nemmeno cucito, solo un po’ di colla sul dorso. Dato che ho un po’ di nozioni su come restaurare i libri, posso mettermi all’opera; e il libro ritorna maneggiabile. Sono abbastanza soddisfatto del risultato (miracoli non se ne possono fare, ma sono stato molto bravo e me ne compiaccio), e posso dunque rivedere la mia vecchia vhs dove ho registrato il film (dalla TSI, nel 1988).
Dispiace vedere con la scansione veloce un film così ben curato, ma come si fa? Ci sono due o tre errori gravi, ma questo era il primo film di Greco, e poi era l'epoca di Godard e nouvelle vague e andava di moda girare i film così. Comunque sia: 1) che bello rivedere Malta dopo esserci stati! Si vede anche, all'inizio, qualcosa che potrebbe essere Hagar Qim coi suoi templi (o era Tarxien?); e Brogi sbarca nella zona dell'isolotto, se non sbaglio. 2) Grave errore essersi dimenticati del fatto che il libro è narrato in prima persona. Una voce narrante avrebbe aiutato molto a capire il film, e anche a guardarlo...(la prima mezz’ora è micidiale, anche se ha il suo fascino). 3) Personalmente, io avrei fatto cominciare il film in Venezuela, da Ombrellieri (magari chiamandolo Cartaphilus, come in Borges?), spiegando così meglio il personaggio del protagonista, un perseguitato politico in fuga. Insomma, un inizio come Blade runner (magari pescando dal mio sogno del perseguitato politico), un bel 15 minuti; per poi passare a un Robinson Crusoe ma appena accennato: dopodiché il film di Greco mi trova d'accordo. 4) Il film di Greco è però notevole, pur con tutti i suoi difetti. 5) Alcuni attori non mi piacciono. Brogi è in gran forma, ma gli altri volti (sopr. Steiner e la Karina) mi lasciano freddo o sono fisicamente sbagliati (“il barbuto e la zingara”?).E non si capisce perché mai Morel e i suoi debbano muoversi e recitare come manichini o come automi, rigidi e quasi senza emozioni 6) Della proiezione in sala, nel 1973, ricordo ancora le reazioni del pubblico pagante, in particolare le due ragazze davanti a me che erano costernate perché non riuscivano a capire come mai ritornassero sempre le stesse sequenze (“ma questo l’ho già visto prima!!!”): penso che avessero ragione e che sia stata una reazione legittima. Nel libro tutto è chiaro, nel film non si può usare lo stesso linguaggio e bisognava inventarsi qualcosa d’altro. Chissà come la pensa Greco, oggi: all’epoca era molto giovane, in seguito ha fatto film molto interessanti, come il recente “Il consiglio d’Egitto” (da Sciascia) dove c’è anche molto humour. Quanto a me, il film mi aveva lasciato perplesso ma ero corso subito a procurarmi il libro, che è ancora qui insieme a tutti gli altri di Bioy Casares che sono riuscito a trovare (nel 1973 era ancora possibile trovarne molti in libreria). 7) Sarebbe bello rifarlo oggi col computer, magari alla maniera dei primi corti di Zbig, con le sovrapposizioni del naufrago sulle proiezioni "vere"... (e magari sarebbe anche un film di successo, ma se penso a come sarebbe sconciato se finisse nelle mani di chi oggi comanda il cinema, forse è meglio lasciar perdere) (e rileggersi Bioy).
E alcune mie fantasie finali, leggendo Guénon e le sue storie su Agharti: anche la Faustine di Morel in realtà non era un film, ma una visione e una serie di visioni nella quale voleva entrare il naufrago; e io forse sono come l'isola di Morel, e le maree (e le fasi di Luna) mi rimettono in moto? I nostri sogni sono le proiezioni dei "dischi" di Morel? Loro trasmettono, proiettano, e io sono parte dell'apparato ricevente e/o del proiettore? Io sono in samadhi, e gli altri mi disturbano?
(ma su Morel e sulla sua invenzione, una volta cominciato a fantasticare e a ragionarci sopra, si rischia di non finire più...) (l’ultimo appunto, quello sul samadhi e sul rifugiarsi nell’altrove, è però riferito a un altro libro di Bioy Casares, “Piano di evasione”).

4 commenti:

giacy.nta ha detto...

Nell'edizione che ho io, c'è un'introduzione di Borges che, ad un certo punto, dà un aiutino per interpretare il romanzo: cita Dante Gabriele Rossetti:

I have been here before
But when or how I cannot tell:
I know the grass beyond the door,
The sweet keen smell,
The sighing sound, the lights around the shore...

Mi è piaciuta però molto di più la tua discesa da Platone a Plutone;)

Ho finito di leggere il libro stamattina ( ho celebrato così la fine delle lezioni, anche se ho lo strascico degli esami di maturità. )
Ricordavo che ne avevi scritto, così eccomi qui.

Il film mi lasciò una grande impressione. Lo vidi in TV. Per anni ho cercato di rintracciarlo non ricordavo nè il titolo, nè il regista. Mesi fa poi l'ho trovato qui. :)

Giuliano ha detto...

penso che sia la stessa edizione...la citazione iniziale è in perfetto stile Borges
Mi sono interrogato molto su questo libro, e negli anni '70 avevo trovato anche altri romanzi molto belli di Bioy Casares, come Piano di evasione, che allora erano ancora facilmente reperibili.

Vedi che se uno vuole trova le cose anche senza i link?
:-)
basta volerlo, io non voglio lettori pigri!!! (e neanche lettrici pigre, s'intende)
:-)

giacy.nta ha detto...

:)

p.s.
forse, tra qualche giorno realizzo un post. Non ho le idee chiarissime sulla linea interpretativa...

Giuliano ha detto...

ok, attendo