mercoledì 17 giugno 2020

La casa (Sharunas Bartas) 2


La casa (Namai, 1997). Regia di Sharunas Bartas. Scritto da Sharunas Bartas e Ekaterina Golubeva. Fotografia di Sharunas Bartas e Rimvydas Leipus. Musiche di Interpreti: Francisco Nascimento, Oksana Cernych, Viktorija Nareiko, Eugenia Sulgaite, Alex Descas, Léos Carax, Valeria Bruni Tedeschi, Leonidas Zelcius, Egle Kukaite e molti altri. Durata: due ore.

Questi sono i miei appunti presi durante la visione di "The house" di Sharunas Bartas: si tratta soltanto di mie impressioni personali, spero che possano essere utili a qualcuno ma non è detto che lo siano. In realtà, è un film che non andrebbe raccontato, come accade con la grande musica; metto qui questi miei appunti ma non sono affatto sicuro che sia una cosa giusta. Il consiglio è comunque di cercare Bartas, e di guardare i suoi film organizzandosi da soli le proprie impressioni: so che sembra una banalità, ma troppo spesso trovo spettatori (e anche critici professionisti, purtroppo) ripiegati su luoghi comuni fin troppo ripetuti, incapaci di crearsi un'immagine propria e di cercare le informazioni giuste. Se volete leggere quello che scrivo, liberi di farlo - ma io sono solo un appassionato di cinema come tanti, il mio parere e le mie impressioni (e non solo per Bartas) valgono meno di zero.
 

Lasciare che l’immagine si organizzi da sè; scegliere bene le luci, la scenografia, lo sfondo, l’inquadratura fissa, pochi movimenti di macchina e solo per seguire ciò che sta già avvenendo. Il sonoro è in presa diretta, gli attori sanno cosa devono fare. Il mito di Orfeo. E’ la lezione di Antonioni, di Herzog, di Wenders, di Tarkovskij.
Dapprima viene inquadrata la casa, dall’esterno: è una grande casa antica, in campagna.
Versi in francese, da recuperare (anche alla fine) Poi ci spostiamo all’interno. La luce viene sempre dall’esterno, dalle finestre, come in Vermeer.
All’inizio, una stanza con libri antichi, e piccioni. Musica di Bach, breve citazione di Erbarme dich.
Poi la cagna nera con tanti cuccioli. Poi Orfeo. Poi un dettaglio di mosche sulla rete di fil di ferro, alla finestra (come nelle case disabitate da tempo). Poi una stanza, una scacchiera, un uomo dalla pelle nera seduto che gioca da solo.
Al minuto 17, una stanza grande con una grande tavola di legno, un grande lampadario a candele, e molte persone sedute. Si cena, ma soprattutto si beve vino rosso. Serie di primi piani, volti, persone, Orfeo che si muove tra gli altri quasi senza essere visto, come nei sogni. Si comincia da un volto di una ragazzina con i capelli neri, molto severa e assorta; poi si passa agli altri volti. Uno di loro è una donna giovane, con il viso deturpato da un'ustione. Volti belli e meno belli, giovanissimi o anziani, in una continua citazione della grande pittura, da Caravaggio a Rembrandt. Torna la musica di Bach.
 

Al minuto 30, due burattini molto belli nelle mani di Valeria Bruni Tedeschi. Uno è Pinocchio, l’altra è forse la Fata: ma ha il cappello come Pinocchio, e un grande cuore azzurro cucito sul petto.
L’azzurro è il colore dominante del film: la luce è azzurrina, le pareti sono spesso blu o azzurre.
I due burattini si cacciano, ritornano, si picchiano, si abbracciano.
Fin qui non abbiamo ascoltato nemmeno una parola, solo il silenzio e pochi rumori d’ambiente.
Orfeo vaga tra volti e luoghi, passa da una stanza all’altra quasi senza interagire. Guardando volti, corpi, ambienti, è molto forte l’impressione di essere nell’aldilà, forse nell’Ade; e che queste persone siano anime ferme, in sosta temporanea in sala d’aspetto, forse in attesa di Caronte o di un Giudizio, o magari di una preghiera.
Al minuto 40, esterno con neve: è la superficie di un grande lago gelato. Ma si torna subito dentro, e assistiamo per la prima volta a un dialogo: sono due sordomuti, anziani, che dialogano tra loro quasi soltanto a gesti. Un uomo giovane legge un libro molto vecchio; ne strappa una pagina, ne toglie con cura un brandello e lo mette nel petto, vicino al cuore. Prende un altro libro, e si sofferma su un’immagine che si direbbe il Conte Ugolino. Veduta d’insieme: due grandi finestre, un fuoco che crepita. Un cieco che ricorda Riszard Cieslak nel Mahabharata di Peter Brook, poi un volto che ricorda molto Kantor.
Nel corridoio, il giovane della pagina strappata, stracarico di libri: li sta portando in un’altra stanza.
Poi un uomo e una donna, anziani, che avanzano sottobraccio nel corridoio, verso di noi.
Al minuto 56 una stanza con molte donne e bambini, tutti nudi sia le donne che i bambini (le anime che stanno per nascere?).
Suono di fisarmonica: viene da un uomo seduto su un tappeto, al centro di una stanza, nella luce azzurrina. E’ musica da ballo, bella e triste, evocativa, con il ritmo molto marcato.
 

A 1:00 vediamo in una stanza una ragazza giovanissima col volto coperto di gesso, o di trucco molto spesso: Euridice? Il trucco pesante dà al suo volto l’aspetto di un cretto, o di un terreno arido; ma le labbra sono rosse. E’ bianchissima, ed è vestita di bianco. Aridità, morte, terreno non fecondo.
Orfeo le tocca il volto. L'uomo dalla pelle nera (Plutone?), da dietro uno stipite lo osserva con volto stupefatto e severo, quasi spaventato; come se Orfeo stesse facendo qualcosa di pericoloso, di vietato, di contrario a tutte le leggi. Lentamente, Orfeo le rimuove il gesso dal volto (la biacca), rivelando il volto roseo. L'uomo dalla pelle nera si ritira lentamente. La ragazza apre gli occhi.


A 1:03 una giovane donna nuda, seduta fuori di una stanza. Dentro la stanza, una bambina nuda che corre e gioca. Poi riascoltiamo Bach, la viola di Erbarme dich. Finestra che dà sull’esterno, alberi e neve, luce azzurrina.
Orfeo esce dalla stanza di Euridice. Nel corridoio c’è una ragazza nera, nuda, appoggiata al muro azzurro. Orfeo e la ragazza scambiano uno sguardo lungo, ma è come se fossero due ombre.
Poi la ragazza nera va verso lo specchio, uno specchio antico con due candele accese, che sembra un altare: si guarda allo specchio e poi si siede, sempre contemplando la sua immagine. Sulla mensola dello specchio, molti oggetti.
Un letto appoggiato al muro. Il nero dorme; seduto poco lontano da lui, il giovane dei libri sfoglia un altro volume antico.
Il cane (una femmina) al centro di una stanza, una vecchia seduta in un angolo. Nel sotterraneo, il vecchio smuove la terra con un bastone.
 
 
A 1.10, volto di una ragazza molto giovane, con i capelli neri (Euridice?) Esterno. Sole, vele a pattini sul lago gelato.
Interno. Orfeo è sdraiato tra donne giovani e nude, che lo accarezzano: l’impressione è sempre quella che si tratti di ombre, di anime in attesa (nel limbo, in attesa di un giudizio, oppure in attesa di nascere?). Gli porgono da bere in un calice, lui beve (il rumore del bere è molto amplificato, quasi a sottolineare che lui ha un corpo e le altre no). Volti illuminati a metà, come in Bergman (Il ballo ingrate, Sussurri e grida, Persona...)
A 1.15, esterno. Sole alto, bosco verde. Forse Chopin al pianoforte.
Interno. Orfeo sul lenzuolo, solo, senza più le donne di prima, abbandonato. Forse le ombre sono svanite con il giorno?
Orfeo si alza e va allo specchio dove prima si era seduta la ragazza nera. Le candele sono spente, tutto è abbandonato. Orfeo beve da una bottiglietta (le ombre non hanno bisogno di bere). Orfeo esce dalla stanza, fuori stanno lavando il pavimento. Ci sono le stesse persone di prima, ma ora c’è vita, colori, voci.
Un violino: il violinista lo vedremo nella sala da pranzo, suona una musica simile a quella del circo in Il cielo sopra Berlino. Seduti al tavolo, con i resti del pranzo, Orfeo e una ragazza nuda Orfeo mangia con gusto, sempre a sottolineare i rumori del corpo; la donna mangia pochissimo e in punta di forchetta.
Esterno. Nuvole rosse e gialle, è il tramonto. Sulla tavola, la cagna mangia rumorosamente gli avanzi. Orfeo è a terra, solo e stravolto, senza speranza.


Ancora notte. Il volto del vecchio sordomuto appare per un attimo dal buio. Il giovane dei libri è seduto davanti al fuoco e brucia metodicamente i suoi libri, una pagina per volta; alcune pagine le mette da parte.
A 1h30, un albero di Natale nella stanza, con due fuochi ai lati. Poi, fuochi d’artificio colorati sul davanti. E’ un Natale nordico. Musica per oboe e organo. Tornano tutti, ombre intorno all’albero.
Ma anche la nostra vita, e non solo il sogno, è spesso un girare insensato, tra gente assente che non bada a cosa facciamo.
A 1:40, volto di Euridice sul suono di oboe e organo (simile al flauto di Orfeo in Gluck).
Maschere, metà renne e metà donne (nude dalla vita in giù, sopra renne). Ancora la tavola imbandita, candele. Tutto in ordine, si replica la sera precedente. Fuori, festa notturna sul lago ghiacciato; piccoli fuochi artificiali molto colorati.
Interno. L'uomo dalla pelle nera (Plutone?) è davanti al fuoco. Mette nel caminetto dei piccoli fuochi d’artificio, sul cui pacchetto c’è l’immagine del volto di Cristo. I fuochi si accendono (l’uomo non c’è già più) ed escono dal comignolo della casa, che vediamo dall’esterno.
Musica dei Madredeus. Questo film è come una gigantesca coreografia, studiata nei minimi movimenti anche se poi tante cose non previste succedono ugualmente (come in Herzog, "Cuore di vetro").
A 1h50, fiori colorati davanti alla finestra a semiluna. Due spari: uno sparo colpisce lo specchio, un altro uccide l'uomo dalla pelle nera (l'attore è Alex Descas) davanti alla sua scacchiera.
Esterno. Nebbia.  Arrivano carri militari, camions e carri armati (a codest’ora, di codesto passo...)
Volto di vecchia. Cristo crocifisso sulla parete. Volto di Orfeo. Erbarme dich. Volto di bambina (Euridice?), con le labbra blu (morte?). Esterno casa. Soldati.
Voce in francese: “le temps est passè..” (cercare)


Elenco musiche, dai titoli di coda : Mahler, Krebs, Bach, Haendel, Mozart, Chopin, Madredeus.
1997. Ma si ascolta anche Grieg, la canzone di Solveig dal "Peer Gynt"
"My house. I don't know exactly where it stands in this world. All I know is that it's mine. Many people have lived in my house. Some only pass through while others stay. Some of them are still there. Sometimes, it can be very cold in my house. I'd like to know how many people are still living in my house and who they are. The trouble is, they often move from one place to another, go away and then come back. We eat together at times but some of them are always missing. The people who live in my house often change rooms, perhaps too often. I can't understand it. I can't count anymore. I still have time to learn who is where." (Sharunas Bartas, da un'intervista on line)


 
 
 

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